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Autore: zoey_gwen    17/05/2014    3 recensioni
CONTINUERO' LA STORIA DI SICURO, TRANQUILLI! :D
Storia dedicata a Xenja, Stella_2000 e tanti altri... Se leggete lo scoprirete! XD
Una zona segnata da un destino particolarmente cruento.
Una banda di ribelli guidata da lei, Gwen, forte e fragile.
Una via, una via, segreta, l'arma che conduce alla felicità.
E un amore, un amore impossibile, ma che palpiterà nei loro cuori fino alla fine.
-Gwen di zoey_gwen
PRESENTERA' PARTI FANTASY ANCHE SE NON L'HO SEGNALATO.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dawn, Duncan, Gwen, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Mystical, 13 aprile 1676

 

 

 

 

 

 

 

 

Duncan, spazientito dall'attesa evidente a cui l'aveva sottoposto la castana, si alterò e domandò, stizzito: -Allora, chi ha vinto?-

Le parole dell'ispanica risuonarono tristi ed agonizzanti, sconnesse ed interrotte da copiosi singhiozzi: -...I Barbari.-

Un silenzio tombale calò nell'ambulatorio, smorzato solamente dal ticchettare delle lacrime cristalline di Courtney che si infrangevano contro il pavimento di legno chiaro; il dittatore si grattò la nuca, pensoso, ed assunse un'espressione funeraria che non stonò per nulla nel discorso che proferì di lì a poco.

-Courtney, questo significa che la città... Mystical, forse andrà in mano loro...-

-NO!- sbottò la donna, raccogliendo tutte le proprie forze per evitare di riversarsi in un pianto disperato. -MAI! Mystical... E' la mia, la nostra città. Sono nata qua, e ho trascorso tutta la mia vita fra questi altopiani. Non permetterò che un popolo analfabeta ce la strappi, e nemmeno i Ribelli.-

-Court, hanno già dimostrato di essere più forti loro!- proclamò stizzito Duncan, lasciandosi cadere goffamente sulla sedia di legno paglierino, accantonando totalmente la più minuscola ipotesi di salvezza; l'ispanica si infuriò per questo suo comportamento strafottente, come se le sorti della cittadina non lo riguardassero minimamente. Non si comportava da dittatore e padrone di quei territori rocciosi, ma da vile codardo, impaurito da un popolo sì, truce e sanguinolento, ma pur sempre un popolo rozzo ed analfabeta, e questo la levatrice non ebbe paura di esternarlo.

-Sei solamente un codardo, Duncan. Un vile, un uomo che non può definirsi tale. Hai paura? Bene, stattene rintanato nel tuo Palazzo. Agiremo noi Ribelli.- si rigirò in un turbinio di boccoli e riccioli scuri, stringendosi nello scialle di lana grezza piuttosto consunto, aspettando una qualche reazione da parte dell'amico. Questa arrivò, irrimediabile, e colse Courtney come un violento schiaffo assestatogli sulla guancia.

-IO NON HO PAURA! IO RAGIONO! COURT, PER MYSTICAL NON C'E' PIU' SPERANZA! CI FARANNO PRIGIONIERI TUTTI, SE NON CE NE ANDIAMO!- l'uomo si alzò in piedi, avvicinandosi al volto della giovane per fronteggiarlo con spavalderia, gesticolando con le mani in ampi gesti in modo da esprimere la gravità della cosa.

-Se non lottiamo ci strapperanno la cittadina dalle viscere, come rammolliti! Dobbiamo lottare, lottare con le unghie e con i denti per averla, e né io né i Ribelli ci fermeremo!- constatò la mora, rigirandosi nuovamente per non permettere al dittatore di vedere le lacrime copiose che scorrevano cristalline sulle guance al solo pensiero di essere fatta prigioniera da quel popolo vile e orribile; il punk sospirò, avendo provato di suo calibro la cocciutaggine che contraddistingueva la ragazza, e si grattò la nuca con apprensione.

