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Autore: SylPms    21/05/2014    3 recensioni
101 - One Hundred and One | OOC | Fluff / Drama | Delena | AU = tutti umani
Elena fa parte di quei "ragazzi particolari". E' una delle ragazze più brillanti del suo corso ma al di fuori degli esami, nessuno, a parte Caroline, l'ha mai sentita parlare di qualcosa che non riguardi lo studio o la scienza. E' una di quelle ragazze che non riescono a guardarti negli occhi, una di quelle che per il nervosismo inizia a parlare delle cose più inadatte, una di quelle che ama catalogare tutto e sapere sempre cosa ci sarà dietro l'angolo. Per questo motivo costruisce liste delle cose da fare e dei desideri da realizzare. E' la spontaneità quello che le manca, l'impulsività, la gioia di vivere. Damon incarna tutti i suoi demoni interiori, ciò che non è mai stata e che mai sarà, o almeno di questo è convinta prima di incontrarlo. Sarà Damon ad aiutarla a completare la sua lista, in un modo che non si sarebbe mai aspettata.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Klaus, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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In vino veritas
"She said, 
“You know 
There’s nowhere else to go” 
But changing roles 
It struck me that the two of us could run"

 
 
 
Mi ero chiesta molte volte cosa sarebbe successo se avessi lasciato perdere tutto, se per una volta avessi lasciato prevalere l’istinto di cui sembravo ignorare l’esistenza e avessi preso la vita come veniva. Di fatto era quello che stavo facendo e non sembrava essere nulla di catastrofico, se non la migliore cosa che avessi deciso di fare.
Damon era chino sui talloni davanti al grande schermo della sua televisione a schermo piatto, in salotto,cercando i capire come funzionasse il decoder nuovo di zecca. L’aveva comprato quel giorno stesso e mi aveva chiesto se mi andasse di collaudarlo con lui, credendo fosse di essere più bravo con questo genere di cose.
Avevo abbandonato le mie scarpe poco più in là in un modo che non mi sarei mai sognata di fare e sedevo con entrambi i piedi sul divano morbido e le ginocchia al petto. Ogni tanto lo osservavo grattarsi la nuca, cercando di capirci qualcosa nelle istruzioni a quanto pare in coreano e non potevo evitare di sorridere. Una piccola porzione di schiena rimaneva scoperta ogni qual volta si chinava un po’ di più per armeggiare con i cavi e mi ritrovavo a pensare a quanto potesse essere attraente o semplicemente delicata una parte del corpo così piccola.
In quei giorni c’eravamo visti spesso, dal giorno della corsa l’avevo sentito bussare alla mia porta sorprendentemente più volte di quanto mi aspettassi e così doveva essere stato per lui, nonostante le mie visite fossero sporadiche. Avevo sentito però la necessità di inventare qualche scusa pur di poterlo fare e non sembrava dispiacergli. Avevamo messo a punto le ultime cose nell’appartamento che ormai prendeva forma rispettando la sua deadline del fine mese, ma in tutti quegli incontri non si era mai riproposto ciò che forse aveva suscitato quel continuo vederci, il giorno della corsa. Nemmeno per sbaglio avevo più sfiorato le sue labbra, nonostante ne avessi molta intenzione. Non potevo dire lo stesso di lui o meglio, non ne avevo idea e il solo pensiero che avesse voluto far finta di niente, mi faceva scivolare in un antro di vergogna. Comunque l’avrei compreso, in parte. Non avevo idea da dove fosse nata tutta quella confidenza tra di noi ma forse si trattava di una delle prassi del mondo sociale in cui due persone si avvicinano senza apparente motivo e delle volte non hanno bisogno di molto tempo per essere in intesa. Eppure io non credevo di avere un’intesa con lui. Non sapevo cosa gli passasse per la testa, cosa avesse in mente di fare e cosa pensasse di me e del fatto di vederci. Non ero nemmeno certa che queste cose dovessero essere intuibili ma in caso contrario, non riuscivo davvero a capire cosa fosse la fantomatica intesa tra due persone.
Finalmente si alzò e mi guardò con uno strano sguardo illuminato. In mano stringeva il telecomando e senza rivolgersi alla televisione, schiacciò il tasto di accensione e questa si accese.
“Allora? Sono o non sono un genio dell’elettronica?”
