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Autore: elokid78    19/05/2014    5 recensioni
Anna è una diffidente ed intransigente giovane avvocatessa londinese che deve occuparsi di redigere il contratto per il nuovo film della star inglese del momento. Una serie di imprevisti ed equivoci la porterà a dimenticare il suo passato.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~Cap. 13. IL PRESENTE


Aria di Natale.
Dopo tanto tempo ero talmente felice che decisi anche di prendere qualche giorno di ferie.
Pensavo che sarebbe stato bello trascorrere quei giorni di vacanza con Tom, che era ormai libero dai propri impegni.
Il giorno di Natale lo trascorremmo entrambi in famiglia.
Lui mi invitò per il pranzo di Natale, ma pensai che fosse un po’ prematuro conoscere i suoi genitori ed inoltre non volevo rinunciare alla mia famiglia.
Così optammo per vederci la sera e scambiarci i regali.
Fu veramente difficile scegliere il suo regalo.
Cosa si poteva donare a qualcuno che aveva tutto?
Allo stesso tempo volevo che avesse qualcosa di significativo, che in qualche modo gli ricordasse o fosse importante per noi.
Sperai di aver scelto bene.


Quando Tom arrivò a casa, gli offrii immediatamente il Christmas pudding che aveva preparato mia sorella appositamente per lui.

- Kate mi ucciderà se non te lo faccio assaggiare. Anche se sei pieno come un otre devi assolutamente mangiarlo o mia sorella mi tormenterà per secoli!
- Anna non ce la posso fare! Mia madre mi ha trovato dimagrito e oggi mi ha messo all’ingrasso.
- Fallo per me!
- Mi sentirò male…
- Solo una cucchiaiata.. poi la chiami e le dici che era buonissimo e lo hai finito tutto. Così io sono salva.

Si arrese.

- Io adoro questo dolce, ma stasera proprio..

Glielo porsi, con un sorriso a 32 denti ed un’occhiata di incoraggiamento.
Lo assaggiò, quasi disgustato, ma dopo la prima cucchiaiata mi guardò seriamente stupito.

- E’ veramente delizioso! Il più buono che abbia mai mangiato! Mia madre non lo fa così buono.
- Davvero? Kate è brava e questo lo sapevo, ma non pensavo così tanto…

Nel frattempo lui stava continuando a servirsi generose cucchiaiate di pudding.

- Non esagerare, non vorrei che poi stessi male sul serio.
- Non riesco a resistere, è squisito! Mmh, ti va bene se sabato sera andiamo a una festa a casa di Benedict? – mi chiese con nonchalance, con la bocca piena di budino.

Sbarrai gli occhi.

- Davvero? Fa una festa? A casa sua?
- Mmh. – mi rispose con la bocca piena, annuendo.
- Certo che mi va.
- Ne ero certo. Gli ho già detto di sì.
- Però è una festa privata, non è una specie di galà o una cosa del genere?
- No, siamo solo pochi intimi.

Pensai alla possibilità di incontrare di nuovo Bean, poi scacciai quel pensiero.
Mi ero imposta di non rimuginarci più, almeno per tutta la durata delle festività natalizie, che avevo intenzione di godermi appieno.
Poi avrei affrontato anche l’argomento terapia – l’avevo promesso sia a mia sorella sia a Tom – ma  per il momento non volevo rovinarmi il Natale con tristi ricordi o assurde paranoie.

- Ora è giunto il momento del mio regalo!

Gli comunicai, allegramente.

Andai a prendere il minuscolo pacchetto e glielo porsi, domandandomi per l’ennesima volta se gli sarebbe piaciuta la mia idea.
Lui mi sorrise senza dirmi nulla, guardandomi con occhi da bambino, carichi di curiosità ed aspettativa.
Dopo quello sguardo non potei evitare di sperare nuovamente di non deluderlo.
Scartò la bustina, che conteneva due biglietti.
Data l’aria interrogativa, cominciai a spiegargli.

