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Autore: Angel with a broken wing    17/05/2014    1 recensioni
Long Thadastian/Klaine con Niff, Brittana, Finchel e Quick.
Sebastian e Blaine vivono insieme a New York. Il primo vuole essere avvocato, il secondo sogna di diventare il nuovo Tim Burton. Migliori amici, si ritroveranno immersi in una serie di circostanze che li porterà ad una felicità circondata dal dolore.
Kurt condivide l'appartamento con Rachel e Santana, sue migliori amiche, e abita di fronte a Thad, cugino dell'ultima, aspirante fotografo. Quando i demoni del loro passato torneranno a far loro visita, capiranno perché si dice che "non tutti i mali vengono per nuocere" e troveranno l'amore.
Ma i problemi, quelli ci sono sempre. Varrà la pena di lottare?
Tra strani incontri, brutti ricordi, bugie, pianti e eventi imprevisti, troveranno la risposta.
Tratta di argomenti piuttosto delicati che tuttavia ho cercato di narrare non troppo pesantemente. Spero di avervi incuriosito!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Blaine/Kurt, Sebastian/Thad
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 7

The one where ghosts from the past enjoy spoiling lives



Gli piaceva Thad.
    Forse anche troppo.
    Okay, decisamente troppo. Si conoscevano da appena due settimane, ma a Sebastian sembrava una vita.
    Thad stava diventando parte della sua normalità: una piacevole variante della sua noiosa routine, che piano piano era diventata la sua... non-più-tanto-noiosa routine.
    Fino al giorno prima era lui che andava da Thad, ma ora che Blaine aveva ricominciato il lavoro al supermercato Sebastian aveva la casa libera e nessun vicino abbastanza vicino da potersi lamentare, quindi gli aveva mandato un messaggio e pochi minuti dopo stava aprendo la porta a Thad.
    «Buongiorno!» esclamò questi, entrando e lasciando un bacio sulla guancia a Sebastian. Che era arrossito. E aveva sentito qualcosa muoversi nel suo stomaco - era sicuramente la colazione di quella mattina. Doveva essere la colazione di quella mattina.
    «'Giorno» mormorò in risposta. «Come mai tutto questo entusiasmo?»
    «Oh, niente di che. Ho solo ricevuto una telefonata, stamattina, da una rivista che avevo contattato un po' di tempo fa che vorrebbe farmi fare un servizio fotografico...» stava cercando disperatamente di non sorridere, ma non ci riuscì.
    Sebastian si illuminò. Aveva visto quanto Thad era bravo con la macchina fotografica. E, dopo quello che gli aveva raccontato sul suo passato, si meritava qualcosa che lo rendesse felice, per una volta. Era... orgoglioso. Fiero di lui.
    Si aprì in un sorriso e abbracciò Thad.
    «Sono così felice per te!» disse.
    Lui non abbracciava mai nessuno. Mai. Ma in quel momento, tra le braccia di Thad, a condividere la sua felicità, avrebbe voluto che il tempo si fermasse e rimanessero così per sempre. Gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, ricambiando il gesto di prima, e lo condusse sul divano, dove si sedettero.
    «Allora, racconta: che rivista è?» chiese, entusiasta.
    «Runway*. È una rivista di moda. Vogliono che faccia il servizio sulla nuova collezione primavera-estate di Alexander McQueen! Ti rendi conto?»
    «Certo! Alexander McQueen!» Sebastian doveva essere stato meno convincente di quanto sperasse. Non aveva la minima idea di chi fosse questo Alexander McQuinn, e, dallo sguardo divertito che gli stava rivolgendo, Thad doveva averlo capito.
    «Sebastian, sul serio, non puoi ritenerti gay e non conoscere McQueen.»
    «Oh, dici? Perché prendere il tuo Thadduccio su per il culo non è abbastan...»
    «Stai zitto» lo interruppe Thad ridendo, per poi prendergli il viso tra le mani e baciarlo.
    E potete immaginare cosa successe dopo.

***

Non ricordava quanto fossero belle le coccole dopo aver fatto l'amore. Ma in quel momento, con le gambe intrecciate a quelle di Thad, la testa poggiata sulla sua spalla e Minerva che li fissava dal suo rifugio dietro il televisore - okay, forse questo non era poi così romantico - si accorse che sarebbe volentieri rimasto così per sempre. Ma, ovviamente, non poteva. Cioè, poteva farlo, ma non poteva permetterselo. Era sulla strada giusta per innamorarsi di nuovo... E questo non doveva succedere.
    Si districò controvoglia da quell'abbraccio e, scavalcando Thad, che mise su un tenerissimo broncio, scese dal divano.
    Sebastian sorrise.
    «Devo farmi la doccia. Ho appuntamento a pranzo con Nick e Jeff. Tu fai come se fossi a casa tua.» Raccolse i suoi vestiti, sparsi per il salotto, e se ne andò in bagno, gettandoli nel cesto dei panni sporchi. Non aveva la minima idea di cosa sarebbe successo di lì a poco.

