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Autore: FrancyBorsari99    20/05/2014    2 recensioni
Amber ha vissuto i quindici anni della sua vita cercando un posto adatto a lei, ma ovunque sia stata non si è mai sentita a casa, ben accetta, è una reietta respinta da entrambe le ali della sua famiglia: da parte paterna è uno Shinigami, un Dio della Morte, da parte della madre sarebbe stata l'ente di una setta di Alchimisti, se il capocongrega non l'avesse cacciata.
Finchè un giorno, dal mondo degli Shinigami, non intravede sulla terra un posto strano, che sembra ospitare gente dal sangue misto e semidivino: il Campo Mezzosangue.
Forse, questa è l'unica possibilità che le resta per riscattare un passato da esiliata e annientare i fantasmi che la tormentano. E poi c'è Leo.
Lo strano meccanico sempre sorridente, ma nei cui occhi Amber riesce a vedere le ombre.
Chissà che non le sconfiggano insieme...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LEO

 

Le prime parole che quella ragazza mi rivolge mi lasciano piuttosto perplesso. Sono il proprietario di un Death Note, ho capito bene? Il nome non promette assai nulla di buono, e sin da quando mia madre morì giurai a me stesso che delle morti ne avevo avuto abbastanza. Siamo sopravvissuti tutti (o quasi) alle recenti imprese, e fino a qualche mese fa credevo che avrei avuto una vita un po' meno caotica.

Dei, quanto mi sbagliavo a quei tempi.

Noi sette dell'ultima profezia eravamo stati messi al corrente da Rachel che un mostro potente stava arrivando, e mi aspettavo qualcosa dotato di quoziente intellettivo piuttosto basso con l'unico ed irrazionale intento di fare di noi il suo spuntino pomeridiano.

Non certo una ragazza stra-carina.

Okay, lo ammetto, lì per lì ci sono rimasto un po' male, non ha mai visto altri mostri se non ciclopi con crisi di iper protettività materna e giganti affetti da sadismo cronico, e mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa di differente una volta tanto.

Ma quegli occhi neri e profondi, quei capelli bianchi, quello sguardo imperscrutabile hanno uno strano fascino. Non mi dispiacerebbe essere suo amico.

E a sentire lei, avrei dovuto starle incollato, o meglio, lei avrebbe dovuto stare incollata a me.

 

– Congratulazioni, Leo Valdez. Da oggi sei il nuovo proprietario del Death Note dello Shinigami Amber. – suona come una condanna al patibolo.

Inclino la testa di lato, non riesco ad interpretare le sue parole, e i nostri occhi si incontrano.

Lo sguardo di Hazel saetta da lei a me e viceversa, e sono tentato dal chiederle di smetterla.

– Ehm... Fico. Cosa vuol dire? –

fa roteare le pupille con stizza e le sue ali hanno un fremito nervoso.

– Vuol dire che da oggi in poi quel quaderno è tuo, e potrai farci quello che ti pare. –

Abbasso lo sguardo sull'oggetto fra le mie mani: un comunissimo quadernone a righe con la copertina nera e la scritta Death Note. Istintivamente lo apro, e quando leggo ciò che c'è scritto sopra mi pento subito di averlo fatto.

1. L'umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno...

Sento come se il mondo mi stesse crollando addosso, e giuro che non è una bella sensazione.

...Morirà.

– Stai scherzando, vero? – lei mi fissa con divertimento sadico, come se le piacesse il mio sgomento.

Be', a me piace lei, direi che la cosa funzioni, no? Okay, no.

– Per sincerartene perché non lo provi? – c'è tono di sfida nella sua voce.

Subito sono tentato di farlo, un quaderno non può uccidere così, su due piedi.

E se morisse davvero? Mi farei carico della morte di una persona. Se volessi tentare seriamente, dovrei provare con qualcuno la cui morte andrebbe a vantaggio comune... ma sarebbe comunque omicidio.

– Grazie, ma no, grazie. – dico, facendo scorrere gli occhi sulle parole. Quest'affare deve essere incantato, la dislessia non mi impedisce di leggere.

2. Affinché il quaderno abbia effetto, occorre avere in mente il volto della vittima designata, per evitare di colpire eventuali omonimi.

3. Se entro 40 secondi dopo aver scritto il nome si specificano anche le cause della morte, questa avverrà nella maniera stabilita, ma entro i limiti fisici e spaziali della vittima (che lo Shinigami non è tenuto a sapere).

