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Autore: Merope_Blackbow    21/05/2014    2 recensioni
Una ragazza semplice ma determinata, pronta a offrirsi volontaria per vendicare la morte del fratello. Pronta a uccidere, a sconfiggere, coloro che le hanno portato via il suo eroe.
All'età di soli 13 anni, Chiara conosce tutta la storia della Ghiandaia Imitatrice, colei che ha abolito gli Hunger Games. Sono passati 70 anni dalla vittoria dei ribelli, la capitale è riuscita a riconquistare il comando e ha fatto rinascere gli Hunger Games dalle loro ceneri, come una fenice. Suo fratello è morto alla 15° edizione. Ora Chiara, tributo del Distretto 10 nella 20° edizione dei giochi, vuole vendicare la sua morte e mettere un fermo all'ingiusta carneficina, ripercorrendo le orme di Katniss Everdeen, la Ghiandaia Imitatrice.
Dal testo:
"Mi alzai in silenzio e portai le tre dita centrali della mano sinistra alle labbra, per poi allungarle verso il pubblico. Ecco, l'avevo fatto. Il gesto del distretto 12, quel gesto che, all'inizio, significava ammirazione, rispetto e dire addio ad una persona cara; mentre, durante la rivolta, significava Ribellione."
"[…]…rabbrividii. Non perché mi facesse venire la nausea al solo pensiero di quelle morti, anzi, me ne rallegravo. Erano 6 tributi in meno. Sei possibilità in più di sopravvivere."
Genere: Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Caesar Flickerman, Nuovi Tributi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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POV Matthew:

 

Stavamo correndo ma non sapevamo dove.

Gli ululati dietro di noi si facevano sempre più forti: gli ibridi ci stavano raggiungendo. Il bosco intorno a noi era buio e l'unico rumore erano le nostre scarpe sul terreno ricoperto da foglie secche e ramoscelli.

Gli animali erano scomparsi. Né lepri, né tacchini selvatici, né ghiandaie erano spettatori di quell'orrendo e macabro spettacolo.

Mi guardai indietro e vidi 21 paia di occhi che mi fissavano famelici.

Accelerai il passo: volevo mettere più distanza possibile tra me e quegli abomini.

Eravamo quasi arrivati alla Cornucopia, intorno a noi tutto sembrava morto.

Persino gli alberi erano appassiti. Oppure era la mia immaginazione?

Chiusi gli occhi e continuai a correre. Avevo paura. Non ricordavo nemmeno da quanto stessimo correndo. Settimane? Mesi? Pochi minuti?

Ero così stanco. Forse potevo rinunciare a salvarmi. Potevo fermarmi lì, farmi sbranare dagli ibridi?

Solo 5 minuti” implorai nella mia mente. Stavo già rallentando, quando una mano fredda mi afferrò per il polso e mi tirò in avanti. Aprii gli occhi di scatto, spaventato.

Ma era solo una ragazza…voglio dire: il Tributo del Distretto 10. chiara, la guardai in quei grandi occhi neri e cominciai a correre di nuovo, tenendola per mano. Un nuovo senso di determinazione era nato in me.

 

POV Chiara:

Sono nata per essere coraggiosa. È quello che diceva sempre mia madre, dopo la morte di mio fratello Davide Aloys. Quella frase m'infondeva coraggio.

E ora, a cinque anni di distanza, in un'arena della morte, era diventata il mio mantra.

Stavo correndo il più velocemente possibile per seminare gli ibridi che ci inseguivano.

Gli alberi intorno a noi si diradavano a mano a mano che ci avvicinavamo alla Cornucopia; e ripetevo quella frase, a denti stretti:-Sono nata per essere coraggiosa. Sono nata per essere coraggiosa. Sono nata per…- mi bloccai non appena vidi che il Tributo del Distretto 4, Matthew, stava rallentando.

Corsi verso di lui e lo presi per il polso. Lo incitai a continuare, senza parlare. Non servivano parole. Non in una situazione simile, con dei demoni alle calcagna.

Ricominciammo a correre, insieme. Mano nella mano, come vecchi amici che corrono in un parco.

Mi venne da ridere per quella similitudine: era una cosa così normale.

Dopo un po' vidi George cadere a terra. Mi fermai per aiutarlo, ma Matthew mi tirò per il braccio, facendomi alzare. Ricominciammo a correre.

