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Autore: miatersicore23    18/05/2014    2 recensioni
AU: Tutti umani! Ambientazione: Londra 1864.
La duchessina Elena Gilbert è cresciuta nelle credenze e nell'educazione dell'alta società di Londra.
Quando riceve in una lettera, la proposta di matrimonio da parte di un giovane e ricco nobiluomo, infatti, ne resta lusingata senza però badare ai suoi sentimenti.
Presto però, senza accorgersi, dovrà avere a che fare con l'amore che nascerà con la persona sbagliata al momento sbagliato.
Dal quinto capitolo:
-Per questo. – le sussurrai staccando di poco le labbra dalla sua pelle per scendere più giù sullo zigomo dove la baciai di nuovo – e per questo. – il mento – per questo – la gola e il mio naso era impregnato del suo odore. Ero completamente assuefatto e quella ragazzina mi stava completamente mandando fuori controllo. Tutto di lei mi attirava sempre di più al suo corpo e alla voglia di tenerlo accanto al mio. Sollevai la testa, deciso a baciare le sue labbra, e non come aveva fatto mio fratello, con l’innocenza di una promessa di amicizia, ma con il puro desiderio che da pochi giorni si era impossessato di me.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Giuseppe Salvatore, Jenna Sommers | Coppie: Damon/Elena, Katherine/Stefan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17.
Un peso portato negli anni.
(Damon)
Urlai arrabbiato a tutti i camerieri della tenuta, a mio fratello, ad Alaric e persino a Jeremy di andare a cercare Elena. In qualsiasi posto, anche se era notte. A me non importava un accidenti se il mio migliore amico mi stesse dicendo che al buio non l’avremmo trovata e chissà a quell’ora dove si trovasse, l’essenziale per me era cercare Elena.
No, non era giusto. Maledizione, finalmente eravamo io e lei. Nessun ostacolo, una vita insieme che si prospettava felice, ma c’era sempre qualcuno che ci disturbava, sempre qualcuno che volesse il nostro male.
Io avevo bisogno di Elena. Senza di lei era come se mi mancasse l’aria. Se ne era andata e il mio cuore era con lei. Sentivo un vuoto, un terribile vuoto che faceva male, che non mi permetteva di respirare, che mi faceva sudare freddo. Era come perdere i sensi. Era come sentirsi lacerare la pelle sul petto; come perdere l’uso delle gambe e crollare. Inginocchiarmi inerme e rendermi conto che lei era lontana da me, che sarebbe potuta essere in pericolo, che quell’uomo non ci aveva pensato due volte a rapirla e a farla addormentare, a farle del male.
Ma io non potevo starmene con le mani in mano. Non potevo arrendermi e lasciare che la mia Elena si trovasse nelle mani sbagliate, nelle mani che non erano le mie. Avrei dovuto stare più attento, avrei dovuto proteggerla. Avrei dovuto capire che quel viscido non si sarebbe fermato. Che quella bravata di qualche giorno prima, quell’ avermi picchiato da alcuni dei suoi scagnozzi – perché ero sicuro che quella fosse stata opera sua – non sarebbe bastato. In quel momento erano in pericolo tutte le persone che amavo e in particolar modo Elena.
Dove diavolo era? Non resistevo, non resistevo!
  • Damon calmati. Così non risolveremo nulla. Spiegami il biglietto.
Mi fermò il mio migliore amico, facendomi sedere su una sedia. Io provai a rialzarmi, ma le sue mani fecero pressione sulle mie spalle per non permettermi di muovermi. Lo guardai furioso, ma il mio sguardo con Ric non attaccava. Era sempre rimasto insensibile ai miei trucchetti, forse proprio per questo che lui era lui.
  • Qualche mese fa Wes Maxfield è venuto a cercarmi. Voleva comprare la tenuta,ma io gliel’ho negata. Ha detto che non si sarebbe arreso, ma non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto.
  • Perché vuole Mystic Falls?
  • Non ne ho idea. Ha sempre detto che gli serviva una villa così grande. Forse a questo punto dovrei vendergliela.
  • No, non ne hanno il diritto. Chiederemo aiuto a qualcuno. – intervenne Stefan. – forse dovremmo andare da papà. Lui sicuramente saprà cosa fare.