4. Dopo aver scritto Nome e Cause della morte, si hanno 6 minuti e 40 secondi per aggiungere dettagli sulle condizioni della stessa.

5. se non viene specificata la causa, le vittime moriranno per arresto cardiaco.

6. Dopo la morte, vi è il Mu (Nulla)

 

Okay, questa cosa mi fa davvero paura. Il modo in cui Amber mi fissa, gustandosi quel vago senso di terrore che mi gela le viscere, mi fa capire che è una cosa seria. E devo starci attento.

– Sono obbligato ad usarlo? – chiedo, chiudendo il quaderno.

– Ovviamente no, e se ci tieni alla tua sanità mentale non lo farei. Anche io lo uso solo se strettamente necessario. –

la notizia mi toglie un peso dallo stomaco. Quindi mi basterebbe chiuderlo in una cassaforte d'oro imperiale e sigillarla con quanti più codici mi vengano in mente, per essere sicuro che non faccia del male a nessuno.

Se è anche vero che se qualcuno me lo rubasse, o se lo smarrissi, ne perderei la proprietà, come dice l'ultima regola, finirebbe sicuramente nelle mani sbagliate. Per un attimo ho la fugace immagine di quello spaventapasseri di Octavian che scrive il nome di Jason solo per poter diventare pretore di Nuova Roma mi attraversa la mente. Scaccio quel pensiero con un fremito della testa.

– Oh, bene! – fingo di non essere spaventato o preoccupato e lo infilo nella tasca laterale della cintura degli attrezzi.

Mi volto e faccio per andare nel Bunker Nove, dove sono certo di poter pensare senza avere nessuno fra i piedi, quando sento dei passi al mio fianco e qualcosa che tocca il mio gomito.

È lei.

Faccio un balzo di lato per la sorpresa. – Cosa c'è?! – non mi contengo e quasi urlo.

Lei ridacchia fra sé e sé. – Spiacente, ma dal momento che sei il proprietario del mio quaderno, sono costretta a seguirti ovunque tu vada. –

– Che?!?! –

– è la tredicesima regola.

Ficco la mano nella tasca ed estraggo il quaderno. È vero. Ha ragione.

Non sono del tutto sicuro di volere questa presenza demoniaca al mio fianco fino alla morte, ma credo di avere ben poche alternative, o dovrò correre il rischio che sia Octavian a trovare il quaderno. O qualcuno di peggio, che preferisco non immaginare.

Ripongo il Death Note al suo posto.

– Posso andare in bagno da solo, almeno?

– In cambio mi dai delle mele.

– Ehm... se ci tieni... – faccio spallucce e cerco di riprendere il mio solito carattere ironico, proponendole di farle visitare il Bunker 9.

– Se fai la brava e non mi uccidi ti mostro anche la mia trireme.

 

 

Fisso soddisfatto la sua bocca spalancata per l'ammirazione quando le faccio fare il tour

dell'Argo II.

È già da un po' che chiacchieriamo, e si è inaspettatamente rivelata una presenza piacevole.

All'inizio era piuttosto restia a parlare, ma quando si confida un po' capisco qual'è il motivo di tale titubanza: nessuno la vuole, tutto qui, e non ha mai avuto qualcuno con cui aprirsi. Caspita, devo starle proprio simpatico! Un punto a favore per il Team Leo.

Sembra apprezzare il mio incoraggiamento e la mia ironia, e riesco addirittura a farla rorridere con una battuta.

Mi racconta che suo padre si era innamorato perdutamente di una mortale a capo di una setta segreta di alchimisti, e lei è nata prima che lui si sacrificasse per sua madre (della morte non ha fatto altro che cenno, ma preferisco non indagare ulteriormente: sembra che la cosa la turbi). Per molti anni aveva vissuto con sua madre, poi la società segreta l'aveva bandita per la sua capacità, aumentata dalla parte divina, di trasmutare la materia in qualsiasi altra semplicemente fissandola.

– Un potere simile era considerato una maledizione anche in una congrega di fanatici della Pietra Filosofale. Inoltre, il fatto che avessi le ali li metteva tremendamente a disagio, e quando mia madre morì mi cacciarono. Nemmeno nel mondo degli Shinigami ero ben voluta: io odiavo loro, e loro odiavano me. Ero considerata un aborto di natura, uno scarto indegno di essere chiamato Dio della Morte. – conclude.