- E’ giunto il momento che cominci a mantenere le tue promesse! Mi avevi promesso che saremmo andati insieme in Italia, ad assaggiare la vera pizza napoletana ed a riscoprire le mie origini. Non preoccuparti, sono biglietti aperti, possono variare le date di partenza e anche i viaggiatori, nel caso… ecco.. noi due.. non..

Mi interruppe e mi prese tra le braccia, deponendomi un bacio a fior di labbra. Sapeva di pudding e di dopobarba, un mix letale.

- Ti .. piace?
- Anna, è un regalo meraviglioso e non vedo l’ora di partire con te.
- Possiamo andare quando vogliamo, così non devi saperlo con molto anticipo, basta trovare qualche giorno libero tra un film e l’altro. Anche solo un weekend, se non si potesse fare diversamente. E comunque puoi portare chi vuoi se…
- Non voglio partire con altri, voglio partire con te!

Detto questo mi abbracciò stretta ed io appoggiai la testa sul suo petto, finalmente sollevata, sperando che effettivamente mi avesse detto la verità ed il mio regalo gli fosse veramente piaciuto.

Lui mi prese per le spalle, scostandomi dolcemente da lui e sorridendo mi comunicò che era arrivato il suo turno.
Infilò la mano in tasca e mi porse una piccola scatolina verde, che riconobbi subito come il contenitore di un gioiello.
Il mio cuore perse un battito.

- Ma sei matto? – gli chiesi, con il panico nello sguardo.
- Apri. – Mi rispose lui, semplicemente.

Presi la scatolina con le mani tremanti e la aprii.
Dentro c’era quello che temevo.
Un anello.
Però non era un solitario o un oggetto del genere, ma un anellino, tempestato per tutta la sua lunghezza di piccoli brillanti.
Guardai prima l’anello e poi lui, in rapida successione, ripetutamente, quasi che sotto ai miei occhi si stesse svolgendo una partita di tennis tra due giocatori invisibili.
Attesi una spiegazione, ma lui pareva insensibile alla mia silenziosa richiesta.
Allora decisi di esplicitarla a voce alta.

- Cosa… Cosa significa?
- Non andare nel panico, non ti sto chiedendo di sposarmi! – fece lui, con un po’ di delusione nella voce. Mi affrettai a replicare, perché non volevo che fraintendesse.
- No, Tom, cioè, è bellissimo. Anzi, non ho mai visto niente di più bello, lo giuro. Però.. Insomma, vorrei che mi spiegassi..
- Va bene, allora, ti spiego. Non è un anello di fidanzamento. Ha il significato che gli vorrai dare tu. Io volevo che avessi qualcosa di mio, che portassi sempre con te qualcosa che ti facesse ricordare di me e di quello che provo per te.
- Ma.. Costerà una piccola fortuna.
- Ehm.. No, cioè, non lo so, era di mia madre.
- Cosa? No, non posso proprio accettarlo! 
- Perché?
- E me lo chiedi?
- Anna, lei è stata felicissima di darmelo, veramente. Era da tempo che non mi vedeva così felice, sono le sue parole.
- Ma..
- Anna, volevo regalarti qualcosa che avesse un significato, perché sei speciale e tengo molto a noi. Sono sicuro che anche tu hai fatto lo stesso pensiero per il mio regalo.
- Sì, certo, però io..
- Vorrei che accettassi l’anello. Non per farti pressioni di nessun genere. Ma come promessa da parte mia.

Non replicai. Riflettevo invece su che genere di promessa si potesse suggellare con un anello, per di più appartenente alla madre. Aveva negato che si trattasse di una proposta di tipo veramente impegnativo, però aveva parlato di promessa.
Una promessa di felicità?
E per quale motivo dovevo negarmela?

- Anna, devo dire che nessuno ci ha mai messo così tanto tempo per accettare un regalo.

Incontrai i suoi favolosi occhi turchesi, che in quel momento vagavano tra lo speranzoso e lo smarrito, e sorrisi. Non potevo proprio resistergli. E non volevo farlo.

- Accetto.
- Finalmente!