***

Quando uscì dalla doccia, un quarto d'ora dopo, trovò Thad seduto sul divano, completamente vestito. Si voltò verso di lui non appena entrò nel salotto - eppure gli sembrava di non aver fatto il minimo rumore. Sembrava deluso, ferito e triste... e la cosa non gli piaceva.
    «Perché non mi hai detto di avere un fidanzato?» chiese, rispondendo allo sguardo confuso di Sebastian.
    «Cosa? Un fidanzato? Di cosa stai parlando?» proprio non capiva. Come gli era venuta in mente una cosa del genere?
    «Non fare il finto tonto, è appena passato. Ti cercava. Senti, so che avevamo deciso che questa relazione sarebbe stata aperta, ma addirittura un fidanzato? Mi sembra... esagerato. E mi sento in colpa. Non mi piace l'idea di essere l'amante...»
    «Woah, piano, frena» lo interruppe Sebastian. «Di che diavolo stai parlando? Te lo giuro, io non ho nessun ragazzo! Il tizio che è passato sarà stato qualcuno che voleva fare uno scherzo, non lo so. Ha detto il suo nome? Spiegami per bene cos'è successo.»
    «Penso fossi appena entrato in doccia» cominciò. «Hanno suonato il campanello, così ho deciso di aprire, magari erano Nick o Jeff, e comunque mi sarei fatto lasciare un messaggio. Ho aperto e questo tipo, avrà avuto una quarantina d'anni, mi ha salutato come se mi conoscesse e non fosse strano che non abbia aperto tu, e mi ha detto che ti cercava. Allora gli ho detto che eri impegnato e lui mi ha chiesto di riferirti che il tuo ragazzo era passato. Ha anche detto il suo nome, ma non ho capito molto bene perché aveva l'accento francese. Qualcosa come Philip.»
    E fu a quelle parole che il mondo di Sebastian, lentamente, cominciò a cadere a pezzi.
    Vedendolo così, con gli occhi sgranati e pieni di terrore e lacrime, Thad cominciò a preoccuparsi. Si alzò dal divano e si avvicinò a lui.
    «Ehi, Sebastian? Seb? Seb, che ti prende?» lo scrollò, ma l'unica reazione che ottenne fu un singhiozzo.
    Sebastian crollò sul divano. Non poteva essere vero. Doveva chiamare i suoi genitori, Blaine, Nick, Jeff... Tutti quelli a cui voleva bene. Lanciò un'occhiata veloce a Thad. Anche lui. Non poteva farlo uscire dal suo appartamento, ma soprattutto... doveva raccontargli tutto. Era già troppo coinvolto in quella storia. E, comunque, aveva deciso che gliel'avrebbe detto quando Thad si era aperto con lui. Ora aveva solo bisogno di un po' di tempo per non farsi prendere dal panico.
    «Seb» lo chiamò. Non si era nemmeno accorto che si era seduto accanto a lui. «Seb, guardami.» Gli prese il volto tra le mani con gentilezza e lo costrinse a guardarlo negli occhi. «Parlami. Cosa succede?»
    «Io...» Prese un respiro profondo. Gli occhi di Thad gli diedero la forza di continuare. «Quattro... quattro anni fa ho vissuto in Francia per circa un anno, insieme ai miei genitori. Mio nonno era francese, e mi è stata insegnata la lingua fin da quando avevo solo cinque anni. Vivevamo in una villetta a Lourde. A scuola non feci amicizie, un po' perché facevo lo stronzo con tutti, un po' perché all'università gli amici, di solito, li si hanno già, e quindi non li cerca nessuno. Ma poi conobbi il mio professore di matematica, Philip Ravin. Aveva trentaquattro anni. Era sexy, questo l'avevo notato subito. Aveva quell'aria da bello e dannato che, per un ragazzo di vent'anni, era disarmante. Ma era anche gentile, ed era l'unico ad esserlo. Così mi presi una cotta per lui. Un pomeriggio, un paio di mesi dopo l'inizio delle lezioni, ero rimasto a scuola per una ricerca di letteratura francese. Ero in biblioteca; lo vidi entrare, stava cercando qualcosa. Quando mi vide, mi sorrise e mi venne incontro. Ero felice, perché capii che stava cercando me. La biblioteca era sempre vuota a quell'ora, e lui doveva saperlo, perché mi baciò. Poi facemmo l'amore. Fu allora che mi innamorai di qualcuno per la prima volta.
    «La nostra relazione andò avanti per mesi. Ci incontravamo di nascosto in biblioteca o a casa mia, quando i miei non c'erano, perché se qualcuno ci avesse visti insieme sarebbe stato un gran casino: un professore, a quanto pareva gay, e uno studente se la facevano di nascosto nella scuola in cui uno lavorava e l'altro studiava... Sarebbe stato piuttosto difficile da accettare. Non andavamo da lui perché abitava in centro, a quanto diceva, e non potevamo essere visti insieme.
    «Scoprii la verità la sera prima di tornare in Ohio: volevo andare a casa sua e fargli una sorpresa. Avrei preparato la cena, e poi avremmo fatto l'amore. Sembrava il modo perfetto per dirci addio. Cercai il suo indirizzo a scuola. A quanto pareva, non era vero che abitava in centro, ma in quel momento non diedi peso a quel dettaglio: ero troppo su di giri e impaziente per la sorpresa... Immaginavo già la faccia che avrebbe fatto quando avrebbe visto tutto. Cercavo di non pensare che sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrei visto. Arrivai a casa sua: era bella, in periferia, isolata dalle altre abitazioni. Le luci erano accese: ci rimasi male, visto che aveva detto che sarebbe andato in palestra e non sarebbe tornato prima delle otto di sera, ma gli sarebbe piaciuto lo stesso vedermi, quindi mi avvicinai. Stavo per suonare il campanello quando vidi dalla finestra l'ultima cosa che mi sarei aspettato. Una donna, con un bambino che avrà avuto al massimo cinque anni e si nascondeva dietro alle sue gambe, guardava terrorizzata qualcosa. Mi spostai, in modo da poter vedere la scena al completo, senza però essere visto. Rimasi senza fiato: Philip aveva in mano una cintura e una bottiglia di scotch quasi vuota. Sussurrò qualcosa alla donna, che scosse la testa e arretrò, nascondendo ancora di più il bambino. Lo stava proteggendo. Philip le urlò contro tutti gli insulti immaginabili, e poi la colpì in faccia... con la cintura. E poi ancora, e ancora, finché lei non crollò sul pavimento, sanguinante e in lacrime, col bambino che la accarezzava sulla schiena e piangeva con lei. Fino a quel momento ero rimasto troppo sconvolto anche solo per muovermi, ma poi trovai la forza di prendere il cellulare e chiamare la polizia. Philip venne arrestato e la donna portata in ospedale, insieme al bambino. Venni a sapere, andandola a trovare, che Philip era ancora sobrio quando l'aveva picchiata, e che non era la prima volta che succedeva. Prima la picchiava, poi beveva, poi cercava di fare male anche al figlio. Questo peggiorava ancora di più le cose. Avevo raccontato tutto ai miei genitori, che mi permisero di rimanere un altro giorno, così da poter visitare la donna, ma subito dopo essere stato in ospedale ripartii. Non so come avrei fatto a superare i mesi seguenti, se non fosse stato per Jeff, Blaine e Nick. Riuscii a raccontare loro l'accaduto, e mi aiutarono davvero, davvero tantissimo.» Sebastian prese il cellulare dal tavolino di fronte al divano. «Ora devo chiamarli. Conoscendolo, per vendicarsi di averlo mandato in prigione, mi farà del male attraverso quelli che amo di più. Devono stare attenti. Almeno i miei sono al sicuro in Francia. Ovviamente parlo anche di te» aggiunse. «Ti ha visto, ha capito che sei importante per me, e non posso permettere che ti faccia del male. Dovrete stare tutti qui...»
    «No» lo interruppe Thad. Era stato zitto per tutto il tempo, ma ora il suo sguardo traboccava di odio. «Questo appartamento è troppo piccolo per cinque persone, e lui sa che abiti qui. Verrete a stare da me. In due starete nella mia stanza, in due in quella degli ospiti e io starò sul divano. Così non ti troverà e non ti farà niente, perché, se anche ti avesse visto entrare nel condominio, non saprebbe in che appartamento abito.»
    «Non posso chiederti una cosa del genere, Thad» disse Sebastian.
    «Non me la stai chiedendo» ribatté. «Te la sto offrendo io. Ed è l'unica possibilità che hai, lo sai.»
    Sebastian lo guardò negli occhi. Fu piuttosto difficile, perché, anche se aveva smesso di piangere, le lacrime gli offuscavano ancora la vista.
    «Potrebbe essere qua vicino. Ci vedrebbe e ci seguirebbe, se prendiamo la mia macchina...»
