Capitolo 3
La macchina non smetteva di sobbalzare.
Mugolai infastidita, mentre cercavo di dormire, la testa tra le braccia
per
cercare di nascondere la luce del sole, stesa dentro alla macchina.
«
Dove siamo?
» chiesi, cambiando posizione
per
l’ennesima volta, schiacciai la testa contro lo schienale, piegai le
ginocchia
appoggiandole sul sedile.
« Vicino
Ferrara » rispose mio padre,
mentre
sbuffavo.
« Come?
Ancora, quanto manca? » mi lamentai. Quel viaggio stava durando in
eterno, poi
non riuscivo a prendere sonno e questo peggiorava solo le cose: più di
4 ore di
viaggio non erano da sottovalutare.
« Solo
un’oretta » disse, mentre lo guardavo scettica.
« Solo? »
Ribattei scettica.
« Perché non
ti rimetti le cuffie, così magari dormi » intervenne
mia madre, che voleva ovviamente che stessi zitta.
Feci
bene a darle retta, finalmente riuscì a
sonnecchiare il resto del viaggio: mi svegliò mamma mentre stavamo
entrando nel
parcheggio della Costa.
«
Lara, ci
siamo, inizia a prendere la roba » Quanta delicatezza. Stropicciai gli
occhi, e
mi tirai su a fatica, avevo la schiena a pezzi.
*****************
«
Due ore?
Dobbiamo aspettare ancora due ore? » Strabuzzai
gli occhi ed urlai più del dovuto, considerando che molti si girarono
per
osservarci.
« E smettila
di lamentarti, un po’di pazienza » rispose bruscamente mio padre. Avevo
esagerato: usava quel tono quando perdeva la calma, cosa che faceva
molto
raramente.
Così mi
lasciai cadere sulla sedia di plastica della sala d’attesa dietro di
me.
Accanto a me, come nei miei ultimi incubi, si sedette Alessandro.
Alla fine i
suoi accettarono, era l’occasione per stare un po’ insieme e
aggiornarsi, era
stata quella la brillante giustificazione che avevano dato quando
avevano
chiamato mia madre per darle la notizia.
Lo
ignorai candidamente, e approfittai di tutto quel tempo
per leggere un po’, nonostante il baccano.
Tirai fuori il
tablet dalla borsa ed incominciai a aprì l'e-book.
« Che leggi? » Ma perché non se ne
stava zitto? Era esasperante il suo continuare a parlarmi, quando era
palese
che io non volevo niente a che fare con lui.
« Il Trono di Spade »
Risposi atona, senza muovere gli occhi dallo schermo.
« Di cosa parla? » Continuò lui,
sperando che continuassi a rispondergli (illuso!).
« Lo saprei se mi lasci in
pace e mi fai leggere » Chiusi così il discorso, in realtà
conoscevo la
trama, volevo, ma non avrei sprecato fiato per spiegarla a lui. Sembrò
che
avesse capito l’antifona: non mi rispose e anch’io feci ovviamente lo
stesso.
Le pagine scorrevano
lente, e lo stesso faceva il tempo. Sembrava passata un’eternità quando
mamma
finalmente mi distrasse dalla lettura.
« Dai Lara, il prossimo
numero è il nostro, andiamo a metterci in fila. » Ci
misi un po’ a
mettere a fuoco la sala, aspettavo di alzare la testa e trovarmi a
Grande
Inverno; succedeva sempre così quando un libro mi prendeva veramente:
sensazione di smarrimento quando venivo interrotta bruscamente, e come
minimo una
mezz’ora – nella quale diventavo più acida - nella quale mi dovevo
riprende
dallo ricongiungimento brusco con la realtà.
Mamma
fu previdente: mettendoci in fila presto
fummo quasi i primi del nostro gruppo, e in appena 10 minuti mettemmo
piede
nella nave.
Si respirava lusso da ogni poro, sembrava di
essere stati catapultati indietro di alcune decadi, in un hotel di
lusso anni
‘50, ogni particolare era curato perfettamente e da ogni parte
sbucavano
camerieri, che ci aiutarono a caricare le valigie in ascensore per
scendere al
ponte 1.
