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Autore: loryherm    30/07/2008    4 recensioni
Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato...non credeva che potesse esistere una persona in grado di amarlo in ogni sua sfaccettatura, e prenderlo così com'era, peccato che questa persona stesse con... Come troverà l'amore, Bill? La strada per il successo? Come è arrivato a diventare famoso, con i suoi migliori amici? La storia dei Tokio Hotel in un' incredibile serie di eventi.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Over fears



"...E come cazzo ti è venuto in mente di lasciarla qua? Lo sai quanti gradi ci sono qui fuori? Mentre voi vi vi riscaldavate il culo in un ristorante ingozzandovi di cibo italiano, lei stava quassù senza giacca a congelarsi!"
Ginevra lo guardò per un secondo, poi rivolse di nuovo gli occhi alle due figure che le stavano di fronte immobili, con gli sguardi fissi dentro i loro, spaventati e fastidiosamente innocenti.
Il batterista si era avvicinato a Bill e ora lo guardava con una rabbia che raramente aveva visto bruciare nel suo sguardo.
"...per non parlare del fatto che nemmeno abbiamo mangiato! Per quanto ancora ci avreste lasciati qui, eh?" Ad ogni parola si faceva più vicino all'amico, che continuava ad indietreggiare.
Ginevra decise che nel frattempo era il caso di raggelare Loreen con lo sguardo di un feroce assassino. Infondo era stata anche colpa sua. Figurarsi se faceva qualcosa senza il suo prezioso Bill.
La brunetta all'apparenza sembrò non essere nemmeno scalfita dal suo gesto, ma non seppe reggere l'intensità dei suoi occhi per più di qualche secondo, e abbassò il capo facendosi più vicina a Bill.
"Gustav..." Provò a dire quello, ma l'amico lo interruppe bruscamente alzando entrambe le braccia con uno scatto. "No! Non voglio nemmeno saperlo Bill, d'accordo? Ora voglio solo tornarmene nella mia stanza, mettere qualcosa sotto i denti, farmi una doccia calda e andare a dormire. Ma stai sereno, domani mattina avrò parecchie cose da dirti, sempre che avrò voglia di guardarti in faccia!" Sbottò, superandolo con una falcata. Spalancò la porta e la sorpassò.
Ginevra lo raggiunse immediatamente, col passo rigido di un fantasma. Ma quando passò di fianco al frontman gli si avvicinò appena per dirgli: "Non mi rivolgere più la parola, Kaulitz. A meno che non si tratti di cose strettamente professionali."
Si voltò verso Loreen che ora la guardava con infinito rammarico, ma non le disse nemmeno una parola. Quando fu vicina a Gustav lo guardò di nuovo e si lasciò sfuggire un piccolo cenno di ringraziamento. Il ragazzo si sforzò di sorriderle, e quando le porte dell'ascensore si furono aperte la fece entrare per prima. Bill si voltò giusto in tempo per guardare il suo amico scuotere il capo, deluso.
"Ah, perfetto! Davvero...un piano geniale!"
"Ti prego, Loreen."
Lei si voltò verso di lui. Il suo sguardo era pieno di tristezza, la sua voce era tremolante e flebilissima. Mentre camminava verso di lui era quasi sull'orlo delle lacrime.
Loreen sbuffò, sconfortata, e lo strinse in un abbraccio dolce. "Gli passerà. Capirà, vedrai." Sussurrò sul suo collo. Sentiva le sue lacrime calde bagnarle la spalla nuda. Faceva davvero freddo.
"Ho fatto una cazzata." Soffiò, lui. Loreen prese ad accarezzargli i capelli corvini.
"Si l'abbiamo fatta, ma con le migliori intenzioni, e se ci conoscono un pò sanno che non avremmo voluto creare problemi, ma risolverli. Forse non abbiamo scelto il modo migliore per farlo, ma tutti sbagliano, anche Bill Kaulitz." Disse, sorridendo.
Il ragazzo alzò gli occhi su di lei, che si sentì mancare il terreno sotto i piedi per un attimo. Provò una fitta terribile, non seppe dire con esattezza dove. La prese d'improvviso, con l'intensità di un onda rabbiosa.
Quanto le faceva male vederlo piangere.
"E se non volesse più perdonarmi? Hai sentito che ha detto, no? Non vuole nemmeno vedermi." Sussurrò, in un rantolo da cucciolo ferito che la fece sorridere lievemente.
"Bill, ma certo che ti perdonerà. E' il tuo migliore amico."
Il ragazzo scosse il capo allontanandosi un pò da lei. "Mi ha perdonato troppe volte. Mi ha perdonato errori troppo gravi...potrebbe essersi rotto di farsi ferire così da me."
E di nuovo Loreen si sentì una persona orribile. Abbassò la testa, e parlò cercando di non far tremare la voce. "So di essere stata un errore, Bill. Sto malissimo per quello che ho fatto alla vostra amicizia, ma Gustav l'ha superata. Ne sono convinta, perchè altrimenti non saremmo qui, adesso."
Che stupida...sembrava stesse cercando di convincere se stessa invece che lui.
Bill sgranò gli occhi. "Non sei stata affatto un errore, Loreen." Soffiò.
Lei scuoteva il capo. "Si, invece. Ho creato solo un sacco di problemi, vi ho ferito comportandomi da perfetta egoista. Ma la vostra amicizia è sempre venuta prima di tutto, al contrario di quello che la gente vuole credere di voi. Sono sicura che se sarai sincero con lui, risolverte anche questa."
Il ragazzo restò per un secondo in silenzio. Guardava la sua ragazza, stare ritta davanti a lui. Sul suo viso era dipinta un' espressione sofferente eppure decisa.
Si accorse che la bambina che aveva conosciuto anni prima era volata via già da un pezzo. Forse sotto il suo naso, e lui non se ne era nemmeno accorto. Ripensava a quei momenti in cui li spronava a fare meglio, quando credeva ancora nelle favole, e guardandola adesso si accorgeva che di quella bambina era rimasta solo l'inguaribile testardaggine. Ora c'era consapevolezza nei suoi occhi.
Loreen aveva sofferto molto in passato, anche se non ancora si era decisa a raccontargli tutto nei dettagli, e lui lo sapeva. Eppure le sue esperienze l'avevano aiutata a diventare la giovane donna che adesso gli stava accanto. Aveva la presunzione di pensare di essere stato anche lui causa di sofferenze per lei, e la cosa gli faceva un gran male. Lo aveva capito dal modo in cui parlava della amicizia sua e di Gustav. Ci credeva, anche se sentiva profondamente in colpa, ancora.
"Loreen, non dirlo. E' stata sempre tutta colpa mia, e non sono ancora diventato abbastanza pieno di me da lavarmi le mani dei casini che creo. Li affronto, come mi hai insegnato tu."
"Io sono fuggita, Bill."
"Una volta. Ma poi sei rimasta, quando hai capito cosa era davvero importante per te, quando ti sei resa conto che stavi per perdere l'unica cosa che putroppo non hai mai avuto."
