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Autore: L S Blackrose    19/05/2014    6 recensioni
Eric è uno dei leader degli Intrepidi. Freddo, calcolatore, spietato e crudele.
Ma non è sempre stato così. Cosa lo ha portato ad odiare a tal punto i Divergenti?
In questo prequel di Divergent, il suo destino si intreccerà a quello di Zelda, una ragazza tenace e potente come una freccia infuocata.
Può un cuore di ghiaccio ardere come fuoco?
Un cuore di pietra può spezzarsi?
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dal capitolo 4 (Eric)
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Sto per aprire bocca, per invitare le reclute a dare inizio al loro cammino negli Intrepidi, quando un movimento al limite estremo del mio campo visivo mi obbliga a voltare il capo.
Ormai davo per scontato che le disgrazie fossero finite, invece una figura esile si lancia dall’ultimo vagone del treno e fende l’aria come un proiettile.
A causa della luce del sole che mi arriva dritta in faccia, in un primo momento metto a fuoco soltanto una macchia indistinta, blu e nera.
Nella frazione di secondo che segue, sono costretto a spingere l’autocontrollo al massimo della potenza per non mostrare nessuna emozione, per mantenere la mia posa autorevole e l’espressione gelida.
Perché sono talmente esterrefatto da non riuscire a credere ai miei stessi occhi.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Zeke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zeric - Flame of ice'
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Capitolo 9



 

Eric



Spingo la porta della mensa con furia, come se il mio vero obiettivo fosse quello di sfondarla e non semplicemente toglierla di mezzo per entrare.

La mia collera ha raggiunto l’apice, comincio ad avere la vista appannata: le cose attorno a me iniziano a tingersi di rosso come se stessi guardando attraverso un vetro colorato.

È il segnale che indica che la mia millimetrica dose di pazienza giornaliera è esaurita.
Finita, prosciugata, svanita senza possibilità di ritorno.

Se ora qualcuno si azzardasse anche solo a guardarmi di traverso, si ritroverebbe a terra all’istante, con un paio di ossa rotte.
Magari anche qualche dente, perché no?

Sento il lato oscuro della mia mente prendere forma.

Ha le sembianze di un animale feroce, appena fuggito da una gabbia, irritato per la prigionia prolungata, affamato e assetato di vendetta.

Quella ragazza.

Il mostro ringhia e comincia ad affilare i lunghi artigli.

Quella dannata ragazza vuole proprio morire!

Non c’è altra spiegazione.
Cos’altro può spingerla a continuare a sfidarmi in questo modo?
Ha addirittura osato urlarmi contro! A me, un Capofazione!

Avrei potuto punirla per quell’affronto.
Avrei dovuto punirla, maledizione!

E cos’ho fatto, invece?
L’ho lasciata tornare dai suoi amichetti sana e salva, senza nemmeno un graffio su quella sua pelle pallida e perfetta.

Prima gli occhi, poi i capelli e adesso la pelle.
Le hai fatto proprio una radiografia completa, eh Eric?


Preferisco di gran lunga l’animale selvaggio a questa voce fastidiosa.
La mia coscienza ha scelto il momento meno opportuno per tornare a galla e insultarmi con i suoi commenti derisori.

Avverto molti sguardi posarsi su di me quando rientro nella sala.
Alcuni giovani Intrepidi si zittiscono di colpo e rimangono a fissarmi con gli occhi sbarrati.
Credo che il mio aspetto sia in sintonia con il mio umore: ho gli occhi ridotti a fessure, le labbra serrate e tutti i muscoli in tensione.

Evito con cura di passare accanto al tavolo dei trasfazione e torno accanto a Max, che si sta preparando a declamare il proprio discorso, lo stesso di ogni anno.

Lo so a memoria, perciò mi siedo sulla panca e allungo le gambe davanti a me, preparandomi all’ennesimo momento di noia.
Cercherò di sfruttarlo per lasciar sfumare la rabbia che mi sta consumando come un rogo.
Devo riacquistare una parvenza di calma, non intendo lasciarmi condizionare oltre dalle insulse parole di una sedicenne.