Sbuffai in una risata e scossi la testa per via della posizione buffa da trionfatore che aveva assunto “Per quanto ci hai messo troveremo tutti i film a metà o già finiti”
“Chi ha bisogno di film quando..” scorse velocemente la lista dei canali e si focalizzò su uno “.. abbiamo programmi di cucina a qualsiasi ora del giorno!”
Una giovane donna il cui aspetto non denotava un grande amore per il cibo, mescolava con una velocità sovraumana quello che doveva essere l’impasto di una torta con in sottofondo Sultan of Swing dei Dire Straits.
“Mi chiedo cosa c’entrino i Dire Straits con la torta ai lamponi” dissi, lasciando che i miei pensieri si materializzassero senza alcun filtro.
“I Dire Straits c’entrano sempre” puntualizzò Damon , sistemandosi beatamente sul divano, incurante del fatto che le sue gambe intralciassero il “mio spazio”. Si era steso con la schiena appoggiata al bracciolo e le gambe quasi totalmente stese che arrivavano ad infilarsi nello spazio lasciato dalle mie, piegate fino al petto.
“Ti piacciono i Dire Straits?” dissi voltandomi verso di lui e rendendomi conto di non sapere niente a riguardo su di lui.
“Puoi dirlo forte” mi guardò come se fosse un’ovvietà “Dev’esserti sfuggita la mia collezione di dischi o dev’essere sfuggito a me di esibirla fuori dagli scatoloni” scrollò le spalle.
Lo guardai sorridendo discretamente e fu il mio turno. “E tu che ascolti? Fai poco casino in qualità di dirimpettaia” mi rimproverò, quasi.
Fui io a scrollarmi le spalle “Mi piacciono i The Smiths, i Joy Division, Alanis Morisette..”
Lo vidi abbozzare un sorriso divertito “Alanis Morisette, davvero? Fa così ragazza arrabbiata” rise di gusto guadagnandosi un’occhiataccia e lo ignorai.
“We’ll fast fast forward to a few years later, and no one know except the both of uuuuus..” iniziai a cantare Hands Clean che in quei giorni non riusciva ad uscirmi dalla testa.
“Ti prego, Elena! Ci tengo alle mie orecchie” mi schernì  e lo guardai in cagnesco senza sapere se sentirmi offesa o meno. Scosse la testa, di rimando, e lo vidi slanciarsi pericolosamente contro di me. Mi afferrò per un braccio, lasciato a mezz’aria davanti a me, e mi attirò a sé. Finii con la schiena schiacciata contro il suo petto e il fondoschiena appoggiato sul suo bacino, dal momento che aveva aperto le gambe. Sentii il sangue concentrarsi completamente sulle mie gote e rimasi immobile, con ancora le sue mani strette sui miei polsi.
Lo sentii appoggiare le labbra contro il mio capo, tra i capelli e mi spinse a rilassarmi contro di lui. “Non sei poi così male..” si bloccò “..a cantare” aggiunse subito dopo, con un chiaro sorriso che percepii su di me.
“Ti rimangi tutto?” dissi con voce flebile, dal momento che lo dissi semplicemente per rompere il silenzio.
Annuì, strofinando il naso tra i miei capelli e fece scendere le mani dai polsi ai fianchi, poggiandole semplicemente lì. Ad ogni respiro sentivo l’aria calda che espirava sfiorarmi il collo e farmi rabbrividire, così come il calore estremo del suo addome contro la mia schiena.
“E’ stato bello vederti così tanto questa settimana” confessò, con le labbra vicine al mio orecchio e un sorriso mi sfuggì dalle labbra.
“Anche per me” e non fui certa che riuscì a sentirlo, ma dal momento che eravamo praticamente incollati, dedussi di si.
Istintivamente lasciai andare la testa all’indietro, appoggiandola placidamente nell’incavo del suo collo e lo vidi sorridere. Mi bastava alzare appena lo sguardo per vedere il suo viso, ma sapevo anche che se l’avessi fatto avrei perso totalmente il controllo su qualsiasi parte di me. Per qualche motivo mi faceva quell’effetto e sebbene perdere il controllo fosse quello che avevo cercato di fare in quei giorni, non ero certa di essere pronta a farlo in quel senso. Quando però sentii insistentemente il suo sguardo su di me, non potei fare a meno di guardarlo per capire che intenzioni avesse e lo vidi. Quel suo modo tanto spontaneo e incredibile di guardarmi con le labbra leggermente schiuse e gli occhi profondi e fitti, incorniciati dalle ciglia così folte e morbide. Allungai un braccio per potergliele sfiorare con le dita e li chiuse di rimando, lasciandomi fare. Le sentivo vibrare sotto il mio tocco e fu inevitabile lasciarle scendere sulle sue guance, nella piccola piega che creavano con il naso perfetto e sulle sue labbra..