Improvvisamente sentirono un urlo agghiacciante librarsi echeggiando nella cittadina, che riconobbero come l'inconfondibile urlo dei Barbari; un carro armato si muoveva nelle stradicciole spianate di Mystical, da cui scesero uomini su uomini, pronti a ghermire i propri prigionieri con veemenza. Non si sarebbero fatti scrupoli ad improgionare tutto il popolino e oltre, in modo da trasportarli nei loro carceri, per usufruirne, nel caso delle donne, con scopi peccaminosi senza che loro potessero alzare un dito. L'ispanica non volle lasciar scorrere le lacrime come manifestazione di debolezza e volle fronteggiare il destino che l'attendeva a testa alta, con la dignità di cui non aveva mai avuto carenza.

Presto, i Barbari fecero irruzione anche nell'ambulatorio con tutta la loro forza e senza tralasciare alcuno scrupolo che possedevano nel cuore.

-Avanti, luridi vermi! Salite!- uno di essi cinse il polso della levatrice, spingendola con la mano libera verso il carro armato, e violando i territori che lei possedeva giocherellando sui suoi fianchi sinuosi o sotto l'ampia veste mogano.

-Tu non sei male...- sghignazzò uno, seguito a ruota dal compagno, ma la Ribelle non permise invadenza es assestò uno schiaffo sulla guancia rossa e paffuta del suo aguzzino.

Non mi importa se mi trucideranno, nessuno mi mette le mani addosso senza il mio consenso.

Decretò mentalmente, senza esternare quel pensiero, per poi essere condotta con rabbia e forza dentro il veicolo ben forgiato con cui sarebbe giunta nei carceri di Zaleya, la città in cui viveva quel popolo guerrigliero e disponente di un'enorme forza.

La penombra che aleggiava all'interno del carro oscurò la vista della ragazza, che si rannicchiò a terra premendo una guancia contro il pavimento gelido, che bagnò con le vili lacrime. Aveva tentato di ricacciarle, ma queste imponevano di scorrere e non poteva negare che quello sfogo le liberava la coscienza oppressa dal dolore.

Vagò con lo sguardo, forse per l'ultima volta, su gli altopiani rocciosi, il colle Mystico, il fiume Ystico che scorreva argenteo e puro dalla sorgente del colle, limpido come le sue stesse lacrime; poi la porta del carro si richiuse con un secco clangore, schiudendole la visuale sulla sua amata città.

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Stava squadrando la situazione dall'alto, lasciando che i passi trascinati e lenti rimbombassero nella stanza pressochè spoglia, costituita da uno scranno forgiato in modo impressionante: oro, ambra e marmo bianco e nero, traslucido, alternato, e da uno scrittoio di mogano su cui vi era poggiato una pila di pergamene, carte e documenti a cui avrebbe prima o poi dovuto dare un occhiata.

Per ora, non si permetteva distrazioni dalla sua missione. Dedicava anima e corpo alle strategie che formulava nei meandri della mente, agli ingranaggi che presto avrebbero messo in moto le sue diaboliche idee. Sogghignò, lasciando roteare le iridi cerulee sulla finestra della tenuta, che dava irrimediabilmente sul luogo in cui stava avvenendo l'imprigionata dei Ribelli e dei Reali.

Presto si sarebbe spostato da lì, era un luogo facilmente scopribile e non poteva permettere che il suo piano andasse a monte per un errore così futile; inoltre, sarebbe stato un'occasione irripetibile con cui avrebbe potuto riempirsi le tasche di libbre d'oro e scalare la piramide dell'alta società.

Un bussare sconnesso e delicato si presentò alla sua porta di mogano, costringendolo ad aprire e a ritrovarsi davanti la regina Enrietta Blossom De Pareja. Sì, era una lontana cugina del celebre e ricchissimo pittore Juan De Pareja, e ne portava il cognome con fierezza ed autorità.