Stavamo solo perdendo tempo. Mentre noi eravamo intenti a parlare, a fare congetture e a pianificare, Elena era chissà dove, in balìa di quell’uomo psicopatico. Perché ce l’aveva con me? Oh, se solo gli avessi venduto la tenuta prima, non saremmo arrivati fino a questo punto.
  • Io ho qualche amico in polizia. Chiederò informazioni lì.
  • No, non coinvolgere la polizia. Potremmo solo peggiorare le cose.
  • Tranquillo, sarò discreto.
Tranquillo? Come avrei potuto essere tranquillo? La mia futura moglie era stata rapita e io mi sarei dovuto stare con le mani in mano, certo! No, non appena avrei trovato quell’uomo, lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Non l’avrebbe passata liscia.
Controvoglia mi diressi verso Londra con Stefan e andammo alla villa di nostro padre. Era notte fonda, ma a me non importava affatto. Era senza dubbio più importante la vita della mia fidanzata, piuttosto del sonno ristoratore di mio padre. Però lui comunque non ne fu felice. Soprattutto quando si rese conto che a quell’incontro c’era anche mio fratello.
Non voleva vederlo. Sì, ce l’aveva anche con me, ma papà era contro di lui.
  • Padre ti prego aspetta. È una questione molto importante.
Lui non volle sentire ragione. Se ne andò, lasciandoci soli all’ingresso della villa.
Per un attimo non sentii veramente reggermi. Le gambe era come se non le avessi.
Mi accasciai a terra, come un bambino di sei anni e iniziai a respirare male: respiri erano sconnessi, irregolari e non accennavano a ritornare normali.
Perché, perché mio padre non c’era? Che cosa gli avevo fatto di così sbagliato da farmi odiare da lui in questo modo? Io non gli avevo mai chiesto niente negli anni precedenti. Me l’ero sempre cavata senza il suo aiuto. Non gli avevo mai chiesto di salvaguardarmi o di guardarmi le spalle mentre viaggiavo come un ragazzo ribelle. E nemmeno quando ereditammo la tenuta, io non gli chiesi mai niente.
Eppure era come se avessi con lui un debito enorme da ripagare. Era come se fossi io quello nel torto.
Stefan mi si avvicinò per farmi alzare, ma io lo allontanai con un gesto brusco della mano. Volevo essere lasciato in pace.
Mi guardai un attimo attorno. Quella casa. Io ero cresciuto in quella casa. Quella casa fatta di quadri scelti da mia madre, di tappeti comprati da lei, di feste date in suo onore. In quella casa ogni singolo elemento mi ricordava la mamma. Ogni libro, ogni colore, ogni cosa costruita lì, era stata fatta in suo onore, per lei. Come un immenso dono da parte di papà.
Papà conosceva l’amore. Lo aveva vissuto, sapeva perfettamente cos’era. Ma era come se a noi non volesse farlo vivere. A noi due ce lo stava proibendo. Mi stava togliendo Elena, così come aveva tolto Katherine a Stefan. Ma loro due alla fine si erano ritrovati, perché l’amore è il bene di ogni cosa. Perché l’amore vince su tutto. Allora io mi sarei ripreso la mia donna e questa volta mio padre mi avrebbe ascoltato. Questa volta mi avrebbe aiutato.
Mi rialzai e, seguito da mio fratello, salimmo le scale per poi ritrovarci davanti alla sua camera da letto, chiusa a chiave.
Bussai. Forte.
  • Dannazione, apri. Elena è in pericolo, ti prego. Ti prego … è … è stata … rapita. Ti prego. Papà, non so più vivere senza di lei, aiutami! Non ce la farò mai senza di te. Ti prego. Ti prego. Ti prego.
Mi inginocchiai davanti alla sua porta con la testa appoggiata sulla superficie di legno, mentre Stefan stava continuando a chiamare nostro padre, dicendogli che Wes Maxfield aveva rapito Elena.
Non appena papà udì quel nome, uscì dalla sua camera e ci guardò un po’ arreso. Che cosa gli era successo? Che cosa era cambiato?
  • Andiamo nel mio ufficio. C’è una cosa che dovete sapere. – disse semplicemente.
