Fumetti/Cartoni europei > Winx
Segui la storia  |       
Autore: Daphne09    18/05/2014    5 recensioni
Oneri e infiniti doveri sono il prezzo per essere una Fata Enchantix.
Musa, come tale, è obbligata insieme alle cinque paladine del Winx Club a difendere Alfea durante uno scontro che passerà alla storia.
Le sei Fate faranno anche l'impossibile per salvare la Dimensione Magica, ma la Guardiana di Melody darà veramente il tutto per tutto...
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Musa, Nuovo personaggio, Riven, Winx
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Brano idoneo al capitolo:
When the day is long and the night,
the night is yours alone, 

When you're sure you've had enough of this life,
well hang on 

Don't let yourself go,
everybody cries and everybody hurts sometimes.
 

Clicca qui: 
https://www.youtube.com/watch?v=ijZRCIrTgQc
 

 

 

3. Incertezze

Dopo aver mangiato una parsimoniosa quantità di riso, la ragazza posò sul tavolo le bacchette, spostandosi poi più indietro in segno di sazietà.

«Figliola, hai ancora il piatto mezzo pieno.» Le fece notare Ho-Boe.

«Lo so, papi.. -Sospirò la ragazza- Ma ho già fatto un'abbondante colazione ad Alfea.» Lo rassicurò, non lasciando notare che pronunciare il nome della sua ex scuola l'aveva ferita più di un proiettile nelle tempie. La verità era che quei sentimenti così malsani che stava provando non le facevano nemmeno percepire la fame anzi, ogni boccone che ingoiava era come se le tornasse su. Il suo corpo in quel momento poteva essere soltanto sazio di tristezza.

«Devi mangiare, devi rimetterti del tutto in forze. -Le fece notare il padre, che non parve assorbire quella bugia- Anche un paio di bocconi..» Tentò di convincerla con sfumature d'implorazione nel timbro.

«Papi, lo sai che non mi piace buttare il cibo, lo metto in frigo e lo finirò stasera..» Ribatté la ragazza come se nulla fosse.

L'uomo allora si arrese, ma volle comunque instaurare un dialogo con la figlia che non si dimostrò molto loquace; ovviamente capiva la situazione, ma voleva comunque farla sfogare.

«Allora, come va?»

«Bene, bene.. -Mentì- Qui a casa? Tutto okay

«Certamente! È un po' che non parliamo. Con Riven?»

Una freccia di dolore le trafisse il cuore e, anche quella volta, riuscì a non darlo a vedere.

«Ci siamo lasciati.»

«Quando?» Chiese lui dando l'aria di essere veramente interessato.

«Ieri o oggi, non so..» Rispose lei titubante, cercando di prendere il tutto con la leggerezza di qualcuno a cui non importa nulla.

«L'hai lasciato per quello che è successo?» Le domandò esterrefatto, avendo capito la situazione prima che la figlia gliela spiegasse.

Lei, in risposta rimase in silenzio, facendo valere il popolare detto 'chi tace acconsente'; il genitore scattò.

«Non capisci che ti stai facendo del male così?! Riven ti ama, la cosa fa soffrire anche lui, lo sappiamo benissimo tutt'e due.» Esclamò con una certa tenerezza, cercando soltanto di farla rinsavire.

«Ma lui non mi ama.. -Bofonchiò in risposta con sconforto- Non me l'ha mai detto.»

«Ancora non hai capito com'è lui?! -Ribatté il padre- Per quanto non possa rappresentare l'ideale di ragazzo che mi piacerebbe vedere al tuo fianco, ho compreso benissimo che a te ci tiene.. e tanto!»

«Ormai è tardi. -Sbuffò la ragazza ponendo gli avanzi nel frigo, come se stesse parlando di briciole- Quando hai finito dillo che lavo i piatti.»

 

*****

 

«MUSA! MUSA!» Continuava a gridare l'uomo dal salotto nel vano tentativo di sovrastare il forte volume della musica.

«MUSA!» La richiamò facendo irruzione nella stanza, la figlia era sdraiata sul materasso del letto ancora da coprire con le lenzuola. L'impatto per lei fu talmente freddo che scattò fino a rischiare di cadere per terra.

«Sì, papà?» Rispose poi, abbassando il volume dello stereo.

«Ti va di andare a fare un giro? -Le propose- Ti porto in quella pasticceria che ti piace tanto!»

«Magari domani. -Mugolò dispiaciuta- Oggi devo mettere a posto tutto questo casino.» Si giustificò facendo riferimento agli scatoloni ancora chiusi intorno a lei.

«Capito.» Rispose il padre, lasciandola sola in segno di comprensione. Qualsiasi genitore avrebbe riempito il figlio di domande, cercando a tutti i costi di risolvere i problemi di suo pugno. Ho-Boe conosceva la figlia come le sue tasche e, proprio per il suo bene si sentiva di lasciarle fare addirittura qualche pazzia a costo di vederla sorridere.

In quel momento la ragazza roteò la valvola del volume, permettendo che la musica sovrastasse la voce dei suoi pensieri.