Mi voltai solo una volta, ma fu necessaria per vedere l'espressione rassegnata sul volto di George; furono sufficienti pochi minuti di lenta agonia prima che quei mostri si ritraessero dal corpo maciullato e privo di vita del mio compagno di Distretto. Gli ibridi scomparvero tra la vegetazione, poi si sentì il cannone sparare e una rabbia sorda mai provata prima di allora m'invase.

Strizzai gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.

Non potevo permettermi di piangere. Non lì, in quel campo di battaglia -sarebbe meglio dire sterminio- bagnato dal sangue di George e James.

Al pensiero del corpo morto e dissanguato di James mi si strozzò la gola.

-E ora che si fa?- chiese Matthew, fissando la Cornucopia.

-In che senso?- feci io, dimostrando per l'ennesima volta la mia idiozia.

Matthew mi squadrò da capo a piedi e alzò un sopracciglio. In quel momento odiai essere così bassa.

-Siamo rimasti solo noi due- mi fece notare.

-Ah- risposi. Me n'ero quasi dimenticata. George…James…Elena…tutti morti.

-Io non ti voglio uccidere- mormorò lui.

-Ma lo farai. Devi farlo se vuoi sopravvivere. Nemmeno io voglio ucciderti, ma…-

Matthew m'interruppe scuotendo la testa.

-No, non voglio ucciderti e non lo farò- esclamò convinto.

-Tzè, dici così, ma poi, quando abbasserò la guardia per un attimo…-

Si avvicinò a me. Ci dividevano solo pochi centimetri. Uno spazio immenso ma, allo stesso tempo, minuscolo.

-Possibile che non capisci?-, sibilò infuriato, -Io non voglio dargliela vinta!-

Quelle parole mi sorpresero non poco. Sapevo che i ribelli si erano infiltrati nei vari Distretti, ma possibile che…

-Fire is catching, and if we burn…- era il motto dei ribelli. Se avesse finito la frase avrebbe voluto dire che Matthew Undertaker era uno dei ribelli.

-…you burn with us- finì la frase lui. Mi accigliai.

-Sei un ribelle- sussurrai guardandolo negli occhi.

La mia era una constatazione, ma lui rispose comunque:-Si-

-Cosa succede adesso?-, chiesi, -Chi di noi due vincerà?-

-Potremo vincere insieme-, una scintilla gli accese lo sguardo, -Rifiutarci di ucciderci l'un l'altra- propose.

-Perché?- chiesi avvicinandomi a lui, attratta da quegli occhi d'oro liquido; da quello sguardo ribelle che gli illuminava il volto.

-Non voglio essere una pedina nei loro giochi- rispose talmente piano che quasi non lo sentii. Fissò il suo sguardo nel mio, avvicinandosi sempre di più, finché non ci furono che cinque millimetri a separarci.

Stava avvicinando il suo viso al mio, ma io non potevo baciarlo. Non che non lo volessi, sia chiaro (e non perché sono una troia), ma il ragazzo a cui avevo dato il mio primo bacio era morto sotto i miei occhi appena qualche decina di minuti prima. Non me la sentivo, ecco tutto.

Cercai di ritrarmi ma lui mi mise le braccia intorno alla vita e mi strinse a sé.

-Stai tranquilla-, mi disse con le labbra sulle mie, -Pensa a come piacerà agli spettatori. Di certo non vorranno che uno dei due muoia-

-Ma…non potremo mai scendere da questo treno. Vorranno sempre di più- risposi con la mente annebbiata. In realtà non pensavo a quanto sarebbe piaciuto agli spettatori, ma a quanto sarebbe piaciuto a me.

-E perché mai dovremmo voler scendere da questo treno?- chiese.

Poi mi baciò. All'inizio fu un bacio dolce ma poi, quando schiusi le labbra, divenne un bacio appassionato e famelico. Era come…come se…avete presente le famose “farfalle nello stomaco”? Beh, io avevo un intero stormo di ghiandaie imitatrici!

Quando ci separammo eravamo tutti e due senza fiato. Un sorriso ebete illuminava il volto di entrambi.

Matthew appoggiò la sua fronte sulla mia.

-Non ti voglio uccidere- disse ad alta voce, in modo che lo potessero sentire anche i Capitolini.

Stetti al suo gioco e gli domandai:-Perché?-

Lui sorrise dolcemente.

-Perché sei la mia Annie- rispose e mi baciò di nuovo.