Sentii la sua mano bloccarmi e i suoi occhi aprirsi di scatto. Vidi il suo volto chinarsi progressivamente su di me e in un istante le nostre labbra erano concatenate. Erano calde e morbide esattamente come l’ultima volta. Mi sporsi di più, questa volta, e subito dopo si staccò di qualche millimetro rimanendo a guardarmi.
Presa da non so quale impeto mi tirai su e, voltandomi verso di lui, mi sedetti completamente su di lui a gambe divaricate contro il suo bacino. Sembrò apprezzare la mia audacia dal momento che ancorò saldamente le mani ai miei fianchi, prima di trascinarmi nuovamente contro la sua bocca.
Stavolta il bacio fu più umido e accese interruttori che avevo sepolto ormai da chissà quanto. Arpionai le dita tra i suoi capelli e lo stesso fece lui, spingendomi a far aderire il mio petto al suo. Quando le sue mani si fecero spazio sotto la mia maglietta ebbi un fremito e se la mia prima idea fu di fermarlo, venne beatamente sepolta da quella più prepotente di lasciarlo fare. Con un gesto rapido ribaltò la situazione e mi fu sopra, ad occhi spalancati, completamente immersi nei miei. Mi accarezzò teneramente il volto e notai un lieve sorriso farsi strada sulle sue labbra carnose delle quali ancora avevo voglia. Fu il mio respiro già affannoso, probabilmente, a farlo sorridere e mi chiesi se fu anche il motivo che lo spinse a fermarsi.
“Ti va di uscire stasera?”
Damon
Non sapevo davvero cosa mi prendesse.
Avevo sotto di me una ragazza che non mi dispiaceva affatto e proprio quando ero riuscito ad infilarmi almeno sotto la sua maglietta, decidevo di bloccare tutto con un invito ad uscire. Qualcosa doveva essere andato storto nel mio cervello. Forse ero stato colpito da un’ischemia senza accorgermene e mi ero completamente rimbecillito. Come quando smette improvvisamente di piacerci il caffè dopo averlo bevuto per anni. In quel caso la causa non era nessuna degenerazione nervosa o meglio, lo era, ma il suo nome era Elena. Quella ragazza aveva qualcosa che mi frenava, ma non in senso del tutto negativo. Mi faceva pensare alle conseguenze ed era passato del tempo dall’ultima volta che l’avevo fatto. Se ne stava lì, schiacciata contro il divano a guardarmi con i suoi grandi occhi da cerbiatta. Il petto le si alzava e abbassava ritmicamente, accompagnato dal rumore del respiro appena affannato. Qualcosa era cambiato negli ultimi giorni, però. Era sempre l’Elena incomprensibile e contorta di sempre, ma era come se si fosse acceso un interruttore. Avevo visto qualcosa di diverso, forse avevo finalmente rotto il muro della confidenza. Era più spigliata con me. Certo, quasi dovevo buttarmi addosso a lei per un minimo contatto, ma non la vedevo rifiutarlo o non gradirlo. In quel momento, per esempio, l’avrei piacevolmente divorata fino all’ultimo lembo di pelle, ma qualcosa mi diceva che non sarebbe stata la scelta più saggia. Per questo l’avevo invitata ad uscire, forse un po’ d’alcol in corpo mi avrebbe schiarito le idee e forse anche a lei, sebbene avessi ignorato la possibilità che fosse astemia.
Sorprendentemente accettò, con un sorriso alquanto entusiasta sulle labbra e la cosa sorprese anche me. Mi sollevai da quella posizione compromettente, anche perché lei non accennava a battere ciglio, e lasciai che scivolasse via. Si sistemò in piedi davanti a me mentre si lisciava con una mano i capelli leggermente arruffati e mi guardò con aria equivoca.
“Allora, a che ora?”
Bella domanda. Il fatto era che non avevo nulla di organizzato. Quella proposta era uscita dal nulla e per me si sarebbe evoluta come una bevuta al pub sotto casa, ma il suo sguardo pieno di aspettative mi faceva pensare di dover pensare a qualcosa di più. Magari avremmo fatto un paio di isolati, ma non mi sarei mai sognato di portarla fuori a cena.
“Facciamo per le nove? Passo io da te” le feci un cenno, sperando che le bastasse e annuì.
