Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Lily Liddell    19/05/2014    1 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2x03 Cancellare il passato
 
Piove a dirotto da questa mattina ormai, siamo alla fine di agosto e Haymitch continua a ripetermi che non smetterà anche se continuo a starmene sul suo porticato a fissare la pioggia che cade.
Ne sono consapevole, ovviamente, ma non avendo nient’altro di meglio da fare, almeno cerco di rilassarmi.
Mi piace l’odore del terreno bagnato dalla pioggia, credo che Peeta lo abbia definito ‘petricor’; anche se ora si mischia all’odore di bruciato che proviene da quella che sarebbe dovuta essere la nostra casa.
La notizia dell’accaduto è arrivata alle orecchie di Plutarch, anche se non capisco come, dal momento che io non gli ho detto nulla e credevo che fossi l’unica con cui lui si tenesse in contatto. Evidentemente mi sbagliavo.
Oggi sarei dovuta andare a riprendere quello che resta delle nostre cose, ma la pioggia ha rallentato tutto, non credo ci sarà molto da riprendere, comunque.
I miei pensieri vengono interrotti da una porta che si apre e mi volto per vedere Peeta uscire sul portico con un ombrello in una mano e una cassetta degli attrezzi nell’altra. “Ho sistemato lo scalino, non dovrebbe dare più alcun problema.” Dice con un sorriso e io faccio lo stesso di rimando.
Prima che possa aggiungere qualsiasi cosa, alle spalle di Peeta appare Haymitch con la sua solita espressione scontrosa stampata sul viso e mi rivolge un’occhiataccia. “Vuoi deciderti a tornare dentro, Trinket? Se ti fai venire qualcosa scordati che vada fino al Forno per prenderti delle medicine.”
Porto gli occhi al cielo, infastidita, ma mi alzo comunque. “Se mi sentissi male non te ne accorgeresti nemmeno, credevo che avessi diminuito la dose di alcool, e invece…”
Peeta mi interrompe prima che possa continuare. “Tranquilla Effie, a me non dispiacerebbe fare due passi, anche con questa pioggia.”
“Dovresti davvero prendere esempio dal ragazzo.” Dico ad Haymitch indicando con un cenno di capo Peeta, poi lo saluto con un bacio sulla guancia e torno dentro.
Appena la porta d’ingresso si chiude, Haymitch torna a lamentarsi. “È la terza volta in due giorni che chiami Peeta per sistemare problemi insistenti nella mia casa.”
A queste parole faccio fatica a trattenere una risata. “Inesistenti? Quello scalino era talmente malridotto che mi sorprendo tu non ci sia mai inciampato rompendoti il collo!” Incrocio le braccia al petto e abbasso la voce che involontariamente si era alzata. “Puoi mettere a rischio la tua vita quanto ti pare, ma non rischierò che uno dei miei nipoti si faccia male, si tratta di sicurezza.”
“E sentiamo, come può farti male un tavolo?” Il suo tono sarcastico e il suo tentativo di imitare quello che secondo lui è un accento capitolino mi danno sui nervi.
“Non si può mangiare su un tavolo che traballa!” La voce si alza di nuovo e questa volta non faccio nulla per abbassarla, anzi, sapendo quanto detesta quando il mio tono diventa squillante, la alzo ancora di più.
“Io ci ho sempre mangiato sopra benissimo.”
“Tu ci hai sempre dormito sopra benissimo.”
Non ribatte, perché sa che ho centrato il bersaglio, ma cambia discorso. “E la finestra, allora?”
I miei occhi si allargano dallo stupore, ma come può non capire? Eppure mi sembrano concetti piuttosto elementari. “Haymitch, siamo alle soglie dell’autunno, mi sarei ammalata sul serio con una finestra rotta, sai meglio di me quanto sono rigidi qui gli inverni!”
A questo punto quello che stava per dire muore sul nascere e mi fissa con fare allibito. “Aspetta. Quanto tempo hai intenzione di restare in questa casa?”
E ora sono io a rimanere in silenzio, per quanto tempo ho intenzione di restare in questa casa? Fortunatamente un rumore metallico distrae entrambi e ci voltiamo insieme in direzione della cucina.
Davanti alla porta ci sono Anita e Lavinia, con due piatti fra le mani. In uno c’è del pane caldo che ci aveva appena portato Peeta, nell’altro quello che credo sia del formaggio.
Lavinia ha accidentalmente fatto cadere una forchetta e adesso ci stanno fissando con uno sguardo incerto, forse si sono spaventate sentendoci litigare.