Mi prese dalle mani la scatolina, tirò fuori l’anello dalla confezione e mi prese la mano destra.
Lo infilò lentamente all’anulare, testando se la misura fosse giusta.
Calzava a pennello.
Era bellissimo. Prezioso, ma non vistoso.
Lo osservai rapita e mi accorsi che Tom mi stava fissando con un sorriso sornione e soddisfatto sul suo bel viso.

- Grazie. – mormorai.
- Speravo in un ringraziamento un po’ più caloroso...

Mi squadrò con fare malizioso ed io non me lo feci ripetere due volte.
Gli gettai le braccia al collo e mi tuffai letteralmente sulle sue labbra.


Quella sera continuai a fissare il mio anulare ancora incredula per l’inatteso regalo.
Decisi di confidarmi con mia sorella, perché nutrivo ancora dei dubbi.

- Anna, ma è un regalo stupendo! Cosa c’è che non va?
- Non so, mi sembra un po’ tanto impegnativo, ci conosciamo da così poco tempo!
- Ancora con questa storia! Io credo che lui ci tenesse a donarti qualcosa che ti dimostrasse quanto tiene a te. Dopotutto anche tu ci hai pensato tanto prima di decidere cosa regalargli!
- Sì ma io non gli ho preso un anello!
- Lui non l’ha comprato, no?
- Ancora peggio! Era di sua mamma!
- Questo ti dimostra ancora di più quanto vale! Certo non gli manca il denaro per comprarti qualsiasi cosa, sarebbe stato facile e banale abbagliarti con qualche regalo super costoso, ma lui sa che per te non sono queste le cose importanti, dunque ha voluto donarti qualcosa che avesse un significato per entrambi.
- D’accordo, ma..
- Anna, smettila con le tue solite paranoie! Non potresti desiderare di più da un uomo! Sai cosa mi ha regalato per Natale mio marito? Una sciarpa. Ora capisci quello che voglio dire?
- Greg ti ama da morire. Non è mai stato granchè bravo nei regali, però adora te ed i ragazzi!
- Anche Tom ti adora. E te lo sta dimostrando in ogni modo possibile. Accetta il presente e goditi la tua fortuna. Non sai la mandria di ragazzine assatanate che vorrebbero essere al tuo posto!
- Eh, già, tu sei mica tra quelle?
- Certo, anzi, se non stai attenta te lo rubo sotto il naso!
- Non ci provare!
- Vedremo. Buonanotte Anna e dolci sogni.
- ‘Notte, Kate, saluta tutti e grazie.

 

La casa di Benedict era oltre le mie previsioni.
E la festa “per pochi intimi” cui Tom mi aveva accennato era piena di volti più o meno noti del piccolo e grande schermo.
Quando entrammo notai subito Chris che non stava aspettando altro che arrivasse Tom.
Venne immediatamente incontro a noi e i due si abbracciarono come al solito, come se non si vedessero da mesi. Il biondo australiano abbracciò strettamente anche me e mi presentò la moglie Elsa, una donna dolce e davvero estroversa, con cui simpatizzai in un attimo.
Le raccontai qualcuno dei divertenti episodi che avevamo condiviso Chris, Tom ed io in Islanda, ma venni a sapere che lei conosceva già tutto. Scoprii quindi quella sera che rappresentavo un argomento di conversazione in casa Hemsworth.
Tom mi presentò molte persone, che in realtà già conoscevo, almeno di fama. C’erano Martin Freeman, con la moglie Amanda, attrice anche lei e Mark Gatiss, con cui mi prodigai in una sequela di complimenti per il meraviglioso lavoro che svolgeva con Benedict e Martin in Sherlock.
A proposito. Dov’era il padrone di casa?
Mi allontanai dal gruppetto per un attimo, in cerca proprio del mio “salvatore” di qualche giorno prima.
Non riuscii a trovarlo neppure in cucina, così mi avventurai al piano superiore.
Quella casa era meravigliosa.
Più mi addentravo nella proprietà, più scoprivo nuovi dettagli di stile davvero unici.
Arredata in stile moderno, ma con il sapore antico delle vecchie case coloniali inglesi, la casa si sviluppava su tre piani, ma la festa era concentrata al piano terra.
Ad un certo punto sentii il tintinnare del ghiaccio in un bicchiere dietro una grande porta di mogano.
Bussai leggermente e senza aspettare risposta, la aprii e mi affacciai nella stanza.
Benedict era solo, appoggiato mollemente ad una ampia scrivania, in una stanza che poteva essere uno studio o la biblioteca.
Una biblioteca davvero fornita.