Loreen strinse gli occhi, confusa. Il vento freddo le scompigliava i capelli, la percorreva gelido procurandole brividi per tutto il corpo.
Bill si avvicinò di un passo, i suoi occhi topazio brillavano, liquidi d'oro. Sussurrò: "Una famiglia."
Lo sguardo della ragazza si riempì improvvisamente di lacrime, e rapidamente, senza che lo volesse, quelle lacrime cominciarono a diventare singhiozzi.
Bill si avvicinò ancora, e come poco prima aveva fatto lei la strinse in un abbraccio, scaldandola.
Pianse quasi tutte le lacrime che pensava di aver già pianto, stringendo Bill più forte di quanto volesse, respirando con affanno sulla sua giacca di pelle nera. Poi si rese conto che avrebbe dovuto fare una cosa molto tempo prima, che per paura o per vergogna non era mai riuscita a fare.
"Bill?" Soffiò, dopo l'ennesimo singulto.
"Si?"
Continuava a cullarla. Se ne accorse solo in quell'istante.
"Voglio dirti tutto."
Lui restò per un attimo immobile, teso, sorpreso. Poi la allontanò appena da sè per guardarla negli occhi. "Sei sicura?" Mormorò.
Loreen annuì, stringendo la sua mano. "Andiamo dentro." Disse.


La stanza era quasi buia eppure i suoi occhi brillavano ancora. Non avevano mai smesso di farlo. Forse stava ancora piangendo, ma questa volta perchè era triste per lei. La teneva ancora per mano, come se sapesse che il racconto non era ancora terminato.
"...Il giorno che ci siamo rivisti fuggivo dalla prigione. Ma evidentemente non si può sfuggire a lungo dal proprio passato. Alla fine trova sempre il modo di scovarti..."
Sospirò, pesantemente. "Alle volte è un bene." Sussurrò, sorridendogli. "Ma altre volte non può fare altro che ferirti."
Sentì Bill muoversi sul materesso e farsi più vicino a lei di appena qualche centimetro. Ora riusciva a vedere bene il suo viso dai tratti dolci, illuminato dal bagliore della luna e dalle luci della strada.
"Mi dispiace, Loreen." Sussurrò, con appena un filo di voce, come se lo stupore lo avesse reso atono.
Lei sorrise dolcemente. "Non devi dispiacerti. E' passato."
"Si, è finita adesso." Fece lui, stringendo più forte la sua mano, la guardava negli occhi serissimo e deciso. "Ora hai noi. Ti proteggeremo sempre, anche se un giorno quel bastardo dovesse uscire da lì." Il suo tono si era fatto rauco, un ringhio feroce, ma ancora troppo lieve.
Loreen si lasciò sfuggire un sussulto, eppure il suo sorriso non svanì. "Non voglio pensare a quel giorno, Bill. Ora voglio solo stare qui con voi...con te."
Bill sgranò gli occhi, ma non rispose. Restò fermo a guardarla. Nei suoi occhi neri ora riusciva a vedere tutto. L'insicurezza, la pacatezza, il rifiuto per la paura, la decisione e la dolcezza.
Capiva come mai si fosse costriuta una dimensione tutta sua, dove fuggire quando non c'era un posto sicuro in cui rifugiarsi.
Certi orrori non avrebbe dovuto viverli nessuno. Un passato così pieno di terrore, tensione, rabbia, non avrebbe potuto immaginarlo nemmeno nei suoi incubi peggiori.
Sentirlo raccontare da qualcuno che l'aveva vissuto in prima persona, fino ai dettagli più crudi e cruenti, era molto diverso che vederlo alla televisione o leggerlo sulle pagine di un giornale.
Era sconvolto. Semplicemente senza parole di fronte alla bellezza che era riuscita a crescere in un animo così buio, così pieno di paura e di frustrazione. Come un fiore nato dal cemento.
Come poteva una persona essere più buona e dolce, così piena di passione per la vita, dopo aver provato sulla propria pelle un simile orrore?
Le sorrise, con tutta la forza che gli era rimasta per farlo. Lei era una delle poche persone al mondo -al suo suo mondo almeno- che meritava un sorriso che fosse vero, sincero, e che potesse dirle quanto era importante per lui che lei ci fosse.
Lei si avvicinò per baciarlo sulle labbra, ma Bill smise improvvisamente di respirare, tremando.
"Che succede?"
Si scostò lievemente da lei. "Io...non vorrei..."
Loreen sembrava confusa, aggrottò lievemente la fronte e si portò una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio senza togliere gli occhi da quelli del ragazzo.
"Cosa c'è, Bill?" Domandò, di nuovo.
Il frontman abbassò il capo, imbarazzato. "Loreen...io...posso fare a meno di...per te...non mi sembra giusto..." Farfugliò.
"Non capisco...che significa: posso fare a meno di?"
Bill alzò immediatamente gli occhi su di lei, rendendosi conto che la sua frase poteva venire tranquillamente fraintesa, e arrossì.
"No. Non intendevo dire...quello. Volevo solo...cercavo di farti capire che se vuoi....ecco....rallentare le cose, per me va bene, io ti rispetto...non vorrei mai ferirti, in nessun modo, e se la cosa ti crea problemi, confusione, paure o cose del genere io sono pronto...ti do tutto il tempo che vuoi...possiamo stare insieme anche senza...capisci, no?"
La sentì scoppiare in una risata cristallina, e sinceramente divertita. Ma non ebbe il tempo nemmeno di stupirsi, domandare il motivo di quel ridere con tanto gusto, perchè lei portò un dito sulle sue labbra.
Lo guardò intensamente, sorridendo a mezzabocca. "Bill...stai zitto e baciami, ok?"
Detto questo gli si fece più vicina e finalmente incontrò le sue labbra morbide. Bill sembrava più sereno, la ricambiava con naturalezza, anche se continuava a mantenere una certa distanza di sicurezza.
Decise di annullare lei stessa quella distanza, e si strinse al suo torace senza staccare la propria bocca da quella del ragazzo. Portò le mani dietro la sua nuca e prese ad accarezzargli dolcemente i capelli disordinati. Sapeva che Bill adorava quando lo faceva e si lasciò sfuggire un sorriso mentre lo sentì approfondire il bacio involontariamente.
"Loreen, sei sicura? Davvero, io posso..." Mormorò sulle sue labbra quando si separarono per prendere aria.
"Si, sono sicura." Replicò lei, secca.
Bill la guardò ancora una volta, molto attentamente, cercando di leggere nei suoi occhi qualcosa che potesse fargli pensare di smettere.
Non trovò altro che sicurezza, dolcezza e desiderio nelle sue iridi color onice.
"Ti senti davvero pronta per questo?" Le domandò stringendole una mano.
Lei annuì. "Non vorrei farlo con nessun'altro, in nessun'altro momento." Soffiò, decisa.
Era davvero così. Non avrebbe potuto immaginare una persona migliore con cui condividere quel momento speciale. Non avrebbe avuto il coraggio di lasciarsi sfiorare da nessun'altro.