    «... Per questo chiameremo un taxi. Passeremo al supermercato a prendere Blaine - così, intanto, avverto anche Santana di tornare a casa e di prendere su anche Brittany, perché se quello psicopatico sa dove abiti significa che ti osserva da qualche giorno, e avrà visto almeno una volta Brittany venire qui o te e Blaine andare da lei; ma non racconterò loro niente di questa storia, tranquillo - e poi Nick e Jeff, e andremo al mio appartamento. Con tutti i taxi che ci sono a New York all'ora di punta, non ci troverà. Ora telefona agli altri, di' loro di prepararsi. Io chiamo il taxi.»
    Sebastian fece ciò che gli disse Thad. Spiegò la situazione ai suoi amici, e poi cercò di darsi una calmata: odiava mostrare quanto fosse fragile. Solitamente era coraggioso, forte. Il fatto che avesse superato quella storia e convivesse ogni giorno con quel demone senza rimanerne più scalfito ne era una prova. Ma Philip era il suo punto debole, il suo Tallone d'Achille. Ripresentandosi, aveva riaperto quella ferita che aveva impiegato così tanto tempo a chiudersi. Nonostante questo, però, nonostante la sofferenza che gli attanagliava il cuore in quel momento, non voleva più piangere. E non lo fece. Quattro anni prima avrebbe passato giorno e notte a disperarsi, di sicuro. Ma Sebastian non era più quel ragazzo di vent'anni: l'esperienza che aveva vissuto lo aveva fatto crescere. Quello che non ti uccide ti fortifica, no? Ecco: ora Sebastian era più forte.
    Sentì una pressione accanto. Guardò Thad, ora seduto accanto a lui. Anche lui lo rendeva triste. Dopo quello che era successo quella sera, l'unico motivo per cui Thad non se n'era ancora andato a gambe levate era, sicuramente, che non voleva che Philip gli facesse del male.
    «No» sussurrò. «So a cosa stai pensando. Ci sono passato anch'io. Ma non sono qua perché mi sento costretto o perché ho paura: sono qua per te. Solo e soltanto per te. Capito?»
    Sebastian lo guardò. Si fidava di lui. Annuì. Thad lo abbracciò forte, come per tenerlo unito... E Sebastian si rese conto che era la cosa di cui aveva più bisogno in quel momento.
    «Grazie» mormorò. «Di tutto.»
    «Figurati.» Gli baciò una tempia, e poi si alzò dal divano, seguito da Sebastian.
    «Vado a preparare dei vestiti per me e Blaine» disse, e poi si allontanò, diretto alla sua stanza. Tornò con un paio di borse, e subito uscirono. Il taxi li stava aspettando per strada. Sebastian era inquieto: si sentiva osservato e non la smetteva di sussultare ogni volta che qualcuno lo sfiorava... Bene, ci mancava solo la paranoia. Salì sul taxi e andarono al Fairway, dove Brittany, Blaine e Santana li stavano aspettando, con un'aria preoccupata. Salirono con loro e poi filarono da Nick e Jeff. Loro presero un altro taxi. Quando arrivarono da Thad e si sistemarono, Sebastian si sentì in colpa. Senza volerlo, aveva coinvolto tutte quelle persone nei suoi problemi. Stava per scusarsi, quando Jeff lo abbracciò. Di solito faceva lo schizzinoso quando lo faceva, ma in quel momento non ne aveva voglia.
    «Ehi, Barbie» gli disse, usando il nomignolo che gli aveva affibbiato quando andavano al liceo. «Lo sai che andrà tutto bene, vero? Starò bene. Ancora.»
    «Seb» singhiozzò Jeff in risposta. «L'altra volta è stata... terribile... per te e anche per noi. Vederti distrutto in quel modo... Non voglio che tu cada a pezzi di nuovo.»
    «Non lo farò. Te lo prometto. Adesso sono più forte, riuscirò a cavarmela. Tra poco prenderanno quel pezzo di merda e tornerà tutto come prima.»
    Sentiva gli occhi degli altri addosso. Sapeva che probabilmente Brittany e Santana non stavano capendo niente di quello che stava succedendo, ma l'avrebbe spiegato loro più tardi. Guardò Blaine, e i due si capirono all'istante: Blaine c'era, qualunque cosa succedesse. Gli rivolse un sorriso sicuro, che tranquillizzò Sebastian.
    E poi guardò Nick. Aveva lo sguardo basso. Tra i quattro, era sempre stato quello più protettivo verso gli amici; per questo era quello che era rimasto più colpito dalla storia... dopo Sebastian, ovviamente. Questi si staccò da Jeff e gli si avvicinò. Nick non alzò lo sguardo, ma Sebastian sapeva che lo aveva visto. Quattro anni prima l'aveva trattenuto a stento dall'andare a spaccare la faccia a Philip; sperava non reagisse tanto male anche ora.
    «Seb, se quel maiale... Se quell'essere ti tocca ancora, te lo giuro, gli farò pentire di essere mai nato.» Finalmente alzò gli occhi. Erano lucidi di rabbia.
    «Non lo farai» replicò Sebastian. «Finiresti in prigione e non ci sarebbe più nessuno a tenere a bada Barbie quando ha i suoi attacchi Disney.»
    Nick sorrise debolmente. Sebastian gli diede una pacca sulle spalle, e sentì il suo cellulare squillare: era sua madre.
    «Ehi, mamma. Stavo per chiamarti, devo dirti una cosa...» cominciò, ma lei lo interruppe.
    «Tesoro, Philip è evaso di prigione... Al telegiornale... Non l'hanno ancora trovato... Sono così preoccupata...»
    «Ehi, mamma, calma, smettila di sparare frasi sconnesse. So che è evaso»
    «Lo sai? Come lo sai?»
    «Si... Si è presentato a casa mia mentre stavo facendo la doccia, stasera. Gli ha aperto un mio...» lanciò un'occhiata a Thad, che distolse subito lo sguardo. «... amico. Ora io e i ragazzi siamo nel suo appartamento, tra poco chiamo la polizia.»
    «Oddio... D'accordo... Tesoro, ti prego, sta' attento... Quell'uomo è uno psicopatico, potrebbe fare qualunque cosa...»
    «Lo so, mamma. Me ne sto... occupando, per così dire. Non ti preoccupare, sai che fa venire le rughe.» Sorrise un po'.
    Sua madre buttò lì una risata nervosa.
    «Va bene. Fammi sapere se lo prendono. Ti voglio tanto bene.»
    «Certo. Anch'io. Ciao.»
    Chiuse la telefonata. Guardò i suoi amici. Sapeva che avevano sentito l'intera conversazione, anche se fingevano di essere occupati in qualcos'altro, ma non gli dava fastidio.
    Compose “911” sulla tastiera; aveva valutato l'ipotesi di andare alla centrale come avrebbe fatto chiunque in qualsiasi altra situazione, ma sarebbe stato troppo pericoloso. Premette il tasto di chiamata e nello stesso istante qualcuno bussò alla porta. Santana aprì: erano Kurt, Finn e Rachel, che assunsero immediatamente un'aria confusa vedendo la piccola folla nell'appartamento.
    «Spiega loro tutto» disse a Thad, che annuì. Si allontanò prima di poter vedere o sentire altro, rifugiandosi nella camera di Thad. Gli era familiare, ormai: le pareti di mattoni, i pochi mobili spaiati, il poster di un'Idina Menzel con la faccia verde e un cappello da strega in testa sull'armadio, Diana e Cerere sul letto. Si sedette accanto a loro e cominciò ad accarezzarle, e loro risposero facendo le fusa più forte. Si ricordò di aver lasciato Minerva a casa da sola: doveva ricordarsi di chiedere a Santana, Rachel o Kurt di andarla a prendere il prima possibile.
    Quando il 911 rispose alla telefonata, Sebastian spiegò a grandi linee la situazione e chiese di mandare qualcuno all'indirizzo dell'appartamento di Thad, in incognito. Avrebbe raccontato poi al poliziotto i particolari. Mentre riattaccava, gli cadde l'occhio su un pezzo di carta quadrato appoggiato sul comodino, sotto la sveglia. Lo girò, sapendo già di cosa si trattava: la foto che Thad gli aveva fatto la prima volta che erano stati a letto insieme dopo aver deciso di essere amici con benefici. Rimase ancora stupito da quanto fosse bella. Un pensiero gli fece sparire il sorriso che gli era spuntato alla vista della fotografia: con tutto il casino che era successo, Thad non aveva avuto l'occasione di festeggiare il suo ingaggio. Sebastian lo aveva praticamente spinto via lontano dai riflettori, e anche se Thad non sembrava esserci rimasto male, Sebastian si sentì in colpa. Doveva rimediare, in qualche modo.
    Tornò dai suoi amici. Brittany era sul punto di piangere. Si andò a sedere sul divano, accanto a lei; si aspettava che qualcuno parlasse, ma non lo fece nessuno. Fu quasi un sollievo quando suonarono al campanello.