 

Ormai era tutto a posto -o quasi- e le casse stavano riproducendo per la terza volta la stessa playlist. Musa giaceva in ginocchio con testa e braccia dentro uno scatolone alla ricerca del suo scrigno di plettri, con un fazzoletto in testa e la fronte sudata.

«Ma dove diavolo..?» Mormorava fra sé annaspando in mezzo a tutte le cianfrusaglie all'interno dello sciatto contenitore. Ad un certo punto si fermò, i suoi palmi avevano incontrato un diario molto particolare...

 

*****

 

Era il pomeriggio della Festa della Rosa e Musa di uscire con il suo gruppo non ne aveva la minima voglia, lei quel giorno non aveva proprio nulla da festeggiare; l'unica famiglia che aveva era suo padre: i suoi nonni erano morti tutti durante la battaglia contro le tre Streghe Antenate, quando lei aveva soltanto qualche mese.

Quel giorno la ragazza se ne sarebbe stata seduta sulla terrazza di Alfea a contemplare l'orizzonte con accanto l'ologramma di sua madre, come al solito. Era il suo modo per stare con lei.

«Mi manchi.» Sospirò spostando lo sguardo su quell'immagine, la stessa che ammirava da dieci anni, continuando a domandarsi come sarebbe stato averla con sé, e fantasticando per qualche tempo su un'ipotetica esistenza con una madre che la aspettava a casa dopo la scuola e che bramava per darle il bacio della buonanotte.

Dopo qualche secondo, se non fosse stato per il suo sangue freddo, sarebbe volata giù dalla ringhiera su cui era appoggiata, dallo spavento che ebbe nel percepire un palmo sulla sua spalla.

«Ti capisco.» Disse una voce amica alle sue spalle. Spostò lo sguardo su quella mano, era curata, ma senza smalto.

«Bloom.» Soffiò, per salutarla e, in parte, per convincersi che non vi fosse alcun pericolo.

«Purtroppo so anche io che significa perdere i propri genitori.» Esordì con comprensione. La fata della musica sospirò in risposta.

«Tieni. -Disse dandole un'agenda rivestita di cuoio- Sulla Terra è nostra abitudine fare album con foto e dediche a chi più vogliamo bene.»

Le accarezzò il viso con fare materno per poi andarsene.

 

*****

 

Su ogni pagina era incollata una foto che ritraeva le amiche in svariati momenti: alcuni rilevanti, altri ordinari. Musa sfogliò quel quaderno con un sorriso agrodolce sul viso, fino a che non giunse all'ultima pagina, su cui c'era una foto delle amiche al ballo, fra le braccia dei loro amati ragazzi.

Ricordati che non sei sola: siamo noi la tua famiglia!” C'era scritto sotto.

Una lacrima le tagliò la guancia; quella frase intrinseca di significato la colpì dritta al cuore come se la stesse leggendo per la prima volta.

Ad un tratto si accorse di sentire il bisogno di parlare con una persona in particolare, una che non sentiva da tempo. Prendendo rapidamente la borsa tirò un forte schiamazzo per la casa:

«PAPÀ! TORNO FRA MEZZ'ORA!»


Respirare l'aria di Melody le faceva sempre bene, la brezza marina la rinsaviva sempre, ma quella volta si sarebbe diretta da tutt'altra parte.

Le strade erano semi-deserte, probabilmente erano tutti chiusi in casa a cenare.

Quel cancello era ancora aperto e, nonostante fossero passati almeno un paio di anni dall'ultima volta che l'aveva varcato, era identico; numerosi fiori in ferro lo decoravano.

Il cielo era tinto di un forte rosso dato dal caldo crepuscolo estivo, riflettendo la sua luce su quella grande distesa di mazzi di fiori che emanavano una piacevole fragranza la quale, unita al soffice profumo degli incensi, rendeva l'atmosfera assolutamente inebriante.

Proseguendo dritto, lungo un sentiero di ghiaia scura, giunse sotto i rami di un pesco, i cui boccioli parevano di color magenta sotto il sereno cielo rosso. All'ombra di quei lunghi rami fioriti si sentiva protetta da tutto ciò che di male le stava accadendo in quel momento.

Accese un bastoncino d'incenso e, agitandolo intorno alla solida lapide di marmo roseo davanti alla quale era inginocchiata, le sue narici si impregnarono di quella fragranza così speziata.

«Ciao mamma. -Soffiò con dolcezza, i muscoli del suo viso finalmente si rilassarono- Come va dall'altra parte?

Ecco, mi dispiace di non essere passata qui ultimamente, ma sai che sono stata tanto impegnata; ad ogni modo sei sempre stata nei miei pensieri, lo sai.

Sai perché sono qui? Perché mi manchi ed ho bisogno di te.

Mamma, è proprio un periodo terribile. Ho perso i miei poteri, i miei amici, il mio ragazzo e, soprattutto, i miei sogni.

Okay, ammetto di essere stata io ad allontanare i miei cari, ma l'ho fatto per il loro bene. Se assistessero alla mia tristezza starebbero male almeno quanto me, ed io non voglio che soffrano.
Va bene, ora non saranno nemmeno entusiasti della mia decisione, ma un giorno capiranno o, se non succederà, mi ricorderanno soltanto come un'amica buona finché è durata.