Bill era stato il primo a guardarla sotto una luce unica, a credere che fosse in assoluto la più bella e la più dolce. Non le avrebbe fatto mai mancare niente, nè dolci carezze, nè confessioni, nè affetto. Con lei avrebbe trascorso volenitieri le sue giornate, vissuto le sue esperienze e visto avverarsi i suoi sogni.
Viceversa lei stessa avrebbe dato qualunque cosa per lui, che c'era sempre stato, anche quando sembrava che il mondo potesse crollarle addosso da un momento all'altro. Le era sempre bastato anche un suo sorriso per rivedere il sole, perchè i suoi occhi si silluminassero, perchè il suo cuore accellerasse, per volere ancora vivere, per andare oltre ogni sua più nascosta paura.
Bill le sorrise raggiante e la baciò di nuovo. "Grazie." Sussurrò.
"Vedi di non farmi male." Scherzò lei, mentre lui la stendeva con dolcezza sul suo cuscino baciandole il collo, lentamente. Lo sentì ridere sommessamente.
"Prometto che farò piano." Le accarezzava il viso, guardandola dritto negli occhi. Loreen sentiva il suo stomaco torcersi con una violenza dolcissima. Era come se la forza di gravità avesse smesso tutt'un tratto di esercitare il suo potere dentro quella stanza.
In realtà Loreen sapeva che non ci sarebbe stato nessun dolore. Quello fisico era ormai solo un brutto ricordo che non avrebbe mai più sentito vivo fino in fondo, e quello dell'anima era stato cancellato da una felicità talmente grande e devastante, che avrebbe potuto non comparire mai più.
Perciò si lasciò andare completamente alle carezze di Bill, ai baci, ai sospiri. Ogni secondo sembrava infinito, ogni bacio l'ultimo.
Quando si rovesciò si di lui, invertendo le posizioni, il ragazzo si fece baciare il collo, le labbra, il naso e gli occhi con trasporto.
Voleva assaporare ogni singolo istante, ogni piccolo dettaglio di quel corpo che aveva dinanzi e che nel suo cuore aveva sempre desiderato di possedere. Poi si tirò su, e lo attirò verso di se baciandolo. Quando entrambi si trovarono seduti, gli tolse via lentamente la maglietta scura, ammirando finalmente il suo petto nudo e chiarissimo. Per un secondo lo guardò negli occhi, e ci lesse dentro tutta la passione che non ancora era riuscito a mostrarle. Non seppe controllare il suo istinto per molto, e presto si sporse per baciare ogni centimetro della sua pelle.
Aveva sempre creduto che non avrebbe mai avuto il coraggio e la forza di lasciarsi andare con un uomo nella sua vita, e si stupiva di come invece la paura fosse sparita del tutto, sostituita da una sensazione di adrenalina e di desiderio.
Non si vergognava.
Bill cominciò a respirare affannosamente e portò le mani fino alla sua vita. Loreen non ricordò nemmeno come si fosse trovata solo in mutandine e reggiseno sotto un Bill più bello e nudo che mai, eppure la cosa non le dispiaque affatto. Continuava ad ammirarlo come fosse l'unica cosa che c'era da guardare al mondo, e non riusciva a capacitarsi di come quel ragazzino insicuro che aveva conosciuto anni prima si fosse trasformato in un uomo maturo così bello e dolce. I suoi occhi brillavano, illuminati da un bagliore di dolce e folle passione.
Presto anche l'initmo volò via, sotto le mani leggerissime ed esperte di Bill, che sapiente la accarezza fino a farla sospirare di un piacere che le faceva quasi male.
Ora però stava tremando. Di paura o di emozione non sepeva dirlo. Bill se ne accorse e si fermò, ritornando a guardarla negli occhi. Stava per dire qualcosa, ma lei lo interruppe.
"Fallo, Bill. Sono pronta." Sussurrò.
Lui sorrise, e le accarezzò le labbra col dito indice. "Ti amo tanto." Sussurrò.
Il viso della ragazza si aprì in un sorriso pieno di colore. "Anche io."
Successe così. Mentre l'uno dichiarava all'altra il proprio affetto. Bill entrò dentro di lei, e come promesso cercò di essere più cauto possibile. Loreen strinse gli occhi forte e tirò la testa indietro quando i movimenti del ragazzo si fecero più rapidi e intensi. Con le dita stringeva forte la sua schiena. Quella piacevole tortura durò per un tempo che nessuno dei due seppe quantificare, il ritmo era scandito da gemiti di entrambi, dai respiri affannosi e dai movimenti fluidi e simbiotici dei due.
Bill arrivò prima di lei al piacere assoluto, ma aspettò che anche Loreen potesse sentirsi piena quanto lui, e quando successe lei non potè non piegarsi fino al suo collo, per aggrapparsi forte, e sospirò.
Poi Bill si lasciò scivolare al suo fianco, respirando a fondo, col sorriso sulle labbra. La ragazza non poteva staccargli gli occhi di dosso. Era bellissimo.
Lui le afferrò subito la mano, e si voltò verso di lei, felice. "Ti ho fatto male?" Le domandò, con dolcezza, il respiro ancora affannoso. Loreen scosse il capo, sorridendogli di rimando. Il ragazzo tirò a sè la sua mano e la baciò, più e più volte. Lei rise, serena.
"Grazie." Mormorò.
Ma Bill pensò di non meritare affatto tanto, nè la sua gratitudine.
Loreen era stata il regalo più bello che avesse mai ricevuto. La prima ragazza che aveva fatto breccia nel suo cuore, quella che era riusciuta a incatenarlo, e che adesso lo stringeva tra le dita. Non l'avrebbe più lasciata andare via.


Quando si svegliarono non era nemmeno l'alba.
La luce del sole era appena un bagliore lontano, le nuvole si erano diradate dalla sera prima, la finestra era rimasta aperta durante la notte e l'aria fresca del mattino li fece rabbrividire entrambi.
Bill si voltò subito verso di lei, quando la sentì sbadigliare sonoramente. Le sorrise, appena incontrò i suoi grandi occhi scuri. "Buongiorno." Soffiò, con la voce roca del mattino.
Lei gli si fece subito più vicina, stringendosi attorno il lenzuolo di raso bianco con imbarazzo. "Ciao." Mormorò.
"Come hai domrito?"
Il suo viso si aprì in un sorriso pieno di luce.
"Benissimo!" Esclamò. "E ho anche sognato."
Bill si fece subito curioso. Loreen si specchiò di nuovo nei suoi occhi di bambino. "Cosa hai sognato?" Le domandò.
Loreen rise, a bassa voce. "Indovina!"
E il viso del frontman si illuminò di quella gioia presuntuosa che col tempo lei aveva imparato ad apprezzare, e che anzi adesso non poteva fare a meno di adorare.
"Me?"
Lei annuì, ridendo.
Il ragazzo la strinse subito più forte, sorridendo ancora. "Non hai bisogno di sognarmi. Sono tuo nella vita reale." Disse. La vide sgranare lentamente gli occhi, e farsi quasi seria.