    Stavolta fu lui ad aprire; i tre poliziotti, che riconobbe grazie ai distintivi che gli mostrarono - quasi si aspettava che fossero falsi, ma per fortuna aveva imparato a riconoscerli, alla facoltà di legge... e agli strip club gay -, ascoltarono la sua dichiarazione all'ingresso dell'appartamento, prendendo appunti, e ne chiesero una anche a Thad riguardo il suo incontro con Philip. Quando ebbe finito di parlare, però, Sebastian udì le ultime parole che avrebbe voluto sentire in quel momento.
    «Il suo arresto non è in nostro potere» disse il primo agente. Si era presentato come l'agente speciale Sugg. «Essendo evaso da una prigione in Francia ed essendo di nazionalità francese, la polizia di New York non ha alcun diritto in merito. Non possiamo alzare un dito contro di lui, sono desolato.»
    «I miei genitori abitano in Francia» replicò Sebastian, cercando di non farsi prendere dal panico. «Posso dire loro di contattare la polizia francese e far venire qui qualcuno, così potete organizzare qualcosa.»
    Non riuscì a mascherare bene il nervosismo nel suo tono. Thad lo notò e gli prese la mano, stringendola; il gesto lo rassicurò. “Io ci sono”, diceva. “Non sei solo.”
    «Non ce ne sarà bisogno, possiamo occuparcene noi. Contatteremo le autorità in Francia e la avvertiremo il prima possibile di eventuali novità. Lei non esca da questo appartamento e resti disponibile in qualsiasi momento. È tutto quello che possiamo fare, per ora.»
    Sebastian annuì e li congedò, decisamente più tranquillo. Guardò Thad e sorrise.
    «Adesso basta pensare alle cose brutte» disse, alzando la voce per farsi sentire anche dagli altri. «L'unica cosa di cui ho bisogno adesso è distrarmi...e bere. Quindi, via quelle facce lunghe e festeggiate con me il nostro Thad, che oggi è stato ingaggiato dalla rivista di moda Highway per fare un servizio fotografico della nuova collezione autunno-inverno di Alejandro Maxween!»
    «Veramente la rivista è Runway, la collezione è primavera-estate e lo stilista è Alexander McQueen» lo corresse Thad, ridendo.
    «Esattamente quello che volevo dire! Quindi, adesso io ordino una mezza dozzina di pizze e voi tirate fuori la vodka!»
    Santana corse ad abbracciare Thad, seguita poi da Kurt e Rachel. Sembravano aver tutti dimenticato l'accaduto, e questo contribuì parecchio a farlo sentire meglio.
    Rachel lo raggiunse non appena finì di parlare.
    «So come ti senti. Anche io ho passato un periodo... difficile, anni fa, che poi si è ripresentato. Ma non sono qui per offrirti compassione o altre schifezze simili... Sono qui per dirti che ti capisco, e che se vuoi sfogarti, con me puoi farlo. E anche che è meglio che di pizze tu ne ordini una dozzina intera... Non hai idea di quanto riesca a mangiare Finn quando ha fame» concluse con un sorriso, che Sebastian ricambiò.
    «Ci penserò.»
    Quel pomeriggio Sebastian si divertì. Passarono la serata a mangiare, festeggiare, bere bicchierini di whisky - che ad un certo punto Kurt cominciò a scambiare per Cosmopolitan, che, a quanto pareva, era anche una rivista, oltre che un drink - e cantare canzoni improbabili al karaoke - Nick duettò con Finn cantando “Run Joey Run”, che era probabilmente la canzone più insensata di sempre. Si addormentarono tutti che non erano nemmeno le undici di sera - almeno, i vicini non si sarebbero lamentati per il chiasso di notte - e quando si svegliarono, il mattino dopo, si ritrovarono tutti e dieci attorcigliati nello spazio tra il divano e la televisione. Il coretto di «Ahi!», «Vaffanculo» e «Mmmmmmmmh» che si levava non appena qualcuno si muoveva era esilarante. Il primo a svegliarsi fu Kurt, che si alzò, provocando vari lamenti e imprecazioni, e innaffiò tutti con varie bicchierate d'acqua.
    Dopo aver preso un'aspirina o un caffè a testa - non si erano ubriacati tanto, i postumi non erano poi così terribili - ed essersi asciugati come si deve, sembrarono avere ripreso la facoltà di pensare. Fu allora che un pensiero persino più sgradevole di tutti quelli del giorno prima messi insieme balenò nella mente - ancora leggermente annebbiata dall'alcool - di Sebastian.
    «Thad» disse, senza curarsi di abbassare la voce. «Quindi io e te non potremo fare sesso fino a quando non arrestano Philip?»
    Lo sguardo spaventato che gli rivolse Thad sarebbe stato esilarante, se il problema non fosse stato così serio.
    «Eh, eh, che peccato» disse Santana, che aveva seguito quello scambio di battute, con una risata piuttosto inquietante.
    Thad fece sporgere il labbro inferiore, mettendo su il suo solito, adorabile broncio. Lo sguardo di Santana si addolcì alla vista. Sebastian, al contrario, non riusciva a non pensare a quanto avrebbe voluto mordergli e baciargli quel labbro. Fu un dolore quasi fisico spostare lo sguardo dalla bocca di Thad e concentrarsi su qualcos'altro. Aveva bisogno di qualcosa che raffreddasse quell'ondata di eccitazione che lo aveva invaso - dopotutto erano quasi ventiquattr'ore che non faceva sesso, era più che giustificato. Vide in cucina Brittany chinarsi ad accarezzare Diana, e la vista del suo fondoschiena fu meglio di una doccia fredda. Evviva le ragazze e i loro metodi infallibili per far sparire ogni accenno di erezione nei gay.
    «Dobbiamo trovare una soluzione» disse, tornando a rivolgere la sua attenzione su Thad - cercò di concentrarsi sugli occhi, stavolta - più serio che mai.
    «Possiamo andare nell'ascensore, o nell'appartamento di Kurt, Rach e Santana...» propose Thad. Sebastian ci pensò per un secondo: i loro tre amici non gli avrebbero mai prestato l'appartamento per una cosa del genere, ma quella dell'ascensore sembrava una buona idea.
    «Vada per l'ascensore » rispose. Stavano per correre verso la porta, quando Santana li fermò.
    «Ehi, voi due, mi aiutereste a mettere un po' in ordine?» chiese, con un sorrisetto falso come il viso di Megan Fox**.
    Thad e Sebastian si guardarono per un attimo, e poi accettarono. Dopotutto, erano quelli con più familiarità con quell'appartamento, era un loro dovere... “Prima il dovere e dopo il piacere”, giusto?
    Sebastian notò che Brittany stava ancora facendo le coccole a Diana - grazie al cielo ora era seduta per terra. Questo gli ricordò di Minerva.
    «Ehi, Santana» cominciò. Con l'occhiataccia che gli rivolse, se Santana avesse ordinato a Hitler di convertirsi all'ebraismo lui l'avrebbe fatto senza esitazione. «Mi... Mi faresti un favore? Ho lasciato a casa la mia gattina, ti dispiacerebbe andarla a prendere?»
    Probabilmente stava per dirgli di no, ma Brittany la anticipò.
    «Sì, e puoi passare anche da me a prendere Lord T.? Starà morendo di fame, povero piccolo... Potrebbe fare amicizia con Minerva, Cerere e Diana!» disse, tutta eccitata.
    «... E va bene» accettò Santana. Sebastian aveva come l'impressione che lo facesse solo per Brittany. «Ma qualcuno venga con me, io ho paura ad andare là da sola.»
    «Ti accompagno io» intervenne Kurt. «Ma dovremo metterci cappotti lunghi, cappelli larghi, sciarpe e occhiali da sole, così se Philip ci vede non ci potrà riconoscere. E prenderemo un taxi, così sarà impossibile anche che ci segua.»
    «Agli ordini» acconsentì Santana.
    «A qualcun altro serve qualcosa? Così mentre siamo fuori prendiamo tutto.»
    «Sì, a me servono i miei musical» intervenne Jeff.
    «Oh, non c'è problema, io e Kurt abbiamo il DVD di ogni singolo musical, da Hair al Rocky Horror Picture Show» lo rassicurò Rachel.
    «Sannie, a me servirebbe quel cassettone che ti ho fatto vedere la settimana scorsa all'Ikea... Ti dispiacerebbe passare di lì e comprarlo?» chiese Thad.
    «Certo. Voi dove tenete le gabbiette per i gatti?»
    «La mia è dietro alla porta d'ingresso» rispose Sebastian.
    «Io non ne ho una» disse Brittany. «Lord Tubbington è troppo grasso e non ci entra...»
    «Ooookay, noi andiamo allora.» Detto questo, Kurt e Santana si vestirono e aprirono la porta d'ingresso.
    «Un attimo! Potreste prendere la mia videocamera? È nella mia stanza - la seconda porta a destra -, nel comodino» disse Blaine.
    Kurt e Santana annuirono, per poi uscire.
    «Ascensore?» chiese Thad dopo un paio di minuti.
    «Ascensore» ripeté Sebastian. E poi si precipitarono fuori dalla porta.