Sospira fissandosi i lacci rossi degli anfibi, e le leggo una sensazione orribile negli occhi, quel senso di solitudine che grava anche sul mio petto da un sacco di tempo.

– Mi hanno sempre fatta sentire come una nullità, e si erano lamentati con il Vecchio perché mi era stato dato un Quaderno. Ovviamente lui non volle sentire ragioni e, nonostante anche per lui fossi la vergogna del nostro mondo, me lo lasciò tenere. –

Si siede al tavolo nell'angolo dell'officina, premendosi le dita sulle tempie.

Un bullone di fianco alla sua mano si solleva lentamente e volteggia intorno alla sua testa.

– Il metallo è l'elemento che mi è più facile utilizzare. – dice, sorridendo tristemente, e il bullone vola nella mia mano, lo sento tremare e scaldarsi, fino a diventare rosso e rovente.

Non sembra stupita dal mio essere completamente a prova di fuoco e calore e gli angoli della sua bocca si incurvano leggermente.

Lo stringo nel pugno, la polpa fumante chiusa fra le mie dita si modella e quando le riapro è diventato un anellino a spirale di bronzo celeste. Me lo rigiro fra i polpastrelli. È ancora caldo, e tenerlo mi da una strana sensazione, come se celasse un significato importante ed ineluttabile. Cos'è, un simbolo di fiducia? Spero di sì, avere qualcuno che sta come me la maggior parte del tempo mi farebbe sentire meno solo.

Metto l'anello nella tasca della cintura e alzo lo sguardo su di lei, che ha abbassato la testa sulle ginocchia.

Mi dispiace vederla così affranta, e mi avvicino. Allungo la mano, sento come una scarica di corrente elettrica (mi accerto che Jason non sia nei paraggi) che mi attraversa il braccio, lo stomaco un po' aggrovigliato. Le appoggio il palmo sulla spalla. Lei tira su la testa di scatto, un po' stupita, ma lascia che stringa la presa come a rassicurarla e mi sorride mestamente. Solo in quel momento realizzo quanti sembri innocua con in suo viso un po' infantile e le sue migliaia di lentiggini, i suoi ciuffi bianchi e i suoi occhi grandi e profondi. Quel suo sguardo poi è una cosa irresistibile, implorante d'amore e allo stesso tempo inscalfibile ed imperscrutabile, deciso a lasciare tutto quanto sul fondo di quei pozzi neri. Conosco così bene quello sguardo perché è molto simile al mio.

Mi viene voglia di abbracciarla, la scintilla che un po' brilla all'angolo dell'iride la fa sembrare ancora più desiderosa d'affetto.

– Credimi, so come ci si sente. – e attacco a raccontare la mia storia.

 

 

Amber mi piace, realizzo. Mi piace moltissimo.

Mi intendo alla perfezione con le e, benché il nostro rapporto sia appena nato, sento che funziona bene come una macchina ben oliata.

Devo stare attento, però.

Tanto per cominciare ho a che fare con un mezzo dio della morte e mezzo alchimista in grado di cambiare i materiali a suo piacimento (se decidesse di trasformare le mie viscere in un tubo per annaffiare sarei nei guai), ma anche perché ogni volta che la guardo e realizzo che la sua compagnia è un dono per me, sento il senso di colpa che mi impossessa e mi fa ghiacciare il sangue nelle vene, impedisce la circolazione nel cuore, l'ossigeno non arriva al cervello e vorrei solo svenire e non svegliarmi mai più.

Certo, Amber mi scalda dentro per quanto fredda come la morte possa essere (nota per il futuro: scoprire un'eventuale parentela fra lei e Di Angelo), ma il vuoto non si sta davvero colmando. Non come desidero.

Perché quella frase rimbomba ancora nelle mie orecchie:

 

Tornerò per te,

Calypso.

Lo giuro sul fiume Stige.

 

 

 

Spazio Autrice:

Ehi, gente, che ve ne pare???? Stavolta ho voluto raccontare dal punto di vista di Leo, che ve ne pare?

solita richiesta, piccola recensione fa di me una scrittrice sicura e contenta <3

seriamente, spero vi piaccia!!!!!!!

 

 

 

  
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