"Dio mio, sai quante persone ucciderebbero per sentirsi dire questo da te?"
Bill scoppiò in una breve risata limpida. "Sapevo che l'avresti detto."
"E' la verità, e certe volte mi sento anche un pò in colpa per questo." Confessò, lei.
"Non devi." Replicò il ragazzo. "Amo le mie fan, ma in un modo diverso. Le ammiro e apprezzo tutto quello che fanno per me e per la band, ma non potrò mai conoscerle tutte così bene da innamorarmene. Tu sei venuta prima di tutto. Prima della fama e della facciata, quindi so per certo che di te posso fidarmi ciecamente. "
Lei si prese qualche secondo per riflettere sulle sue parole e poi finalmente annuì, convinta. "Hai ragione." Decretò, sorridendo.
"Certo che ce l'ho, quindi smettila di sentirti in colpa. Dovrei sentirmici io...ma per un altro motivo."
Loreen vide il suo viso farsi d'improvviso più scuro, e tornare la stessa espressione abbattuta della sera prima. Si ricordò immediatamente che c'era una situazione spinosa da risolvere quella mattina in programma.
Si alzò su un gomito per guardarlo dentro gli occhi nocciola. "Bill, andrà bene."
"Come fai ad esserne sicura?"
"Non posso dire di esserne totalmente sicura, ma ci dobbiamo provare comunque." Rispose, seria. "Prendiamoci le nostre responsabilità."
Bill si sentì subito toccato sul vivo. Il suo viso assunse un espressione lievemente corrucciata. "Io prendo seriamente quello che faccio, Loreen. Ma non posso negare di temere il suo sguardo."
Loreen sorrise, involontariamente, tornando indietro nel tempo coi ricordi, ai battibecchi, alle liti furiose e alle serate passate insultandosi e facendo la pace, ritornando alla normalità come niente fosse accaduto.
Litigare con Gustav era orribile per tutti. I suoi occhi ti ferivano più profondamente di quelli di chiunque altro. Era rinomato per la sua lingua lunga che col tempo aveva affilato come una spada.
Bill soprattutto, che era sempre stato il più sensibile di tutti, viveva malissimo le liti con l'amico. Era capace di piangere e di non rivolgere la parola a nessuno per ore, giorni anche, quando succedeva.
"Sai che dietro quello sguardo arrabbiato in realtà c'è una persona che ha sempre saputo perdonare gli amici. Sappiamo com'è fatto Gustav." Disse.
Il voltò di Bill parve rilassarsi a quelle parole, e le sue labbra si distesero in un piccolo sorriso. "E' vero." Ammise, riportandola di nuovo accanto a sè.
Loreen poggiò la testa sulla sua spalla, senza proibirsi di annusare i suoi capelli. "Tra poco sarà tutto finito, vedrai." Promise.


"Non è finita qui, Georg."
Il bassista rise sommessamente.
"Non sto scherzando. Non può sempre fare quello che gli pare senza curarsi di quello che pensano gli altri. Deve smetterla di pensare solo a se stesso."
Georg smise di osservare Gustav per un breve istante. In un certo senso quella era la verità, ma ormai tutti sapevano che non era mai stato l'egoismo a muovere la mente di Bill.
Al contrario, di solito combinava casini incredibili con la convinzione di poter sistemare le cose. Certo, tutti quanti gli rinfacciavano innumerevoli volte il fatto che non alzasse un dito per nessuno, che fosse pigro e infinitamente egocentrico, ma in realtà (e lo sapevano tutti) quando c'era bisogno di lui per qualcosa di serio, quando gli amici avevano bisogno di una spalla su cui piangere o di farsi una sana risata, lui correva, senza pensare a nient'altro che alle persone a cui voleva bene.
"Cercava di farti un favore, Gus." Replicò, spiccio.
"Col cavolo che me l'ha fatto!" Gustav si voltò verso di lui di scatto, lasciando cadere sul letto la maglietta che stava ripiegando.
Georg scosse il capo. "Magari dipendeva anche da te, lui ti ha dato la possibilità di fare qualcosa." Disse.
Gustav ridusse gli occhi a fessure, voltandosi di nuovo. "Non ha fatto che peggiorare le cose, doveva chiedermelo." Ribattè.
"Se te lo avesse chiesto, tu gli avresti detto di no."
"E avrei fatto anche bene. Se non ricordi male non è la prima volta che lo fa."
Georg rimase per un attimo interdetto.
No. Non ricordava.
Gustav dovette capirlo perchè schioccò la lingua, sbuffando. "Due anni fa, con la persona che poi mi ha scaricato."
Il bassista allargò gli occhi. "Si, ora ricordo."
"Ecco, appunto." Sbottò l'altro, riprendendo il suo lavoro. Odiava fare le valige quando era così arrabbiato, gli veniva tutto male, era la terza volta che ripiegava la stessa maglietta.
"Però in quel caso le disse solo che tu potevi essere interessato a lei. Alla fine vi siete pure messi insieme." Osservò l'amico, rizzandosi dalla sedia. Lo raggiunse vicino al grande letto dove il batterista aveva poggiato i suoi indumenti, e gli strappò la maglietta dalle mani, per ripegarla nel modo più rapido ed efficace possibile.
Georg era sempre sincero, cosa che faceva incazzare Gustav ancora di più.
Non poteva semplicemente stare zitto e annuire?
"Senti G, evitiamo di parlare di quella cosa, ok?" Sbuffò, riponendo le ultime cose in valigia.
"Ma sei tu che mi hai chiamato per un consiglio!" Fece quello ridendo.
Gustav non riuscì a nascondere un lieve sorriso. Poi abbassò il capo, smettendo di armeggiare con le sue cose. "Scusa." Disse.
Georg sospirò, sorridendo. "Dai, fa niente. Basta che la smetti di farti tante seghe mentali. Vai di Bill e digli perchè ti sei incazzato, lui ti chiederà scusa, e torneremo tutti felici e contenti."
Il batterista sbuffò sonoramente, annuendo. "Ci penserò su...però adesso scendiamo, sennò David sclera."
Lasciarono la stanza nel caos più totale, ma ormai era inutile stare a rimuginarci troppo sopra. Quando furono in corridoio Georg chiamò l'ascensore.
"Allora, dimmi un pò..." Fece il batterista, sorridendo di sbieco. "Come va invece tra te e Fey?"
Georg si voltò subito verso di lui, sorridendo come se fosse stato appena colto inflagrante. I suoi occhi erano furbi e lievmente divertiti.
"Non so di cosa tu stia parlando." Rispose, vago.
"Ah, certo che no." Gustav inarcò un sopracciglio, allargando il suo sorriso. "Dai, dillo allo zio Gus: lei ti piace, vero?"
Georg si voltò, fissando un punto impreciso dinanzi a sè e pregando che l'ascensore arrivasse in fretta. "Ma tu non eri quello che odiava essere chiamato Gus?"