***

Era il settimo giorno di quella “convivenza forzata”, e Thad e Sebastian non erano ancora riusciti a montare il cassettone che Santana aveva portato. Insomma, il negozio era a New York, perché diavolo le istruzioni dovevano essere in svedese?! Ormai quello era diventato parte della loro routine quotidiana: si alzavano, andavano in ascensore, preparavano la colazione per gli altri - visto che erano sempre i primi a svegliarsi -, arrivavano Rachel, Santana, Kurt e Finn, facevano zapping in TV, Kurt preparava il pranzo, mangiavano, andavano in ascensore, passavano il pomeriggio in camera da letto cercando di montare quello stupido affare - ogni volta con lo stesso, fallimentare risultato -, Thad cucinava mentre Sebastian lo fissava sognante, cenavano, guardavano un film o un musical, andavano in ascensore e poi a letto. Dopo la prima sera non avevano più bevuto. Quindi, secondo Sebastian, era ora di rompere quel noioso ciclo e fare qualcosa di divertente... o di stupido. E in quel caso le cose combaciavano.
    Lui e Thad erano seduti per terra in camera da letto con dei pezzi di legno sparsi per il pavimento tutto attorno a loro. Thad stava cercando di capire qualcosa dalle istruzioni, e Sebastian lo guardava. Chissà se Thad se n'era accorto, che Sebastian lo guardava così tanto? Dopotutto, era talmente bello. Una gioia per gli occhi. E Sebastian doveva smetterla con tutta quella sdolcinatezza o sarebbe finita male. Scosse la testa per allontanare tutti quei pensieri e cercò di concentrarsi su qualcosa che non fosse Thad. Vide la sua foto sul comodino, l'istantanea, e all'improvviso seppe cosa avrebbero fatto quella sera. Qualcosa di divertente, stupido - ma più che stupido, infantile - e indimenticabile, nonostante comprendesse fiumi di alcool. Sarebbe stato fantastico.
    Quell'istantanea gli aveva fatto venire in mente la collezione di macchine fotografiche di Thad, e di conseguenza la videocamera di Blaine... che quella sera sarebbe stata molto utile. Spiegò il suo piano a Thad, che rispose ridendo.
    «Non faccio una cosa del genere dal liceo» disse.
    «Be', siamo piuttosto vecchi anche per essere scopamici, ma la cosa non sembra dispiacerti...» replicò Sebastian, con un sorriso malizioso.
    «Un punto per te, Smythe. Dai, aiutami con queste istruzioni, così poi ceniamo e facciamo questa cosa.»
    «Aspetta un attimo...» disse Sebastian. Si allungò fino ad arrivare alla scatola di cartone del mobile che era sotto al letto. La tirò fuori e per poco non scoppiò a piangere. Thad, vedendo la sua espressione, guardò la scatola per capirne il motivo e si lasciò sfuggire un gemito.
    «Inglese» riuscì a mormorare Sebastian, dopo un po'. «Per tutto questo tempo abbiamo cercato di capire delle istruzioni in svedese quando c'erano quelle in inglese qui, sul retro della scatola.»
    «Ho un'improvvisa voglia di uccidere chiunque abbia progettato le confezioni dei mobili dell'Ikea» disse Thad, lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento.
    «Posso unirmi a te?» chiese Sebastian.
    Thad fece una risatina.
    «Pensavo non me l'avresti mai chiesto» disse.
    I due risero, poi Sebastian si alzò in piedi.
    «Vado a fare una doccia, la serata si prospetta essere interessante.»
    «Posso unirmi a te?» chiese Thad, facendo riferimento a quello che aveva detto poco prima Sebastian, con un sorriso malizioso.
    «Pensavo non me l'avresti mai chiesto.»

***

    Come Sebastian aveva immaginato, non ricordava niente della sera precedente. Era per questo motivo che aveva voluto filmare tutto.
    Che aveva fatto la doccia con Thad, quello sì che lo ricordava - eccome -, e anche della cena, ma dopo aveva il buio più totale.
    Si era alzata per prima Brittany, che aveva poi svegliato tutti gli altri. Sebastian aveva dormito sullo schienale del divano, e non aveva la minima idea di come avesse fatto a non cadere. Questo, però, l'aveva realizzato solo tre aspirine e due caffè dopo.
    Avevano tutti un aspetto terribile - sì, questa volta si erano ubriacati decisamente più della precedente -; quando guardarono il filmato era ormai primo pomeriggio. Si riunirono tutti in salotto e si misero comodi, e Sebastian collegò la videocamera alla televisione.

    «Ladies and gays - e Finn -, aprite bene le orecchie» disse Sebastian, mentre Thad lo filmava. Erano ancora sobri. «Questo gioco è stato la mia e la loro adolescenza.» Si riferiva a Blaine, Jeff e Nick. «Quando andavamo a scuola noi membri del Glee Club, gli Warblers, usavamo trovarci nel dormitorio di Nick e Jeff e fare un gioco. Un misto tra il gioco della bottiglia e obbligo o verità: ci si sedeva tutti in cerchio e si girava la bottiglia. Colui verso cui questa puntava aveva due possibilità: girare ancora la bottiglia, bere e baciare chi veniva scelto, con il quale doveva poi fare un duetto al karaoke - ecco l'obbligo -, oppure poteva dire una cosa che non aveva mai fatto, e coloro che invece l'avevano fatta dovevano bere - la verità. Tutto chiaro?»
    Thad filmò gli altri mentre annuivano.
    «Bene, perché è quello che faremo questa sera. Solo che ci filmeremo, così domani avremo qualcosa su cui ridere. Dai, allora, tutti in cerchio!»
    Si sistemarono tutti attorno agli alcolici e alla bottiglia vuota, con un bicchierino davanti, mentre Sebastian preparava il karaoke.
    «Giro io per prima!» fece Brittany, alzando la mano.
    Fece ruotare la bottiglia, che puntò Rachel. Brittany bevve, e le due si avvicinarono, fino a baciarsi. Gli altri esultarono, e le due risero, prima di andare dalla televisione e scegliere una canzone. Cantarono “Toxic” di Britney Spears, accompagnando la performance con un ballo piuttosto sensuale, che sia Finn che Santana apprezzarono.

    Quando furono tornate ai loro posti, Rachel girò la bottiglia, che puntò Finn. Rachel bevve e ovviamente si baciarono - un po' più a lungo del dovuto - e cantarono “Don't go breaking my heart”. Sebastian pensò che fossero nati per cantare insieme: sembrava venirgli naturale come respirare.
    Quando ebbero finito, Finn non girò la bottiglia.
     «D'accordo» disse, invece. «Io non ho mai... fatto un pompino a qualcuno!»
    Tutti gli altri bevvero.


    Nel salotto, tutti risero vedendo quella scena.

     «Ora vado io» disse Nick, e girò la bottiglia. Puntò Sebastian.