-Buongiorno, Lady Enrietta.- si inchinò fino a che il ciuffo ricadde a sfiorare la terra, e la donna sfoderò il ventaglio sfarzoso e ricco di piume turchesi con noncuranza, abituata ed annoiata da quei riverbi che ormai chiunque le riservava.

-Il tempo scadrà fra poco. Ne sei a conoscenza, vero?- la regina si accomodò sulla sedia di mogano, traendo in alto un lembo candido della veste bianca come la neve, arricchita da file di perle, pizzo e sottovesti varie.

-Certo. E credo di sapere come averla. Ma senza sporcarmi le mani di sangue, dato che non ne ho l'intenzione.- guardò la signora di sottecchi, aspettandosi un qualche tipo di reazione, invece lei si limitò ad arricciare le labbra e a rimuginare su ciò che le veniva riferito.

-Bene. La giovane non deve vivere senza sapere le sue origini.-

-Ha qualcosa che me la possa fare riconoscere? Una foto... Un qualcosa....?-

-No, purtroppo. Mia madre, Lady Mariana, conserva una foto di quando lei era alla veneranda età di dieci anni... Ma vive in Spagna e non puoi permetterti perdite di tempo.- le iridi ambrate della regina scintillarono nelle iridi, tremolando come focose fiammelle appiccate nei bulbi. -Però ha un simbolo che può aiutarti a riconoscerla. S tratta di un anello di zaffiri grezzi. Glielo avevo regalato io quando era ancora un infante... Lo indosserà di sicuro.- le ciglia si inumiridono, e una lacrima brillò sulla pelle prima di essere asciugata con lentezza da un fazzolettino di pizzo; l'uomo rimuginò, spostando lo sguardo sul volto di Enrietta, per poi asserire cupamente con il capo.

-Bene. Ma immagino lei non sia qua solo per parlarmi di questo, no?-

-Come sempre le tue deduzioni sono corrette.- rispose pacatamente la donna, riprendendo il discorso pochi attimi dopo. -Vorrei che tu la rintracciassi e che poi... Beh, eliminassi un certo ostacolo che incombe sulla nostra strada.- nuovamente un lampo squarciò i suoi occhi, lasciando una scia luminosa che si spense solo quando riprese a parlare.

-Chi?- sussurrò dapprima il ragazzo, avente paura di sentir pronunciare...

-Sir. Duncan Arcibald Smith. Lui deve morire.-

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Gwen sbattè un pugno sull'intelaiatura di tessuto che ricopriva il pavimento del carro, marciante verso la Zaleya con passo veloce e spinto. Erano stati imprigionati tutti, e non vi era stata via di scampo... Aveva fallito, irrimediabilmente, e si sentiva solo una povera illusa che giocherellava con le illusioni di essere un buon condottiero.

Non avrebbe dovuto accettare la responsabilità di guidare l'esercito, in quanto quell'autorità l'aveva oppressa e aveva decretato le sorti dell'incontro. Eta stata un'illusa a fidarsi solamente delle sue capacità, che si erano ben presto rivelate troppo futili alla cittadina per cui lottava ogni giorno, per cui si scagliava in battaglia con fierezza e coraggio.

Una mano si posò sulla sua spalla, e il caldo torpore di cui era inalata la riscaldò dal gelo opprimente e insaziabile del carro; la giovane volse il capo, e vide Duncan accoccolato accanto a lei, pronto a confortarla per la sua sconfitta e a compatirla vilmente per gli errori irrimediabili che aveva commesso.

-Ciao.- sussurrò rocamente Gwen, abbassando il capo sulle ginocchia, per poi sentire la mano calda dell'amato premerle sulle guancia ad alzarle il volto; le labbra di Duncan si poggiarono su quelle gelide e umide dalle numerose lacrime salate di cui erano intinse. Dapprima il punk le stampò semplicemente, poi intensificò il contatto iniziando una danza di lingue, bramato da entrambe le parti; il giovane poggiò la mano sulla guancia dell'altra, per non permetterle di scappare da quel contatto che tanto aveva desiderato e mai aveva messo in atto.