Il biondino fece una smorfia. "Non glissare, G. Confessa."
Il bassista si lasciò sfuggire una breve risata. Gustav era completamente sfornito di pazienza, al contrario di quello che pensavano tutti. Sapeva essere un gran rompiscatole però.
"Perchè vuoi saperlo?" Domandò.
Gustav lo fissò per un secondo, interdetto. "Perchè noi ci diciamo tutto." Disse, quando le porte finalmente si aprirono. Stava per fare un passo ed antrare, quando Georg lo sorpassò velocemente, sorridendo.
"Non provare a giocare la carta dell'amico deluso. Non otterrai niente!" Detto questo premette il pulsante "terra" e lasciò che l'ascensore prendesse a scendere velocemente verso il basso.
Gustav non potè fare assolutamente niente per fermarlo. Riusciva sempre a fregarlo, dannazione.
Maledetto!


"Alle dieci e mezza abbiamo un appuntamento con una giornalista del Paris Magazine, poi torniamo in Albergo, finite le valige e poi di nuovo sul bus. Ci sono domande?"
Tutti negarono col capo. "D'accordo, allora...Tom? Potresti venire con me un secondo solo?"
Il rasta annuì con un certo sconcerto, e seguì David nella stanza adicente la Sala da Pranzo, dove avrebbero tenuto l'intervista quella mattina. Tutto era già stato allestito alla perfezione.
L'uomo gli fece cenno di sedersi su una delle poltrone nere disposte attorno al lungo tavolo di mogano scuro.
Tom obbedì, e aspettò che il manager lo imitasse. Quando furono l'uno di fronte all'altro, era ufficialmente curioso di sapere perchè l'uomo lo avesse preso da parte da solo, e domandò: "Perchè mi volevi?"
David sorrise dell'impaziena del ragazzo. "Tranquillo, Tom. Non devo rimproverarti, non hai ancora combinato nessun casino." Disse.
A quelle parole il ragazzo sembrò rilassarsi un pò, ma il suo sguardo era quello diffidente di sempre. "Allora come mai sono qua tutto solo?" Chiese.
"Perchè sei l'unico che potrebbe aiuitarmi a capire." Fece il manager guardandolo con aria seria.
"Capire cosa?"
"Perchè tra tuo fratello e Gustav sembra essere di nuovo guerra."
Tom si trovò spiazzato da quella domanda.
Non era vero.
"David ti sbagli. Tra Bill e Gus è tutto ok, hanno chiarito da un pezzo." Disse, sporgendosi lievemente sul tavolo.
"No, Tom. Questa mattina non si sono nemmeno rivolti la parola, e quando sono sceso Loreen stava consolando Bill."
Tom spalancò gli occhi.
Possibile che non avesse notato niente?
"Io non ne so nulla, David. Davvero." Sussurrò.
Eccola, puntuale come sempre, la sensazione di malessere che lo prendeva sempre quando succedeva qualcosa a suo fratello e lui non era presente.
Era come se una forza spingesse per cercarlo, per capire, per farlo star bene. Era il rapporto viscerale che Bill aveva sempre vantato di possere nei suoi riguardi, e che lui aveva sempre odiato e amato nello stesso tempo.
Si alzò di scatto. "Vado a cercarlo."
David non fu affatto sorpreso da quella reazione tanto immediata. Ormai aveva imparato a conoscere quell'espressione sui loro volti.
Erano apprensivi tra di loro, in una maniera dolce e arrogante, quasi possessiva.
Se stava male uno, esercitava una forza magnetica sull'altro che necessariamente correva per proteggerlo da tutto il resto.
Annuì solo e sorrise. "Tienimi informato." Gli ordinò.
Tom si allontanò facendogli un rapido cenno di assenso con la mano.

Non dovette cercarlo troppo a lungo. Sapeva che l'avrebbe trovato lì; nel posto più bello e quieto che quell'albergo vantava: il giardino. Stava seduto sull'altalena ma non si dondolava, e stranamente non c'era Loreen in sua compagnia.
Non indossava nemmeno la giacca.
Si avvicinò a passi veloci e pesanti, ma il fratello non sembrò nemmeno accorgersi del suo arrivo.
"Quante volte ti ho detto che non devi uscire senza niente addosso? Vuoi che ti venga la broncopolmonite e che dobbiamo annullare il tour?" Domandò, quando fu dietro di lui.
Bill non rispose. Si limitò a scuotere il capo.
"Allora, mi dici che ti è preso? Perchè te ne stai qua fuori tutto solo col tuo orgoglio ferito?"
Il frontman alzò finalmente gli occhi su di lui, e Tom indietreggiò.
"Che cazzo hai fatto?" Strillò, senza pensare.
Il viso di Bill era coperto di trucco scuro, i suoi occhi erano rossi e gonfi.
"Abbiamo litigato." Sbottò, senza voce. "Di nuovo."
Tom restò un secondo a fissare il gemello in quello stato. Non seppe dire cosa cominciò a muoversi nel suo stomaco, ma avrebbe preso volentieri a cazzotti qualcosa.
Si sedette sull'altalena di fianco, e con le braccia strinse anche quella di Bill, per farsi più vicino a lui. "Raccontami tutto." Disse.
Suo fratello sospirò, e l'ennesima lacrima gli bagnò la guancia pallida, lasciando una traccia scura e scintillante sul suo cammino. "Non so che cosa mi prende Tomi. Quando vedo Gustav così non ci capisco più niente e combino un sacco di guai. Volevo che facesse la pace con Gin, e ho convinto Loreen a chiuderli tutti e due sulla terrazza. Ieri sera sono rimasti lì da soli mentre noi eravamo al ristorante, e quando siamo andati a tirarli fuori Gustav mi ha detto delle cose bruttissime. Ginevra ha detto che con me non ci vuole più parlare e ho messo anche Loreen nei casini, proprio adesso che aveva chiarito con lui. Prima siamo scesi e lui mi ha ucciso con gli occhi, appena mi sono avvicinato per parlarci si è girato e se ne è andato!"
Un'altra lacrima, e un lieve singhiozzo.
Tom sorrise. "Bill, ma quando imparerai che la regola per una vita sana è farsi i cazzi propri?"
Il moro rise, di un riso amaro. "Zitto, già lo pensano in troppi che mi piaccia farmi i cazzi degli altri, e non solo nel senso che intendi tu."
Tom scoppiò in una risata sonora. "Questa sì che si chiama autoironia, ragazzi."
Bill non potè trattenere un sorriso divertito, ma tirò su col naso. "Già." Mormorò. Era sempre stato convinto che ironizzare sulle tragedie fosse il metodo migliore per non deprimersi, eppure quella volta forse stava davvero troppo male per ridere.
"Dai, seriamente." Tom gli si fece più vicino. "Devi smetterla di interferire nella vita degli altri così. E' stato un bel gesto, ma delle volte è meglio farsi da parte. Gustav avrebbe preferito riuscire a risolverla da solo, forse."