    Non era una novità, per loro: al liceo facevano quel gioco tutti i venerdì, si saranno baciati almeno un centinaio di volte. Ma quella volta era diverso. Prima di tutto, c'era quella... cosa tra Nick e Jeff: erano innamorati l'uno dell'altro e non sapevano né di esserlo né che erano ricambiati.
    E poi, c'era Thad. E anche se Sebastian sapeva che era una sciocchezza preoccuparsi di quello che avrebbe potuto pensare - perché dopotutto il loro rapporto era solo sesso, no?, Thad l'aveva messo abbastanza in chiaro anche quando gli aveva raccontato della visita di Philip - non riusciva a non pensare che ne sarebbe stato geloso.
    Perché, anche se Thad non provava niente, Sebastian stava cominciando a coltivare un affetto particolare per Thad, e non poteva negarlo a se stesso.
    Perché, se ci fosse stato Thad, al suo posto, lui sarebbe stato geloso.

     Sebastian lanciò un'occhiata a qualcosa sopra la telecamera: Thad.

    Lo fece anche nella realtà: il modo in cui si era irrigidito accanto a lui gli fece avere un piccolo flashback, un fascio di luce nella nebbia causata dall'alcool: aveva avuto la stessa reazione la sera prima.

    Nick guardò verso Jeff, ma lui aveva gli occhi fissi sulle sue scarpe. Nick sembrò un po' deluso, ma si avvicinò a Sebastian.
    «Come ai vecchi tempi, eh?» disse, e si baciarono.
    Fu vuoto, come tutte le altre volte. Nonostante si volessero davvero bene, quei baci non avevano mai significato niente, per nessuno dei due. Questa volta ci fu giusto una punta di imbarazzo che non c'era mai stata prima, forse perché entrambi sapevano di avere gli occhi dei loro... amici... addosso.
    Andarono alla televisione e quella tensione che si percepiva nell'aria si sciolse. Cantarono la stessa canzone della loro prima audizione per gli Warblers, “Uptown Girl***”, e fu fantastico. Ricevettero fischi di approvazione da parte del “pubblico” e a Sebastian si risollevò il morale quando vide che sia Thad che Jeff stavano sorridendo.
   
    Nei tre giri successivi Santana baciò Kurt, che confessò di non aver mai tradito un suo ragazzo - Rachel e Finn bevvero - e cedette il posto a Blaine, che baciò Finn, che dopo aver cantato lasciò la bottiglia a Thad. Questi passò la telecamera a Sebastian, accanto a lui.
    «D'accordo. Io non mi sono mai innamorato...» confessò, per poi aggiungere, talmente piano da non essere sentito se non da chi era a pochi centimetri da lui: «... prima.»


    Sebastian ricordò di averlo sentito. Lanciò un'occhiata a Thad: lui lo stava guardando terrorizzato, ma, non appena vide gli occhi di Sebastian puntare verso di lui, distolse lo sguardo. Probabilmente era solo colpa dell'alcool: anche se non ne aveva ancora bevuto molto, aveva già fatto effetto.
    Si guardò intorno: nessun altro sembrava essersene accorto, quindi fece finta di niente.
    
    Sebastian bevve, insieme a Nick, Rachel, Finn e Jeff. Il gioco continuò, svelando segreti assurdi buttati lì solo per far bere gli altri - Rachel disse di non aver mai portato il pannolino, per esempio, anche se non era vero; Brittany, capendo le sue intenzioni, di non aver mai tagliato i capelli; e Sebastian, per mettere in imbarazzo Blaine, disse di non aver mai sognato unicorni viola e arcobaleni, al che tutti cominciarono a prenderlo in giro - e facendo baciare le coppie più strane. A un certo punto, quando il livello di alcool nei loro corpi era abbastanza alto da non distinguere una forchetta da un gambero, giocarono anche i gatti - e fu molto strano.
    Ma dopo un po' quel gioco divenne noioso, così misero su della musica e Santana, Rachel e Brittany cominciarono uno strip tease sulle note di “Push it”, che si fermò quando Sebastian le scongiurò di risparmiare i suoi occhi e non togliere anche la biancheria.
    La telecamera passò di mano in mano; Nick andò a filmare Thad e Finn che, seduti sul divano entrambi con una bottiglia di tequila in mano, stavano parlando, cercando di sembrare sobri.
    «Quindi, quando hai conosciuto Rachie?» chiese Thad, tra un sorso e l'altro.
    «Più o meno diciotto anni fa. Sai, andavamo al liceo insieme.»
    Thad sembrò un po, confuso.
    «Scusa, ma quanti anni avete?»
    Finn contò sulle dita.
    «Cinquantadue, mi pare.»
    «Ooooh, congratulazioni!»
    «Grazie, amico! Tu quanti anni hai?»
    «Quindici. Mia mamma mi ha avuto tardi. Sai che un tempo mi faceva sempre da mangiare?»
    «Ma dai?! Anche la mia! Non è che per caso abbiamo la stessa madre?» chiese Finn, tutto eccitato.
    «Forse! La tua come si chiama?»
    «Non lo so... Sai, è morta l'anno scorso...»
    «Oh, mi dispiace... Ecco perché è venuta anche lei a New York...» Thad era sinceramente dispiaciuto.
    «Già. Ieri sono anche andato a trovarla all'hotel in cui sta insieme al papà di Kurt.»
    «Basta, non voglio che tu ti rattristi così. Andiamo a urlare mezzi nudi sulla terrazza che prima o poi i pesci palla conquisteranno il mondo!»
    Cominciarono a spogliarsi, restando solo in mutande, e poi Nick cambiò soggetto.
    Sebastian era sdraiato sul pavimento, circondato dai gatti. Sembrava stesse parlando con loro... e la cosa strana era che i gatti rispondevano.
    «... Sai, Lord T?, conosco una dieta a base di würstel che fa dimagrire in un baleno. Perdi cinque chili in tre anni. Fantastica. Me l'ha consigliata... chi era?... Ah, si!, Mufasa. Ah, che re saggio. Piango ancora ogni volta che guardo Il Re Leone.»
    Lord Tubbington rispose con un mugolio, qualcosa come “Meh”. Probabilmente era troppo pigro anche per pronunciare un “Meow” intero.
    Poi mise una mano sulla testa di Diana. La tenne lì due secondi, poi la mise su quella di Cerere. Poi cominciò a fare le coccole a Minerva con il naso, e mentre lei glielo mordeva affettuosamente, Cerere e Diana gli appoggiarono le zampe destre sulla testa, come aveva fatto lui con loro. Fu inquietante.
    Nick si spostò, e cominciò a chiedere in giro se qualcuno aveva visto Jeff. Lo cercò, girando per tutto l'appartamento, e lo trovò in cucina appoggiato al frigorifero aperto, apparentemente impegnato a contemplarne il contenuto.
    «Ehi, Jeffie, che...»
    «Sssh, Nick! Non sento, se parli!» sussurrò.
    «Non senti cosa?»
    «Avvicinati e ascolta...»
    «Ooooooh!» Si appoggiò anche lui e, appena Kurt passò davanti a loro, gli rifilò la telecamera, apparentemente insignificante rispetto a quello che lui e Jeff stavano sentendo.
    «Eeeeehi, Rach!» disse Kurt, inquadrando Rachel, che stava frugando tra i capelli di Santana come per cercare dei pidocchi, e poi si portava la mano alla bocca, come le scimmie. Santana, davanti a lei, stava facendo lo stesso con Brittany. «Sai, sei sempre stata tu la mia migliore amica. Ma non dirlo a Santana!»
    «Guarda che ti ho sentito!» protestò quest'ultima, indignata.
    «Eeeeehi, San!» questa volta inquadrò lei. «Non ti arrabbiare, nemmeno io sono il tuo migliore amico: Thad lo è. Perché io sono un unicoooooorno!»
    Si allontanò e rifilò la telecamera a Thad, che lo inquadrò mentre si avvicinava a Blaine.
    «Eeeeehi, Blaine! Sai, non devi essere triste perché prima ti stavamo prendendo in giro. Non sei l'unico che ha avuto momenti imbarazzanti.»
    Blaine, che si stava guardando afflitto le calze, alzò lo sguardo su Kurt.
    «Davvero?» chiese.
    «Oh, ci puoi giurare. Pensa che una volta, al liceo, Finn pensava di aver messo incinta la sua ragazza senza aver mai fatto sesso, ma venendo mentre pomiciavano in una vasca a idromassaggio. In realtà lei gli aveva messo le corna, ma lui era troppo stupido per pensarci.»
    «Dici sul serio?» Blaine stava ridendo sguaiatamente.


