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Autore: A Modern Witness    18/05/2014    2 recensioni
- Avanti, perché stai mangiando i miei biscotti? Che c’è? – La conosceva troppo bene, per non sapere che lei si dava ai cibi che lui riteneva salutari (mentre per i resto del genero umano erano immangiabili) solo quando c’erano problemi nell’aria.
Audrey si morse una guancia – Niente .-
Mancava ‘solite cose’ e allora il cantante le avrebbe potuto credere. Forse.
- Hai le pantofole addosso – Le fece notare, indicandole – Tu non fai mai le scale con le pantofole, se non quando hai altro per la testa .-
Maledetto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i fatti narrati non sono reali ma pura invenzione, i personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.



 .6.
 
Sbadigliò rumorosamente, mentre l’ago trapassava per l’ennesima volta la stoffa.
Ritornata da Santa Barbara si era rifugiata in atelier per terminare tre costumi per bambini che sarebbero serviti il giorno successivo a un servizio fotografico.
- Dovresti andare a dormire sai? Faceva giusto un po’ di casino quello sbadiglio… - Consigliò la voce di Madison, proveniente dal telefono abbandonato sul tavolo in vivavoce.
- Non ho il potere di richiamare a me topolini e uccellini come cenerentola, per farmi finire i costumi – Replicò la mora, chiudendo un punto con un nodino, per poi tagliare i filo.
- Tu attiri rockstar, infatti – La punzecchiò l’amica.
- Fottiti, per davvero. Trovati qualcuno che ti tolga dalla testa Jared… anzi se vuoi vi combino un appuntamento – Berciò la mora, sistemando l’ago sul porta spilli.  Alzò il costume da leoncino, soddisfatta del risultato.
- Oh, come la fai lunga! La scopata serve più a te che a me, oltretutto ce l’hai anche a portata di camera… - Controbatté divertita Madison.
Audrey si alzò dalla sedia, afferrando il telefono portandoselo vicino alle labbra – Faccio a cambio volentieri – Riferì, dirigendosi al tavolino dall’altra parte della stanza dove si trovavano gli altri due costumi.
- Eh, ma queste fortune capitano solo a te – C’era una strana velatura di serietà in quelal frase, ma Audrey preferì non darci importanza – Comunque adesso vado a letto, ci vediamo – Si congedò la ragazzo, ricambiata dalla mora che poi spense il telefono.
Silenzio, un’altra volta.
Piegò i costumi e poi l’impilò uno sopra l’altro, per portali a piano inferiori, dove la mattina sarebbero stati stirati e impacchettati, pronti per il set fotografico.
Mentre scendeva le scale, sentì bussare alla portata d’entrata.
Si bloccò a metà rampa, con un brivido lungo la schiena. Erano anni che si fermava a lavoro oltre l’orario normale e aveva sempre temuto che qualcuno, passando, e vedendo le luci accesi avrebbe potuto avventurarsi in qualcosa di inaspettato.
Bussarono un’atra volta, ma più lievemente.
Ancora dubbiosa percorse gli ultimi gradini, appoggiò i costumi e una sedia e andò ad aprire, dandosi un’occhiata attorno per vedere quale fosse l’oggetto contundente più vicino alla porta.
Sospirò e aprì.
- Ciao straniera – Salutò Jared, con un sorrisetto furbo sulle labbra.
- Mi hai fatto prendere una colpo Jared… - Lo rimproverò flebile, passandosi una mano sugli occhi, mentre si spostava dalla porta d’entrata per farlo entrate.
- Mi dispiace – Si scusò sorridente il cantante.
Lei lo guardò di tralice, prima di sparire nella stanzetta adiacente con le postazione per la stiratura e depositò i costumi. Ritornò da Jared.
- Come mai qua? – Gli chiese mentre salivano al piano di sopra.
- Ti stavamo dando per dispersa, non c’eri a colazione, ho provato a chiamarti e il telefono era in camera… - Si passò una mano sul collo. Non voleva rimprovera, era solo preoccupato.
Audrey si affrettò a raccogliere le scatole di cibo greco abbandonato sul tavolo – Avevo un sacco di roba da finire e… il telefono non ci avevo fatto caso – Mentì, dato che aveva lasciato il cellulare di proposito in camera e per chiamare Madison aveva usato quello dell’ufficio. Buttò i contenitori nel cestino, mentre Jared rimaneva fermo accanto al tavolo a guardarsi attorno.
Non era la prima volta in quel posto, ma qualcosa era, ovviamente, cambiate. C’era di più Audrey che lavoro: il pannello in sughero dove era attaccati tre bozzetti di costumi da bambini, un busto da sartoria con dei ghirigori verdi disegnati sopra e la macchina da cucire rossa. Niente di troppo anormale per qualcuno, Invece non era così: i ghirigori erano chiari segni di noia e una via alternativa per farsi venire un’idea, mentre il rosso della macchina era… la passione per quel lavoro.
Il rosso era il colore universale dell’amore.
Rossa era la felpa di Audrey.
- Ti va di andare a fare un giro?- Propose il cantante.
Audrey si riavviò il capelli con un mano  - Va bene, aspettami giù, Chiudo e arrivo – Gli disse, andando a chiudere le tende.
Uscire con lui, sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che erano entrati nel bar di Malibù. Chissà se era aperto anche a quell’ora?
- Non sono venuto in macchina – Precisò Jared, facendola voltare – Ho preso un taxi – Rispose alla domanda silenziosa dell’amica.
Audrey era stupefatta.
- Sei salito in un taxi con tutti i germi che ci sono? – Lo apostrofò divertita.
- Non ci avevo pensato… - Ribatté il cantante, confuso.
La ragazza gli sorrise avvicinò, poggiando una mano sulla spalla dell’amico  -E’ l’inesorabile e lenta mano della vecchiaia, prima o poi doveva prenderti – Lo canzonò sarcastica, mentre lui la fissava dritta negli occhi.
 