Prima che potessero staccarsi dalla passione che gli aveva spinti a compiere il gesto, uno strattone fece barcollare l'andatura del carro, e i due, traballando paurosamente, si staccarono, guardandosi intorno con apprensione; un altro scossone fece tremare il veicolo, che si inclinò e sbandò contro rupi rocciose.

Si distrusse completamente, lasciando solo qualche congettura in giro, perlopiù sfasciata ed irrimediabilmente rotta; i due vennero catapultati in un luogo sconosciuto, ma non uscirono illesi da quell'incidente dovuto alla scarsità della sicurezza immessa nel veicolo.

La dark cadde all'indietro, ma sfoderò il pugnale per tentare di conficcarlo nella terra ed aggrapparsi, invano, dato che la lama non penetrò nella terra in tempo e la Ribelle cadde all'indietro, sbattendo con veemenza la nuca sullo sperone di roccia; il punk, d'altro canto, cadde sulla terra umida e fangosa, ma non riuscì a sibilare altro che una roca richiesta di aiuto che perse i sensi con facilità.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Il carro procedeva con velocità moderata, trasportante all'interno Courtney, Heather, Noah ed una ragazzina minuta, dai capelli biondo cenere e dal volto dai lineamenti spigolosi, di un incarnato pallidissimo, forse di un pallore così spettrale anche per via della paura che provava in quella situazione disperata. Stringeva le ginocchia al petto, e sembrava dimostrare poco più di diciassette anni, o forse chi la osservava era condizionato dalla sua fisionomia minuta che la caratterizzava.

Fuori ululava il vento, che imperversava con violenza scrollando leggermente la carrellata, e lasciava un rumore sordo nelle orecchie dei quattro ragazzi rinchiusi là dentro e costretti a marcire in carceri a dir poco luridi e sudici.

La ragazza bionda tremava, schiudendo con apprensione le iridi tonanti dal grigio chiaro al verde acqua pastello in un miscuglio bellissimo; Courtney le poggiò una mano sulla spalla, coperta da uno scialle di lana spessa e filata con cura, e tentò di infonderle un po' di coraggio.

-Come ti chiami?- sussurrò dolcemente lei, lasciando che il capo della giovane si alzasse lentamente per squadrarla con attenzione, quasi leggendole l'anima. Quelle iridi mozzavano il fiato e non lasciavano scampo, sapevano leggere ogni più piccolo sentimento che trapelava dai tratti del volto e sembravano a conoscenza di tutti i segreti della castana, sebbene quella ragazza l'avesse vista poche volte in paese senza nemmeno scambiarci parola.

-Dawn. Dawn Butterfly. Tu?-

-Courtney Barlow. Sono la curatrice del paese.- spiegò Courtney, e la ragazza si fermò con aria pensosa, per poi avere un illuminazione che lanciò uno scintillio negli occhi.

-Oh, io ti conosco! Sei il mio mito... Anche io vorrei essere curatrice e levatrice da grande! Avrei voluto mi insegnassi tutti i tuoi segreti, un giorno...- la ragazza socchiuse gli occhi e una lacrima solitaria brillò sulla guancia, per poi scorrere repentina e tracciare una lunga scia umida; la donna sorrise a quella dichiarazione d'ammirazione, e le fece una carezza che perdurò il tempo necessario da scaldarle la pelle guanciale.

-Te li insegnerò, promesso.- quella promessa, se lo sentiva, non sarebbe stata vana: non avrebbe permesso che una giovane ragazzina perisse in una logora cella, senza nemmeno vedere la luce del sole, il cielo vasto e in continuo mutamento, senza poter vivere.

-Siamo arrivati, credo.- mormorò Heather, asciutta ed inespressiva, portando istintivamente la mano alla spada corta ed affusolata; come previsto dall'asiatica, il carro si arrestò e la porta di bronzo di aprì con un cigolio, rivelando la luce del sole che investì i ragazzi con incredibile irruenza.

