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Autore: Silver_    18/05/2014    1 recensioni
Lara e Alessandro erano amici.
Poi sono cresciuti, i loro interessi sono cambiati e si sono allontanati.
Il culmine è arrivato con il trasferimento di Alessandro.
A Lara in quel momento non importò del loro allontanamento: non aveva bisogno di Alessandro, dopotutto, se lui l'aveva abbandonata voleva dire che non meritava il suo affetto.
Il menefreghismo verso il ragazzo viene però sconvolto dal suo ritorno, cinque anni dopo.
Quei pensieri erano frutto della lontanza, della convinzione di non dover vedere più quel ragazzo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Ritorno di Fiamma.
Capitolo 3


La macchina non smetteva di sobbalzare. Mugolai infastidita, mentre cercavo di dormire, la testa tra le braccia per cercare di nascondere la luce del sole, stesa dentro alla macchina.
« Dove siamo? » chiesi, cambiando posizione per l’ennesima volta, schiacciai la testa contro lo schienale, piegai le ginocchia appoggiandole sul sedile.
« Vicino Ferrara » rispose mio padre, mentre sbuffavo.
« Come? Ancora, quanto manca? » mi lamentai. Quel viaggio stava durando in eterno, poi non riuscivo a prendere sonno e questo peggiorava solo le cose: più di 4 ore di viaggio non erano da sottovalutare.
« Solo un’oretta » disse, mentre lo guardavo scettica.
« Solo? » Ribattei scettica.
« Perché non ti rimetti le cuffie, così magari dormi » intervenne mia madre, che voleva ovviamente che stessi zitta.

Feci bene a darle retta, finalmente riuscì a sonnecchiare il resto del viaggio: mi svegliò mamma mentre stavamo entrando nel parcheggio della Costa.
« Lara, ci siamo, inizia a prendere la roba » Quanta delicatezza. Stropicciai gli occhi, e mi tirai su a fatica, avevo la schiena a pezzi.

 

*****************

 

« Due ore? Dobbiamo aspettare ancora due ore? » Strabuzzai gli occhi ed urlai più del dovuto, considerando che molti si girarono per osservarci.
« E smettila di lamentarti, un po’di pazienza » rispose bruscamente mio padre. Avevo esagerato: usava quel tono quando perdeva la calma, cosa che faceva molto raramente.  
Così mi lasciai cadere sulla sedia di plastica della sala d’attesa dietro di me. Accanto a me, come nei miei ultimi incubi, si sedette Alessandro.
Alla fine i suoi accettarono, era l’occasione per stare un po’ insieme e aggiornarsi, era stata quella la brillante giustificazione che avevano dato quando avevano chiamato mia madre per darle la notizia.

Lo ignorai candidamente, e approfittai di tutto quel tempo per leggere un po’, nonostante il baccano. Tirai fuori il tablet dalla borsa ed incominciai a aprì l'e-book.
« Che leggi? » Ma perché non se ne stava zitto? Era esasperante il suo continuare a parlarmi, quando era palese che io non volevo niente a che fare con lui.
« Il Trono di Spade » Risposi atona, senza muovere gli occhi dallo schermo.
« Di cosa parla? » Continuò lui, sperando che continuassi a rispondergli (illuso!).
« Lo saprei se mi lasci in pace e mi fai leggere » Chiusi così il discorso, in realtà conoscevo la trama, volevo, ma non avrei sprecato fiato per spiegarla a lui. Sembrò che avesse capito l’antifona: non mi rispose e anch’io feci ovviamente lo stesso.
Le pagine scorrevano lente, e lo stesso faceva il tempo. Sembrava passata un’eternità quando mamma finalmente mi distrasse dalla lettura.
« Dai Lara, il prossimo numero è il nostro, andiamo a metterci in fila. » Ci misi un po’ a mettere a fuoco la sala, aspettavo di alzare la testa e trovarmi a Grande Inverno; succedeva sempre così quando un libro mi prendeva veramente: sensazione di smarrimento quando venivo interrotta bruscamente, e come minimo una mezz’ora – nella quale diventavo più acida - nella quale mi dovevo riprende dallo ricongiungimento brusco con la realtà.