Però mamma, con Riven non so come comportarmi; lasciarlo è stata la cosa più dura. Non mi ha detto nulla, ma nei suoi occhi ho letto quanto già gli mancassi. Il problema è che quando con lui si sbaglia una volta hai chiuso per sempre.

Non sai quanto lo vorrei qui, ogni suo abbraccio mi faceva sentire come se tutto fosse finito per il meglio anche se magari ci stava crollando il mondo intorno, ma d'ora in poi lui non ci sarà più per me, sarà soltanto un bello, bellissimo ricordo di una storia dal triste finale.» Terminò scoppiando in lacrime e singhiozzi, esprimendo insaziabilmente il suo stato d'animo.

Notando che il cielo si stava imbrunendo sempre più, si asciugò le lacrime e, come se nulla fosse successo, si alzò per avviarsi verso casa.

«Non sai quanto ti vorrei qui.» Soffiò voltandosi un'ultima volta verso quella lapide talmente sommersa di fiori da faticare a capire di chi fosse. Alcuni suoi fan le erano ancora fedeli e, nonostante fosse passata una quindicina d'anni dalla sua scomparsa continuavano ad omaggiarla con bellissime calle bianche come la neve.

Con la tiepida brezza che le accarezzava il volto e le asciugava le lacrime, Musa si incamminò verso casa; era ugualmente triste, ma sapeva nasconderlo meglio.

 

«Sono così stanca! 'Notte papà, vado a letto.» Si congedò la ragazza soffocando una risata. Quella sera a cena riuscì a dimostrarsi più loquace rispetto a quanto dimostrato a pranzo; era tutta una finta ovviamente, ma a forza di mentire si sentiva quasi meglio, tanto che le era ritornato un po' di appetito che, unito a della buona volontà, l'aveva portata a consumare un pasto intero.

«Buonanotte tesoro, ricordati che ti voglio bene.» Rispose lui dandole un affettuoso bacio sulla fronte.

 

Canzone consigliata per la lettura di questa scena: https://www.youtube.com/watch?v=DinEKqtCDkg 
 

Non appena la ragazza si fu ritirata nel buio della sua stanza, tutte le sue preoccupazioni si avventarono nuovamente nel suo animo.

Si sedette a lato della finestra ad ammirare quel cielo sereno e quieto, in cui splendeva una luna leggermente calante e che, prestandole scarsa attenzione, la si poteva confondere per piena. Le stelle punteggiavano deliziosamente il buio assoluto, ma quello era tutto ciò che vedeva Musa: nero. Nero era il suo umore, nera era la sua situazione, nero era ormai il suo cuore.

Una musica malinconica senza capo né coda suonava nella sua testa, esprimendo sentimenti che non riusciva a spiegare a parole; le mancava la sua vecchia vita, le mancava il suo fidanzato.

Ogni volta che pensava a lui il suo cuore batteva anormalmente, tanto da causarle un forte bruciore nel petto, come una fiamma incontenibile; una freccia di amarezza l'aveva trafitta, facendola disperare dal dolore. Non si era mai sentita così e avrebbe addirittura giurato che una coltellata al collo sarebbe stata più piacevole.

Fitte e amare lacrime le traspirarono dal volto, percorrendole le guance fino a cadere da qualche parte sul parquet. Prese il cuscino dal letto e se lo strinse al petto, come se al suo posto ci fosse qualcun altro, portandoselo poi sul viso, annegandoci tutto il dolore all'interno; i singhiozzi erano attenuati dall'impatto con quel morbido involucro. In quel momento avrebbe desiderato immensamente soffocarci tutta sé stessa in quel cuscino, finché non sarebbe giaciuta inerme sul pavimento, priva di vita e di sofferenze.

Le mancava l'unica persona a cui aveva dato sfoggio della sua più remota capacità di amare.

 

A Magix la pioggia cadeva a catinelle, inumidendo il suolo e facendo brillare le foglie delle piante al mistico chiaro di Luna. A Fonterossa accolsero tutti positivamente l'improvviso maltempo per stare abbracciati alle proprie fidanzate e coccolarle davanti a qualche film horror.

Solo una stanza era silenziosamente occupata; un ragazzo dall'aria perennemente cupa e solitaria sedeva in posizione fetale ad assistere a quel temporale a ciel sereno, cogliendolo come un segno del destino, dato che in quel periodo tutto gli pareva un improvviso giramento della ruota della Fortuna.

Nel cielo pesto quanto la sua anima, un lampo sfrecciò, illuminando gli aspri lineamenti del ragazzo e.. una lacrima, che rapidamente strisciò sul suo viso e che lui, con divorante avidità, rimosse col palmo. Non poteva piangere, non poteva provare altri sentimenti all'infuori di astio e rabbia. Non doveva permettere di dimostrarsi debole, nemmeno davanti a sé stesso. Il suo profondo orgoglio lo logorava, perché aveva scommesso tutto su quella ragazza, anche la sua perenne maschera di introversione e sfacciataggine.