Incrocio le braccia e mi appoggio con la schiena al tavolo, mentre Max si alza in piedi.

Non appena si schiarisce la voce con un colpo di tosse, il baccano attorno a noi si spegne di colpo.
Da questo si capisce quanto sia influente la sua autorità, lui sa benissimo farsi temere e rispettare dal resto della fazione.
È sempre stato il mio modello, rispecchia esattamente il tipo di persona che volevo diventare.
Autoritario, inflessibile, coraggioso. Un vero Intrepido insomma.

Max sale su uno dei tavoli con un balzo atletico e gira su se stesso per incrociare quanti più sguardi possibile.
Cercare di conquistare l’attenzione del pubblico è la prima regola per un leader e lui è uno che ci sa fare.

Il silenzio è totale.
L’intera sala pende dalle sue labbra, ansiosa di non perdere nemmeno una sillaba del discorso.
Alzo gli occhi al cielo.

Forse ai trasfazione potrà sembrare un evento insolito, ma gli Intrepidi dovrebbero esserci abituati.
Com’è che continuano a fare quelle facce adoranti e curiose?
Ormai dovrebbero saper recitarlo meglio di lui.
Max non brilla certo per originalità, ripete le stesse identiche parole ad ogni occasione importante.

Inizia dando il benvenuto agli iniziati – puah – e poi snocciola una per una le frasi che compongono il Manifesto della nostra fazione.

Noi crediamo nella libertà dalla paura, nel negare alla paura il potere di influenzare le nostre decisioni.
Noi crediamo negli atti di coraggio ordinari, nel coraggio che spinge una persona a ergersi in difesa di un'altra.
Noi crediamo nel riconoscere la paura e la misura in cui essa ci governa.

Bla bla bla e via dicendo.

Perdo il filo dopo il quarto punto e devo piantarmi le unghie nel braccio per non rischiare di addormentarmi.
Questa notte ho dormito meno del solito, appena quattro ore. Non c’è da stupirsi se mi sento incazzato col mondo.

Dopo l’ultima frase - Noi non crediamo che qualsiasi altra virtù è più importante del coraggio – un boato riecheggia tra le pareti della mensa.
Una parte degli Intrepidi batte i piedi a terra, l’altra tiene il ritmo colpendo ripetutamente i tavoli con le posate, in un crescendo che minaccia di farmi veramente esplodere.

Al diavolo Max e i suoi discorsi troppo esaltati!

Lui si inchina leggermente, ricambiando le acclamazioni con un mezzo sorriso.
Poi si volta verso di me e mi invita a raggiungerlo con un cenno.

Non promette niente di buono. Sento una nuova minaccia per i miei nervi in agguato.

L’ultima volta che mi ha chiamato per parlarmi, è stato per assegnarmi il compito di accogliere quel gruppo di fottuti sedicenni.
Mi sto ancora chiedendo cosa ho fatto di male per meritarmi una punizione del genere.
Avrei preferito affrontare il mio scenario della paura a ripetizione, sarebbe stato senza dubbio più gratificante.

Mi alzo, piazzandomi a fianco degli altri leader, in attesa di ordini che prego non comprendano contatti ravvicinati con quella feccia che va sotto il nome di ‘iniziati’.

Le mie speranze vanno in fumo non appena Max apre bocca.
– Accompagnali al dormitorio e illustra loro le principali fasi dell’iniziazione – dice, guardandomi fisso.
Deve esserci qualcosa di strano nella mia espressione, perché, subito dopo quella richiesta, aggrotta la fronte e ammorbidisce il tono.
– Poi vai pure a riposare, mi sembri esausto -.

Ma guarda, vorrei replicare, non me n’ero accorto!

La colpa è tutta tua, che mi obblighi a recitare la parte di una dannata babysitter!

Non ci credo.
Ditemi che non è vero.
Non può avermi davvero chiesto di scortare di nuovo quei bambinetti di qua e di là.
Cosa sono diventato, una guida turistica?!