“E dove andiamo? Sai.. per sapere cosa mettere” fece spallucce e mi stupì. Non avrei mai pensato le potesse interessare una cosa simile. A dire il vero a me non interessava ma apprezzavo comunque quello che sembrava un mesto tentativo di essere “al passo”.
“Non complicarti troppo la vita” scrollai le spalle “Si va a bere qualcosa”
La vidi annuire spasmodicamente e fui quasi terrorizzato dall’aver innescato una bomba ad orologeria. Mi salutò velocemente e la vidi sparire dietro la porta d’ingresso. Dovevo essere davvero impazzito, decisamente. Non sapevo nemmeno cosa aspettarmi da quella uscita. Di certo corpi sudati e ubriachi che si scontravano, non sarebbe stata una cattiva idea ma sapevo di non poter dare sfogo a certe mie voglie con Elena. E poi non stavamo insieme anche se tecnicamente non stavo con nessuna delle ragazze con cui avevo precedentemente messo in atto quella tecnica. Doveva essere colpa dell’oppressione sessuale che mi perseguitava da giorni e che avrei sfogato volentieri. Purtroppo sapevo anche che quando mi mettevo in testa una cosa o qualcuno, non c’era scampo. Sarei potuto andare a letto con qualsiasi ragazzina o donna ma finché non l’avessi avuta, non sarei stato soddisfatto.
Quando finii di farmi la barba notai con stizza che erano già le nove e un quarto e che avevo già sforato di un quarto d’ora. Comunque avevo detto per le nove e comunque non capivo perché mi facessi tanti problemi. Per poco non mi tagliai con la lametta per via di quei pensieri improvvisi e decisi di mandarla al diavolo. Ci mancò poco per rovesciarmi addosso l’intera boccetta di acqua di colonia ,che a quella concentrazione risultava parecchio fastidiosa, e decisi di uscire prima di provocare altri danni. Battei due colpi alla porta di Elena e mi sorpresi della rapidità con cui aprì.
Aveva una strana espressione in volto, come se fosse ansiosa o scossa e fu lì che iniziai a rimpiangere la mia idea geniale.
“Pensavo avessi cambiato idea” tentennò, spostando il peso da una gamba all’altra, guardandomi.
Ci volle un attimo perché mi accorgessi di quanto fosse bella, più del solito. Indossava un paio di shorts di pelle decisamente corti stretti adeguatamente sulle sue cosce, fasciate da un paio di collant leggermente trasparenti. Aveva una semplice maglietta nera, coperta da un giacchetto di pelle e i capelli raccolti in una treccia laterale. Aveva quel poco di trucco che bastava per farle risaltare gli occhi e le labbra carnose e le gote leggermente rosee.
“Sei bellissima” non potei fare a meno di essere sincero.
La vidi abbassare lo sguardo imbarazzata, come faceva di solito ormai e si chiuse la porta alle spalle. Mi affiancò e per tutto il tragitto verso l’esterno non ci scambiammo una parola. L’odore della mia acqua di colonia era stato totalmente offuscato dal suo che non riuscivo bene a distinguere, forse era zucchero a velo misto all’odore tipico dei suoi capelli che mi ero soffermato ad annusare poco prima. Mi sentivo un idiota per notare queste cose ma non potevo farne a meno.
L’aria era pungente e la notai stringersi nella sua giacca mentre con falcate estremamente sensuali divorava l’asfalto davanti a lei. Mi chiedevo se lo facesse di proposito o se non si rendesse conto di quanto fosse dannatamente sexy.
“Allora.. dove andiamo?” fu la prima cosa che mi disse. Si voltò verso di me con sguardo quasi speranzoso e ricordai la strada da fare, che avevo completamente rimosso, preso da pensieri ben più intensi.
“In un locale nuovo, il proprietario è un mio conoscente. E’ piuttosto carino, fanno musica dal vivo e hanno la migliore qualità di bourbon della zona” sottolineai l’ultimo dettaglio come se fosse, perché lo era, il più importante.
Sorrise scuotendo la testa “La dipendenza da alcol ti porterà su una cattiva strada”
“Stai dicendo che sono un alcolizzato?”
Rise e si voltò a guardarmi “No, ma potresti diventarlo! Hai tutte le carte in regola”
“Sta attenta tu, piuttosto! Potrei portarti sulla cattiva strada con me”
Mi guardò e inclinò la testa “La cosa più alcolica che io abbia mai bevuto è stato il liquore dei cioccolatini”
Alzai un sopracciglio sconcertato “Allora stasera concedimi l’onore di introdurti nel mondo degli alcolici da quindici gradi almeno”
“Vuoi approfittarti i me?”