La cosa che lo fece arrabbiare di più fu che non riusciva a provare rancore nei confronti di Musa; anzi, quello strano sentimento gli permetteva di provare solo preoccupazione nei suoi confronti. Non sapere per certo dove fosse lo logorava e, l'essere consapevole che soffriva non aiutò a quietare il suo animo implacabile. Il pensare che un giorno si sarebbe dimenticata di lui cadendo fra le braccia di un altro uomo che l'avrebbe trattata come veramente si meritava, che le avrebbe detto tutte le parole che lui non proferì e che l'avrebbe resa sua come lui non era stato capace di fare lo stava uccidendo.

Il rimpianto gli divorò lo stomaco in un'acida morsa per tutto ciò che mai le disse e che mai fece per lei. Sapeva che se solo le avesse detto quelle due parole magiche lei sarebbe stata sua per sempre; eppure decise di agire da ignavo, abbandonandola al suo destino; se lo meritava, meritava una persona migliore di lui.

Riven stabilì che da quel momento in poi la sua sofferenza sarebbe stata la condanna di tutto ciò che in quegli anni le fece passare, decise di ricorrere alla legge del contrappasso.
«Mi manchi.» Bisbigliò nel silenzio, dando un ultimo addio alla ragazza che le rubò il cuore e.. ne fece molto di più.

 

«MUSA! MUSA!» La chiamò una voce soave, ma al contempo allarmata.

«Chi sei?» Domandò turbata lei, anche se ebbe l'impressione di aver già udito un suono simile.

«Oh, questo non importa, però tu puoi chiamarmi Nena. -Rispose, rendendo insoddisfatta la sua sete di sapere- Ciò che veramente conta è che io sia qua ad aiutarti.»

«Non c'è più nulla da fare se ti riferisci ai miei poteri.» Soffiò lei abbassando lo sguardo, accorgendosi che non vi era suolo: stava fluttuando in un'atmosfera celeste, intangibile e dall'apparenza soffice come lo zucchero filato.

«Tu lascia fare a me.» Ribatté con leggerezza quella voce senza corpo.

«Come?» Domandò la ragazza inarcando un sopracciglio; aveva tante domande da porle in quel momento, ma quella donna che -presumibilmente- era un fantasma, pareva restia nel dispendiare informazioni.

«Ora non ho tempo. -Soffiò- Domani incontriamoci a mezzanotte nell'ufficio di Faragonda.»

«Cosa?!» Cercò di intervenire; era troppo tardi e tutto intorno a lei si stava scurendo.

«Aspetta!» Gridò ponendo una mano davanti a sé, come se potesse fermarla.

Guardandosi intorno si accorse di essere sdraiata e, ponendo i palmi sotto di sé percepì un tessuto fresco e morbido, era.. cotone. Tutto ciò era stato soltanto un sogno, eppure percepì una forte energia magica; quella non poteva essere altro che una rivelazione ultraterrena, un po' come uno di quei sogni che faceva Bloom con sua sorella Daphne, a differenza che lei non riuscì ad individuare il volto dell'interlocutrice.

Facendo pressione con la fronte madida di sudore sui palmi bollenti, cercò di ricostruire ciò che le era stato detto poco prima.

«A mezzanotte nell'ufficio di Faragonda...» Sussurrò fra sé, replicando le parole che quella misteriosa voce le proferì, per poi ricadere in un sonno breve e tormentato.

 

La sveglia segnava le sei e mezzo e la ragazza decise di alzarsi definitivamente, sapeva già di non riuscire a dormire ulteriormente. Prendendo due grandi valige vuote inizio a ficcarci dentro i primi indumenti che le passarono per le mani; quel giorno era intenzionata ad intraprendere un viaggio lungo ed impegnativo verso Magix. Chiunque le avrebbe dato della pazza o della sciocca per quello che stava facendo, però lei era fermamente convinta dell'autenticità di quel sogno; voleva fidarsi del suo istinto.

Non appena chiuse la cerniera del secondo bagaglio, le sue narici avvertirono un dolce profumo di Pancakes.

«Buongiorno.» Esordì fingendo di essersi appena svegliata.

«Da quant'è che sei in piedi?» Le domandò il padre; conosceva sua figlia talmente bene da poter capire dalla voce che era sveglia da almeno una buona mezz'ora.

«Boh, da un po'..» Farfugliò lei con finta ingenuità.

Sedendosi a tavola iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di argomenti su cui disquisire, utili per divagare un po' prima di arrivare al punto.

«Qualcosa non va?» Domandò Ho-Boe masticando un boccone, fissando la figlia negli occhi alla ricerca di una risposta. Le sue iridi erano profonde quanto trasparenti, ogni sentimento era palesemente individuabile in quei pozzi color oceano.

«Mmh, no..» Mugolò per temporeggiare in cerca delle parole adatte; a quel punto non sapeva se giungere al sodo in maniera così diretta.

«Dimmelo. Lo sai che lo verrei a sapere comunque.» Tagliò corto lui. Per lo meno la ex fata non dovette riflettere più a lungo.

«Ecco.. Stanotte ho fatto un sogno. -Ammise- Riguardava Alfea..»

«È normale che ti manchino le tue amiche.» Rispose lui con ovvietà.