Mamma fu previdente: mettendoci in fila presto fummo quasi i primi del nostro gruppo, e in appena 10 minuti mettemmo piede nella nave.
Si respirava lusso da ogni poro, sembrava di essere stati catapultati indietro di alcune decadi, in un hotel di lusso anni ‘50, ogni particolare era curato perfettamente e da ogni parte sbucavano camerieri, che ci aiutarono a caricare le valigie in ascensore per scendere al ponte 1.

Le prime ore in crociera furono terribile: era un continuo perdersi: poppa e prua erano parole impossibili da memorizzare e soprattutto da collocare nella realtà. Dovevamo apparire come una famiglia di impazziti che continuava a salire e scendere nella speranza di trovare per puro miracolo i Martini, aumentando il mio malumore già arrivato a livelli stratosferici. Ed era solo l’inizio.
La cosa sembrò migliorare all’ora di cena, ritrovare il ristorante fu ugualmente complicato, ma finalmente qualcosa sembrava andare per il verso giusto.
Fummo messi al tavolo insieme ad un’altra famiglia di Roma, una coppia che aveva due figli circa della nostra età. Noi ragazzi venimmo posizionati da una parte del tavolo, gli “adulti”, invece, si sedettero dall’altra.
« Sono Dianna, lui è mio fratello Giulio » ruppe il giaccio la ragazza, con un grande sorriso, mentre si scostava i capelli scuri dal viso. Il fratello sorrise timidamente ed tirò fuori la mano per stringerla ad Alessandro e me – stavolta eravamo capitati vicini – ma fu subito interrotto dall’uragano che si scoprì essere sua sorella.
« Ma che stringi la mano, mica siamo vecchiacci di cinquant’anni come quelli là » borbottò indicando i nostri genitori. Ridemmo per la sua franchezza, mentre il fratello le lanciava un’occhiata di fuoco.
« Lara. » commentai con un sorriso, seguita dal mio vicino di posto.
« Alessandro. » 
Nessuno parlò per alcuni minuti, che invece impiegammo per decidere cosa mangiare per cena. C’erano così tanti piatti dai nomi sofisticati che era impossibile scegliere. E se da una parte era piuttosto triste vedere quanta gente lavorava da “schiavo” in quella nave interminabile, con un pizzico di egoismo dovetti ammettere che non era male essere serviti e riveriti. Sembrava un viaggio nel tempo, in uno di quei libri in cui mi piaceva tanto perdermi, fatti di aristocratici eleganti, gentiluomini dagli sguardi galanti che invitavano le donzelle a ballare il valzer e servitori dall’atteggiamento impassibile che ti servivano il cibo.
Il mio pensiero viaggiò al Titanic, la vita in quella nave Costa sembrava la stessa di Rose nella prima parte del film, meglio tralasciare la seconda parte, anche perché di sicuro sarebbe stato difficile trovare un iceberg in mezzo al Mediterraneo.
« Quanti anni avete? » Ci pensò Alessandro a rompere di nuovo il silenzio tra di noi. Non era giusto, tra adulti avevano già iniziato a chiacchierare ininterrottamente da un bel po’, ormai, mentre noi, la gioventù, quelli che dovevano aver sete di mondo, di nuove amicizie, stavamo lì, impalati, cercando di non fissarci negli occhi.
« Diciassette, siamo gemelli, per fortuna o per disgrazia, voi? » L’unica che cercasse di combattere il silenzio era Dianna, con il suo tono allegro, riuscì a darmi la speranza che magari mi ero trovata già due nuovi amici, gemelli ed uno l’antitesi dell’altro. Magari non bisognava avere fretta, eravamo comunque ragazzi abbandonati lì, senza sapere di cosa parlare, quali argomenti potevano interessare, quali no. Con un po' di tempo ci saremmo sciolti pure noi.
« Wow, gemelli! Che svolta, provate ad essere figlio unico, poi capirete la vostra fortuna. » Occorreva solo  trovare l’argomento giusto, l’aspettare la frase giusta, coglierla e rispondere.
« Anch’io, comunque. » Aggiunsi poi.
« Idem. » Si accodò Ale dietro di me, fissandomi in modo strano.
« Quindi non siete gemelli! Allora cosa? Amici, amanti, scopamici? » 
« Dianna! » La rimproverò suo fratello per la sua mancanza di tatto.