-AVANTI, FECCE!- latrò una guardia, allungando a malapena il braccio muscoloso per afferrare il braccio minuto di Dawn e strattonarlo verso di sé con veemenza, lasciando gemere la giovane che però non osò proferire parola.

I giovani vennero ammanettati con pesanti manette di bronzo e ferro fusi in una lega pesante da sostenere, e camminarono arrancando, lenti dal grande peso che li frenava; venivano sospinti di tanto in tanto dalle guardie, che li condussero all'interno di un edificio squadrato e dall'apparenza orribile. La parete era scrostata e rivelava come il luogo era trascurato, annerito ed eroso dal tempo che aveva avuto il sopravvento sulla manutenzione probabilmente assente e che aveva ridotto il luogo forse peggiore del carcere di Mystical.

-Tu, vieni con me.- indicò Courtney, che con riluttanza chinò il capo, non volendo vedere come Heather e Noah venivano portati alle celle, separati da lei che, probabilmente, sarebbe stata usata peccaminosamente; con indignazione represse quel pensiero, e si apprestò a seguire la guardia lungo i corridoi di roccia scura che imboccava il suo aguzzino, illuminati solo dalla luce fioca del fuoco crepitante nelle torce di bronzo affisse alle pareti.

Passo dopo passo si sentiva morire, un vuoto che la opprimeva, e sentiva sempre più lacrime scendergli sulle guance e cadere a terra con viltà e umiliazione, segnando per sempre la roccia dura e brulla che costituiva l'interno del luogo.

Non voglio concedermi a nessuno, non voglio stare rinchiusa, non voglio morire!

Volle gridare all'uomo nerorbuto dinnanzi a sé, che la scrutava con apprensione per valutare che le sue possibilità di fuga fossero tranciate di netto; la condusse in una cella rocciosa, delimitata da delle sbarre di bronzo salde e inviolabili.

Senza proferire parola, invase il suo territorio prima che la giovane potesse esalare altro respiro, intensificando il bacio che le stampò con focosità sulle labbra e cominciando a sdraiarla contro la roccia grezza per avere più facilità nel lavoro; la donna scalciò e si dimenò, ma le manette le concedevano ben poche possibilità di gesto e la guardia sembrava intenzionato a non volerla lasciare, ma a proseguire fino a violare con passione tutti i suoi luoghi strettamente privati.

Le lacrime le bagnarono il volto, e si confusero alla scia umida che lasciarono i baci di quello sporco criminale, mentre fra gridi disperati la levatrice cercava aiuto. Non riuscì a sopportare quella tortura e scalciò con una violenza tale che l'altro gli represse un violento schiaffo sulla guancia, che bruciò quasi quanto la vergogna di doversi concedere controvoglia e essere sporcata da un tale energumeno che non si sarebbe di certo risparmiato toccate ed effusioni forti nei punti più segreti.

-NON CI PROVARE! TU SEI UNA SOTTOMESSA, CHIARO?- lei si accasciò contro la parete rocciosa, che la ferì per la sua affilatezza, e ormai priva di veste fu di nuovo oggetto dei baci focosi e sudici che le imprimeva sulle labbra il maniaco; non poteva sopportare quell'agonia ancora per molto, si disse, nel vedere con impotenza come lui si impossessava della sua biancheria intima per scaraventarla di lato e ricominciare con la sua foga focosa e passionale.

Per sua fortuna notò che nella tasca della giacca dell'uomo, adagiata e ripiegata malamente di fianco a lei, vi erano le chiavi delle varie celle e tutte le loro armi: il suo coltello di bronzo, la spada di Heather, l'arco di Noah e un bastone d'oro e d'ambra, di cui non notò i dettagli, che probabilmente apparteneva a Dawn.