Le prime ore in crociera
furono terribile: era un continuo perdersi: poppa e prua erano parole
impossibili da memorizzare e soprattutto da collocare nella realtà.
Dovevamo apparire come una
famiglia di impazziti che continuava a salire e scendere nella speranza
di
trovare per puro miracolo i Martini, aumentando il mio malumore già
arrivato a
livelli stratosferici. Ed era solo l’inizio.
La cosa sembrò migliorare
all’ora di cena, ritrovare il ristorante fu ugualmente complicato, ma
finalmente qualcosa sembrava andare per il verso giusto.
Fummo messi al tavolo
insieme ad un’altra famiglia di Roma, una coppia che aveva due figli
circa
della nostra età. Noi ragazzi venimmo posizionati da una parte del
tavolo, gli
“adulti”, invece, si sedettero dall’altra.
« Sono Dianna, lui è mio
fratello Giulio » ruppe
il giaccio la ragazza, con un grande sorriso, mentre si scostava i
capelli
scuri dal viso. Il fratello sorrise timidamente ed tirò fuori la mano
per
stringerla ad Alessandro e me – stavolta eravamo capitati vicini – ma
fu subito
interrotto dall’uragano che si scoprì essere sua sorella.
« Ma che stringi la mano,
mica siamo vecchiacci di cinquant’anni come quelli là » borbottò
indicando i
nostri genitori. Ridemmo per la sua franchezza, mentre il fratello le
lanciava
un’occhiata di fuoco.
« Lara. » commentai
con un
sorriso, seguita dal mio vicino di posto.
« Alessandro. »
Nessuno parlò per alcuni
minuti, che invece impiegammo per decidere cosa mangiare per cena.
C’erano così
tanti piatti dai nomi sofisticati che era impossibile scegliere. E se
da una
parte era piuttosto triste vedere quanta gente lavorava da “schiavo” in
quella
nave interminabile, con un pizzico di egoismo dovetti ammettere che non
era
male essere serviti e riveriti. Sembrava un viaggio nel tempo, in uno
di quei
libri in cui mi piaceva tanto perdermi, fatti di aristocratici
eleganti,
gentiluomini dagli sguardi galanti che invitavano le donzelle a ballare
il
valzer e servitori dall’atteggiamento impassibile che ti servivano il
cibo.
Il mio pensiero viaggiò al
Titanic, la vita in quella nave Costa sembrava la stessa di Rose nella
prima
parte del film, meglio tralasciare la seconda parte, anche perché di
sicuro
sarebbe stato difficile trovare un iceberg in mezzo al Mediterraneo.
« Quanti anni avete? » Ci pensò Alessandro
a rompere di nuovo il silenzio tra di noi. Non era giusto, tra adulti
avevano
già iniziato a chiacchierare ininterrottamente da un bel po’, ormai,
mentre
noi, la gioventù, quelli che dovevano aver sete di mondo, di nuove
amicizie,
stavamo lì, impalati, cercando di non fissarci negli occhi.
« Diciassette, siamo
gemelli, per fortuna o per disgrazia, voi? » L’unica
che cercasse di combattere il silenzio era
Dianna, con il suo tono allegro, riuscì a darmi la speranza che magari
mi ero
trovata già due nuovi amici, gemelli ed uno l’antitesi dell’altro.
Magari non
bisognava avere fretta, eravamo comunque ragazzi abbandonati lì, senza
sapere
di cosa parlare, quali argomenti potevano interessare, quali no.
« Wow, gemelli! Che
svolta, provate ad essere figlio unico, poi capirete la vostra fortuna.
» Occorreva
solo trovare l’argomento giusto,
l’aspettare la
frase giusta, coglierla e rispondere.
« Anch’io, comunque. » Aggiunsi poi.
« Idem. » Si
accodò Ale
dietro di me, fissandomi in modo strano.