“Che state facendo?” Chiede Haymitch in tono brusco.
Istintivamente gli colpisco il braccio per farlo tacere, senza staccare lo sguardo dalle bambine. “Che state facendo?” Chiedo io, usando un tono più delicato.
Lavinia si affretta a raccogliere la forchetta mentre Anita balbetta per qualche istante chinando la testa sul piatto, poi la solleva e indica con un cenno di capo le scale. “Alex… gli stiamo portando la cena.”
Corrugo lo sguardo, stupita. Non capisco per quale motivo gli stiano portando la cena di sopra quando fra poco più di mezz’ora mangeremo tutti insieme. Beh, almeno io e i ragazzi… “Non sta bene?”
Lavinia scuote la testa. “Ha detto che non vuole uscire dal letto… ha fatto un altro brutto sogno.”
La cosa non dovrebbe più sorprendermi, chiudo gli occhi respirando piano e annuisco. “Ditegli che più tardi andrò a dargli la buonanotte.”
Dopo essere state congedate, le due sorelle si dirigono con passo spedito verso le scale, stando attente a non far cadere più nulla.
Una volta che sono sparite al piano di sopra, do le spalle ad Haymitch e mi dirigo verso il divano, sedendomi e chiudendo nuovamente gli occhi.
Alex peggiora ogni giorno di più.
È passata più di una settimana dall’incendio e lui continua ad avere incubi sempre più invasivi, sono già tre giorni che non mette il naso fuori di casa e ora non vuole nemmeno più lasciare il letto… non posso permettergli di finire come me.
Mi sono rinchiusa nel mio appartamento per più di sei mesi, riducendomi a un’ombra di quello che ero, non voglio che succeda la stessa cosa a lui.
Ma non so come aiutarlo, non ho idea di che cosa gli stia passando per la testa perché con me non parla. Ci ho provato, sul serio ci ho provato. Ogni volta si chiude a riccio e mi respinge. Gli unici momenti in cui riusciva a confidarsi era quando si trovava insieme alle sorelle.
Sento il divano infossarsi accanto a me ma non mi muovo, almeno finché non mi sento punzecchiare un braccio, allora sollevo la testa e vedo che Haymitch mi sta porgendo un bicchiere colmo fino all’orlo di vino rosso.
Prendo il bicchiere un po’ riluttante, lo avvicino al naso per accertarmi che sia effettivamente quello che sembra. “Tu non bevi vino…”
Mi fa cenno di stare zitta. “No, tu però sì, quindi bevi e chiudi la bocca. Mi stai facendo venire mal di testa.” Mi chiedo perché abbia delle bottiglie di vino in casa se non ne beve, poi si allunga per agguantare una bottiglia ancora chiusa di whiskey, solo a sentirne l’odore mi si accappona la pelle.
Comincio a bere a piccoli sorsi, non è un vino di alta qualità ma non dico niente e restiamo in silenzio per quelli che credo siano dieci minuti, o forse di più.
Quando il mio bicchiere è mezzo vuoto e la bottiglia di Haymitch altrettanto, lo poggio sul tavolino di legno di fronte al divano, Haymitch non fa lo stesso.
“Potresti parlare con lui?” Gli chiedo dal nulla e Haymitch sembra visibilmente preso alla sprovvista dalla mia richiesta, quasi confuso. “Con Alex…” Specifico, quando non risponde.
“Perché?” Mi chiede, svuotando la bottiglia in un solo sorso e poggiandola sul tavolino, accanto al mio bicchiere.
“Perché con me non vuole parlare e non credo stia bene, vorrei sapere che cosa gli sta succedendo…”
“Oh, vuoi dire oltre al fatto di essere sopravvissuto ad una guerra e di essere quasi morto bruciato vivo nemmeno dieci giorni fa?” Il suo tono sarcastico non nasconde un’ombra di serietà. Con un nodo allo stomaco mi allungo di nuovo verso il tavolino, ma Haymitch mi ferma la mano, impedendomi di raggiungere il bicchiere.
Torno composta ma distolgo lo sguardo da lui, portandolo alla finestra. “Lo so che ha tutte le ragioni per non stare bene, ma prima dell’incendio non era così. Certo, non stava bene, ma non era… così.” Il nodo allo stomaco si stringe e sento gli occhi cominciare a pizzicare, ma non voglio piangere. “Lui… da quando è con me ha fatto progressi, moltissimi progressi, era terrorizzato da tutto e invece qui stava cominciando a-” devo interrompermi, perché non posso dire che stesse cominciando a stare bene.
