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Autore: Haxel_12    20/05/2014    0 recensioni
In un mondo devastato da una guerra che dura da cento anni, una elfa e un mezzelfo cercano di vivere come possono tenendosi nascosti alcuni segreti in un villaggio situato su una isola lontano dalle violenze, la loro vita inizierà a essere sconvolta da una inattesa visita e dal passato che non li ha mai lasciati
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Siete pronti?- il cacciatore era molto felice di andare via da quella città: non era mai andato molto d’accordo con gli Umani per via del loro carattere, incapace di accettare nuove razze nel loro territorio

-Aspettate! Ho dimenticato una cosa importante- Ember corse subito, senza farsi vedere dall’oste, nella sua camera nella locanda

-Cosa? La foto del cane? Dai sbrigati- lo prese in giro Steel. Quando il Mezzelfo tornò i tre si incamminarono senza altre soste. Il Mezzelfo non aveva avvertito Tordek della sua partenza ma non gli importava di questo. Mentre Ember controllava Steel, Orhen notò uno strano oggetto appuntito che faceva capolino della borsa del suo amico, ma le interessava di più sapere informazioni sul tragitto

-Dove siamo diretti?- chiese allora

-Fuori città. Diciamo che è una sorpresa ma tranquilli sono organizzato, fidatemi di me e niente più domande- Orhen non disse più niente, come le aveva ordinato Steel. Attraversarono strade, viali, piccoli parchi, era veramente una città molto carina; l’Elfa non aveva mai visitato tutto il paesino e si ricordava poco di quello che vide anni prima quando era arrivata e quindi la osservava affascinata. Anche Ember faceva lo stesso: non pensava che gli Umani, per certe cose, avessero buon gusto; Steel era stranamente frettoloso, non guardava la città ma era preso nei suoi pensieri. Il centro abitato era cinto da mura e da un fitto bosco. Gli abitanti di Watnit ne avevano sempre avuto paura, a parte alcuni uomini per ricavarne della legna, nessuno ci andava mai. La piccola compagnia si inoltrò proprio nella foresta, il Mezzelfo e Orhen ne ignoravano il pericolo, invece Steel stava ben attento. Il bosco era…. stanco, vecchio, gli alberi più alti ricurvi sembravano avere una gobba, le piante più basse erano spoglie con dei filamenti bianchi come capelli sui rami. Il vento, di tanto in tanto si faceva sentire, muoveva il bosco che… parlava, viveva. Camminavano in fila indiana, davanti Steel che faceva da guida, lo seguiva Orhen affascinata dalla foresta e, alle sue spalle, Ember con una cartina in mano. Bisognava stare attenti a non inciampare nelle enormi radici degli alberi che erano riuscite a salire in superficie; il sole ancora non era sorto ma tanto anche se ci fosse stato non avrebbe illuminato il posto più di tanto. Non c’erano sentieri ma il Mirilith camminava come se sapesse a memoria il percorso da seguire; si sentivano dei rumori, tal volta anormali ma si continuava ad andare avanti e nessuno pronunciava una parola, fino a che non si sentì il suono distante di un ruscello

-Ci siamo quasi- Steel aveva il sorriso stampato sulla faccia. In effetti, da lontano, si intravedeva una graziosa casetta di legno dove intorno non c’erano alberi.

-Questa casa l’ho affittata un pò di tempo fa, apparteneva ad una famigliola di quattro persone. Ora sono tutte morte- spiegò il cacciatore di taglie. Orhen ed Ember erano stupiti che qualcuno potesse vivere in un bosco così tetro, ma entrambi non fecero domande avendo paura delle risposte. La casa era composta solo da un piano ed era, ora che si notava più da vicino, molto rovinata. Le persiane e la porta stavano cadendo a pezzi, sul tetto e sulle pareti c’erano molti buchi. Una caratteristica di Orhen era la sua curiosità su tutto ciò che la circondava e che la potesse interessare, molto spesso il suo vizio di impicciarsi degli affari altrui la portò ad avere qualche litigio con il signor Tordek. In quel momento, vedendo in che condizioni era la casa, voleva fare la curiosa domanda -Come è morta la famiglia?- ma non le riusciva, sperava almeno di non trovare corpi morti una volta entrata.  Nell’abitazione regnava la polvere ma, a differenza delle aspettative, era molto ordinata, spaziosa e calda.