« Quindi non siete
gemelli! Allora cosa? Amici, amanti, scopamici? »
« Dianna! » La rimproverò suo
fratello per la sua mancanza di tatto.
Sbiancai
e poi arrossì di botto davanti alla sua
domanda. L’aveva posta così, placidamente, semplicemente, come se fosse
la cosa
più normale da chiedere a due ragazzi appena conosciuti. Anche
Alessandro di
irrigidì, lo notai sentendo la sua spalla immobile contro la mia.
«
No, no, no, che dici? » Iniziai, con una
voce tre ottave più alte della norma.
« Non siamo nulla, solo
costretti in vacanza insieme » Tirai fuori di nuovo il tono duro,
quello che
usavo per chi non meritava il mio affetto, quello che ultimamente stavo
usando
ogni volta che parlavo con Alessandro.
Mi girai verso di lui.
Grave errore, anche lui stava guardando verso di me. Scorsi un velo di
tristezza nei suoi occhi, nei suoi muscoli che si rilassarono, come se
non
avessero più forza per combattere contro di me, ma lo nascose sotto un
espressione
neutra, del tutto uguale alla mia, e dunque non riuscì a capire se era
stata tutta la mia
immaginazione.
« Ma c’è parecchia
tensione tra di voi, o era odio o voglia di saltarvi addosso. Non
volevo
pensare il peggio. » Si
scusò lei candidamente. Un mix tra spirito di osservazione e
impulsività allo
stato puro. Pochi minuti e la personalità di Dianna era chiara come il
mare che
ci circondava.
Come
avevo supposto; avevamo solo bisogno di
tempo: superato l’imbarazzo iniziale e agli infiniti argomenti di
conversazione
della gemella, continuammo a chiacchierare, ridere e scherzare per ore,
anche
Davide si aprì, tra i quattro era il più taciturno; non era timido,
preferiva
fare solo il commento giusto al momento giusto: tutti i suoi interventi
avevano
senso, altrimenti ascoltava. Sua sorella si confermò il contrario;
continuava a
parlare a vanvera, commentando praticamente tutto, non in maniera
cattiva, solo
innocente, senza curarsi di filtrare le sue opinioni.
Alla fine persino i nostri genitori si alzarono
prima di noi per andare in una delle tante sale da ballo.
«
Andranno ad imitare la
vita dei ricconi del Titanic » li canzonò Alessandro, provocando una
risata da parte
dei gemelli, un sorriso ed uno sguardo da parte mia: wow, aveva avuto
il mio
stesso pensiero.
**************************
«
Ora ci mettiamo in
cerchio e ci presentiamo » iniziò l’animatore, un montato ventottenne
che se la
tirava così tanto – neanche fosse stato Capitan America - che già dopo
il primo
saluto al gruppo né
io né Dianna riuscivamo a sopportare la sua voce da gallo in fase da
accoppiamento.
« Che palle, lui e ‘sto
schifo di animazione. » fu il commento delicato
di Dianna, mentre, con tutta la calma del mondo ci disponevamo in
cerchio.
« Cosa signorina, non ho
sentita. » domandò
lui, vedendo il suo labiale che si muoveva.
« Niente, non si preoccupi
» commentò con un sorriso fintissimo, seguito – dopo che lui si fosse
voltato –
una sua imitazione da parte di Dianna.
« Che imbecille. » Concluse, indicandolo
con sguardo da pazza omicida; se casualmente fosse morto, non avrei
dubbi:
opera sua.
« Fai la buona. » le
sussurrai all’orecchio, quella ragazza era completamente senza freni,
questo
l’avrebbe portata a combinare troppi guai, se non fermata in tempo, era
come
una bambina in un corpo da adulta, agiva senza ragionare su quello che
avrebbe
fatto, senza pensare alle conseguenze, e soprattutto, senza curarsi dei
mezzi da utilizzare. Da una parte ammiravo questa sua impulsività: in
me c’era tutto il contrario;
calcolo attento prima di parlare, non esagerare mai, non esporsi
troppo. La mia
vita era un continuo di restare sulle mie, incapace di lasciarmi
andare. Ma
d’altra parte essendo così, non potevo non criticare l’atteggiamento di
Dianna:
troppa impulsività può offendere gli altri, altre persone che hanno più
potere
di lei.