Quello che mi hanno raccontato, tutto quello che hanno dovuto passare, forse è veramente solo questo. Però Anita e Lavinia stanno apparentemente meglio, non mi spiego il motivo per cui lui l’abbia presa diversamente.
“Non vuole parlare con me.” Ripeto, lentamente, perché la voce comincia a vacillare e devo stare attenta a non tradirmi. “Ho pensato che se tu gli chiedessi come sta, solo come sta, magari lui potrebbe aprirsi…”
Immagini di un plotone esecutivo si fanno largo nella mia mente, il volto di Portia mi sorride, poi è sanguinante davanti a me e crolla a terra, crivellata da colpi d’arma da fuoco. Mi irrigidisco istantaneamente. “Alex era molto legato a mia sorella, ma era letteralmente innamorato di suo padre. Lui lavorava con Plutarch.” La voce si rompe, ma tossisco per ricompormi. Stringo le mani in grembo e chino lo sguardo. “Quando hanno giustiziato i ribelli ci hanno fatto guardare… io non so se quando hanno fatto lo stesso con gli strateghi-” non posso andare oltre perché se aprissi di nuovo la bocca per parlare, finirei per piangere.
Stringo gli occhi per evitare che accada, ma il tentativo fallisce e sento una lacrima scivolarmi sulla guancia per poi finirmi sul dorso della mano. Serro ancora di più i pugni prima di sentire un braccio di Haymitch avvolgersi attorno alle mie spalle e portarmi verso di lui.
All’inizio mi sento soffocare, l’ansia mi assale e vorrei divincolarmi, ma dura solo un attimo. Poi il groppo alla gola si fa insopportabile e trattengo a stento un singhiozzo, ma stringo i denti e respiro a narici strette, non posso crollare adesso.
Ancora una volta restiamo in silenzio, abbracciati, per non so quanto tempo, finché adesso è lui a parlare per primo. “Okay.” Dice, poi mi lascia andare. “Proverò a parlargli, ma se non vuole farlo non lo spingerò.”
Annuisco, cercando di ricompormi, poi Haymitch si alza afferrando quello che resta del mio bicchiere di vino e lo svuota in un colpo solo, dirigendosi poi verso le scale.
Resto di sotto ad aspettare finché Haymitch non torna e io mi alzo, andandogli incontro. “Allora?” Faccio con fare speranzoso, ma lui scuote la testa.
“Ha detto che è stanco perché non riesce a dormire.” Non so nemmeno perché ci speravo così tanto, era più un tentativo disperato che altro. “Però…” Il tono di voce di Haymitch mi costringe a cercare il suo sguardo e non so decifrarlo. Va in cucina a prendersi un’altra bottiglia di whiskey e lo seguo. “Puoi stare tranquilla, non ha visto l’esecuzione di suo padre.”
Non so come possa esserne così certo. “Te l’ha detto lui?”
Lui scuote la testa di nuovo, poi riprende a bere. “No, ma- fidati, se avesse visto suo padre morire starebbe molto peggio.” Si allontana, tornando in salotto e dandomi le spalle solleva appena la bottiglia di whiskey, alzando la voce, ma mantenendo un tono leggero. “Preoccupati se inizia a bere.”

Questa notte non ho quasi chiuso occhio, ogni volta che mi addormentavo un incubo diverso si presentava a disturbarmi il sonno.
Prima ho rivisto l’esecuzione di Portia, poi l’incendio, poi il mio Pacificatore, i giochi e i nomi miei nipoti che venivano estratti dalla mietitura.
Ho ripensato a tutto quello che è successo durante la giornata, da Alex al fatto che non possiamo restare qui per sempre, che devo cominciare a cercare un’altra sistemazione. Ho l’impressione che se restassi qui anche solo un’altra settimana io e Haymitch finiremmo per ammazzarci a vicenda.
Quando arrivo in cucina per preparare la colazione mi sorprendo di trovare Alex già sveglio e seduto al tavolo. “’Giorno.” Mi saluta con un mezzo sorriso.
“Buongiorno.” Gli rispondo sorridendo calorosamente, poi comincio a cucinare.
Non sono mai stata una grande cuoca, ma in questo anno sono decisamente migliorata, le mie prime colazioni erano rivoltanti, ora sono mangiabili.
O almeno i miei nipoti non si lamentano più.
Dopo poco arrivano anche Lavinia e Anita, Alex mi sembra più rilassato, forse parlare con Haymitch gli ha fatto bene sul serio, per quanto può sembrare strano.