Tutti sanno che, dopo la ribellione, nel Distretto 4 i ragazzi avevano cominciato a dichiararsi dicendo alla ragazza che amavano: “Sei la mia Annie”. Le ragazze, al contrario, rispondevano: “Sei il mio Finnick”.

La storia di Finnick e Annie è la più romantica di tutte quelle conosciute nei vari Distretti. Nessuno ha mai amato una donna più di quanto Finnick amasse Annie. E se quella semplice frase -“Perché sei la mia Annie”- non avesse fatto effetto nel pubblico della capitale, nient'altro avrebbe funzionato.

Una voce, fuoriuscita dagli altoparlanti nascosti nell'arena, mi riscosse dai miei pensieri. Guardai in alto, verso la proiezione del volto di Abigale Sutcliff: la capo Stratega.

-Attenzione, Tributi, attenzione!- disse Abigale.

-Siamo lieti di informarvi che gli Hunger Games sono finiti. dunque…permettetemi di presentarvi i vincitori della 20° edizione degli Hunger Games!-

Spalancai gli occhi per la sorpresa e abbracciai Matthew. Non potevo crederci. Ero viva. Ero una sopravvissuta, certo, e i volti degli altri 22 Tributi mi avrebbero perseguitata nei miei incubi, ovviamente. Ma ero viva. Viva!

Ero riuscita a rendere onore a mio fratello. Mi ero offerta volontaria per lui e ora avevo vinto per lui.

Matthew mi strinse a sé e insieme cominciammo a ridere. Nessuno dei due riusciva a spiegarsi il perché, ma avevamo voglia…no, avevamo bisogno di ridere.

 

Non ci dividemmo mai, nemmeno quando l'Hovercraft ci fece salire a bordo.

Ci tenemmo sempre per mano. Quando arrivò il momento di toglierci il localizzatore dal braccio, affondai il viso nel suo petto. La stessa cosa fece lui, affondando il viso nella curva del mio collo e tra i miei capelli, che avevo liberato dalla coda e ora mi ricadevano lisci e pieni di nodi sulle spalle.

Ci volle un'ora intera per arrivare a Capitol City. Ci eravamo accucciati su un divanetto da qualche parte in quell'immenso “disco volante” (come lo chiamava mio padre quando voleva far ridere Davide e me).

Non volevamo essere divisi. E nessuno ci aveva provato. Era come se, in qualche modo, la vicinanza dell'uno poteva rassicurare l'altro, come se, se ci avessero divisi, la volta celeste sarebbe crollata e noi saremmo stati uccisi.

E, forse, sarebbe successo davvero. Magari il presidente non era poi così contento di avere due vincitori.

A quanto pareva Matthew aveva avuto la mia stessa idea, poiché mi chiese:-E se il presidente Longhorn desse l'ordine di far precipitare quest'Hovercraft e noi morissimo in un'esplosione?-

Ci pensai su per due minuti.

-Non lo farà. Tutta Capitol City più i Distretti si rivolterebbe contro di lui, altrimenti-

Matthew annuì piano, poi pronunciò le parole a cui non avevo avuto il coraggio di pensare:-Tornati a casa, dovremo dividerci-, sussurrò malinconico, -Tu andrai al Villaggio dei Vincitori del Distretto 10, io in quello dell'undici-

In quel momento il mondo cominciò a rallentare e io riuscii a sussurrare solo sette parole che, anni fa, avevo letto in un libro della grande biblioteca di mia madre. Perché è così che lei superava i ricordi dell'arena: mio padre si faceva di morfamina e lei fuggiva in un mondo fatto di illusioni.

-Per amore non c'è ostacolo di pietra- sussurrai prima di addormentarmi nelle forti braccia di Matthew e nel calore e senso di sicurezza che mi donava la sua vicinanza.

 

 

 

 

Nota autrice:

 

Ed ecco l'ottavo capitolo di questa umile fan fiction. Okay, lo ammetto, non avrei mai ucciso Chiara così presto. Eppure mancano dai tre ai cinque capeetoli. Dipende se mi verrà lo schizzo di scrivere nei particolari il Tour della Vittoria.

 

Ecco a voi una breve anteprima su quello che accadrà prossimamente:

 

Un uomo alto, slanciato e dalla carnagione scura entrò nella stanza. Andò dal capo dei Pacificatori e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, poi uscì.

 

Alla prossima, Merope_Blackbow

  
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