« Vuoi dire che non pensi
la stessa cosa? » Rispose,
lanciandomi un’occhiataccia.
Io roteai gli occhi, senza parlare.
Ciò
che seguì fu un noiosissimo ascoltare nomi,
uno dopo l’altro. Giulia, Chiara, Matteo, Christine, uno dopo l’altro,
nomi che
non mi dicevano niente, nomi di ragazzini di cui non sapevo niente e
che dopo
pochi secondi neanche ricordavo più. Il secondo giro era dedicato
all’età.
Che palle. Si, lo pensavo anch’io.
Bastò un’occhiata tra noi quattro per metterci
d’accordo. Dovevamo andarcene da quella “discoteca” così triste.
Uscimmo dal cerchio, fregandocene del nostro
turno: al diavolo! Non avrei passato
con loro neanche un minuto di più.
Ci avviammo verso i tavolini accanto al bar, in
realtà fu Alessandro che ci guidò: ci portò da un ragazzo – più o meno
della
nostra età – seduto da solo. Aveva detto prima il suo nome, ma,
ovviamente, non
lo ricordavo.
«
Stefano, vero? Rotto
pure tu vero» Iniziò
Ale indicando con la testa il cerchio in mezzo alla sala da ballo,
mentre si
sedeva accanto a lui, seguiti da Dianna, me ed infine Daniele.
« Allora non sono l’unico
a reputarla una cosa da bambini dell’asilo. » Si
aprì in una risata.
« Non hanno capito nulla
di cosa voglia dire “animazione”. Comunque io sono Alessandro, loro:
Dianna,
Lara e Davide » Ci indicò uno per uno al nostro – probabilmente - nuovo
compagno di viaggio.
Ma Pietro, questo il nome
del nostro amatissimo animatore, si accorse della fuga di noi quattro e
non
perse tempo a venirci a cercare.
Con tutta la naturalezza
al mondo, come se ci conoscesse da sempre, si lasciò cadere senza il
minimo di
delicatezza tra me e Dianna, mettendoci poi le mani intorno alle
spalle.
Mi irrigidì irritata, e
con la coda dell’occhio vidi che non ero l’unica; anche Dianna era
piuttosto
incomoda in quella posizione, solo che, oltre a questo, aveva uno
sguardo che
avrebbe pietrificato pure Medusa.
« Ragazzi, ma che fate
qui? Su, tornate di là, ci divertiamo sul serio ora! » cominciò,
e notai
un accenno di accento ispanico nella sua voce.
« Tutto quello che implica
te mi irrita, ne faccio volentieri a meno. » Dianna prese la manica
della sua
giacca come se fosse la cosa più ripugnante che avesse toccato nella
sua vita e
se la tolse dalle spalle, rivolgendogli un sorriso soddisfatto. Scappò
da
ridere anche a me, e agli altri per il suo gesto. Anche Pietro sorrise.
« Piccola impertinente fai
quello che vuoi, sei tu quella che alla fine ci perdi » Rispose
assottigliando lo sguardo verso di lei.
« Non dovresti offendere i
tuoi clienti, potrebbero denunciarti. » Minacciò,
sostenendo il suo sguardo.
« E, sinceramente, non
penso di perdermi un bel niente, ci sono mille cose più divertenti da
fare che
stare qui a sottostare ai vostri giochetti da bambini. » Concluse
alzandosi dal
divano.
La seguì Pietro, che, dopo
averle lanciato uno sguardo d’odio, tornò dagli altri, lasciandoci soli.
« Ok, vediamo di calmarci.
Dianna respira, e ora, andiamo a fare un giro che è meglio! Tu Stefano
vieni
con noi? » Iniziò Alessandro, appoggiando una mano sulla spalla della
mora. Lei
annuì e pure Stefano, che, dunque, si unì ufficialmente al nostro
gruppo.