Sbiancai e poi arrossì di botto davanti alla sua domanda. L’aveva posta così, placidamente, semplicemente, come se fosse la cosa più normale da chiedere a due ragazzi appena conosciuti. Anche Alessandro di irrigidì, lo notai sentendo la sua spalla immobile contro la mia.
« No, no, no, che dici? » Iniziai, con una voce tre ottave più alte della norma.
« Non siamo nulla, solo costretti in vacanza insieme » Tirai fuori di nuovo il tono duro, quello che usavo per chi non meritava il mio affetto, quello che ultimamente stavo usando ogni volta che parlavo con Alessandro.
Mi girai verso di lui. Grave errore, anche lui stava guardando verso di me. Scorsi un velo di tristezza nei suoi occhi, nei suoi muscoli che si rilassarono, come se non avessero più forza per combattere contro di me, ma lo nascose sotto un espressione neutra, del tutto uguale alla mia, e dunque non riuscì a capire se era stata tutta la mia immaginazione.
« Ma c’è parecchia tensione tra di voi, o era odio o voglia di saltarvi addosso. Non volevo pensare il peggio. » Si scusò lei candidamente. Un mix tra spirito di osservazione e impulsività allo stato puro. Pochi minuti e la personalità di Dianna era chiara come il mare che ci circondava.

Come avevo supposto; avevamo solo bisogno di tempo: superato l’imbarazzo iniziale e agli infiniti argomenti di conversazione della gemella, continuammo a chiacchierare, ridere e scherzare per ore, anche Davide si aprì, tra i quattro era il più taciturno; non era timido, preferiva fare solo il commento giusto al momento giusto: tutti i suoi interventi avevano senso, altrimenti ascoltava. Sua sorella si confermò il contrario; continuava a parlare a vanvera, commentando praticamente tutto, non in maniera cattiva, solo innocente, senza curarsi di filtrare le sue opinioni. 
Alla fine persino i nostri genitori si alzarono prima di noi per andare in una delle tante sale da ballo.

« Andranno ad imitare la vita dei ricconi del Titanic » li canzonò Alessandro, provocando una risata da parte dei gemelli, un sorriso ed uno sguardo da parte mia: wow, aveva avuto il mio stesso pensiero.
 

**************************

« Ora ci mettiamo in cerchio e ci presentiamo » iniziò l’animatore, un montato ventottenne che se la tirava così tanto – neanche fosse stato Capitan America - che già dopo il primo saluto al gruppo né io né Dianna riuscivamo a sopportare la sua voce da gallo in fase da accoppiamento.
« Che palle, lui e ‘sto schifo di animazione. » fu il commento delicato di Dianna, mentre, con tutta la calma del mondo ci disponevamo in cerchio.
« Cosa signorina, non ho sentita. » domandò lui, vedendo il suo labiale che si muoveva.
« Niente, non si preoccupi » commentò con un sorriso fintissimo, seguito – dopo che lui si fosse voltato – una sua imitazione da parte di Dianna.
« Che imbecille. » Concluse, indicandolo con sguardo da pazza omicida; se casualmente fosse morto, non avrei dubbi: opera sua.
« Fai la buona. » le sussurrai all’orecchio, quella ragazza era completamente senza freni, questo l’avrebbe portata a combinare troppi guai, se non fermata in tempo, era come una bambina in un corpo da adulta, agiva senza ragionare su quello che avrebbe fatto, senza pensare alle conseguenze, e soprattutto, senza curarsi dei mezzi da utilizzare. Da una parte ammiravo questa sua impulsività: in me c’era tutto il contrario; calcolo attento prima di parlare, non esagerare mai, non esporsi troppo. La mia vita era un continuo di restare sulle mie, incapace di lasciarmi andare. Ma d’altra parte essendo così, non potevo non criticare l’atteggiamento di Dianna: troppa impulsività può offendere gli altri, altre persone che hanno più potere di lei.
« Vuoi dire che non pensi la stessa cosa? » Rispose, lanciandomi un’occhiataccia. Io roteai gli occhi, senza parlare.