 
Il solito bar di Malibù era chiuso, cosi si erano appropriati di una panchina, sistemata sotto una palma.
Spalla contro spalla, in silenzio per alcuni minuti a riordinare tutto e niente.
Erano solo loro due, sotto le foglie larghe di una palma, poco lontani dalla spiaggia, dove l’infrangersi delle onde riempiva l’aria salmastra.
- Jared – Lo chiamò Audrey, facendolo voltare verso di lei. Era così piacevole lasciare che quel nome le scivolasse sulla lingua, era un privilegio: chiamarlo e ottenere una reazione.
Era dozzinalmente bello.
- Sono andata a Santa Barbara questa mattina .- Snocciolò, con gli occhi fisse su una piccola foglia che piroettava nella brezza.
Non voleva prolungarsi nei perchè, non ci sarebbe riuscita senza sprofondare. Tuttavia confidava nella capacità di leggere tra le righe di Jared, di capire che la sua famiglia era un disastro.
Jared non si scompose, davanti a quelle esplicita bugia appena confessata, quando poco prima le aveva detto di essere rimasta tutto l giorno in atelier.
- Non la sento più come casa mia – Confessò facendo spallucce, voleva minimizzare la situazione, effettivamente nella sua famiglia non c’era più un collante a tenerli uniti.
Erano liberi. Un libertà che li aveva allontananti.
Nell’adolescenza quando aveva desiderato evadere da sua madre, essere indipendente, sembra una prospettiva piacevole pur consapevole delle difficoltà. Tuttavia non aveva considerato lo smarrimento, poiché dopo aver sentito la porta di casa cigolare per un’ultima volta, Audrey aveva avuto solo se stessa, come sua madre le aveva chiarito prima di andarsene.
Per un po’ era andata bene così.
Poi era arrivato Jared.
- Casa non deve essere per forza il posto in cui sei nata – Le fece notare Jared – Di solito è dove sai di poter te stesso – Le sistemò un riccio ribelle – Tu non ti dovresti preoccupare di non sentire più Santa Barbare tale. Sai che con me sei a casa, credo possa bastare, no? – Aveva continuato accarezzandole i capelli.
Audrey sorrise: stava pensando la stessa cosa.
- Anche tu sei a casa con me, Jared. Se questo ti basta, ovvio – Fu un risposta mormorata. Non voleva sembrare presuntuosa, arrogante o acida, ma qualcosa dentro di lei chiedeva, ormai, di sentirsi di non essere chiunque. Quella sera ne aveva bisogno e ci avrebbe creduto.
- Credi di non potermi bastare? –
- Credo di essere di troppo – Rispose secca, passandosi una mano sopra la manica della felpa – Insomma hai gli Echelon, tua madre, tuo fratello… -
- Sai di non doverla pensare così – La interruppe il cantante.
- E’ perché sono normale, esterna al tuo stile di vita – Si rispose da sola, chiudendo le mani attorno al bordo dei polsini della felpa – Tutto qua? –
Jared la guardò sorpresa, mentre lei ricambiava lo sguardo a disagio: quella frase lei era sfuggita, anche se ora curiosa di sapere cosa avrebbe risposto.
Il cantante soppesò lo sguardo dell’amica e seppe che quello che avrebbe detto non sarebbe andato bene. Gli occhi, adesso, aperti, limpidi, dicevano più di quello che Jared pensavano, andavano oltre a qualcosa… che aveva preferito non considerare.
Non con Audrey.
- Non è solo questo. So di potermi fidare, sei una boccata d’aria dalla routine…-
- Appunto, è quello che ho detto io. Ma se ti bastava questo, perché io? Non ho mai avuto niente di speciale – Domandò ricacciando indietro quel velo di delusione a sentire quelle parole, si era illusa lo sapeva, ma ormai poteva passarci sopra.
- Ti sminuisci Iris – Un sorrisetto gli comparve sulle labbra – Sei genuina e non credo tu abbia bisogno di altro per essere descritta. Sei semplice, spontanea, vera – In realtà avrebbe potuto continuare, dirle che con lei non c’erano filtri, aveva abbassato tutte le sue barriere, anche dopo Cameron. Lei era rimasta l’unica a poter sbirciare nella sua anima tutte le volte che voleva.
- Ma non è sufficiente – Commentò, mordendosi una labbro.
- Per cosa? –
Rimase un domanda sospesa, nel nulla. Fluttuò, mentre Audrey lo baciava. Un bacio a stampo, un piccolo e leggerissimo contatto per provarne il sapore, il subbuglio dentro di sé. Un azzardo improvviso causato dal cedimento di quel giorno. Tuttavia a cede furono in due, entrambi, persi.
Un secondo bacio, passionale.
Ancora, ancora…sempre di più.
Quella notte persero colore, il blu intenso di sfumò con il nero carbone. Divenne una notte eterna, lambita da sospiri, sorrisi, nomi sussurrati, strappati dalla gola una piacere pieno, intenso, completo in ogni sfaccettatura.
 