Suo fratello annuì, tristemente. "Ora lo so, ma prima ero convinto che fosse la cosa giusta da fare. E se ogni volta che ne sono convinto sbaglio, non credo che arriverò molto lontano in futuro." Confessò.
Il rasta sbuffò, scocciato. "Non voglio starti a sentire mentre commiseri te stesso, Bill. Sono stronzate."
"Non sono stronzate per me, Tom." Replicò l'altro, alzando su di lui lo sguardo scuro. Il ragazzo si ritrovò a fissare gli occhi del gemello, feriti e lievemente supplici, e sentì ancora l'ormai conosciuto morso nello stomaco. Sospirò, pronto ad elargire l'ennesima rarissima perla di saggezza. Lo faceva solo per lui, da sempre.
"Ascoltami bene, Bill: noi due ci siamo fatti da soli e lo sappiamo entrambi. Le nostre scelte le abbiamo sempre prese da noi, senza chiedere niente a nessuno, nemmeno alla mamma. Siamo sempre stati più maturi e più forti di tanti altri della nostra stessa età. Se siamo qua adesso, lo dobbiamo solo a noi stessi. Pensi che se tu fossi stato uno stupido, o uno sprovveduto saremmo arrivati fino a qui?"
Bill si ritrovò spiazzato da quella domanda. Restò fermo a guardare suo fratello negli occhi. Sembrava sincero, e sicuro di ciò che diceva.
Infondo sapeva anche lui che aveva ragione, e lentamente scosse il capo. "No." Mormorò, quasi tra sè e sè.
"Infatti." Fece eco l'altro, felice che le sue parole avessero prodotto l'effetto sperato. "Perciò devi piantarla di sentirti un fallito o un cretino, perchè non ci sei. Devi solo imparare ad essere meno invadente e a pensare un pò di più alle conseguenze di ciò che fai quando hai a che fare con le persone a cui vuoi bene." Continuò.
Bill sorrise, intenerito.
Dio, se il mondo potesse vedere come sei davvero Tomi...
Si alzò dall'altalena, e afferrò il braccio del gemello che si tirò su con poca eleganza. "Allora che devi fare adesso?" Gli domandò.
Bill roteò gli occhi. "Lo so, lo so. Devo andare a strisciare, supplicando il perdono." Bofonchiò, con un mezzo sorriso.
Tom rise, sommessamente. "Esatto, e che altro?"
Il sorriso di Bill si allargò. Si sporse per abbracciarlo forte e gli sussurrò: "Grazie Tomi, sei il migliore."
Tom sembrò soddisfatto quando lo salutò con la mano mentre rientava dentro.

Loreen non era ancora abituata a preparare le proprie valige in quei tempi da record, perciò Nana si fece volentieri avanti per darle una mano.
Erano nella suite di Bill, dove lei aveva lasciato tutte le sue cose, quando la porta bussò. Nana smise di armeggiare con il computer portatile della ragazza, e andò ad aprire. Quando mise a fuoco la persona che aveva dinanzi non potè trattenere un'espressione stupita.
Guai in vista...
"Ciao Nana, c'è Loreen?" Domandò Ginevra, con voce atona.
L'assistente fu tentata dal negare (chissà perchè si era affezionata a quella piccoletta), ma dovette annuire o si sarebbe messa in mezzo ad una situazione che non spettava a lei risolvere.
"Potresti chiederle di uscire solo per un secondo?"
"Certo." Nana si voltò di scatto, e socchiuse la porta. Quando raggiunse la ragazza in bagno la trovò che stava riponendo tutti i suoi cosmetici dentro una scatola di cartone. La cosa le mosse un senso di tenerezza e di dispiacere che non si sarebbe aspettata. Nessuna ragazza avrebbe dovuto tenere i propri oggetti così male.
"Loreen? C'è Ginevra fuori che vorrebbe parlare con te, cosa le devo dire?" Domandò.
La ragazza si voltò immediatamente verso di lei, con un espressione lievemente smarrita. "Ehm...io...vado subito." Mormorò. Prese a camminare verso la porta, ma proprio mentre stava per superarla, Nana le afferrò la mano dolcemente. Quando si voltò incontrò i suoi grandi occhi azzurri, pieni di apprensione e affetto. "Senti, non farti mettere in crisi da quella frigida. Hai fatto solo quello che ti sembrava giusto per il tuo migliore amico. Scommetto che sotto tutti quegli strati di sarcasmo e cinismo sa che anche lei avrebbe fatto lo stesso." Le sussurrò.
Loreen negò col capo, sorridendole. "Lei ha ragione, Nana. Le chiederò scusa." Disse, scrollando lievemente le spalle.
L'assistente le sorrise di rimando. "Ok, è una tua scelta."
"Grazie lo stesso però." Loreen la abbracciò brevemente, e si stupì del fatto che Nana la ricambiasse con tanta naturalezza. "Dai vai, o crederà che te la stai facendo sotto." Scherzò.
Quando Loreen uscì dalla stanza rise sottovoce.
Sopravviverà, è una forte.

"Ciao." La salutò con voce affatto tremante come si sarebbe aspettata.
Ginevra sembrava impassibile, ma le fece un cenno del capo, che Loreen interpretò come un saluto ricambiato.
"Cosa volevi dirmi?" Le domandò.
Gin inarcò un sopracciglio e sorrise a mezzabocca, con sarcasmo. "Mi auguravo che fossi tu a sentirti in dovere di dire qualcosa." Sibilò.
Colpito e affondato.
Loreen infatti abbassò immediatamente la testa, sorridendo con amarezza. "Acuta osservazione." Mormorò, imbarazzata.
Ginevra restava in silenzio, guardandola. Apparentemente non stava provando altro che pena e lieve disgusto, ma in realtà era solo infastidita del fatto che Loreen le stesse facendo...tenerezza, e non rabbia come avrebbe dovuto essere.
La ragazza alzò gli occhi su di lei, dopo qualche breve istante, decisa a prendere il toro per le corna. "Ascolta Gin: Ti chiedo scusa per essermi immischiata negli affari vostri. L'ho fatto credendo di fare un favore ad un amico e non mi sono preoccupata dei tuoi sentimenti. Non starò qui a cercare scuse, perchè non ne ho. Perciò se vorrai perdonare il mio errore ne sarò contnenta, altrimenti me ne farò una ragione." Disse.
Nemmeno per un secondo tolse via gli occhi da quelli di ghiaccio della ragazza che aveva di fronte.
Ginevra ne rimase colpita. Era stata sincera, e questo era un punto a suo favore, ed era stata anche schietta e diretta, altra cosa che sicuramente aveva apprezzato.
Restò in silenzio per un pò.
Loreen non gli era mai piaciuta granchè. Aveva tutta l'aria della ragazzina perfetta, che piace a tutti, dolce, carina, premurosa e affettuosa, senza un problema al mondo. Come la protagonista di una favola, o di uno stupido film. Eppure, ora che se ne rendeva conto, aveva anche un retrogusto amaro. Come l'ombra di un segreto dietro gli occhi, una forza che con quel visino di porcellana e con quel fisico piccolino sembrava quasi fare a cazzotti. Era una ragazza forte e decisa. Forse non era poi così male, infondo.