-Per quanto tempo staremo qua?- domandò Ember

-Dipende tutto da noi-

-Cosa intendi dire?-

-Dipende dal tempo che ci metteremo a pulire questa baracca e ad allenarci. È meglio che posiamo la nostra roba fuori, dentro si sporcherà-

Ember ed Orhen seguirono il consiglio di Steel. Il Mezzelfo andò a comprare l’occorrente per pulire, mentre il Mirilith faceva la guardia alle loro sacche e l’amica cercava di togliere la polvere con uno straccio trovato dentro la casa. Al suo ritorno le borse non stavano più fuori e nella loro nuova dimora l’Elfa e il cacciatore di taglie stavano lottando contro delle incrostazioni nel bagno. Ci vollero circa due settimane per far sembrare nuova la baracca. Ognuno aveva la sua stanza arredata a seconda dei gusti, i buchi nel tetto erano stati riparati come anche l’impianto idrico e dopo alcuni giorni di riposo, Steel volle cominciare l’addestramento

-Inizierò da te- disse consegnando una spada al mezzelfo

-Ti farò vedere come maneggiare quest’arma-

-Perché non facciamo subito un piccolo duello?-propose Ember

-Ma sei matto?- 

-Non prendermi troppo alla leggera: qualcosa so anche fare!-

-Non sai con chi hai a che fare! Peggio per te. Sei pronto?- disse Steel in tono di sfida  

-Comincia quando vuoi-

-Se ci tieni così tanto, ti accontento- Il Mirilith corse verso il compagno pronto a pararsi, ma voleva colpirlo alle spalle quindi di scatto saltò, lo superò e cercò di ferirlo alle gambe ma, inaspettatamente, Ember balzò in aria girandosi verso l’avversario ed evitando il colpo. Fu il suo turno. Tentò più volte di ferire il cacciatore che, come lui, si muoveva agilmente. Tutti e due erano velocissimi. Il forte rumore delle spade che si raschiavano copriva i suoni della foresta. Ember dapprima ebbe qualche difficoltà a schivare i colpi di Steel che lo graffiò più volte, ma il Mezzelfo resisteva e contrattaccava il nemico, anche lui messo in difficoltà dalla potenza dei suoi colpi. Orhen li guardava con meraviglia, non si aspettava che Steel fosse così bravo nel maneggiare una spada ma soprattutto era incredula nel vedere il suo migliore amico che gli teneva testa. Il Mirilith provò a colpire Ember verso il collo per farlo indietreggiare, ma lui si scansò in tempo, poi attaccò ancora ed il Mezzelfo si abbassò prontamente allora il cacciatore sferrò un calcio colpendolo allo stomaco. Entrambi si allontanarono per poi attaccarsi a vicenda un’altra volta ma ambedue si continuavano a parare dagli attacchi dell’avversario. Dopo dieci minuti lo scontro terminò. L’uno e l’altro avevano il fiatone e sorridevano guardandosi negli occhi  

-Dove hai imparato a combattere?- naturalmente anche il cacciatore era incredulo

-Nel mio paese mi addestrarono a combattere quando ero piccolo-  

-Sei molto bravo, quasi un esperto e visto che sei così abile, ti affido Orhen, le devi insegnare a combattere-

-Ma non sono…-

-Niente discussioni, se vuoi essere un mio degno compagno devi saper anche insegnare- Il Mezzelfo acconsentì e si ritrovò a fare il maestro dell’Elfa. Ember è sempre stato molto timido e quando era imbarazzato si grattava sempre la barba, non se la tagliava quasi mai e non gli cresceva poi più di tanto, era come un segno di riconoscimento e in quel momento si toccava proprio il mento. Partirono dalle basi fino a che non fecero un duello, Steel dava consigli ad entrambi i suoi compagni e alla fine il vincitore fu Ember che riuscì a togliere l‘arma ad Orhen facendola cadere a terra. Aveva qualche ferita ma anche lei era riuscita a colpire l’avversario. Passarono mesi di allenamento e di riposo fino a che non giunse il momento di lasciare quel posto. L’ultima sera Orhen stava seduta in una piccola zona, non molto lontana dalla casa, in cui non erano cresciuti gli alberi e dove si poteva ammirare un tramonto eccezionale. Il sole ancora illuminava la città di un rosa acceso. Quel posto stava proprio su una bassa collina da dove però si poteva osservare Watnit dall’alto ed Orhen guardava con meraviglia qual paesaggio: il sole stava per essere inghiottito dalla città, a guardarlo non aveva paura di incontrare strane bestie o pericolosi mostri. Lei era triste perché pensava al giorno seguente, quando lasceranno quel posto magnifico che in principio faceva paura ma non si pentiva di aver conosciuto Steel, lo riteneva simpatico, coraggioso ed esperto nel combattimento, nella magia (le aveva insegnato vari incantesimi utili ma naturalmente lui non li poteva utilizzare, sapeva solo le formule) e ormai sapeva maneggiare bene la spada

-Hai sistemato le tue cose nella borsa?- Steel si era seduto accanto a lei e non se ne era nemmeno resa conto. Era sempre silenzioso, essendo un cacciatore di taglie doveva essere stato ben addestrato in questo; anche il suo tono di voce era basso, dolce anche.