Ciò che seguì fu un noiosissimo ascoltare nomi, uno dopo l’altro. Giulia, Chiara, Matteo, Christine, uno dopo l’altro, nomi che non mi dicevano niente, nomi di ragazzini di cui non sapevo niente e che dopo pochi secondi neanche ricordavo più. Il secondo giro era dedicato all’età.
Che palle. Si, lo pensavo anch’io.
Bastò un’occhiata tra noi quattro per metterci d’accordo. Dovevamo andarcene da quella “discoteca” così triste.
Uscimmo dal cerchio, fregandocene del nostro turno: al diavolo! Non avrei passato con loro neanche un minuto di più.
Ci avviammo verso i tavolini accanto al bar, in realtà fu Alessandro che ci guidò: ci portò da un ragazzo – più o meno della nostra età – seduto da solo. Aveva detto prima il suo nome, ma, ovviamente, non lo ricordavo.

« Stefano, vero? Rotto pure tu vero» Iniziò Ale indicando con la testa il cerchio in mezzo alla sala da ballo, mentre si sedeva accanto a lui, seguiti da Dianna, me ed infine Daniele.
« Allora non sono l’unico a reputarla una cosa da bambini dell’asilo. » Si aprì in una risata.
« Non hanno capito nulla di cosa voglia dire “animazione”. Comunque io sono Alessandro, loro: Dianna, Lara e Davide » Ci indicò uno per uno al nostro – probabilmente - nuovo compagno di viaggio.  
Ma Pietro, questo il nome del nostro amatissimo animatore, si accorse della fuga di noi quattro e non perse tempo a venirci a cercare.
Con tutta la naturalezza al mondo, come se ci conoscesse da sempre, si lasciò cadere senza il minimo di delicatezza tra me e Dianna, mettendoci poi le mani intorno alle spalle.
Mi irrigidì irritata, e con la coda dell’occhio vidi che non ero l’unica; anche Dianna era piuttosto incomoda in quella posizione, solo che, oltre a questo, aveva uno sguardo che avrebbe pietrificato pure Medusa.
« Ragazzi, ma che fate qui? Su, tornate di là, ci divertiamo sul serio ora! » cominciò, e notai un accenno di accento ispanico nella sua voce.
« Tutto quello che implica te mi irrita, ne faccio volentieri a meno. » Dianna prese la manica della sua giacca come se fosse la cosa più ripugnante che avesse toccato nella sua vita e se la tolse dalle spalle, rivolgendogli un sorriso soddisfatto. Scappò da ridere anche a me, e agli altri per il suo gesto. Anche Pietro sorrise.
« Piccola impertinente fai quello che vuoi, sei tu quella che alla fine ci perdi » Rispose assottigliando lo sguardo verso di lei.
« Non dovresti offendere i tuoi clienti, potrebbero denunciarti. » Minacciò, sostenendo il suo sguardo.
« E, sinceramente, non penso di perdermi un bel niente, ci sono mille cose più divertenti da fare che stare qui a sottostare ai vostri giochetti da bambini. » Concluse alzandosi dal divano.
La seguì Pietro, che, dopo averle lanciato uno sguardo d’odio, tornò dagli altri, lasciandoci soli.
« Ok, vediamo di calmarci. Dianna respira, e ora, andiamo a fare un giro che è meglio! Tu Stefano vieni con noi? » Iniziò Alessandro, appoggiando una mano sulla spalla della mora. Lei annuì e pure Stefano, che, dunque, si unì ufficialmente al nostro gruppo.
 