Per venticinque anni è stato mentore e per quindici di questi anni lo ha fatto con il mio fiato sul collo, so che se vuole può essere un’ottima guida. Me lo ha dimostrato in più di una occasione.
La colazione procede in maniera rilassata anche se Alex è silenzioso come al solito; ad un certo punto arriva anche Haymitch, che si limita a prendersi qualche fetta di pane e della pancetta, senza preoccuparsi di metterli su un piatto o un tovagliolo e va a sistemarsi sul divano.
Dopo aver finito di mangiare, comincio a sistemare la cucina e quando torno dai miei nipoti mi accorgo che Alex ha lasciato la tavola per andare in salotto.
È in piedi vicino al divano, vedo che sta parlando con Haymitch, ma sono troppo lontani e non posso sentire quello che si stanno dicendo.
Faccio per avvicinarmi, ma bussano alla porta e vado ad aprire. È Peeta che chiede se, dal momento che ha smesso di piovere, i ragazzi vogliono accompagnarlo in panetteria.
Lavinia è entusiasta e accetta immediatamente, Anita lancia uno sguardo incerto al fratello che a sua volta si rivolge ad Haymitch, come per chiedergli il permesso. Haymitch si sforza a non incrociare il mio sguardo, annuisce serio e poi si alza dal divano, andando verso la finestra. Sposta appena la tenda e solleva lo sguardo verso il cielo. “Verrà a piovere fra qualche ora, passo a riprendervi io, devo comunque andare al Forno per fare scorta di liquori.”
Questo suo gesto di gentilezza non solo mi sorprende, mi preoccupa. Anche Peeta sembra sorpreso, ma annuisce e aspetta che i ragazzi lo seguano.
Haymitch non si è mosso dalla finestra, lo raggiungo e assieme a lui guardo i ragazzi e Peeta che si allontanano, finché non lasciano il Villaggio dei Vincitori.
Dal momento che siamo soli, ne approfitto per parlargli. “Haymitch, ascolta, ci ho pensato. Appena recupereremo quello che è rimasto dalla casa cercherò un altro posto dove stare. Hai già fatto abbastan-”
“Non andrete da nessuna parte.” M’interrompe bruscamente, allontanandosi dalla finestra. “Siediti.”
La mia preoccupazione ritorna, ma non faccio domande, mi siedo e aspetto che sia lui a parlare.
“Non è stato un incidente.” Dice e all’inizio non capisco, quindi continuo a tacere. “L’incendio. Non è stato un incidente.”
Continuo a non capire, apro la bocca per parlare, ma non so che cosa dire, quindi mi limito a scuotere la testa. “Come? Non-”
“Il ragazzo era sveglio. Ha visto qualcuno buttare qualcosa dentro casa attraverso la finestra che poi ha preso fuoco, probabilmente una bottiglia. Era buio, non ha visto chi è stato.” Haymitch si passa una mano sul viso, improvvisamente stanco e io aspetto di apprendere la notizia.
Ci mette un po’ ad arrivare, ma mi lascia sconvolta. Lo shock dura un attimo, però. Me lo sarei dovuta aspettare.
“Non voglio che mettiate piede fuori da questa casa se non siete con me, con Peeta o con Katniss. Chiaro?” Haymitch parla, ma non lo sto ascoltando.
Non erano i miei nipoti che hanno cercato di uccidere, il bersaglio ero io e loro hanno rischiato di morire per colpa mia.
“Effie mi stai ascoltando?”
Ho pensato come una stupida che il passato si potesse cancellare, ma è ovvio che non è così. Forse me lo merito, dopo tutto quello che ho fatto. Sicuramente chiunque abbia appiccato l’incendio pensava fosse la cosa giusta da fare.
Ecco che cosa sono: capitolina al 13, ribelle alla Capitale, assassina al 12.

 
A/N: Salve!
Un altro capitolo scritto, sinceramente mi sono divertita molto di più a scrivere questo. Mi piace farli litigare ma poi far vedere che sotto sotto si vogliono bene.
Quindi, per un po’ rimarranno ancora qui, poi vedremo…
Probabilmente non riuscirò ad aggiornare per almeno un’altra settimana, nel frattempo se vi va lasciatemi un commento facendomi sapere che cosa ve ne è parso di questo capitolo, sono veramente curiosa…
Grazie a tutti, venire qui e dare libero sfogo alla mia fantasia mi fa pensare di meno a tutto il resto.
Alla prossima,
 

x Lily
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Lily Liddell