L'uomo passò ai fatti, e la cosa costò un gemito di dolore a Courtney, che, vogliosa di chiudere la questione, con la gamba scostò le chiavi e le armi, che ricaddero a terra con un clangore a cui l'uomo non badò. Doveva cercare di prendere le chiavi delle manette, almeno per poter muovere liberamente le mani, e così scivolò di lato, attirando un'imprecazione della guardia.

-Che stai facendo?- grugnì, aggrottando le sopracciglia in un'espressione arcigna; l'altra formulò una scusa plausibile, e alla fine proclamò: -Mi fa male la schiena e mi adagio in modo da essere più comoda.-

Lui asserì, non perfettamente convinto, ma non si volle fare altre domande e continuò, divertito, a torturare la povera ragazza svelando tutte le sue nudità ed intercedendo con esse.

La giovane non perse tempo, e con le dita ancora mobili catturò le chiavi delle manette; le rigirò, per trovare la serratura a queste, e con un clangore secco il bronzo scivolò sulla roccia. Ora le mani erano libere, e si assicurò di questo prendendo il suo coltello di bronzo e scagliandolo con rabbia feroce e veemenza sul corpo nerorbuto dell'uomo, che stava assaporando il piacere di palpare il seno della ragazza. Non si aspettava di certo la sua più completa ribellione.

Il coltello planò nelle carni del militare Barbaro, che si prostrò in un invocazione di aiuto che gli si mozzò in gola, affievolendosi e diventando poco più di un sussurro sconnesso e ormai insentito.

-Nessuno tocca Courtney Barlow. Ricordatelo.- mormorò la castana, alzandosi e riprendendo le vesti adagiate malamente pochi metri più in là; per fortuna l'uomo non era ancora propriamente passato ai fatti più peccaminosi, anche andandoci vicino, e questo consolò non poco l'animo atterrito della levatrice. Si legò il cinturone di cuoio a vita e rinfoderò il coltello di bronzo, successivamente raccolse anche le chiavi e il resto delle armi e richiuse la cella a chiave, almeno per lasciar passare un po' di tempo prima che le guardie scoprissero dell'omicidio del Barbaro.

Infine sgattaiolò via, la luce scoppiettante che marchiava controluce il baratro oscuro e profondo levatasi dai suoi occhi con il fuoco.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Heather si ritrovò in una cella lurida e sudicia di roccia grezza, appuntita ed affilata, sepolta nella penombra e dai pochi raggi lunari che filtravano solitari da una finestrella, fungente a guardare il cielo attraverso un reticolo di sbarre di bronzo; la giovane si portò una mano al cinturone di pelle, ma vedere che il fodero color vinaccia era privo della sua amata spada la rattristò.

-Dobbiamo uscire di qui!- mormorò convinta l'asiatica, ripercorrendo con passi svelti l'intera cella, innervosendo maggiormente l'indiano. -Già, come?- domandò, sapendo che l'unica risposta proferita dalla ragazza fosse stato il suo più completo silenzio, terso di domande intricate e chissà quali altri reticoli fittizi di pensieri.

-Io posso aiutarvi.- la voce argentina di Dawn echeggiò limpida nelle menti dei due, che si voltarono a guardarla e a domandarsi cosa potesse fare una ragazzina diciassettenne così minuta e senza alcuna arma in possesso.

-Che stai dicendo?- grugnì Heather, interessata a saperne di più ma pur sempre scettica al riguardo: in confronto a loro, dopotutto, era solo una bambina; di che cosa disponeva di così potente da permettere loro di uscire da quel luridume?

-Io possiedo una cosa che voi non avete.- abbassò lo sguardo, cupa, e mostrò una cicatrice bianca attraversante il palmo della mano; si diramava in mille direzioni, ma tranciava di netto la pelle e sembrava incisa abilmente da un artigiano molto esperto.

-Una cicatrice? Wow!- commentò l'asiatica, riprendendo il corso dei proprio pensieri senza badare alle sciocchezze che diceva la giovane, probabilmente in preda alla disperazione per essere stata rinchiusa vilmente; l'altra però scosse la testa percettibilmente, e esalò un respiro prima di rialzare il capo.