****************
Se
la protagonista della
prima parte della serata era stata Dianna, dopo la scenata passò
decisamente il
testimone ad Alessandro. Si era tranquillizzata, ma non era al 100%
allegra,
sicuramente ancora aveva manie omicide verso Pietro.
Tra noi cinque sembrava
che fosse l’unico con un briciolo di senso dell’orientamento, sapeva
dove
andare e soprattutto come andare.
Gli
altri lo seguivano con piacere. Si rideva e
si scherzava mentre visitavamo tutti i ponti, e tutto grazie a lui,
pure io ero
rimasta stupefatta dalle sue doti da leader.
«
Entriamo qui. » Indicò la Sala
Capri. Si era fatto piuttosto tardi e ormai non rimaneva più nessuno,
pure i
bar erano chiusi e i gruppi avevano smesso di suonare nelle varie sale.
Regnava
il silenzio, se non fosse per il rumore dei nostri passi sul parquet.
Alessandro si lasciò
cadere in una delle poltroncine circolari, ma quello che non si
aspettava era
che questa, sotto il suo peso morto ruotò.
« Ma chee? » Rimase spiazzato ed
appoggiò i piedi a terra per farla fermare, dopodiché si diede una
spinta e
ricominciò a ruotare.
« Che svolta! » Commentò, mentre
tirava al petto le ginocchia per non perdere troppa velocità.
Dianna
schizzò nella poltroncina accanto la sua e
fece lo stesso.
In pochi secondi, inclusa io, stavamo ruotando,
ridendo e schiamazzando come dei bambini.
« Ale, vieni a spingermi
tu! » Lo chiamò Stefano. Non ci mise praticamente nulla ad aprirsi con
noi; anche lui
diceva sempre la sua, un po’ come Dianna, e, visto che avevano idee
contrastanti quasi su tutto, avevano continuato a battibeccare tutta la
sera;
lei gli rispondeva a tono, faceva battute e lanciava sguardi assassini,
e non
solo quelli: ad un certo punto gli lanciò pure una scarpa, Stefano
invece non
perdeva mai la pazienza, rispondeva tranquillo con decisione. Era stato
uno
spasso ascoltarli, e vedere Alessandro fallire ogni volta che cercava
di
separarli.
Ale si alzò e andò da lui, iniziò a spingere la poltrona che ruotò,
ruotò, sempre
più veloce, mentre Stefano lanciava un grido d’esultanza.
Io nel frattempo mi ero
seduta sullo schienale della poltrona, con i piedi appoggiati alla
seduta, ma
da quella posizione era più difficile darsi la spinta.
« Aspetta, faccio io! » Alessandro se ne
accorse e venne verso di me. Iniziò tutto a ruotare velocemente: in
confronto,
prima, era come se stessi ferma. Ma dall’alto era anche più facile
cadere. Mi
attaccai come potetti allo schienale, osservando le luci della sala che
danzavano.
Forse
perché aveva visto la mia posizione
alquanto scomoda – con il corpo il avanti per poter stringere i
braccioli – o solo
perché ne aveva voglia, saltò sul divano pure lui, senza farlo smettere
di
girare. Si sedette sopra i miei piedi tenendoli ancorati alla poltrona
e alzò
le braccia.
«
Dammi le mani. » Mi ordinò. Non ragionai
e le afferrai, con tutti quei giri, evidentemente, il cervello non
funzionava
più così tanto bene.
Lui
sussultò,
come se non si aspettasse che lo facessi veramente, o almeno, così
velocemente.
Le afferrai con forza, reggendomi su di lui mentre raddrizzavo la
schiena. Wow,
in quel modo faceva tutto un altro effetto. L’altezza
dava una sensazione di potenza
micidiale. Era così liberatorio che non mi accorsi che stavo stringendo
la mano
al ragazzo con cui non volevo più neanche parlare.
Quando, alla
fine, perdemmo velocità lasciai le sue mani, cercando di essere il più
disinvolta possibile e scesi giù. Dianna mi stava rivolgendo uno strano
sguardo…
qualcosa mi diceva che avremmo avuto una lunga chiacchierata appena
avesse
trovato l’occasione.