Datemi. Subito. Una. Pistola.

Non so se per usarla contro di me – e risparmiarmi questo ingrato compito – o per far fuori gli iniziati, mi serve un minuto per decidere.

Minuto che non ho.

Va bene, Eric, sii logico. Prima li spedisci a nanna, prima potrai rilassarti.

Molto bene, allora.

Chiamo a raccolta la poca forza di volontà che mi rimane e mi dirigo impettito verso il gruppetto che tanto speravo di togliermi da sotto il naso.

Dodici maledette ore senza vedere le loro penose facce è chiedere troppo?
Mi consolo pensando che potrò torturarli a mio piacimento durante gli allenamenti.

Appena mi avvicino, a passo pesante, l’Erudita si irrigidisce e non accenna ad alzare lo sguardo dal tavolo.
Forse la piccola lezione che le ho dato è stata sufficiente, l’ha dissuasa dal provocarmi ulteriormente.
Me lo auguro davvero.

- Seguitemi – intimo, in tono freddo, e mi dirigo verso la porta senza aspettare che si alzino dalle panche.
Peggio per loro se rimangono indietro: per oggi, i miei atti di clemenza sono ufficialmente terminati.

Cammino fino al dormitorio e mi volto a guardarli quando sono ormai alla porta.

Per mia sfortuna, ci sono tutti.
Ed io che speravo di avere un valido motivo per incatenare uno di loro al di là del parapetto!
Sarebbe stata una scena memorabile.  

Uno di loro? Eric, ammettilo, hai pensato subito a quella ragazza.

Aizzo il mio animale interiore contro quella voce subdola, fino a soffocarla del tutto.
Penso già abbastanza a quell’Erudita senza che la mia coscienza si impicci.

Cerco di concentrarmi su quello che devo dire, per non lasciarmi scappare l’occasione di spaventarli come meritano.
– Oltre ad essere uno dei vostri istruttori, io sono anche un Capofazione, perciò sovrintenderò al vostro percorso di iniziazione – comincio, in tono cupo. – Tengo molto alla puntualità, quindi vedete di farvi trovare in palestra alle otto precise di ogni mattina. Gli allenamenti durano fino alle sei, poi siete liberi di fare quello che volete. Avrete anche dei giorni liberi tra una fase e l’altra dell’iniziazione -.

Breve, diretto, conciso. Ben fatto, Eric!

Meno male che ogni tanto il mio inconscio mi rivolge anche dei complimenti, oltre a quei commenti stressanti che rischiano di mandarmi fuori di testa.

- I trasfazione verranno valutati separatamente dagli interni, ma alla fine ci sarà una sola classifica -.
Ora viene la parte divertente, penso, sfoderando un ghigno. – La classifica stabilirà chi di voi resterà nella fazione e chi dovrà andarsene. In tutto siete tredici: cinque trasfazione e otto interni. Al termine dell’iniziazione tre di voi verranno eliminati e diventeranno degli Esclusi -.

La mia ultima frase viene accolta da un gelido silenzio.
Nessuno ha il coraggio di protestare, nemmeno i due Candidi.
Buon segno, vuol dire che hanno capito che non sono in vena di chiacchiere.

Tengo aperta la porta per farli entrare nel dormitorio e loro mi sfilano davanti uno per uno.
L’Erudita è in coda al gruppo, ha le braccia incrociate e tiene gli occhi bassi.
Non sembra sconvolta dalla rivelazione sulla classifica, ma non sta neanche sorridendo.
Quando oltrepassa la soglia, però, volta il viso e mi da un rapido sguardo.

Non aspettavo altro. Il mio ghigno si allarga.

- Buona fortuna, piccola – sussurro, chinandomi in avanti e sfiorandole la guancia con due dita.

Non so bene perché lo faccio, non mi faccio domande.

Dopo il mio gesto, l’Erudita rimane impietrita, quasi scioccata.
Socchiude leggermente le labbra, poi si tira indietro di scatto e mi incenerisce con un’occhiata. – Ti ringrazio, Eric – mormora in tono sarcastico, enfatizzando il mio nome come se fosse una maledizione.