****************


Se la protagonista della prima parte della serata era stata Dianna, dopo la scenata passò decisamente il testimone ad Alessandro. Si era tranquillizzata, ma non era al 100% allegra, sicuramente ancora aveva manie omicide verso Pietro.
Tra noi cinque sembrava che fosse l’unico con un briciolo di senso dell’orientamento, sapeva dove andare e soprattutto come andare. 

Gli altri lo seguivano con piacere. Si rideva e si scherzava mentre visitavamo tutti i ponti, e tutto grazie a lui, pure io ero rimasta stupefatta dalle sue doti da leader.
« Entriamo qui. » Indicò la Sala Capri. Si era fatto piuttosto tardi e ormai non rimaneva più nessuno, pure i bar erano chiusi e i gruppi avevano smesso di suonare nelle varie sale. Regnava il silenzio, se non fosse per il rumore dei nostri passi sul parquet.
Alessandro si lasciò cadere in una delle poltroncine circolari, ma quello che non si aspettava era che questa, sotto il suo peso morto ruotò.
« Ma chee? » Rimase spiazzato ed appoggiò i piedi a terra per farla fermare, dopodiché si diede una spinta e ricominciò a ruotare.
« Che svolta! » Commentò, mentre tirava al petto le ginocchia per non perdere troppa velocità.

Dianna schizzò nella poltroncina accanto la sua e fece lo stesso.
In pochi secondi, inclusa io, stavamo ruotando, ridendo e schiamazzando come dei bambini.

« Ale, vieni a spingermi tu! » Lo chiamò Stefano. Non ci mise praticamente nulla ad aprirsi con noi; anche lui diceva sempre la sua, un po’ come Dianna, e, visto che avevano idee contrastanti quasi su tutto, avevano continuato a battibeccare tutta la sera; lei gli rispondeva a tono, faceva battute e lanciava sguardi assassini, e non solo quelli: ad un certo punto gli lanciò pure una scarpa, Stefano invece non perdeva mai la pazienza, rispondeva tranquillo con decisione. Era stato uno spasso ascoltarli, e vedere Alessandro fallire ogni volta che cercava di separarli.
Ale si alzò e andò da lui, iniziò a spingere la poltrona che ruotò, ruotò, sempre più veloce, mentre Stefano lanciava un grido d’esultanza.
Io nel frattempo mi ero seduta sullo schienale della poltrona, con i piedi appoggiati alla seduta, ma da quella posizione era più difficile darsi la spinta.
« Aspetta, faccio io! » Alessandro se ne accorse e venne verso di me. Iniziò tutto a ruotare velocemente: in confronto, prima, era come se stessi ferma. Ma dall’alto era anche più facile cadere. Mi attaccai come potetti allo schienale, osservando le luci della sala che danzavano.

Forse perché aveva visto la mia posizione alquanto scomoda – con il corpo il avanti per poter stringere i braccioli – o solo perché ne aveva voglia, saltò sul divano pure lui, senza farlo smettere di girare. Si sedette sopra i miei piedi tenendoli ancorati alla poltrona e alzò le braccia.
« Dammi le mani. » Mi ordinò. Non ragionai e le afferrai, con tutti quei giri, evidentemente, il cervello non funzionava più così tanto bene.
Lui sussultò, come se non si aspettasse che lo facessi veramente, o almeno, così velocemente. Le afferrai con forza, reggendomi su di lui mentre raddrizzavo la schiena. Wow, in quel modo faceva tutto un altro effetto.  L’altezza dava una sensazione di potenza micidiale. Era così liberatorio che non mi accorsi che stavo stringendo la mano al ragazzo con cui non volevo più neanche parlare.
Quando, alla fine, perdemmo velocità lasciai le sue mani, cercando di essere il più disinvolta possibile e scesi giù. Dianna mi stava rivolgendo uno strano sguardo… qualcosa mi diceva che avremmo avuto una lunga chiacchierata appena avesse trovato l’occasione.