« Ragà, si son fatte le
tre! Mi sa che è ora che torniamo, eh. » Informò
Ale, serio. Ma la serietà non aveva a che
fare sul dover rientrare, sembrava pensieroso, fuori dal mondo, lontano
chilometri da quella nave. Sperai solo che non avesse nulla a che fare
con le
nostre mani incollate.
Silenziosamente
iniziammo a scendere verso le
cabine. Alessandro non parlava, nessun altro lo faceva, neppure Dianna,
che si
limitò a bisbigliare qualcosa a Stefano.
C’era una strana tensione nell’aria.
«
Buonanotte gente! »
Salutammo i gemelli e Stefano al secondo piano, io e Ale scendemmo fino
al
primo.
Mi stupì quando mi venne
dietro: lui aveva la cabina dall’altra parte della nave.
« Cosa fai? Mi segui? »
Domandai stranita, ma senza girarmi a guardarlo: mi bastava il rumore
delle
scarpe a confermare
la rua presenza.
« Ho promesso a tuo padre
che ti avrei accompagnato fino alla porta » Rispose lui. Io alzai un
sopracciglio indispettita.
« E quando lo ha fatto? »
« Mentre tu eri al bagno
al ristorante. » Merda,
pensai, mentre mi appuntavo mentalmente di fare un discorsetto a mio
padre: non
mi avrebbero rapito dentro una barca.
« Dirò che lo hai fatto,
puoi anche andare. » Continuavo
imperterrita a camminare… ma quanto era lontana la cabina?
« Lara, girati. » Mi
ordinò. Indugiai alcuni secondi, poi però, lo feci.
« Non ho idea di quanto
andrà avanti questa storia. Mi voglio far perdonare, sto provando in
tutti i modi: volevi il tuo spazio... te l'ho lasciato! Non è più
facile che accetti le mie scuse,
ti prego! Non ti chiedo tanto, solo essere trattato con un po’ di
rispetto.
Anche perché dentro di te c’è una parte che mi ha già perdonato, l'ho
visto prima, sulle poltrone. Perché non la
fai venire fuori? » Nonostante bisbigliasse solamente, quelle sue
parole mi
entrarono dentro. Mi sentì terribilmente in colpa:
aveva ragione.
In
quei secondi sulla poltroncina sembrava di
essere tornati indietro nel tempo, e non mi dispiacque. Ma c’era
l’orgoglio,
quello stramaledettissimo orgoglio.
« Buonanotte Alessandro. » Non volevo pensare,
non alle tre di notte. Mi rigirai e percorsi gli ultimi passi che mi
separavano
dalla porta, dopodiché, scomparì dentro.
Nota
dell'autrice!
Eccomi
tornata. Si dopo un anno, lo so, ma con un capitolo bello lunghetto!
Potete uccidermi, ma avevo perso
l'ispirazione: volevo aspettare di tornare dalla crociera per scrivere
il
capitolo... ma una volta tornata non sapevo cosa scrivere, avevo la
mente in
bianco... e quando non sono ispirata è inutile che scrivo. Dunque
voglio
ringraziare fri_7
che mi ha fatto tornare la voglia di
scrivere questa storia, che lo merita un suo finale! Ci sono stati
pochi
momenti LaraxAlessandro, spero di non avervi deluso... ma ci rifaremo
nel
prossimo capitolo, che sarà anche l'ultimo, però!
Abbiamo introdotto nuovi personaggi, gli amici e pure Pietro,
liberamente
ispirato al mio animatore di crociera, allo stesso modo irritante! Non
vi
aspettate nulla tra lui e Dianna, perchè, nonostante la chimica, non
merita un
finale felice lui, visto che lo odio. AHAHAH
Se volete vedere immagini della Costa Magica lo potete fare qui, Il salone Capri è al ponte
Leonardo!
Dopodiché vi lasciò il link del mio account Facebook!
Ci vediamo tra non molto, questa volta! <3
- Silver.