    «Era proprio necessario che glielo raccontassi?!» chiese Finn, mentre tutti gli ridevano in faccia.
    «Ehi, è colpa dell'alcool!»

    «Assolutamente! Quando eravamo al liceo, in pratica tutti sono stati con tutti. Anche Santana e Finn. Gli ha tolto la verginità.»
    Blaine si stava tenendo lo stomaco per quanto stava ridendo. Kurt lo guardò stranito per un secondo, poi fece spallucce e recuperò una bottiglia da dietro la schiena - ma era sempre stata lì? -, cominciando a bere con lui.


    Il video continuò per un'altra mezz'ora, finché non fecero delle orribili imitazioni di animali - da Jeff che faceva la scimmia, saltando dal divano alla poltrona e ritorno, a Santana che faceva l'orca, dondolandosi per terra e urlando degli strani lamenti - e piano piano, uno dopo l'altro, crollarono a terra - Sebastian sullo schienale del divano, mentre imitava un'aquila reale - esausti, addormentandosi. Thad sistemò la telecamera in modo che inquadrasse Sebastian e, siccome quando si svegliò era sul divano - sotto a Sebastian - si addormentò anche lui. Il resto del video - che durava in totale quattordici ore, dalle nove di sera alle undici di mattina, quando fermarono la telecamera - ritraeva Sebastian dormire, con la testa rivolta verso Thad e una mano sulla sua testa, la guancia sullo schienale e un rivolo di bava che gli scendeva dalla bocca aperta e formava una chiazza scura sulla tappezzeria. I ragazzi mandarono il video avanti al massimo della velocità, giusto per controllare se fosse successo qualcos'altro di interessante, ma non sembrava esserci niente.
    «Aspetta, aspetta, torna indietro» disse ad un tratto Santana.
    «Perché? Non è successo niente!» esclamò Rachel.
    «Ti sbagli» la contraddisse, lei. «Vedi? I gatti stavano dormendo, ma ad un certo punto si sono svegliati e hanno girato la testa verso la cucina. Devono aver sentito un rumore, forse qualcuno ha chiamato, potrebbe essere importante.»
    Riavvolsero il nastro e premettero play. Per qualche secondo non successe niente, poi Minerva, Cerere, Diana e Lord Tubbington volsero le orecchie in direzione della cucina, e un secondo dopo il telefono squillò, spingendoli a girare la testa in direzione del suono. Partì la segreteria telefonica, e una voce profonda lasciò un messaggio.
    «Signor Smythe, sono l'agente speciale Sugg. La chiamavo per dirle che ci sono stati degli sviluppi riguardo al suo caso. Richiami il prima possibile e manderemo una pattuglia a prenderla per scortarla in centrale» disse la voce al telefono.
    Ci fu un attimo di assoluto silenzio in cui tutti trattennero il fiato. Poi Sebastian scattò in piedi e corse verso la cucina, chiamò il 911 e fece mandare un'auto della polizia. Poi andò nella sua camera, prese un cambio di vestiti e si fiondò in bagno per fare la doccia più veloce del secolo. Stava correndo da una parte all'altra della casa per prendere tutto quello che poteva servirgli - chiavi, portafogli, soldi, giacca - borbottando tra sé e sé.
    «Ti aveva detto di fare solo una cosa, Sebastian, una: restare sempre disponibile. E tu cosa fai? Ti ubriachi coi tuoi amici come uno stupido diciassettenne. Idiota.» si disse.
    Gli altri lo guardavano a metà tra il divertito e lo sconvolto, ancora fermi davanti alla TV, sempre nelle stesse posizioni.
    «Dite che dovremmo...» cominciò Jeff.
    «Sì» rispose Finn.
    «Al mio tre?» chiese Kurt. Gli altri annuirono. «Uno... Due... Tre!»
    «SEBASTIAN!!!» urlarono in coro. Lui si fermò e li guardò.
    «Cosa?» chiese.
    «Calmati!» gli disse Blaine.
    «Come posso calmarmi, se c'è la possibilità che quel pezzo di merda sia stato arrestato?!»
    «Non è stato arrestato» gli spiegò Blaine, calmo. «Te l'avrebbero detto, arrivando subito al punto. Invece hanno detto solo che ci sono stati degli sviluppi; se l'avessero arrestato non ci avrebbero girato tanto intorno.»
    «Hai ragione» sospirò Sebastian. «Hai ragione, devo calmarmi.»
    Si sedette sul divano. Blaine sorrise soddisfatto.
    «Non farci l'abitudine, Hobbit» sorrise. «Questa sarà l'unica volta in cui sei tu a calmare me e non il contrario.»
    «Lo so. Ma è una bella sensazione.» Risero un attimo, poi Sebastian fece per ricominciare a prepararsi, questa volta con più calma, ma venne interrotto.
    «Woah, frena, dove credi di andare?» chiese Finn.
    «Giù ad aspettare l'auto che deve venirmi a prendere?»
    «Non da solo. Verremo giù con te, e anche in centrale.» disse Kurt.
    Sebastian li osservò un attimo.
    «Grazie, ragazzi, davvero, ma...»
    «Niente "ma", Seb» lo interruppe Blaine. «C'è uno strafottutissimo maniaco in circolazione che ti cerca perché vuole rovinarti la vita. Io non ti lascio uscire da solo nemmeno mezzo secondo.»
    Sebastian lo guardò con gratitudine.
    «D'accordo, non andrò da solo. Ma non potete venire tutti, hanno mandato solo una macchina.»
    «Io vengo con te» disse Blaine. «Dopotutto sei mio fratello, no?»
    Sebastian gli sorrise. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma gli voleva davvero tantissimo bene.
    «Anch'io» concordò Thad. Sebastian lo guardò. I suoi occhi brillavano di determinazione: sarebbe andato con lui ad ogni costo. Il pensiero fece fare un balzo al cuore di Sebastian, e lo stomaco gli si contorse... Sarà stato il caffè.
    «D'accordo. Preparatevi, l'auto sarà qui da un momento all'altro.»
    