«Non è questo. -Lo corresse- È che mi è stato consigliato di tornare lì per riottenere i miei poteri.» Raccontò la figlia omettendo eccessivi dettagli.

«..E quindi vorresti tornare là per questo?!» Cercò di fare chiarezza l'uomo con una vena contrariata nella voce.

«Sì, papà. È stato particolare, ho sentito una forte energia magica. Voglio tornare, sento che il mio destino è lì, qualunque cosa succeda.» Gli disse, lasciando che i suoi occhi si illuminassero nel pensare ad Alfea ed alla sola possibilità di far ritornare le cose come prima.

«Ma figlia.. -La chiamò con fare di rimprovero- Non ti conviene.»

«Ma come? -Ribatté Musa allibita dalla risposta ricevuta- Anche ieri ritenevi che dovessi riallacciare i rapporti con i miei amici!»

«Sì, ma ad Alfea..? -Si lagnò l'uomo- Se non hai nemmeno più i tuoi poteri! -Ribatté- Che faresti se ci fosse un attacco improvviso di qualche stregone? E durante le lezioni? Staresti ad assistere alle dimostrazioni senza poter fare niente?! Sappiamo benissimo quanto ti farebbe arrabbiare.»

«La Preside Faragonda mi ha detto che posso tornare quando voglio! -Iniziò ad arrabbiarsi la figlia- In più potrò studiare tutto senza poterlo mettere in pratica. Che male c'è?!»

«Sappiamo benissimo che non stai andando lì per stare a guardare! -Si irritò il padre, gesticolando animatamente- Lo vuoi capire che è pericoloso?!» Insisté scandendo le sillabe dell'ultima parola.

«E tu che ne sai?! -Lo ammonì con veemenza- Se anche lo fosse sarebbe normalissimo! Ho combattuto contro pericoli più minacciosi di questo!»

«Ma lo vuoi capire che non hai più poteri?! Non puoi più combattere!» La schernì lui, come se stesse intingendo le sue parole nel veleno.

«Non m'importa! -Inveì lei, stringendo le palpebre fino a ridurle a due fessure- Io me ne andrò proprio ora! Che tu lo voglia o no!»

«Sei proprio testarda! -Ringhiò in risposta Ho-Boe- ...Proprio come tua madre.» Sospirò con malinconia quando ormai la figlia si era dileguata.

Si era comportato in maniera molto crudele e lo sapeva, ma l'affetto per la sua creatura lo avrebbe spinto a fare di tutto. Sperava che Musa avrebbe capito cosa intendeva prima che fosse troppo tardi, ma saperla così testarda lo logorava, sospettava già benissimo che non si sarebbe fermata nemmeno davanti ad un muro di fuoco.

 

«Ma guarda te...» Mugugnò scocciata la ragazza, dando voce ai suoi pensieri e infilandosi con rapidità nervosa la maglietta. Era esterrefatta, le taglienti parole del padre l'avevano ferita come lame affilate di fresco.
Aveva già previsto una reazione di rifiuto, ma mai avrebbe confidato in cotanta crudeltà. Nonostante tutto si dimostrò al contempo comprensiva, sapeva che Ho-Boe -come un normale genitore- era preoccupato, ma l'unica cosa che non gli perdonò -continuò a ribadire fra sé- fu il modo in cui perse le staffe poco prima; per lei tutto ciò che perdé in quella battaglia era veramente importante, e anche lui doveva realizzare che non poteva farselo sfuggire.. Almeno per il bene della sua figlia tanto amata.

Raccogliendo i suoi effetti strettamente personali si incamminò verso l'ingresso; non doveva usufruire nemmeno di un minuto di più se non voleva perdere la prima corriera interplanetare della giornata.

 

«Bene, è ora di andare.» Annunciò Musa trascinando le valige verso la porta.

«Non voglio essere complice di tutto ciò.» Ribatté il padre continuando con quel fare freddo.

«Okay, ciao.» Sibilò lei, trasudando amarezza da tutti i pori.

«Aspetta, figlia.. -Mugolò fermando il suo passo- Ti voglio bene, non dimenticarlo mai. Promettimi che starai attenta e che avrai molta cura di te.» Disse stringendola fra le braccia con così tanta tenerezza che parve si stesse riferendo ad una bambina.

«Ma certo, papi! -Lo rassicurò piegando la testa di lato, regalandogli un sorriso solare e sincero- Tu piuttosto, sta su!» Scherzò dandogli giocosamente una pacca sulla spalla, non riusciva ad essere arrabbiata con lui.

«Ti voglio bene.»

«Io di più!» Ribatté la ragazza facendogli la linguaccia, per poi muovere di nuovo lunghi passi verso il capolinea delle corriere interdimensionali.

«Addio. -Sospirò Ho-Boe quando ormai la figlia era lontana- Prima Wa-Nin, ora Musa..»

 

Quell'ampio e lussuoso autobus era partito già da un'ora o poco più e, al contrario di tutti gli altri viaggi fatti, Musa rimase con gli occhi impassibilmente sbarrati, ancor peggio di un felino a caccia.