Decise che, almeno con lei, era il caso di metterci una pietra sopra.
Sospirò profondamente e scoprì di non doversi sforzare troppo per sorriderle con del calore umano che fosse sincero. "Ok. Accetto le tue scuse." Disse, semplicemente.
Loreen aggrottò la fronte, in modo del tutto immediato. "Davvero?" Domandò, con innocenza.
Ginevra rise sommessamente senza riuscire davvero a trattenersi. Si domandava come si potesse essere più candidi ed ingenui.
Annuì, divertita. "Si, davvero."
"Ciao ragazze!"
Le due si voltarono nello stesso istante, e insieme misero a fuoco la fugura dinocolata che stava loro di fronte, e il suo solito sorriso spensierato.
"Ciao Fey." Esclamò Loreen, felice che l'amica fosse arrivata proprio al momento giusto.
"Ehilà Fey, dove hai lasciato l'adorabile dolce metà?"
La biondina si voltò di scatto verso l'assistente al suono, che ora la fissava con uno sguardo dannatamente divertito.
Che sfacciata!
"Non capisco a cosa tu ti riferisca." Sibilò, facendosi improvvisamente un pezzo di marmo.
"Oh, scusa. Ultimamente mi capita spesso di vaneggiare. Fingi che non abbia detto niente." Rispose quella, sorpassandola. La sentì chiaramente ghignare sottovoce. "A dopo!" Fece poi, mentre svoltava alla fine del corridoio.
Quando Fey si voltò di nuovo, Loreen stava ridacchiando.
"Ma la volete piantare tutti quanti!" Sbottò.
"Perdonami, è che è talmente evidente!"
"Stai zitta, Loreen."
La ragazza smise di sorridere, o perlomeno ci provò.
"D'accordo, come vuoi." Disse. "Ma se vuoi un consiglio..."
"Non lo voglio!" Replicò l'altra, senza lasciarla finire. Il suo sguardo era solo seccato e non divertito come avrebbe dovuto essere. Loreen perciò ritornò immediatamente seria. La guardò negli occhi con espressione indagatrice. "Fey, che cosa c'è?" Le domandò. La biondina restò in silenzio per troppo tempo. Non voleva nemmeno guardarla.
"Fey?" Loreen le afferrò la mano. "Dimmi che cosa ti è preso!" Le ordinò.
L'amica alzò finalmente gli occhi su di lei. "Mi mettete a disagio, e mettete a disagio lui." Sbottò, nervosa. "Ogni volta che lo fate ci teniamo sempre più a distanza. Oggi a colazione abbiamo solo potuto salutarci, perchè Gustav non faceva che fissarci e ridere. Non c'è privacy con loro..."
Loreen non potè trattenere un breve risata. "No, Fey. Non c'è riservatezza quando sei con loro. E come potrebbe essere altrimenti? Sono sempre insieme, giorno dopo giorno, non hanno mai avuto una ragazza fissa per più di un mese, e noi siamo una novità troppo succulenta. Li seguiamo d'ovunque, è chiaro che facciano domande, che si insospettiscano. Sono amici, e sono ragazzi. Non hanno tutto questo tatto." Disse, scegliendo di essere del tutto onesta. "Georg non è il tipo che si tira indietro, se si allontana è per non mettere te in imbarazzo. Evidentemente si è accorto che la cosa ti crea problemi e non vuole farti pressioni. Magari se si rendesse conto che saresti disposta a stare con lui in quel modo sotto gli occhi di tutti, lo sentiresti più vicino." Continuò.
Fey restò per un secondo interdetta, ma i secondi scorrevano, e più rifletteva sulle parole dell'amica, più si rendeva conto che ciò che aveva detto poteva essere vero.
Come ho potuto non pensarci da sola? Che razza di idiota!
Loreen conosceva i ragazzi da più tempo, ed era stata essa stessa oggetto di pettegolezzi da parte loro, perciò era chiaro che se ne intendesse a sufficienza. Ma avrebbe comunque potuto arrivarci da sè, se si fosse sforzata di mettersi nei panni di Georg.
Quel ragazzo era sempre stato criptico nei suoi confronti, ma non abbastanza da non lasciarle intendere che il proprio interesse fosse abbondantemente ricambiato.
Chissa perchè, poi.
Era chiaro che non avrebbe voluto metterla a disagio. Cercava sempre di stare da solo con lei, lontano dagli occhi di tutti. Ma lui, essendo un personaggio di spettacolo, doveva esserci piuttosto abituato, perciò era chiaro che lo facesse per lei.
Che carino...
"Hai ragione." Ammise alla fine, alzando finalmente gli occhi e incontrando il suo sguardo caldo e per niente arrabbiato. Loreen la perdonava sempre quando faceva la stronza.
"Si, credo anch'io." Le rispose, sorridendo.
Fey la guardò inarcando un sopracciglio. "Non ti fa bene stare troppo in compagnia di quella Diva, ti stai avvcinando lentamente allo stato di autoesaltazione gratuita." Rise.
Loreen portò immediatamente una mano al cuore, e poi tirò via una ciocca di capelli dalla spalla in un gesto vanaglorioso identico a quelli che Bill le aveva propinato centinaia di volte.
"Sei solo invidiosa!" Sbottò, rendendo ancora più esagerata la perfetta imitazione del proprio ragazzo.
Fey allargò gli occhi, fingendosi spaventata. "Vade retro." Sussurrò.
Scoppiarono entrambe in una risata cristallina e sonora. Quando si furono calmate, Fey prese a camminare verso la propria stanza. "Ora diamoci una mossa, o il sognor Jost ci taglierà la testa!"
"La smetti di..."
"Si, si, lo so. David...insomma, è uguale!"


L'intervista non durò nemmeno mezz'ora, per grande gaudio dell'intera band, che finalmente stava venendo fuori da quell'albergo che ne aveva viste di cotte e di crude.
L'aria era sempre freddissima -troppo per essere solo fine ottobre- e il vento sferzava forte tra i capelli di Georg, scompigliandoli proprio nel modo che aveva sempre odiato. Le valige sembravano anche pesare più del solito.
Sentì una mano poggiarsi sulla spalla, e quando si voltò inquadrò Gustav, che gli stava sorridendo beffardo. "Sei un codardo, e sappi che me ne ricorderò." Disse, superandolo. Con quel tocco fece cadere anche la valigia che il bassista era riuscito miracolosamente a tenere in equilibrio.
Non fece nemmeno in tempo a rispondere, ma aveva qualcosa di interessante che avrebbe voluto dirgli.
Per esempio fatevi i benemeriti cazzi vostri una volta tanto, amici miei.
Eppure non riusciva mai ad arrabbiarsi quel tanto che bastava per far capire loro di darci un taglio. In realtà perchè anche lui faceva lo stesso. Fare la loro vita era stressante in un certo senso, sopratutto per questo motivo. Zero privacy.