    ***

Quando, due settimane prima, Sebastian era andato in centrale, l'agente speciale Sugg gli aveva detto che avevano contattato la polizia francese per accordarsi sull'indagine, quindi ora avevano lo stesso potere su Philip che su qualunque altro cittadino di New York. L'avevano inoltre informato che, a quanto pareva, Philip aveva pagato diversi barboni che usavano stare nella zona in cui Sebastian abitava per ottenere informazioni, e aveva affittato un appartamento nel condominio di fronte a casa sua e di Blaine per tenerlo d'occhio. Avevano anche ipotizzato la presenza di complici, perché, interrogando i suddetti barboni, erano venuti a conoscenza del fatto che Philip si era presentato in compagnia di un uomo biondo, con un accenno di barba e una cicatrice che gli attraversava il sopracciglio, dalla fronte alla palpebra. Credevano che o fosse piuttosto inesperto, dal momento che aveva affittato l'appartamento sotto vero nome, o avesse intenzione di essere trovato - per motivi ancora ignoti.
    Da allora, Sebastian viveva in costante allerta; sobbalzava ogni volta che squillava il telefono, correndo a rispondere e rimanendo, puntualmente, deluso dal fatto che non fosse la polizia; ignorava gli altri, forse perché non li sentiva, perso com'era nei suoi pensieri, forse perché non voleva parlare con nessuno; se ne stava per diverse ore seduto in camera di Thad con lo sguardo perso nel vuoto, ad elaborare complesse teorie riguardanti il comportamento di Philip - una meno probabile dell'altra, ma almeno si teneva la mente occupata - e Thad coricato di fianco. La più probabile era che fosse evaso dalla prigione in Francia e venuto a New York - bussando anche alla porta del suo a appartamento - per spaventarlo e, soprattutto, confonderlo riguardo quanto aveva intenzione di fare, lasciando vari indizi qua e là con l'intento di farsi arrestare di nuovo, per poi, una volta in Francia, rievadere e, stavolta, far preoccupare Sebastian per i suoi genitori non facendosi trovare e poi facendo loro del male. E, come se non bastasse, loro non potevano scappare, perché suo padre doveva lavorare, non poteva lasciare incustodita la sua azienda.
    Sperava con tutto il cuore che la sua ipotesi fosse troppo elaborata per essere vera. Sperava, per una volta, di non aver ragione. Intanto, si scervellava per trovare il modo di proteggere i suoi genitori anche a chilometri di distanza.
    Era in camera sua come tutti gli altri giorni. E, come tutti gli altri giorni, Thad era sdraiato accanto a lui con la testa sul suo petto, senza dire niente. Era l'unica persona che lo stava aiutando veramente, in quel periodo: gli altri lo guardavano compassionevoli, gli rivolgevano sorrisi incoraggianti, si offrivano di aiutarlo, qualunque cosa stesse facendo, e lui era davvero grato loro per tutto ciò, ma niente di quello che stavano facendo gli serviva. Non voleva la compassione né l'aiuto di nessuno: voleva qualcuno che gli stesse accanto per ricordargli che non era solo nei momenti in cui ne dubitava; qualcuno che lo accogliesse tra le braccia per proteggerlo quando, la notte, i ricordi riemergevano e lui scoppiava, non riuscendo più a tenersi tutto dentro; qualcuno che tenesse insieme i suoi pezzi e gli impedisse di crollare, non qualcuno che lo compatisse.
    E quel qualcuno era Thad. Lui riusciva a capirlo meglio di chiunque altro.
    Un'altra delle cose su cui aveva meditato in quel periodo era, infatti, il loro rapporto: cos'era diventato? Ormai non erano più solo "amici con benefici". Non erano nemmeno fidanzati. Non erano semplici amici, e ovviamente nemmeno sconosciuti da una botta e via. Ma allora cos'erano? Sebastian non era sicuro di essere innamorato di Thad, così come non era affatto sicuro che Thad lo fosse di lui - dopotutto, anche se insieme ne avevano passate tante, si conoscevano soltanto da un mese e mezzo. Non avevano parlato di quello che Thad aveva detto la sera in cui si erano ubriacati: lui fingeva che non fosse successo nulla, e Sebastian lo imitava, perché se Thad fosse stato effettivamente innamorato di lui e lui avesse capito di essere effettivamente innamorato di Thad, allora si sarebbe rovinato tutto. Perché l'amore ti illude di poter costruire qualcosa di perfetto, ma tutto ciò che fa è distruggere. E se Sebastian fosse stato distrutto ancora, non avrebbe più avuto Thad a tenerlo insieme come stava facendo ora. Quindi non poteva innamorarsi, non doveva. Thad era diventato troppo importante per lui per rischiare di perderlo.
    Tuttavia, non aveva la minima intenzione di allontanarsi da lui. Era la sua ancora, in quel momento. L'unica ragione per cui non era ancora uscito di testa. E, forse, lo era anche prima che avesse quel crollo. I momenti spesi con lui erano i migliori della giornata, che fossero quelli del sesso in ascensore o Sebastian che scendeva dal letto che condivideva con Blaine per andare a sdraiarsi con Thad sul divano, abbracciati a cucchiaio, il più vicini possibile, per non rischiare di cadere.
    Mentre erano lì sdraiati, in silenzio, Thad che ascoltava il battito del suo cuore e Sebastian che gli accarezzava leggermente la spalla con un dito, il campanello suonò, riscuotendo entrambi dai loro pensieri.
    «Vado ad aprire» disse Thad alzandosi. Senza il suo corpo a scaldarlo, Sebastian aveva freddo. Stava per infilarsi sotto le coperte, quando Thad tornò di corsa in camera e gli disse di seguirlo all'ingresso.
    Lì lo stava aspettando l'agente speciale Sugg, insieme ad altri due poliziotti. Il cuore di Sebastian accelerò le pulsazioni, vedendolo. Sapeva che dietro di lui c'erano anche i suoi amici, preoccupati per quello che l'agente avrebbe detto e per la reazione che Sebastian avrebbe avuto.
    «Ci tenevo a darle la notizia personalmente» annunciò Sugg. «Arriviamo subito al punto: abbiamo arrestato Philip Ravin.»
    Da dietro Sebastian si levò un boato di gioia, ma lui rimase impassibile: lo aveva già intuito nel momento in cui aveva visto l'agente. Ora cominciavano i problemi.
    «Come l'avete trovato?» chiese.
    «Lui e il suo socio sono stati avvistati per tre volte nella stessa zona di New York. Abbiamo fatto un sopralluogo e a quanto pare lì si trova la residenza del suo tirapiedi, che abbiamo scoperto chiamarsi Jean Chivaux. Francese. Abbiamo arrestato anche lui. Non dovrà più preoccuparsi di Ravin.»
    «Lo decido io se preoccuparmi o no» ribatté, più acido di quanto non volesse. «Verrà ritrasferito in Francia?»
    «No» rispose l'agente speciale. «Siamo riusciti a far confessare i piani di Ravin a Chivaux: a quanto pare voleva farsi arrestare per poi tornare in Francia, evadere di nuovo e fare del male ai suoi genitori, signor Smythe. Il tutto per fargliela pagare per averlo mandato in prigione.»
    Quindi Sebastian ci aveva visto giusto.
    «Per rovinare i suoi piani, dunque, sconterà i primi due anni della sua pena qui a New York, dove la sicurezza e la sorveglianza delle prigioni sono eccellenti, e i seguenti cinque nella Louisiana, così da garantire l'incolumità sua e della sua famiglia.»
    E a quelle parole, finalmente, dopo tre settimane di ansia perenne, Sebastian tirò un sospiro di sollievo.

 

 

*Runway: è la rivista del film “Il Diavolo veste Prada”, che io adoro – Meryl Streep e Anne Hathaway insieme significano la mia morte.

**Non fraintendetemi, mi piace molto Megan Fox ed è bella da morire, ma è davvero molto rifatta in viso, anche se non sembra.

***Don't go breaking my heart: https://www.youtube.com/watch?v=_vao4rljAVY
Toxic (la versione del centesimo episodio, perché è la perfezione): https://www.youtube.com/watch?v=dPj_EL9TS7Y
Uptown girl (che adoooooro): https://www.youtube.com/watch?v=2iOCkR3DtjI

 

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Ed ecco qua il nuovo capitolo! Devo ammettere che mi è piaciuto tantissimo scriverlo: entrare così in profondità nei sentimenti di Sebastian mi ha fatto sentire come se tutto ciò che gli è successo sia accaduto a me, mentre scrivevo. Spero che piaccia anche a voi, vi faccia avvicinare di più a questo personaggio!

P.S.: Il primo capitolo ha raggiunto le 900 visite. È qualcosa di insano. Vi amo. Un immenso grazie a tutti quelli che continuano a seguire la storia e soprattutto a chi recensisce! Un bacio,
Lucifero

  
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