Col senno di poi, la ragazza iniziò a ragionare sulle parole del padre in maniera meno superficiale. Tutti quei tentativi per trattenerla con lui, quell'abbraccio e quelle parole così dolci.. e Ho-Boe non era un uomo da cui straripavano smancerie.

“Oddio! -Le venne in mente- È malato!” Realizzò nel momento in cui le sue pupille divennero una testa di spillo.

“Potrei curarlo con la polvere di Fata una volta riacquistati i miei poteri, oppure potrei chiedere a Bloom.” Ragionò, per poi realizzare tristemente che la fata della Fiamma del Drago, come il resto del Winx Club, non era più sua amica. Ad ogni modo si prefissò l'obiettivo di tornare a casa vincitrice e di riuscire a curare la malattia che spingeva suo padre a volerla così tanto al suo fianco.

 

«Prossima fermata: Magix, Alfea. Tempo stimato per l'arrivo: dieci minuti. Siete pregati di prelevare gli effetti personali. Pertanto, non siamo responsabili per lo smarrimento dei vostri oggetti.»

«Rieccoci.» Sospirò afferrando le valige dalla rete portabagagli sovrastante. Appena i suoi piedi calpestarono la verde erba di Magix ed i suoi pomoni si colmarono di aria fresca e pulita, si sentì finalmente a casa. Un flebile e pungente venticello picchiettò sulla sua pelle, facendole realizzare che il giorno prima aveva piovuto, e non poco.

Trascinando i trolley dietro di sé, varcò quegli imponenti cancelli quasi come se fosse la prima volta. Ammirava quel cortile invaso da animali magici e Pixies come se fossero assolutamente nuovi per lei.

«Signorina.» Le fece ritornare con i piedi per terra la voce severa di una donna altrettanto rigida.

«Salve signora Griselda. -Ricambiò il saluto la ragazza- Scusi per la tempestività, ma vorrei chiederle se è possibile riscriversi ad Alfea.»

 

«Bentornata Musa!» La accolse con un ampio sorriso Faragonda non appena la ex fata, accompagnata dall'Ispettrice, effettuò l'accesso nel suo ufficio.

«Grazie, Preside. -Ricambiò la ragazza abbassando il capo in segno di rispetto- Volevo chiederle se è possibile rieffettuare l'iscrizione.»

«Ecco.. -Mormorò la donna portandosi le dita al mento- Devo riadattare il tuo orario in base a quello che puoi fare. Sai che quest'anno ci sono molte ore di pratica d' incantesimi..»

«Certo.»

«Intanto tieni. -Disse dandole un mazzo di chiavi differente da quello che il giorno prima aveva depositato- Al momento ti colloco nel dormitorio degli ospiti, di modo che possa rimettere insieme le tue idee.»

L'esperienza dell'anziana signora si dimostrò competente anche nel campo affettivo.

«Grazie.» Rispose trascinando quei due grossi valigioni dietro di sé.

 

Notò con piacere che la stanza era situata al primo piano, vicino a tutte le aule, soprattutto all'ufficio di Faragonda.

Camminando per i corridoi trainando l'ultimo bagaglio nella sua nuova camera, entrò nel suo campo visivo una figura che le fece fermare il battito cardiaco. Proseguendo rapidamente raggiunse l'abitacolo e, frettolosamente si chiuse la porta alle spalle con tanto di chiavistello. Fu la prima volta che si nascose da una sua compagna; le dispiacque, ma al momento non si sentiva per nulla pronta di rituffarsi a capofitto in quel mondo. Avrebbe fatto il tutto a poco a poco.

 

«Giuro! Era lei, oppure una sosia identica!» Esclamò la Fata della Tecnologia ancora febbricitante.

«È tornata?!» Saltò su Stella esaltata.

«Magari ti sei confusa..» Razionalizzò Bloom.

«Dovesse venirmi un colpo in questo momento, se quella ragazza non era lei, si trattava sicuramente di un ologramma!» Smentì Tecna sicura di sé.

«Magari è semplicemente andata a ritirare le sue ultime cose..» Concluse Aisha, seguendo il suo amaro filo logico.

«Altamente probabile.» Sbuffò la Guardiana di Zenith, rammaricandosi di essersi illusa con alternative altamente illogiche. Nonostante che in quella che era la sua stanza non vi fosse nemmeno un briciolo di polvere, le cinque fate non avrebbero mai creduto che la loro amica sarebbe veramente tornata.

 

«E con questo ho fatto.» Squittì fra sé la ragazza, nel momento in cui terminò di ordinare alcuni oggetti di stretta necessità nell'ambiente.

Il sole illuminava caldamente il cielo sereno e placido, quella giornata sarebbe stata perfetta per andare a bere un fresco frappè con gli amici.. Ma quali amici? In quel momento la ex Guardiana di Melody si ricordò di essere sola come un cane. Dentro di sé sentì che se lo meritava; sì, lo doveva a quei ragazzi a cui tanto voleva bene, affinché non avessero più sofferto.

 

«Accidenti!» Esclamò a sé stessa, guardando la sveglia ed accorgendosi che in quel momento la cena stava iniziando ad essere servita, la luce all'esterno ingannava e -a dirla tutta- il susseguirsi degli avvenimenti in quei giorni le fece perdere l'equilibrio.