E a quella domanda avrei voluto rispondere di si, perché onestamente non mi sarebbe dispiaciuto farlo ma mi limitai a sorridere. “Questo dipende da te”
Non aggiunse altro ma sentii il suo sguardo penetrante su di me e per un attimo fui tentato di fermarmi e immobilizzarla contro il muro, lasciando andare ogni controllo, ma la musica dell’Urban mi fece notare che eravamo arrivati.
La sentii arpionarsi al mio braccio non appena la folla si fece più fitta al centro della sala. Forse non avevo specificato che assumeva spesso e volentieri l’aspetto di una discoteca, nonostante non lo fosse. Era quello il bello, comunque: musica dal vivo, alcool e corpi sudati pronti alla promiscuità. Avevo evitato di esporla in questo modo, comunque. Arrivammo a stento fino al bancone e dovetti quasi tirarla, dal momento che era rimasta impigliata a qualcosa o meglio, qualcuno. Aveva in viso un’espressione alquanto divertente, come un pulcino spaurito da tutte quelle luci soffuse e confusione. Ticchettai le dita sul bancone per attirare l’attenzione del barista e mi riconobbe.
Kol era il fratello di Klaus e sebbene nessuno dei due avesse realmente bisogno di lavorare, aveva deciso che stare tra i comuni mortali era un’esperienza più che piacevole per lui. Inoltre fare il barista gli dava non pochi privilegi e portarsi a letto una ragazza diversa ogni sera era uno di questi.
“Damon” mi salutò con una pacca sulla spalla e senza che nemmeno parlassi, mi riempì un intero bicchiere da cocktail con del bourbon. Poco dopo la sua attenzione fu catturata da Elena, che gli rivolgeva le spalle, intenta a fissare la calca informe di gente davanti a sé. Nonostante il modo in cui la guardava mi infastidiva, decisi di fare gli onori di casa.
“Elena, lui è il mio amico Kol”
“Molto piacere” le prese la mano e la baciò, riproducendo esattamente Klaus, ma con intenzioni più infide.
La vidi sorridere imbarazzata mentre si presentava e decisi che era giunto il momento di far scorrere un po’ di alcol nelle mie vene.
“Dal tuo sguardo presumo tu sia una novellina” la punzecchiò Kol, incrociando le braccia sul petto.
“Se così possiamo definirmi” mi guardò dicendolo e scrollai le spalle.
“Con cosa cominciamo allora?” si voltò verso la schiera di alcolici alle sue spalle ed Elena mi guardò nel panico.
“Non ti ucciderai mica” la incitai, vagamente incuriosito da cosa ne sarebbe venuto fuori e suggerei un cocktail fruttato. Con mia sorpresa non le fu molto difficile scolarlo, nemmeno quando arrivò al secondo. Era bastato poco per accendere qualcosa nei suoi occhi. Da quando aveva provato il piacere dell’alcool le sue gote erano perennemente all’insù, per via del sorriso costante che aveva preso posto sul suo viso. Continuava a mordere prepotentemente la cannuccia osservando la folla e qualcosa mi diceva che aveva voglia di ballare.
All’ennesima battuta di Kol, stavolta la vidi scoppiare a ridere evidentemente alterata, dal momento che era forse la peggiore battuta che avevo sentito dire da Kol da quando lo conoscevo.
“Dovresti buttarti, sai” le suggerì, pericolosamente vicino al suo orecchio e giurai che si riferiva al fatto di buttarsi su i lui e non nella folla. Elena si voltò appena e gli sorrise, prima di girarsi completamente e poggiarsi con entrambe le mani sul bancone. Il suo sguardo scorse velocemente le etichette degli alcolici prima di indicare una bottiglia mezza piena di assenzio.
“Voglio uno di quello” disse, come se fosse un succo di frutta. Se i cocktail le avevano fatto quell’effetto, non osavo immaginare l’assenzio puro. Eppure non dicevo niente, la lasciavo fare. Ero curioso di vedere fin dove si sarebbe spinta e poi si sa che… in vino veritas.
“Forse ti serve una spinta effettivamente” disse Kol riempiendole un bicchiere da shot forse troppo grande. La vidi scolarlo in un sorso e strizzare gli occhi per via del sapore amaro.