« Ragà, si son fatte le tre! Mi sa che è ora che torniamo, eh. » Informò Ale, serio. Ma la serietà non aveva a che fare sul dover rientrare, sembrava pensieroso, fuori dal mondo, lontano chilometri da quella nave. Sperai solo che non avesse nulla a che fare con le nostre mani incollate.

Silenziosamente iniziammo a scendere verso le cabine. Alessandro non parlava, nessun altro lo faceva, neppure Dianna, che si limitò a bisbigliare qualcosa a Stefano.
C’era una strana tensione nell’aria.

« Buonanotte gente! » Salutammo i gemelli e Stefano al secondo piano, io e Ale scendemmo fino al primo.
Mi stupì quando mi venne dietro: lui aveva la cabina dall’altra parte della nave.
« Cosa fai? Mi segui? » Domandai stranita, ma senza girarmi a guardarlo: mi bastava il rumore delle scarpe a confermare la rua presenza.
« Ho promesso a tuo padre che ti avrei accompagnato fino alla porta » Rispose lui. Io alzai un sopracciglio indispettita.
« E quando lo ha fatto? »
« Mentre tu eri al bagno al ristorante. » Merda, pensai, mentre mi appuntavo mentalmente di fare un discorsetto a mio padre: non mi avrebbero rapito dentro una barca.
« Dirò che lo hai fatto, puoi anche andare. » Continuavo imperterrita a camminare… ma quanto era lontana la cabina?
« Lara, girati. » Mi ordinò. Indugiai alcuni secondi, poi però, lo feci.
« Non ho idea di quanto andrà avanti questa storia. Mi voglio far perdonare, sto provando in tutti i modi: volevi il tuo spazio... te l'ho lasciato! Non è più facile che accetti le mie scuse, ti prego! Non ti chiedo tanto, solo essere trattato con un po’ di rispetto. Anche perché dentro di te c’è una parte che mi ha già perdonato, l'ho visto prima, sulle poltrone. Perché non la fai venire fuori? » Nonostante bisbigliasse solamente, quelle sue parole mi entrarono dentro. Mi sentì terribilmente in colpa: aveva ragione.

In quei secondi sulla poltroncina sembrava di essere tornati indietro nel tempo, e non mi dispiacque. Ma c’era l’orgoglio, quello stramaledettissimo orgoglio.
« Buonanotte Alessandro. » Non volevo pensare, non alle tre di notte. Mi rigirai e percorsi gli ultimi passi che mi separavano dalla porta, dopodiché, scomparì dentro. 



 

Nota dell'autrice!

Eccomi tornata. Si dopo un anno, lo so, ma con un capitolo bello lunghetto!
Potete uccidermi, ma avevo perso l'ispirazione: volevo aspettare di tornare dalla crociera per scrivere il capitolo... ma una volta tornata non sapevo cosa scrivere, avevo la mente in bianco... e quando non sono ispirata è inutile che scrivo. Dunque voglio ringraziare
fri_7 che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere questa storia, che lo merita un suo finale! Ci sono stati pochi momenti LaraxAlessandro, spero di non avervi deluso... ma ci rifaremo nel prossimo capitolo, che sarà anche l'ultimo, però!
Abbiamo introdotto nuovi personaggi, gli amici e pure Pietro, liberamente ispirato al mio animatore di crociera, allo stesso modo irritante! Non vi aspettate nulla tra lui e Dianna, perchè, nonostante la chimica, non merita un finale felice lui, visto che lo odio. AHAHAH
Se volete vedere immagini della Costa Magica lo potete fare qui, Il salone Capri è al ponte Leonardo!
Dopodiché vi lasciò il link del mio account Facebook!
Ci vediamo tra non molto, questa volta! <3

- Silver.





   
 
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