 
****
 
La notte porta consiglio, si dice. E la mattina? Cosa succede, quando i postumi di quei consigli fornitici dalla voce greve della notte, ci esplodono nella testa? Quando la realtà è pelle contro pelle.
Un lembo di luce entrava da una spiraglio delle tende bianche, accarezzando una felpa rossa abbandonata sul pavimento e proprio in quel punto Jared stava guardando, mentre Audrey al suo fianco dormiva ancora tranquillamente.
C’era qualcosa di strano quella mattina, ma non una stranezza nuova, era una di quelle che non sei più abituato a provare. Una sensazione mormorata, che il torpore del sonno ancora culla, lasciando che solo un leggero soffio invada la testa, anticipandone il carattere burrascoso.
Forse, quella volta, però non sarebbe stata una tempesta fredda.
Si voltò verso Audrey e quella sensazione divenne piacevole, confortante, come i baci che le labbra di lei avevano percorso tutta la notte.
Era stata una notte bellissima.
- Maniaco, smettila – Biascicò Audrey con la voce impastata dal sonno, mentre apriva gli occhi, ritrovandosi immersa nel chiarore dell’azzurro – Ricordami di regalarti una mascherina da notte – Si appuntò mentalmente la mora, non avrebbe di certo retto un altro risveglio con quel gli occhi puntanti addosso…
Momento, ma chi aveva detto che ci sarebbe stato un altro risveglio così? Sospirò.
- Cosa c’è? – S’intromise il cantante, girandosi su in fianco.
- Mi chiedevo se… mi risveglierò ancora, così – Ormai non aveva più senso negare quello che già era palese. Non avrebbe potuto mascherarla come una necessità ciò che l’aveva travolta quella notte, nemmeno se avesse voluto. Sapeva di essere andata ben oltre al bisogno fisico.
- Certo – La consolò Jared, scontato, baciandole le labbra.
Quando si allontanò, Audrey lo tenne vicino a sé giocherellando con una ciocca di capelli – Non ce la faccio, Jared – Mormorò, con gli occhi puntanti sulle proprio mani, mentre attorcigliavano i capelli castani.
Debole, si sentiva così, priva della protezione o di nascondigli, dove ignorare ancora quella dannata parola, quel fottuto brivido che l’aveva risvegliata percependo Jared accanto a sé, quella mattina.
- Perché? – Chiese il cantante, alzandole il viso.
- Non è mancanza di fiducia in te, ma vagliare la possibilità di averti a una giorno d’aereo da me… è frustrante, non… mi piace – Confessò, quelle parole erano ancora più stupide dette ad alta voce.
Jared le accarezzò a guancia con il pollice  - Mi hai sempre aspettato, Audrey –
- Presuntuoso – Lo apostrofò, arricciando il naso – Non è bello doverti aspettare Jared. Soprattutto sapendo che sono una qualunque, non ho niente di speciale… sono addirittura mora! – Enfatizzò allontanandosi dalla mano di Jared e abbandonando la testa sul cuscino morbido.
- Sono curioso di vedere questa scenetta melodrammatica… - La punzecchiò, fissandola divertito: quel modo di fare insicura, ma che la portava a credere a tutte le paranoie che si faceva in testa.
Lei girò gli occhi – Vedi, sono piccolezze a cui non dai la giusta importanza  Lo rimproverò appoggiando le mani sopra le lenzuola – Ad esempio io odio Parigi, non ci verrei nemmeno se mi torturarsi – Jared corrucciò la fronte, poteva accettarlo era solo un posto nel mondo, c’erano altri migliaia che le avrebbe volentieri mostrato.