- Ehi! Cosa ci fai qui? I tuoi ospiti ti cercano!

Lo apostrofai allegramente. Poi lo osservai meglio nella penombra. Sembrava avesse gli occhi lucidi e non vi era l’ombra di un sorriso sul suo viso.

- Stai bene?
- Anna?

Mi chiese, accorgendosi di me solo allora e stentando a riconoscermi.
Mi avvicinai senza rispondere, pensando che forse avesse bevuto troppo.

- Stai bene?  - gli chiesi nuovamente.
- Si, certo. Benvenuta. – mi rispose assente.
- Che hai?
- Nulla, ora scendo. Vai da Tom. – replicò scontroso.
- Ti è presa la sbornia triste?

Mi fulminò con lo sguardo.

- Va bene, ricevuto il messaggio. Ti lascio solo.

Mi avviai verso la porta, ma lui mi trattenne per un polso.

- No, scusami. Resta, se vuoi.
- Ok. Mi spieghi cosa c’è che non va?
- Niente di importante.
- Non ci credo.

Mi squadrò con un sorriso amaro.

- Davvero ti interessa?
- Certo.
- Perché?
- L’altro giorno sei venuto da me a tirarmi fuori dai guai in quel parcheggio ed io in cambio ti ho quasi picchiato. Almeno ho la possibilità di farmi perdonare.

Gli sorrisi incoraggiante.

- Lo so che non ci conosciamo e magari non hai nessuna voglia di rispondere alle mie domande, ma mi sembra che tu non abbia molta voglia neppure di raggiungere i tuoi amici. – proseguii.
- Sono un ospite terribile.
- Può darsi, ma ci sarà una buona ragione.
- In realtà no. Sai, in verità è una banalissima riflessione natalizia sulla mia vita.
- Sì, effettivamente banale, te lo concedo. – replicai, ironica.
- Grazie. - mi rispose, stupito.
- E immagino che il bilancio non ti soddisfi, dato che sei qui immusonito. Sono proprio curiosa di sapere cosa detesti nella tua vita.
- Pensi che sia facile?
- Cosa?
- Gestire tutto questo?

E fece un ampio gesto della sua grande mano per accompagnare le sue parole.

- Non saprei. Ti ascolto.

Mi indirizzò un sorriso amaro e proseguì.

- Delle persone che sono alla festa, quelle che sono presenti perché hanno un reale desiderio di stare con me si contano sulle dita di una mano. Tu non hai la minima idea di quanta ruffianeria ed ipocrisia ci sia nel mio mondo.
- E’ lo stesso mondo in cui vivo io.
- Non è la stessa cosa.
- Sì invece. Ti ricordo che il mio lavoro consiste nel predisporre contratti cercando di accontentare celebrità volubili ed egocentriche. – gli restituii uno sguardo tagliente e sarcastico.
- Ma tu non devi pagare il prezzo del successo. Non devi ogni volta chiederti se l’interesse di una donna o di un qualsiasi altro essere umano è dettato dal fatto che ti ha visto in tv o che sa che sei ricco e famoso.
- “Si addormentano con Gilda e si svegliano con me” – citai, sorridendo.
- Come?
- Nulla, una frase che diceva Rita Heyworth.
- Già. Potrei dire la stessa cosa. “Si addormentano con Sherlock e si svegliano con Ben”.

Non potei trattenere una risata.