Lo seguimmo silenziosi. Un po’ perché avevamo paura che ogni nostra singola parola lo avrebbe potuto far tornare indietro, che lo avrebbe fatto scappare ancora nella sua camera, lontano da noi mentre io imploravo di nuovo il suo aiuto. Un po’ perché quel silenzio era una specie di gratitudine, un grazie non espresso ad alta voce. Perché noi Salvatore eravamo così galantuomini con il resto del mondo, ma la nostra principale caratteristica era l’orgoglio. Quel maledetto orgoglio che non ci permetteva di dire grazie ad alta voce. Quell’orgoglio che si manifestava soprattutto quando eravamo in famiglia, invece proprio in quei momenti così privati, così appartati avremmo potuto essere noi stessi e non lo eravamo.
Perché forse ciascuno di noi tre era orgoglioso. Forse Stefan di meno, forse io e nostro padre un po’ di più, ma tutti e tre eravamo rimasti intrappolati in una rete fastidiosa che si era formata attorno a noi nel corso degli anni. Odio, disprezzo, risentimento. Erano tutti nati dopo la morte della mamma e non se ne erano andati. Forse non se ne sarebbero mai più andati.
Magari si sarebbero affievoliti. Magari … se lui mi avesse aiutato, io avrei potuto mettere da parte un po’ di quell’orgoglio e di tutti gli altri sentimenti negativi e sarei ritornato da mio padre. Gli avrei chiesto di riunirmi alla mia famiglia. Perché alla fine era lui la mia famiglia. Per quanti anni eravamo stati solo io, lui e Stefan? Tanti. Avremmo potuto essere così uniti. Invece era diventato troppo complicato, troppo difficile.
La famiglia che avremmo potuto diventare, anche senza la mamma, era stata solo un sogno, un ricordo lontano che non si sarebbe mai avverato. La famiglia era lontana. Noi Salvatore solo a volte potevamo essere definiti uniti.
Per questo io e Stefan avevamo intenzione di costruirci le nostre famiglie. Per non ricadere negli stessi errori di nostro padre. Per non essere così esigenti come lui, per amare i nostri figli. Probabilmente nostro padre ci aveva anche amato, ma non lo aveva mai dato a vedere. Però io ero pronto. Sì, pronto a perdonargli tutto, a dirgli che la famiglia c’era ancora, che sinceramente non mi importava più di come mi aveva trattato da ragazzino. Perché io non volevo che lui fosse solo, perché sapevo cos’era la solitudine. E faceva male. Faceva male stare senza l’amore.
Volevo solo che tutto fosse diverso da quello che era veramente …
Entrammo nel suo studio e io e mio fratello ci sedemmo sulle poltrone scure, di fronte alla scrivania, dove lui si andò ad appoggiare.
  • Ci darai un aiuto? – gli chiesi timoroso.
  • Sì, vi aiuterò, ma prima dovreste sapere qualcosa che non vi ho mai detto. – cercai lo sguardo di Stefan, che allo stesso tempo stava cercando il mio. Ci guardammo a vicenda, interrogandoci un po’ timorosi di quello che ci avrebbe dovuto dire papà. – Wes Maxfield, quando lo incontrai per la prima volta era un semplice ragazzino …
  • Lo conosci?
  • Purtroppo sì. Forse se non l’avessi conosciuto, non sarebbe venuto da te.
  • Spiegati meglio.
  • Io e vostra madre facevamo parte di un’associazione segreta, chiamata Augustine. In quest’associazione c’erano alcuni tra i membri più facoltosi di tutti il Regno Unito, ma anche nobili meno facoltosi come … come i Gilbert. – spalancai gli occhi all’affermazione di mio padre. I miei genitori e i genitori di Elena si conoscevano già da anni, chi lo avrebbe mai detto. – all’inizio pensavamo che la cosa fosse innocua. Gli ideali della nostra compagnia erano moderati, volevamo semplicemente che la corona non abusasse del proprio potere. Ma con il passare degli anni, alcuni membri, compreso il nostro capo assunsero atteggiamenti sempre più radicali. Volevano far cadere la regina. Volevano eliminare completamente la monarchia. Fu lì, che alcuni se ne andarono, compresi noi due.
  • Che cosa c’entra con tutto questo Maxfield? – gli chiesi.
  • All’epoca era il figlio del loro capo, ma adesso avrà preso le redini dell’Augustine.
  • Allora perché ha rapito Elena?
  • L’Augustine è sempre stata alla ricerca di un quartier generale. Negli anni in cui ne facevo parte io ci riunivamo spesso in scantinati e molto probabilmente lo fanno tutt’ora. Mystic Falls infetti è un ottimo rifugio per tutti i suoi membri. Poi quando mi distaccai da loro, non ne furono molto felici. Incominciarono a vendicarsi su alcuni ex partecipanti e …
  • E pensano che rapire Elena sia un’ottima vendetta? – dissi sprezzante. – Be’ si sbagliano di grosso. Non permetterò che le facciano del male.