 

«Papà, come stai?» Domandò Musa con la cornetta all'orecchio.

«Bene, e te figliola? Hai mangiato stasera?» Si preoccupò subito lui.

«Certo, certo papi. Volevo dirti una cosa..» Introdusse con tono non più giocoso.

«Dimmi.» Ribatté lui, la voce tremolante vagamente timorosa.

«So tutto. So perché oggi non volevi che me ne andassi ed eri così preoccupato.»

Dall'altra parte della cornetta lui si sentì vagamente titubante: «Figliola, spero non sia troppo tardi.»

«Non ti preoccupare, quando riavrò i miei poteri troverò una cura.» Lo interruppe.

«Oh Musa! -Bofonchiò lui ridacchiando con leggerezza- Non ce n'è bis-»

«Papà, non ti devi vergognare di chiedere. Io ti voglio qui con me.» Lo interruppe di nuovo la ragazza con fare comprensivo e disponibile.

«Ma figlia mia! -Saltò su l'uomo divertito- Hai frainteso tutto!»

«Cioè?» Domandò lei con ingenuità.

«Io sono sano come un pesce! Le mie preoccupazioni vanno a te!» Le spiegò come se fosse la cosa più ovvia.

«E perché sei così angosciato? Cosa mi dovrebbe succedere?» Si incuriosì la giovane.

«Niente. -Squittì lui- Cioè, mi auguro niente, ma tutte le tue missioni sono sempre così pericolose e, ora che non hai né i tuoi poteri, né le tue amiche tutto questo non mi da molta fiducia.» Specificò cercando di non dare a vedere ciò che veramente sapeva.

«Ma dai! -Ridacchiò lei con leggerezza- Sei sempre il solito angoscioso! Ora devo andare, ci sentiamo.»

«Abbi cura di te.» Le raccomandò sinceramente Ho-Boe.

«Certo. Ricordami di mandarti degli ansiolitici!» Scherzò lei, chiudendo la conversazione.

Quella telefonata fu un toccasana per il suo umore: scherzare con suo padre e sapere che stava bene le fece capire che, in fin dei conti, non era poi così sola.

 

Quando le cinque ragazze tornarono dalla mensa, giacerono per qualche momento davanti alla porta alla ricerca delle chiavi; nel frattempo rifletterono.

«Che facciamo ragazze? -Domandò Stella- Dico.. Togliamo il nome di Musa dalla porta?»

«Stella!» La ammonì con rimprovero Flora.

«Beh, da come se n'è andata.. -Lasciò intendere Bloom- Ci ha fatte capire di non voler più essere nostra amica.»

«Non hai tutti i torti.» Riconobbe Tecna con amarezza.

«Allora togliete quell'adesivo!» Esclamò un' Aisha avvelenata. Le ragazze non capirono se le stava incitando o provocando.

Tecna, utilizzando il proprio laser speciale, passò la luce lungo il contorno di quell'adesivo affinché alla porta non fossero apportati danni, per poi ritornare in camera e abbandonare quel pezzo di carta sul tavolo che tutte e quattro le stanze condividevano.

Aisha passò accanto ad esso e, prendendolo fra le mani soffiò: «So che tornerai, amica.» Sembrando fermamente certa delle sue parole, come se fosse un profeta.

 

Musa si stava torturando le mani quando la sveglia del suo cellulare suonò le undici e cinquanta. Chiudendo la porta emise un rumore in sordina che parve non svegliare nessuno, fortunatamente. Indossava solo il pigiama e le calze, di modo da non produrre alcun rumore o impronta.

In quel momento fu come se fosse entrata in un campo minato; le sue orecchie si affinavano alla percezione anche di un solo sospiro e le sue tempie iniziarono a pulsare all'unisono col martellare del suo cuore.

Il sangue pompato con gran potenza era talmente carico di adrenalina che la ragazza tremava d'eccitazione come una foglia.

“Oddio -Si disse mentalmente nel mezzo della sua escursione per i corridoi scolastici- Chi me l'ha fatto fare?!”

Era così spaventata da aver addirittura rimorsi per le sue azioni, ma una piccola parte di lei la incoraggiava a proseguire nonostante tutto; in fin dei conti era lì per quello.

Non appena roteò il suo sguardo per vedere cosa le si trovava davanti, rabbrividì accorgendosi di essere già arrivata. Tirando un profondo sospiro fece leva sulla fredda maniglia in oro, per poi effettuare l'accesso nell'ufficio della preside.

Nel chiudere la porta vi fu un leggero cigolio, che sperò non esser stato catturato da nessuno.

Guardandosi intorno realizzò di essere completamente sola nella stanza più ambita quanto proibita dell'istituto, se non addirittura di tutta la Dimensione Magica; si sarebbe perfino potuta impadronire di vari e potenti incantesimi, ma non ne avrebbe avuto il fegato, in quel momento temeva anche la sua stessa ombra, figurarsi se avesse messo le mani tra oggetti proibiti.. e magari anche maledetti.

Non appena udì chiamare il suo nome, la ex fata sobbalzò.

«Sì?» Bisbigliò per dar conferma della sua presenza.