- Perdonami, ma suonava un po’ più strano.. – mi affrettai a scusarmi, dato che notai che lui non lo trovava affatto divertente.
- Io penso una cosa. – proseguii. – Credo che una persona possa solo tentare di essere la versione migliore di se stesso, o quantomeno provare a diventarlo. Poi tutti i condizionamenti, i pregiudizi, le fantasie della gente non si possono controllare, né cambiare. Da quel poco che ti ho conosciuto mi sembri una persona a posto, quando un amico ha avuto bisogno di te non ti sei tirato indietro. Questo è quello che conta.

Mi osservò forse per la prima volta quella sera.

- Ti ringrazio. – mi disse semplicemente.
- Felice di esserti stata utile. Ora puoi tornare dai tuoi ospiti e rimandare a domani i bilanci?
- D’accordo. Mi sembra un buon compromesso.

Lo presi sottobraccio e ci avviammo insieme al piano inferiore.
Quando appoggiai la mano sul suo braccio notò l’anello.

- Regalo di Tom?
- Sì.
- Wow, non si può dire che perda tempo quel ragazzo!
- No, no, non correre! Mica ci siamo fidanzati! E’ solo un regalo.

Non replicò e si lasciò condurre dagli altri invitati.

- Dov’eri finita? – mi chiese Tom quando tornai in mezzo alla folla.
- Cercavo il padrone di casa per ringraziarlo dell’invito.
- Direi che lo hai trovato.
- Già. Missione compiuta. – e gli feci l’occhiolino.

Notai che era arrivato anche Luke e lo salutai con un cenno della mano.
Lui alzò il bicchiere che aveva in mano verso di me, come ad omaggiarmi con un brindisi silenzioso.
La festa si animò quando partì la musica e Tom si lasciò trasportare dalle note regalando a tutti uno spettacolino di danza davvero interessante.
Già lo avevo visto ballare, ma questa volta era diverso, sembrava fosse veramente felice, ballava come se non ci fosse un domani.
O come se attendesse un domani ancora più carico di promesse.
“Accetta il presente e goditi quello che hai”  - riascoltai nella mia testa le parole di mia sorella di qualche giorno prima. Lei intendeva dirmi di accettare il regalo di Tom, ma il suo discorso poteva essere interpretato anche in modo più ampio e filosofico. Guardare Tom ballare aiutava a comprendere quella filosofia. Ma era necessario “viverla”. Nella mia vita avevo sempre inseguito un traguardo dietro l’altro. Il diploma, la laurea, gli esami per diventare avvocato, il primo lavoro in uno studio importante. Senza mai il tempo di fermarmi e vivere il presente.
Ma “la musica” stava cambiando.
Pian piano ci unimmo tutti alle danze ed io mi scatenai allegramente insieme a Tom ed a quella incredibile combriccola di amici.
Quando partì una musica più lenta lui mi attirò a sé e mi strinse.

- Questa volta non mi scappi. – mi disse, memore della sera della festa in Islanda.
- Non vado da nessuna parte. – gli risposi dolcemente, appoggiando la guancia sul suo petto.

Poi alzai gli occhi ed incontrai i suoi.
Tom non interruppe il contatto visivo ed io notai una luce nel suo sguardo che non gli avevo mai visto prima.
Sembrava davvero felice e ciò era ampliato da un sorriso appena accennato e dolce che gli muoveva le labbra.
Ma non era solo questo.
Mi guardava come solo un uomo innamorato guarda la sua donna.
D’impulso mi alzai sulle punte e, prendendogli il viso tra le mani lo baciai con trasporto, assolutamente incurante degli eventuali sguardi di chi ci circondava.
Quando ci staccammo eravamo entrambi senza fiato.

- Ho bisogno di una pausa. – gli dissi, lasciando lentamente la sua stretta ed avviandomi verso il bar.
Lui mi seguì e mi porse un flute di champagne.

- Lo sai cosa succede quando bevo.. – feci io, poco convinta.
- Solo un bicchiere. Brindiamo a noi due!
- D’accordo.

Feci tintinnare i bicchieri accostando il mio al suo e sorseggiai lentamente il suo contenuto.