Come … come diavolo si permettevano? Cosa c’entravamo io ed Elena in tutto questo? Erano stati i nostri genitori a fare un casino nel passato, non noi.
Ero sconvolto. Adesso ci ritrovavamo noi in quella battaglia politica. Noi che non avevamo fatto nulla. Elena era in pericolo e non solamente perché io non avevo ceduto la tenuta alla Augustine, sicuramente era una specie di vendetta nei confronti dei suoi genitori.
  • No. Loro vogliono casa tua Damon. Se avrebbero voluto vendicarsi, a quest’ora Elena sarebbe già morta e non ci sarebbe più niente da fare. Invece, c’è ancora speranza. Possiamo recuperarla senza cedere Mystic Falls. Dobbiamo solo cercare rinforzi. Quei bastardi hanno smesso di fare del male alla gente.
  • Che cosa vuoi dire? – gli domandò Stefan. – Come fai a sapere che hanno ucciso delle persone per vendicarsi? Hai … hai mai ucciso in passato, papà?
Il volto di mio padre si fece più serio, incupendosi maggiormente come se gli fosse affiorato alla mente uno spiacevole ricordo. Allo stesso tempo sembrava addolorato e privo di vita, come se gli avessero portato via tutto ciò che c’era di felice nella sua vita.
  • No, non ho mai ucciso Stefan, ma ho mentito molte volte nel corso degli anni. Ho mentito a voi. Ai miei figli e vi giuro che non passa giorno in cui io non mi senta in colpa. Vi ho tenuto nascosto una cosa in particolar modo. In passato avevo come scusa il fatto che eravate troppo piccoli. Poi siete cresciuti ed era giunto il momento, ma mi è mancato comunque il coraggio e la verità non ve l’ho più detta. Ma forse se vi avessi raccontato tutto sin dall’inizio, sareste stati più attenti e magari saremmo ancora uniti, anche senza la mamma.
Che cosa voleva dirci nostro padre? Io … io forse non ero pronto a scoprire nuove verità. Sapere che ci aveva mentito per tutto questo tempo non fu una novità, in realtà mi avrebbe stupito il contrario. Il punto era che mi spaventava, esatto … mi spaventava il dover scoprire che cosa mi aveva nascosto. Cosa non aveva mai detto a me e a Stefan.
Non mi era mai importato molto che cosa provava papà, ma i suoi occhi. I suoi occhi così verdi, come quelli di mio fratello, sembravano disperati. Sembravano dispiaciuti ed era come se fossero appena usciti da una lunga galleria fatta di tristezza, di disperazione. Una vita passata in solitudine, allontanando tutto e tutti.
  • La mamma … ecco lei non è morta per problemi naturali. Quelli della Augustine l’avvelenarono.
Disse quella frase a fatica e due istanti dopo realizzai perché nostro padre era così preoccupato, perché dopo la morte della mamma sembrava che ce l’avesse con tutto il mondo.
Semplice. Perché lei non se ne era andata all’improvviso senza un ovvio motivo. Io avevo chiesto per anni invano il motivo della sua scomparsa, mi ero sempre chiesto il perché tra tutte quelle persone presenti al mondo, proprio lei se ne era andata. Be’ una risposta ce l’avevo. Non era una casualità, era una vendetta. Una meschina vendetta.
Fu come veder crollare tutto. Ma nonostante ciò, non riuscivo a biasimare mio padre. Lui … lui per tutto quel tempo si era semplicemente fatto da parte. Si era tenuto quell’enorme peso, difficile da sorreggere. E aveva cercato di andare avanti da solo, aveva cercato di crescere due figli. Forse non ci era neanche riuscito, ma aveva fatto tutto da solo. Sopportando le pazzie di un figlio ribelle e i problemi di un figlio più insicuro.
Tutto da solo. E io non me ne ero reso conto.
  • Quindi è tutta colpa loro. La nostra vita ruota attorno a quell’associazione?
Lui annuì.
  • La nostra e quella dei Gilbert. Credo che anche la loro morte dell’anno scorso sia dovuta a causa dell’Augustine, ma non ne sono totalmente sicuro.