Chiude la porta dietro di sé con forza e io devo trattenermi per non scoppiare a ridere.

Ridere? Io? E da quando in qua?

Scuoto la testa, disgustato. Cosa mi ha fatto quella mocciosa?
 
Sono proprio curioso di sapere come una ragazzina esile e apparentemente indifesa come lei possa sperare di battere uno dei maschi nei combattimenti corpo a corpo.
Finirà in infermeria, ricoperta di lividi, o peggio.

Aggrotto la fronte.

Perché quest’ultimo pensiero mi lascia turbato?



 
* * *
 

Zelda



Va al diavolo!

Non ho il coraggio di gridarglielo, ma lo sibilo tra i denti mentre sbatto la porta.

Grazie al cielo nessuno ha visto la scena, altrimenti dovrei sorbirmi milioni di domande e sguardi sbalorditi.

Rimango a fissare il metallo arrugginito che mi sta davanti per un bel pezzo, nel tentativo di calmare il respiro.
Se voleva farmi venire un infarto, ci è riuscito in pieno.  

Mi passo una mano sulla guancia che lui ha toccato e mi mordo un labbro per non imprecare ad alta voce.
Accidenti a lui e ai suoi occhi!

Basta che ti sfiori un attimo e tutto l’odio che dici di provare nei suoi confronti svanisce? Complimenti, Zelda, ridacchia la mia voce interiore, senza un minimo di rispetto per il mio orgoglio ferito.

Ho voglia di urlare. E di picchiare qualcuno. Forse entrambe le cose.

Stupida che non sei altro!

Quando si è chinato verso di me non ho capito più nulla.

La mia mente si è svuotata di colpo, come se i miei pensieri fossero legati ad una candela e lui ci avesse soffiato sopra, spegnendola.

Avevo le sue iridi grigie a cinque centimetri di distanza, riempivano tutto il mio campo visivo, era impossibile concentrarsi su qualunque altra cosa.

Il suo sguardo, in particolare, mi ha confusa.
Non era freddo come quello che mi ha rivolto poco fa, vicino allo strapiombo. Anzi, sembrava quasi divertito.

Quando ha allungato la mano pensavo volesse farmi del male, invece si è limitato a sfiorarmi con la punta delle dita, neanche fossi fatta di fragile cristallo.

Quel tocco così leggero e inaspettato mi ha mozzato il respiro.  

Sono rimasta talmente sorpresa da non riuscire a rispondergli con la giusta dose di cattiveria.
Prima mi vuole quasi ammazzare, poi mi prende in giro, come faccio a stargli dietro?!

Quel ragazzo promette guai. Devo stare attenta, o finirò per lasciarci la pelle.

Sospiro e torno con i piedi per terra. Mi ero quasi dimenticata di essere circondata da altre persone.

Leslie si sta pettinando i capelli, seduta su uno dei letti addossati accanto alla parete.
Mi chiama con un cenno della mano. – Ti va di dormire vicine? – chiede, con una punta di insicurezza.

Le sorrido. – Ma certo. Cosa pensavi, che avrei preferito Xavier a te? – esclamo, prendendo la rincorsa e buttandomi al volo sul materasso vicino al suo.

Ho sempre desiderato farlo, ma mio padre non tollerava schiamazzi e me l’ha sempre impedito.
Anche se l’avessi fatto quando lui non era in casa, ci avrebbero pensato i miei fratelli ad informarlo e mi avrebbe punita ancora più severamente.

- Così mi ferisci, Zelda – sospira Xavier, in finto tono tragico.

Senza preavviso, si getta su di me e inizia a farmi il solletico.
Mi contorco tra le lenzuola, cercando di togliermelo di dosso.

Invoco l’aiuto di Leslie, ma lei non riesce ad alzarsi dal letto.
È piegata in due dalle risate, si tiene la pancia con entrambe le mani. – Siete troppi buffi. Dovreste vedervi – dice, col fiato corto.