- Torniamo a ballare?
- Non puoi proprio resistere, vero? – gli chiesi, ridacchiando.
- No, è più forte di me.
- No, vai pure, faccio due chiacchiere con le mie nuove amiche – e gli indicai Amanda ed Elsa che stavano parlando poco distante.
- Va bene.

Mi diede un rapido bacio sulla fronte e si allontanò a tempo di musica, tornando ad vivacizzare la pista, che senza di lui non era più tanto animata.
Amanda ed Elsa erano davvero divertenti, oltre ad essere davvero due donne molto belle.
Ad un certo punto Elsa si allontanò per rispondere al cellulare e tornò dopo poco molto agitata.

- Era la baby-sitter, ha detto che India ha la febbre molto alta ed ha uno sfogo sul petto.
- Mi dispiace – replicammo in coro Amanda ed io.
- Dobbiamo andare, vado ad avvisare Chris.
- Vi diamo un passaggio? Per trovare un taxi a quest’ora durante le feste potrebbe volerci un’eternità. – Mi offrii.
- No, non voglio rovinare anche a voi la festa.
- Ma figurati non pensarci neppure, chiamo subito Tom.

Ovviamente lui si mostrò subito disponibile ad accompagnare gli amici, ma mi propose di rimanere alla festa, dato che poteva andare e tornare in poco tempo.
Gli dissi che lo avrei aspettato e gli diedi un rapido bacio mentre usciva con Chris ed Elsa, visibilmente preoccupati.
Approfittai di quel momento per andare a mangiare qualcosa, ma, colpa della mia solita goffaggine, la tartina che stavo per addentare finì sul mio vestito, ovviamente dalla parte imburrata, come una perfettamente riuscita conferma della legge di Murphy.
Non mi restava che cercare una toilette ed aggiustare il danno come potevo.
Mentre ero alla ricerca spasmodica di un bagno, trovai invece la cucina, pensando che comunque sarebbe servita allo scopo, dato che quello che mi serviva era in realtà un lavandino.
Trovai uno strofinaccio, lo bagnai sotto l’acqua corrente e iniziai delicatamente a lavar via lo sporco dal vestito.
Per fortuna indossavo una camicia verde scuro, leggermente trasparente e speravo che si sarebbe asciugata presto, nascondendo la macchia.
Solo che risultava davvero difficile togliere accuratamente la macchia con la blusa indosso.
Se me la fossi sfilata per un attimo, giusto il tempo di lavarla, avrei potuto comunque contare sul body di pizzo che portavo sotto, apposta per evitare che la trasparenza della camicia fosse troppo audace.
Comunque per precauzione chiusi a chiave la porta della cucina, assicurandomi così che nessuno entrasse.
Tornai verso il lavandino e mi sfilai la camicia, quando sentii un rumore alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e poco mancò che cacciassi un urlo che avrebbero sentito in tutta la casa, musica alta o no.

- Prima che tu dica qualsiasi cosa ti giuro che le mie intenzioni erano assolutamente caste!

Benedict mi guardava con gli occhi spalancati e le mani in alto, in segno di innocente resa.

- Mi hai spaventato a morte! Cosa ci fai qui, avevo chiuso a chiave!
- Ero in cucina già da prima, ovviamente.
- E dove? Perché non mi hai detto niente?
- Ero tra il frigo e la porta finestra. Non è colpa mia se non mi hai visto!
- Ma potevi manifestare la tua presenza!
- Ora ti dispiace.. rivestirti?

Nella concitazione del momento non mi ero accorta di essere rimasta solo con il body di pizzo nero e la gonna. Mi voltai immediatamente in modo da dargli le spalle, diventando contemporaneamente del colore del vestito di Babbo Natale.

- Oh. Certo. Ecco fatto. Sarà meglio anche che apra la porta, in modo da evitare fraintendimenti.

Detto questo mi avviai a passo spedito ad aprire la porta che avevo un minuto prima chiuso a chiave, poi mi voltai nuovamente verso di lui.