Elena! Se Elena sarebbe venuta a scoprire dai suoi rapitori che i suoi genitori non morirono per un incidente, ne sarebbe rimasta sicuramente devastata.
Mi alzai dalla mia poltrona e andai incontro a mio padre.
Leggevo la sua richiesta di perdono negli occhi e io gliela avrei data, ma non in quel momento. Elena era più importante.
  • Sai dove si trovano?
(Elena)
Mi girava la testa. O perlomeno, credevo che mi stesse girando la testa, dato che avevo ancora gli occhi chiusi. Ma riuscivo ad avvertire quella sensazione di vertigini attorno a me. Come se la soffice superficie su cui ero adagiata non esistesse.
Dove mi trovavo? Non riuscivo a ricordare. Ero a passeggiare con Jenna e Bonnie e poi il nulla.
No! Mi … mi avevano veramente rapita? Provai ad aprire gli occhi, ma avvertivo ancora una strana sensazione di assopimento. Le palpebre erano pesanti e io non avevo la forza per alzarle.
Poi un volto mi affiorò nella mente. Degli occhi più celesti del cielo, una pelle bianca e rosea, dei capelli neri … Damon. Io volevo vedere Damon. Aprii gli occhi lentamente e con dispiacere mi resi conto che lui non era accanto a me, nel letto.
Ma se mi avevano rapita, allora perché ero sdraiata su un letto? Non avrei dovuto ritrovarmi in una fredda cella?
  • Siete nostra ospite signorina Gilbert, non nostra prigioniera.
Una voce rispose alle mie silenziose domande. Mi voltai verso la porta della camera in cui mi trovavo e notai la presenza di un uomo, appoggiato sullo stipite della porta.
  • E io tratto sempre con rispetto i miei ospiti. – si avvicinò lentamente a me – Wes Maxfield, molto lieto.
Si presentò. Spalancai gli occhi al suo nome e sollevai il busto dal materasso. Era quel Wes Maxfield, quello di cui mi aveva parlato Damon, quello che voleva Mystic Falls.
  • State tranquilla, verrete rilasciata non appena il vostro fidanzato ci venderà la tenuta.
  • E se non volesse farlo?
  • In tal caso … - si avvicinò di più, quasi ad una spanna dal viso - … non sarete più mia ospite e vi manderò ad abitare con i miei scagnozzi. Alcuni di loro  non toccano una donna da tanto tempo e voi siete piuttosto graziosa.
Mi accarezzò il volto con il dorso della mano, ma io mi discostai bruscamente per allontanarmi. Questo fu invano. Mi bloccò entrambi i polsi con le sue mani e mi gettò sul letto e lui mi venne sopra.
  • Oppure potrei fare di voi la mia … “dama di compagnia”, così mi assicurerò che il vostro caro Damon mi dia ciò che voglio.
Scese con una mano sull’orlo della gonna dorata e ne attraversò il confine. La sollevò un po’ alla volta, andando ad accarezzare e a denudare le mie gambe.
Iniziai a piangere e a scongiurargli di lasciarmi in pace e fortunatamente così fece. Si allontanò da me in due secondi e ritornò verso la porta dove adesso era presente un altro ragazzo.
  • Lui è Enzo e sarà il tuo carceriere. Per qualsiasi cosa chiedi a lui. Vedrà di farti avere tutto il necessario per la tua permanenza qui.
Fissai gli occhi scuri dello sconosciuto e notai uno strano guizzo, una sensazione strana che mi attraversò, ma non capii cosa.
Uscirono entrambi da quella stanza e mi ritrovai da sola, seduta sul letto a pensare. Mi portai le ginocchia sotto il metto e la mia mente indugiò a lungo sui volti della mia famiglia. Su  io fratello, mia zia, le mie amiche, su Damon.
Oh Damon, avevo così tanto bisogno di te in quel momento. Avevo bisogno di sentirmi al sicuro, tra le sue braccia. Avevo bisogno di sentirlo accanto a me, protetta.

Note finali: per un casino che ho combinato con efp, ho dovuto per forza cancellare e ripubblicare gli ultimi tre capitoli che avevo scritto.
L'unica cosa che mi dispiace è di aver perso le vostre recensioni a cui ero affezionata.
Pazienza ...
p.s. tra qualche giorno aggiornerò il nuovo capitolo della storia.

Mia.
   
 
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