Ovvio, che avrebbe provato e sarebbe riuscito a farle piacere la capitale francese.
- A me Los Angeles, piace – Fece spallucce Jared.
- Si ma se tu volessi andare a Parigi a fare un giro? – Suppose la mora.
- Ti lego e ti imbavaglio, ti stordisco con un sacchetto di biscotti e di faccio prendere l’aereo, non vedo dov’è il problema, Iris – Snocciolò il cantante, lasciandole un secondo bacio sulla labbra, più lungo del precedente.
Audrey lo guardo quasi a bocca aperta prende scendeva dal letto e si rivestiva, sotto lo sguardo della mora con le guance color porpora, perché ora c’era di più.
- Non sei una persona seria, Diva – Lo canzonò, girandosi dall’altra parte, portandosi le coperte fin sopra alla testa.
- E tu sei una creatura imbarazzante… -
Audrey scattò a sedere sul letto – Io imbarazzante? Scherzi, guarda che quello che si truccava come un Drag Queen ai concerti eri tu! – Il cantante stava per controbattere, ma le lo precedette – E ti sei fatto una cresta color melograno! –
Il cantante la guardò assottigliando lo sguardo – Questo è un affronto, sei ingiusta… a tutti piaceva la mia cresta – Si difese, mettendo un piccolo broncio.
Audrey si prese a mazzate mentalmente per non sorridere a quell’espressione buffa e dolce che il cantante sapeva benissimo usare per disarmare l’altro  - Togliti quella cosa dalla faccia – Minimizzò facendo un veloce gesto con la mano, come a volerlo allontanare. Difficoltà o meno, nessuna delle sue paranoie le avrebbe mai tolto quei piacevoli battibecchi con lui.
- Ti vesti? – Le chiese Jared all’orecchio, non si era nemmeno accorta che si fosse avvicina nato.
- Perché? Hai fretta? – Gli domandò. Provando a scendere dal letto.
Jared la frenò, posandole una mano sul braccio e la baciò di nuovo, succhiandole il labbro inferiore, in modo tale da distrarla mentre con il Blackberry scattava una foto di loro due, la seconda di una lunga serie.
- Questa va su twitter – Le sussurrò.
- Sei un manipolatore – Mormorò lei, spostandogli un ciuffo di capelli dal naso.
Lui si allontanò sorridendogli e prendendo a smanettare con il telefono – Ti aspetto giù – Disse mentre la foto si caricava sul profilo del cantante.
 
Non scrisse nulla su quella foto, gli occhi chiusi di Audrey e il leggero sorriso che lui non si era nemmeno accorto di avere, parlarono per ore, ore su tutto il web.


Nda:
Chi non muore si rivede 
Vi chiedo scusa per l'assenza, ma la scuola in questo ultimo perio mi sta prendendo troppo, anche perchè il capitolo non è tutto sto gran chè e anche più corto rispetto agli altri.
In ogni caso questo è l'ultimo capitolo prima del epilogo che sarà decisamente più breve di tutti i capitoli della storia,

Però, nonostante la scuola, purtroppo ho sempre la testa in funzione....che macina
Se vi va fatte una salto, qui ---->
Anche gli Angeli cadono, al momento c'è solo il prologo ma conto di iniziare con i capitoli dalla settimana prossima, non appena avrò finito questa :)

Un bacio,

Blume.

 
  
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