- Adesso mi spieghi cosa ci fai di nuovo qui da solo?
- Mi perseguiti forse?
- Cosa? Non sapevo neppure che fossi qui! Volevo solo lavare la mia camicia!
- Va bene, scusa. È solo strano.
- Cosa?
- Sei sempre tu a scovarmi.
- Sembra di sì.
- Come ti ho già detto, non esistono le coincidenze.

Sorrisi.

- Non scomodare Sherlock, stavolta è proprio un caso.
- Non credo.
- Ah no? Allora sentiamo, genio, illuminami.
- Tu sei il motivo delle mie meditazioni.

Lo fissai attonita. Ecco questo proprio non me lo aspettavo.

- Ecco, non tu in particolare, ma ciò che rappresenti.
- Ovvero?
- Tom sembra stare bene con te. Anzi non solo, sembra proprio felice, direi. E sebbene sia contento per lui, sinceramente, non può che sottolineare quello che mi manca.
- Una donna? Ci sono centinaia, migliaia di ragazze che si farebbero amputare un arto per stare con te!
- Ma ritorniamo al solito discorso di prima. Dubito grandemente dell’autenticità dei loro sentimenti.
- Ma se non ci provi non lo saprai mai.
- Non credere che non ci abbia provato. Da quando Olivia ed io ci siamo lasciati ho avuto delle storie, ma non hanno mai funzionato.
- Perché?
- La vita reale.
- Non credere che anche Tom ed io non ci siamo scontrati con i nostri rispettivi problemi.
- Lo so.

Mi chiesi cosa sapeva. Lui e Tom erano molto amici e mi domandai se gli avesse raccontato tutto.
Nonostante la promessa che mi aveva fatto.

- Non ti sei mai chiesta perché lui non ti ha ancora portato a casa sua?

Quella domanda mi spiazzò.
Francamente non ci avevo riflettuto, ma in effetti eravamo sempre usciti oppure era venuto lui da me, ma io non sapevo neppure dove abitava. Conoscevo la zona, certo, ma non sapevo neanche l’indirizzo.
Magari non c’era stata ancora l’occasione, ma la dura verità era che lui non mi aveva mai invitato.

- Vedi? Siamo tutti uguali. - Continuò. – Ha il terrore di farti entrare nel suo mondo, ha paura che tutto si possa frantumare, tutto quello che avete costruito finora. Succede, te lo garantisco.
- Ma, non …
- Non ti illudere, provenite da due mondi totalmente diversi, non è colpa di nessuno. Quante volte una storia si spezza anche per molto meno. Adesso è tutto bello e romantico, ma quando lui dovrà stare sei mesi, che so, in Canada a girare un film e tu sarai qui ad aspettarlo? O quando sarà in giro per il mondo a promuovere il suo ultimo film e tu non potrai spostarti da Londra? Oppure quando tu avrai bisogno di lui, come l’altra sera nel parcheggio e lui non potrà raggiungerti?

Quelle parole mi colpirono come una pugnalata al cuore.
Non tanto per il discorso in sé, che giungeva senza dubbio da un uomo ferito, in un momento di depressione, ma perché rappresentavano perfettamente i miei timori.

- Lui è un attore, per giunta molto richiesto e non sarà mai solo tuo.
- Certo non lo pretendo. – replicai.
- Invece verrà un giorno in cui lo pretenderai. O peggio, sarai così assuefatta a questa vita che imparerai a fare a meno di lui. E se succederà sarà tutto finito.
- Abbiamo già affrontato delle sfide ed il nostro rapporto non è finito.
- Non hai la minima idea di ciò che vi aspetta.
- Forse no, ma magari potremmo affrontarlo insieme.
- Sei testarda, Anna Martin.
- Non ne hai la minima idea, Benedict Cumberbatch.

Mi osservò con un sorriso sghembo.

- Cosa nascondi? Qual è il tuo segreto? – proseguì lui, incollando le sue iridi verdi alle mie.
- Di che parli?
- Tom mi ha parlato del tuo passato..

Sbiancai.