-La magia.- questa rivelazione lasciò sconcertati i due, che sarebbero scoppiati a ridere in molte altre occasioni; però questa volta, data la gravità della situazione, si limitarono a scuotere la testa e a battere confortanti pacche sulla spalla alla giovane; aveva bisogno di conforto, probabilmente era caduta nella disperazione più totale e tentava in qualsiasi modo di convincersi su cose strane e costruite con le basi fantasiose di cui ancora disponeva, sebbene l'età dei diciassette anni si dimostrasse ormai sul suo corpo.

-Non costringetemi ad usare le mie doti.-

-Andiamo, non vaneggiare!-

-Heather, la magia è una cosa seria. E te lo dimostrerò, ma solo una volta.-

La ragazzina congiunse le mani, e chiuse le palpebre con innata lentezza; un triangolo di luce indaco cominciò a fluttuare fra i palmi, e un vento improvviso scosse i capelli di Dawn, che si riversarono all'indietro, danzando dietro le punte delle orecchie pallide.

Quando schiuse gli occhi, il colore delle iridi era trascolorato, diventando opaco e indefinibile; aprì le braccia, e un vento gelido ed inaspettato aleggiò all'interno della stanza, turbinando attorno ad i corpi di Heather e Noah; quando la ragazzina ritornò normale, profonde occhiaie segnavano il suo volto dall'incarnato ancora più pallido, per quanto fosse possibile.

-Come...-

-Magia, Heather.-

-Sei una strega?- il tono aspro della voce della Ribelle era attraversato da un tremito appena percettibile, che Dawn ignorò.

-No. Non sono una strega, non uso la stregoneria. Uso la magia. Io ho una vasta conoscenza delle erbe e delle piante, della natura e dei suoi segreti. So interagire con i quattro elementi e capire a fondo una persona. Ma non uso le mie doti, se non per curare. Non sono una strega, e la mia magia non è stregoneria. La mia è conoscenza, è sapere, è un germoglio che mi permette di fare del bene attraverso doti sacre e perse da millenni. La stregoneria, o Magia Nera, è un potere maligno di cui non dispongo.- le parole di Dawn si persero nell'aria, e nella penombra Heather continuava a scrutare quella figura minuta con riluttanza, rimuginando sulle possibili conseguenze che avrebbero potuto rivelarsi cruente e maligne sulle loro vite; guardò Noah, sbigottito quanto lei e incapace di darsi una spiegazione logica e coerente, e capì quanto fosse difficile accettare l'esistenza di un qualcosa che hai sempre creduto una favola, rivoltato e dimostrato davanti ai propri occhi.

-Senti, Dawn, parleremo dopo delle tue...- cercò la parola giusta con cui esprimersi, -...Doti. Ora dobbiamo uscire da qui. E trovare Courtney e Gwen.-

Le due annuirono convinte, scambiandosi occhiate eloquenti, che fecero capire alla bionda di dover intervenire usando i propri poteri; questa sospirò, e congiunse nuovamente le mani, preparandosi a sprigionare le proprie doti.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Buonjour!^^

Allora, che ve ne pare? Ci tengo a precisare che la magia di Dawn non sarà proprio protagonista del racconto, ma mi sembrava carino inserirla^^

Capitolo (di sette pagine! WoW!) dedicato soprattutto a due persone importanti:

§Dark_Moon, che mi ha segnalato per far andare la storia fra le scelte... Ti ringrazio!^^

§E Gwuncan_Love, una nuova lettrice silenziosa, di cui pubblicizzo “Il marchingegno fermatempo”&”You and I are different but equal”

E poi, ovviamente, tutti gli altri:

§Stella_2000

§Marty_Chica

§Dalhia_Gwen

§Mary58020

§Lexy Angels

§Gwuncan99

§Xenja

§Carillon1726

Bene, ho finito!

A revoir^^

Gwen

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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