Ormai loro ci erano abituati, ma chi veniva catapultato in quella vita forse poteva trovarsi in imabarazzo. Succedeva con Fey, e questo per riflesso metteva a disagio anche lui.
"Ehilà, pesano?"
La sua voce gli fece venire un vuoto allo stomaco. Succedeva sempre. Accidenti, era come tuffarsi nel vuoto.
Si voltò e le sorrise. "Non poi così tanto, ma se vuoi puoi darmi una mano."
"Non dovresti essere tu ad aiutare me?" Fece quella per tutta risposta, sorridendogli nel suo solito modo privo di vergogna. Quando erano soli sembrava che si conoscessero da una vita.
"Ehi, ti hanno mai detto che la cavalleria è morta un sacco di tempo fa?"
Fey rise di gusto, e come al solito lo trascinò con lei. La sua risata era contagiosa, e suonava talmente bene che a volte gli dispiaceva stonarla mettendosi a ridere insieme a lei.
"Eh già, l'avevo sentito un paio di volte, ma speravo di incontrare l'ultimo dei cavalieri sul mio cammino."
Georg la guardò per un secondo dritto negli occhi. Fey provò la solita sensazione di vertigine. Era sicura che adesso stesse sorridendo come un ebete.
"E invece ti sei ritrovata tra le mani questo ragazzaccio dal fascino maledetto, cafone fino all'ultimo globulo rosso." Le sussurrò, tenedola in pugno con uno sguardo che avrebbe potuto incendiare l'Antartico.
Era sicura di aver perso l'equilibrio, ma non si spiegava come stesse ancora in piedi, e come facesse a non sembrare un ubriaca sotto sedativi.
Riuscì appena a sorridere.
"Ciao ragazzi!" Loreen li salutò di sfuggita, passando loro accanto, ma Fey giurò che le avesse fatto l'occhiolino.
Questo la sveglio.
Devo ricordarmi di ringraziarla, poi.
Si voltò di nuovo verso di lui, e riportò la sacca al suo posto con leggero affanno, stava giusto per rispondergli, quando lui la interruppe, sporgendosi verso di lei.
"Coraggio dammi qua, principessa. L'ultimo dei cavalieri ha deciso di resuscitare." Le tolse via la borsa dalla spalla d'improvviso, e le sorrise di sbieco. Poi prese a camminare verso il bus, con passo tranquillo, le mani nelle tasche dei jeans chiari.
Fey restò immobile lì a fissarlo. Non sapeva spiegarsi come mai non riuscisse nemmeno a muovere un passo.

Quando il bus fu riempito al gran completo (con manfiesta disapprovazione del Manager) si partì alla volta di Nancy, seconda tappa Francese prevista dal tuor.
I ragazzi erano emozionati, e lasciare Parigi per la prima volta fu un sollievo per tutti. Non era mai capitato di dover affrontare una rassegna stampa di proporzioni tali per uno stupido gossip, prima d'allora. Eppure dentro quel limitato spazio, otto persone respiravano la stessa aria tesa e fastidiosamente elettrica. Tutti sapevano e nessuno parlava. Chi per un motivo e chi per un'altro, quasi tutti avevano da dire qualcosa che nessuno però aveva intenzione di confessare ad alta voce. Perciò, eccetto Tom e Nana, tutti restavano in silenzio.
Perchè spettava sempre a loro due dover sistemare le cose?
Lo sguardo del rasta correva da Bill a Gustav, inesorabilmente. Attendeva che suo fratello si decidesse a sputare fuori le sue scuse, ma ciò non accadeva. A meno che non lo avesse già fatto e il batterista le avesse respinte brutalmente, perchè altrimenti non avrebbero avuto motivo di scambiarsi certe occhiatacce.
Fey stava attenta a Loreen e le si stringeva lo stomaco a guardarla stare così male. Teneva la testa bassa, e non guardava mai verso Gustav. Continuava a torcersi le dita (se non si fosse tolta quel viziaccio un giorno l'avrebbe uccisa).
Nana e Ginevra sembravano imbarazzate quanto tutti gli altri, ma la seconda pareva avesse deciso di evitare accuratamente il frontman, anche a costo di fingere che non esistesse. Solamente Georg sembrava tranquillo. Era convinto che non ci fosse motivo di preoccuparsi tanto.
Accidenti ne avevano passate di peggiori, no?
Forse non ci stava tanto con la testa per poter fare una stima oggettiva dei danni che lo stupido piano di Bill avrebbe potuto portare nel gruppo, ma di certo quella non era stata la lite peggiore che quei due avessero mai affrontato prima!
Gustav avrebbe capito, ormai lo conosceva. Non era di questo che Bill avrebbe dovuto preoccuparsi.
C'era invece una persona (che lui stesso poteva dire di conoscere piuttosto bene, a forza di passarci insieme ore ed ore) che ce l'aveva profondamente con lui, e questa persona non era certo disposta a perdonargli un errore simile con tanta facilità. Il suo non era un cuore di panna come quello di Gustav, ma un cuore che per troppo tempo era stato a riposo sotto strati e strati di solido, gelido, ghiaccio e di tanta tanta rabbia verso gli altri.
Ginevra gli avrebbe dato del filo da torcere, su questo ci avrebbe messo la mano sul fuoco.




Note dell'autrice: Ecco il capitolo che forse aspettavate da un pò! Bill e Loreen si sono dati una mossa, me lo avete chiesto in tanti!
Spero di essere riuscita a descrivere nel modo migliore quel momento speciale, e che il tutto vi abbia portato ad emozionarvi.
Aspetto commenti con ansia!
Voglio ringraziare Princess (I tuoi consigli mi hanno molto aiutata, spero che la scena che ti ho mandato ti sia sembrata migliore perchè ho cercato di applicare i tuoi insegnamenti. Mi auguro che non ci siano troppi errori di battitura e che anche tu ti sia emozionata! Ah, spero che tu abbia notato che in questo capitolo ho voluto infilare anche un piccolo regalino per te. Fammi sapere se hai capito dov'è nascosto!), Colinde (Oh! Io mi sciolgo quando leggo i tuoi commentini! Mi fai sempre complimenti, davvero, grazie! Sei fedelissima!) e Mairim90 (Amore tu hai sempre letto i miei capitoli in anteprima! Spero che ti sia piaciuto, ti voglio bene!)
Mando un bacio a Lily, Lory e Ale che hanno letto la scena fatale prima di tutti e che mi hanno aiutata nei periodi di "Crisi-pagina-bianca!"

Un ringraziamento speciale però questa volta devo farlo alla mia beneamata Sharon den Adel, e i Within Temptation tutti, perchè mi hanno ispirata come mai.
Ringrazio anche gli Oasis e la canzone che ha dato vita a molti ricordi sopiti che mi hanno aiutata a tirare fuori il meglio da questo capitolo, "Wonderwall."









































  
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