- Ma non ha voluto rivelarmi cosa ti ha ferito tanto da allontanarti da lui.
- Perché dovrei dirtelo?
- Io ti ho aperto il mio cuore, non mi aspetto da te niente di meno.
- Non ci conosciamo.
- Ormai sì. Ci conosciamo.
- Non tanto da rivelarti i fantasmi del mio passato.
- Sono una persona discreta, sarò muto come un pesce.
- Non insistere.
- Sono costretto a farlo.
- Perché? Perché ti interessa?
- Devo tutelare il mio migliore amico.
- Non è mia intenzione fargli del male.
- La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
- Non mi convincerai con i luoghi comuni. Direi che questa conversazione è durata anche troppo.

Feci per uscire dalla stanza, poiché ritenevo di aver sopportato a sufficienza il suo sfogo. Aveva messo già a dura prova la mia pazienza, ma essendo sua ospite, mi sembrava educato non mandarlo al diavolo.

- E’ tutto falso, non è così?

Mi bloccai sulla porta.

- Come, scusa?
- Qualsiasi cosa tu gli abbia raccontato non è mai successo, te lo sei inventato per attirare la sua attenzione, non è vero?

Aveva assolutamente oltrepassato il limite.
Come scoprii solo più avanti, grazie alla terapia, non c’è cosa peggiore per una persona abusata che mettere in dubbio la verità delle sue parole.
Divenni una furia e sentii le lacrime affiorare sul viso senza possibilità di trattenerle.

- Come osi dirmi questo? Non sai niente di me e di quello che mi è capitato, come ti permetti?
- Non sarebbe la prima volta che qualcuno si inventa una balla per far colpo e..
- Sono stata violentata, stupido idiota egocentrico!

Fu il suo turno di sbiancare. Sembrava genuinamente colpito.

- Mi sono ingenuamente fidata di uno di voi, attori strapagati autoreferenziali e imbecilli e l’ho pagata a caro prezzo. – proseguii. Ormai ero un fiume in piena, impossibile arginare le mie parole. – è questo il motivo per cui è così difficile per me fidarmi di Tom e di qualsiasi altro uomo sulla faccia della terra. Lo capisci o devo farti un disegnino? Se quello stronzo depravato di Bean non si fosse approfittato di me in questo modo ignobile io non ..
- Bean? Sean Bean? È stato lui?

Mi coprii la bocca con le mani, ma era tardi. Avevo parlato troppo.

- No. No hai frainteso, io non..

Era troppo tardi, aveva capito.

- Tom non lo sa? È così? Non gli hai detto chi è stato?
- Ti.. ti prego non dirgli niente. – lo implorai.
- Perché? Perché non glielo vuoi dire?
- Non.. non so che reazione potrebbe avere.
- Ma ha il diritto di sapere!
- No! Se poi dovessero lavorare insieme? O si incontrassero ad un evento? Non voglio rovinargli la carriera.

Mi guardò sconvolto. Decisamente mi credeva, non aveva più dubbi.

- Per favore non dirgli nulla, me lo prometti? Promettimelo!

Lo implorai tra le lacrime, prendendogli le mani tra le mie per tentare di convincerlo.

- Non so se posso farlo.
- Ti prego, ti supplico – lo afferrai per le spalle, ma lui si staccò gentilmente dalla mia presa e mi afferrò a sua volta.
- Non è giusto, dovrebbe sapere.
- NO!

- E’ tutto a posto qui?

Mi voltai e Tom era sulla soglia.

 

 

N.d.A.

Eccomi qui dopo una piccola pausa.
Avviso già che sarà impossibile per me in questo periodo pubblicare una volta alla settimana, quindi penso che almeno per un pò manterrò l’aggiornamento quindicinale, salvo imprevisti.
Come promesso ecco rispuntare Benedict, in un ruolo mica da ridere! Eheheheh!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutte le più affezionate lettrici e commentatrici (mi scuso se non sono riuscita a rispondere a tutte, ma mi metterò in pari, promesso).
Un abbraccio a tutte, una per una!
E.

  
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