-Si, stai tranquillo. Mi dispiace andare via da questa casa, mi ci sono già affezionata!-    

-Anche a me spiace ma ci sono abituato, si insomma, a lasciare posti così belli e rilassati. Ti ci dovrai fare l’abitudine- Orhen e Steel si fissarono e l’Elfa si accorse che gli occhi del cacciatore erano dorati. Non ci aveva fatto caso. Seguì la quiete, poi il Mirilith ricominciò a parlare

-Come mai lavoravi in quella città?- Orhen non rispose subito

-Scappai dal mio bosco nativo perché gli Elfi erano (e sono) continuamente sotto attacco, mi rifugiai a Watnit  dove ho trovato lavoro e un po’ di pace. Poi ho incontrato te e il resto lo sai-

-E la tua famiglia?- L’Elfa rimase in silenzio, poi Steel continuò a fare domande

-Invece Ember?-

-Combatteva per difendere un villaggio umano che in seguito fu distrutto dai Demoni. Solo lui e poche persone riuscirono a sopravvivere all’attacco, decise poi di andare su quest’isola-

-Come mai hai voluto seguirmi?-

-Ormai non avevo altra scelta e poi non vedevo l’ora di andarmene da Watnit, ma a guardarla da quassù quasi mi viene nostalgia. Che stupida-

-Ma che ci facevi in quella città?- ora toccò ad Orhen fare una domanda

-Ero diretto ad Ekros ma volevo riposarmi qualche giorno in una città….-

-E la prima che trovasti fu Watnit- lo interruppe la stregona

-Esatto……-

-Dimmi qualcos’altro-

-Cosa vuoi sapere esattamente?-

-Da dove vieni oppure come mai hai scelto di fare il cacciatore di taglie, cose del genere-

-Non ricordo il nome della città in cui nacqui, ma abitavo nella regione Inari, territorio Mirilith. I miei genitori volevano che diventassi un cacciatore perché era un lavoro ereditario e mi trasferirono in un’altra città quando ero ancora piccolo. Lì mi allenai, studiai e divenni ciò che sono adesso. Poi cominciai a girare tutto il mondo-

-Ma volevi veramente fare questo lavoro?-

-In effetti un mio sogno era quello di diventare un guerriero. In quel tempo c’era una guerra a Inari e volevo stare al fianco di alcuni combattenti per liberare la mia terra. Diciamo che sono un tipo alquanto patriottico, in più molti dei miei amici divennero guerrieri e volevo stare con loro…ma morirono quasi tutti in battaglia, quindi ci siamo dovuti comunque lasciare. Seguii la strada del cacciatore che alla fine mi piacque molto ed ora ringrazio i miei genitori per questo-

-Mi spiace per i tuoi amici….-

-Non ci pensare…- Steel stava tremando quando parlava ed Orhen si sentì tremendamente in colpa per avergli fatto ricordare momenti molto tristi

-Vi conoscete da tanto tempo tu ed Ember?- riprese il Mirilith dopo poco

-Più o meno da cinque anni. Da quando sono venuta a lavorare qui-

-Siete molto legati-

-Già, gli voglio bene come un fratello- osservarono in silenzio il panorama, si sentivano solo i cinguettii degli uccelli e il rumore di una brezza in mezzo agli alberi. Ormai il sole era scomparso ma ancora la sua luce illuminava di un colore chiaro le poche nuvole nel cielo

-Non sapevo che avessi un talento nascosto nel maneggiare la spada, complimenti, e poi non sono facili gli incantesimi che già sapevi-

-Me li insegnò mio nonno anni fa, prima di fuggire in questa città…non lo dimenticherò mai- i due si guardarono per qualche secondo finche non sentirono la voce di Ember che li stava chiamando per la cena

-Ci divertiremo. Te lo prometto- disse il cacciatore alzandosi

-Non ti pentirai mai di avermi seguito, vedrai paesaggi migliori e faremo pranzi da re, viaggeremo per il mondo catturando criminali e rischiando la vita! Forse è solo un sogno ma è un bel sogno e poi… gli Umani ancora non hanno vietato lo sperare- poi sorridendo, porse la mano all’amica per aiutarla ad alzarsi e disse

-Andiamo da Ember, altrimenti il cibo si fredda- I tre, ormai cari amici, mangiarono con appetito tutto quello che si trovava sul tavolo e si divertirono molto nell’ascoltare i racconti stravaganti che conosceva Steel. Lui aveva viaggiato molto ed erano anni che faceva il suo mestiere, sapeva raccontare le storie trascinando l’ascoltatore nel sentirle ancora, infine ebbero sonno e andarono a letto. 

  
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