«La farò breve. -Si spiegò l'altra interlocutrice- Vai alla libreria alla tua destra.» Le ordinò facendo riferimento ad una scaffalatura in legno antico e scheggiato che conteneva file di libri, tutti rigorosamente dalla copertina dorata.

«Ecco -Proseguì quella voce- Prendi il libro intitolato “L'arte del giardinaggio magico”.»

«Cosa?!» Domandò la ragazza, credendo di non aver sentito bene.

«Fidati di me.»

Effettivamente si trovo in condizione di non poter fare altro in quel momento.

Posando un dito sui ruvidi dorsi di quegli enormi tomi preziosamente rilegati,iniziò a tremare, percependo una forte morsa allo stomaco; la testa stava iniziando a girarle come se avesse bevuto dieci bicchieri di vino, ed il cuore iniziò a batterle ancor più rapidamente.

“Sapevo che non dovevo venire qui.” Pensò.

«Musa, piccola.. Calmati.» Le disse con fare materno Nena; in quel momento non capì se era capace di leggerle nel pensiero o sé il suo nervosismo fosse talmente palpabile.

Qualche secondo dopo la ragazza sentì il suo animo placarsi, il martellare del cuore ristabilizzarsi, percependo una sorta di calore nello stomaco che le sciolse ogni dubbio.

«È il quarto a sinistra dell'ultima fila.» Le suggerì il fantasma. La ragazza non sapeva cosa le aveva fatto, ma tutto ciò le fece guadagnare qualche punto di fiducia.

Non appena afferrò il libro indicatole, Nena le impose di rimetterlo al suo posto per non destare sospetti.

«Hai sette secondi per passare oltre!» La informò riferendosi all'enorme solco che apparve nel momento in cui la libreria dell'ufficio si spostò; la ragazza non sapeva che cosa vi fosse dopo, vedeva il buio più assoluto.

Correndo verso quel misterioso ingresso la ragazza non pensò più a niente, non le piaceva per nulla lasciare le cose a metà; giunse a destinazione percependo la parete chiudersi a pelo dietro la sua schiena.

Con ancora lo sguardo fisso alle sue spalle sospirò, ma quando poi roteò il capo davanti a sé realizzò di trovarsi in un luogo tutt'altro che buio e tenebroso come le si presentò qualche secondo prima. Tutto là dentro brillava di luce propria: un insieme di oggetti in sfavillante metallo e preziosissimo cristallo rendevano quell'ambiente, le cui pareti erano ricoperte di venature in platino, un posto affascinante quanto misterioso.

«Prosegui dritto. -Le ordinò pragmaticamente la donna- Al settimo scaffale gira a destra.»

Eseguendo sistematicamente le indicazioni, contò i mobili superati, per poi voltare laddove le era stato detto e trovarsi dinnanzi ad un'enorme insieme di mensole che reggevano sfere, anelli, scettri e quant'altro.

«C'è qualcuno?» Domandò una voce proveniente dall'altro lato della stanza; avrebbe scommesso la testa che quella era Griselda.

Prese a sudare freddo, il cuore le batteva all'impazzata.

«Prendi il ciondolo in basso a destra e scappa.» Le ordinò tempestivamente lo spirito.

Afferrando un pendente molto vistoso accanto ad una sorta di bacchetta magica, prese a correre lungo una via che, molto probabilmente l'avrebbe indirizzata lontano dalla provenienza di quella voce che tanto la rendeva inquieta; ancora sapeva usare il suo potente udito e, fortunatamente, era riuscita a mantenere i nervi saldi.. Più di poco prima, almeno.

Ad un certo punto si bloccò: tre porte assai differenti fra loro si trovavano dinnanzi a lei. Era costretta a scegliere, e in fretta se non voleva andarsene da Alfea a seduta stante.. di nuovo. Il cuore le prese a battere all'impazzata, nemmeno quella volta poté avere la conferma di farcela.

 

Spazio autrice:

Ed eccomi qua con un capitolo “di ripresa”.

Se è iniziato con una vena d'angoscia ora, sotto quella folta massa di tensione, Musa prova un minimo di speranza. Ce la farà o non ce la farà? Lo saprete lunedì 2 giugno. Purtroppo non potrò aggiornare prima.. Accidenti alla scuola!

Vorrei aprire una piccola parentesi sul disegno, dato che potrebbe essere definita una scelta “curiosa” quella di raffigurare l'istante finale. Il fatto è che il momento catturato ha un significato intrinseco: l'ostinatezza che da sempre ha caratterizzato Musa e che anche questa volta l'ha spinta oltre i suoi limiti per realizzare ciò che vuole.. E poi -diciamocelo- volevo anche sperimentare l'utilizzo della prospettiva!

Ringrazio i miei fedeli recensori e anche i lettori silenziosi con un abbraccio,

Daphne09

PS: mi sono permessa di consigliarvi l'ascolto di "Hallelujah" nel bel mezzo del capitolo. Spero non vi abbia disturbato la lettura, ho voluto osare perché quel brano mi ha ispirata molto durante la stesura.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Winx / Vai alla pagina dell'autore: Daphne09