Guardo Xavier. Lui guarda me. E di comune accordo partiamo all’attacco.

Dieci minuti dopo siamo tutti e tre senza fiato.

Felix ci guarda con un sopracciglio alzato, appoggiato con gli avambracci alla testiera del letto di Leslie. – Che bambini – commenta, scuotendo lentamente la testa.
Si siede accanto a me con un sospiro e mi passa le dita tra i capelli, cercando di sciogliere i nodi causati dalla lotta.

Gli altri Intrepidi, Oliver e i due Candidi sono rimasti ad osservarci perplessi per tutto il tempo.

Alla fine la ragazza con i capelli arancioni che mi ha rivolto la parola sul treno prende l’iniziativa e si avvicina a noi.
- Siete uno spasso. Sarei rimasta a guardarvi per tutta la notte – esordisce, con un sorrisetto furbo sulle labbra piene.
Allunga la mano verso di me. – Sono Melanie, ma potete chiamarmi Mel -.

Le altre due ragazze Intrepide seguono il suo esempio e si siedono sul mio letto.
Si chiamano Nora e Violet e sono cugine. La prima ha i capelli castani tagliati corti, la seconda è bionda: hanno entrambe gli occhi scuri, color mogano.
Stranamente, non hanno segni distintivi particolari, ovvero piercing e tatuaggi.
Mi sembrano molto simpatiche e socievoli, a differenza dei loro compagni maschi, che rimangono a distanza e non ci rivolgono la parola.

Vengo a sapere i loro nomi da Melanie: quello alto è Blake, il biondo con i rasta è Scott, mentre il terzo, dai capelli color rubino, si chiama Roger. Hanno scelto dei letti a castello vicini e stanno discutendo animatamente tra loro.

Oliver – l’Erudito antipatico – sembra aver stretto amicizia con i due Candidi, di cui ancora ignoro l’identità.
Il trio si è installato all’altro lato della stanza, il più lontano possibile da noi.
Non posso che esserne contenta.
Se penso che fra non molto dovrò scontrarmi con loro, ho già i brividi.
Sono tutti più alti e muscolosi di me, non sarà per niente facile batterli.

Però ho sedici anni di lotte con i miei fratelli alle spalle, perciò non sono del tutto priva di esperienza in materia.
Dovrò solo affinare la tecnica.

Guardo gli Intrepidi seduti vicino a me: loro non saranno miei avversari durante i combattimenti.
Mi sento già più sollevata.

E’ la prima volta che mi sento a mio agio in mezzo a un gruppo di persone sconosciute, come se sentissi una sorta di legame, un’affinità che ci accomuna.

Con le mie amiche Erudite ero in confidenza, certo, ma tra noi c’era anche parecchia competizione per ottenere i migliori risultati nei test scolastici.
A causa della pressione e dell’ansia, a volte finivamo per litigare furiosamente.

Sento un sorriso farsi strada sul mio volto.

Io sono un’Intrepida, questa è la mia vera casa e farò di tutto per dimostrare di esserne degna.






 
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Ecco a voi il mio sclero post-esame, ovvero il nuovo capitolo ;)
Ero molto in sintonia con l’irritazione di Eric oggi, quindi ho voluto accontentare le sue fan con un bel pezzo narrato dal suo punto di vista ;) fatemi sapere che ve ne pare!
L’ispirazione me l’ha data anche l’incontro ravvicinato con uno Shadowhunter: non sto scherzando, il ragazzo in questione era vestito di nero dalla testa ai piedi e assomigliava in modo impressionante a come mi immagino Will Herondale… pazzesco!
Ok, va bene, cambiamo discorso sennò non la finisco più ;)
Domanda: sono curiosa (che novità!)… qual è la vostra frase/scena preferita della storia, almeno fin qui? Cosa vi ha emozionato di più? ;) rispondete se potete, ci tengo molto ;)
Un bacio a tutti,
Lizz
p.s. il titolo è un piccolo tributo agli Imagine Dragons e alla loro canzone ;)
   
 
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