“Non saprei come fare” si morse appena il labbro e giurai di sentire qualcosa nel basso ventre. Decisi allora di prendere in mano la situazione. Mi alzai e mi misi accanto a lei, indicando una persona a caso.
“Scegli qualcuno a caso e vai” annuii “Non importa quello che dici tanto sono tutti troppo ubriachi e non ti sentirebbero comunque. Va lì e mettiti a ballare, di certo non si faranno scappare l’occasione” scrollai le spalle.
Mi guardò incerta e poi si aprì in un sorriso. “Forse so come facilitare le cose” rise appena e la vidi cedermi la sua giacca prima di togliersi del tutto la maglietta nera, che rivelò sotto una canottiera striminzita dello stesso colore. Nello stesso momento si liberò dell’elastico con un gesto veloce e scosse i capelli, lasciando che le cadessero sulle spalle, ondulati per via della treccia. Inaspettatamente la vidi fare perno sul suo reggiseno come a volersi accentuare il seno e si voltò verso di me, soddisfatta. Quella immagine non mi dispiaceva per niente, ma forse mi pentivo di averla incitata così tanto. Il mio sguardo non poté fare a meno di finire sulla sua scollatura e sulle curve sexy che sembrava non sapere di avere.
“Vai e conquistali tutti” la esortò Kol e la vidi sparire nella folla.
Non ci volle molto perché accadesse ciò che avevo predetto. “Non dovresti lasciarla andare così, amico. Al tuo posto ne avrei approfittato due cocktail fa”.
Aveva sorriso in un modo così spigliato e naturale ad un moretto in mezzo alla pista che mi fece dubitare di avere davanti la solita Elena di sempre. Quello ovviamente non se lo fece ripetere due volte e l’afferrò per i fianchi cominciando a ballare con lei. Scuoteva la testa a tempo di musica e a poco a poco i capelli iniziavano ad incollarsi sul viso, imperlato di sudore e sul petto allo stesso modo. Quando vidi le mani del tipo in questione poggiarsi sulle sue natiche, decisi di intervenire, a maggior ragione quando lo vidi cercare di lasciarle un marchio sul collo.
“Scusa amico, niente di personale” la afferrai per un braccio e la feci voltare verso di me. Continuava a sorridere. Si tolse dei capelli dalle labbra e piazzò le braccia intorno al mio collo. Le sorrisi di rimando avvolgendole la vita con dolcezza.
“A quanto pare ti diverti!”
Non mi rispose, si limitò a saltare a tempo di musica, usando le mie spalle come punto di appoggio e chiuse gli occhi, sapendo che c’ero io a tenerla. Con molta nonchalance afferrò il cocktail del primo che le passò accanto e lo scolò come fosse acqua. Ora iniziava seriamente a preoccuparmi. Glielo restituì vuoto. Non potei fare a meno di notare delle piccole gocce di vodka ai lati delle sue labbra. Allungai due dita per raccoglierle e me le portai alle labbra. La vidi sorridere inclinando la testa, senza smettere di muoversi e fui istintivo. Le feci fare una rapida giravolta e la tirai a me baciandola.
Non sembrò per niente sorpresa. Forse anche lei lo stava aspettando da tutta la sera. Quando le nostre labbra si incontrarono fu come spegnere la musica e mandare tutti via a calci. Non era rimasto più niente intorno a noi. Era un bacio diverso dai precedenti. Un bacio voluto e potevo percepirlo benissimo da parte sua, completamente ancorata a me, bisognosa di un contatto. Questa volta fui io ad abusare delle sue natiche sode stringendole per avvicinarla ancora di più. Si staccò annaspando, senza mollare la presa sui miei capelli, nei quali aveva ancorato la mano e mi guardò languidamente. Le presi la mano e la trascinai fuori da quella marmaglia.

Note dell'autrice: come sempre arranco per vivere ma ho trovato un momento per scrivere! In realtà il capitolo si continua ancora in una parte saliente, ma ho deciso di separarla sia per la suspense che per postare prima! Il capitolo precedente è stato breve ed estremamente fluff ma ne avevo bisogno! E il fluff si ripresenta qui.. spero non vi dispiaccia, tanto ci sarà tempo per il dramma! :D Inutile dire che sono ancora shockata dall'ultima puntata e quindi sento ancora di più la necessità di descrivere Damon! Comunque le cose si fanno complicate per la giovane Elena.. quanto resisterà prima di esplodere?
  
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