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Autore: AngyHufflepluffLewis    21/05/2014    2 recensioni
Katniss e Peeta stanno andando a casa di Finnick e Annie, nel distretto 4. Lei ha appena partorito e, Finnick vuole condividere con gli innamorati sventurati la felicità del momento. Finnick non è morto(è un modo per autoconvincermi che non è mai successo niente di simile), e vive in una piccola casetta di fronte al mare insieme a Annie e al nascituro. Katniss è afflitta da un problema però, che riguarda proprio i bambini e che la farà riflettere su una decisione importante che potrebbe cambiarla del tutto. Una decisione già stata presa da Katniss, che si ritrova a pensare se sia veramente giusta o no, per lei e soprattutto per Peeta.
Questo é solo l'inizio della storia. Dato che ha avuto abbastanza "profitto" scriverla, ho deciso di non fermarmi solo a pochi capitoli, ma di continuarla.
P.s: Ho dovuto cambiare il rating, ma non é niente di scandaloso :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Katniss POV
Le serate che seguirono dopo la mia…confessione, furono molto tranquille. Tornammo alla nostra vita di sempre, al distretto 12, salutando un’po’ nostalgici Finnick, Annie ed Elias. Anche Johanna mi mancava, appena partita, devo ammetterlo e pure ora mi manca. È l’unica persona più vicina ad una amica per adesso, e non credo che verranno molte amicizie in futuro. Non posso dire che quando siamo tornati a casa il clima che si respirava era dei più dolci e rilassanti. Io e Peeta eravamo sereni e, bé le serate erano sempre bellissime. Cercavamo di avere il bambino, e anche se molte volte ci ripensavo, poi capivo che era la cosa più giusta da fare. Paura? Si, perché ero assolutamente sicura che il mio lavoro non era certo la madre e che avrei sbagliato troppe volte, ma mi rassicurava sempre Peeta.                                          
Ne sono certa anche adesso, seduta nella mia solita sedia con in mano una tazza di cioccolata e cocco, mentre lo guardo salare con cura l’ennesimo impasto di focaccine al formaggio. Lui sicuramente sarà una padre modello, mentre io…io sarò il solito fiasco. Ma non importa, lui è felice. Madre perfetta non sarò, neanche una madre normale se è per questo e quando i domanderanno al bambino chi preferisce tra Mamma e Papà, non indugerà a dire che preferisce Papà. Non mi rammarico per questo però, anche se farò del mio meglio, so che non sarò mai come Peeta.
All’improvviso suona il telefono, io faccio per alzarmi, ma Peeta è più veloce di me. Resto seduta, e cerco di ascoltare un’po’ della conversazione. Parlano di “insurrezioni”, “capitolini”, “pacificatori” e “un mese circa”. Tutte parole rassicuranti, ovviamente. Capisco al volo che non si tratta di una festa di unicorni o di cagnolini felici, ma di qualcosa di serio. Mi avvicino proprio mentre la chiamata finisce, e Peeta si gira a guardarmi visibilmente preoccupato.                 -Che succede?- chiedo io.                                                                                                             
-Katniss, oggi devo partire con Haymitch a Capitol City- mi confessa con amarezza, poi si avvicina per prendermi la mano e continua -Mi dispiace tanto ma alcuni vecchi Pacificatori hanno cominciato a fare un’po’ di casino, e dobbiamo calmare le acque, diciamo. Ci saranno anche Johanna e Finnick, ma Plutarch mi ha severamente vietato di portarti anche te. Dice che sei stata attaccata troppo in questi ultimi mesi e anche io la penso così. Voglio che resti qui-.                                                        
Anche se la rabbia ribolle dentro di me, annuisco. Dal modo in cui però vado su per le scale, marcando ogni passo, e dal modo in cui sbatto la porto della mia camera, so che ho lasciato intuire cosa ne penso veramente. Quindi io sarei una debole? D’accordo, ma se proprio devo comportarmi da vecchietta in pensione, allora devo farlo per bene. Mi abbandono sul letto, con il volto dispiaciuto di Peeta ancora impresso nella mente e con la consapevolezza che non posso e non voglio consolarlo. Per quanto non lo vedró? Tre giorni? Una settimana? Un mese? O anche di più? Non lo so, ma per me anche un’ora senza di lui è uno strazio. E il bambino? Non avró possibilità di essere incinta in questi giorni.                                                                                                   -Katniss?-                                                                                                                                                    
Mi giro di scatto per lo spavento e lo vedo davanti alla porta, con gli occhi rossi e gonfi. Lo squadro, guardandolo in modo insensibile, anche se muoio dentro.                                                                                           
-Per quanto starai via?- domando io con voce piatta.                                                                          
-Circa un mese, forse anche meno o forse anche di più-.                                                                                    
-Quando parti?-.                                                                                                                                                 
-Stasera-.                                                                                                                                                                                                                                     -Bene-.                                                                                                                                                                                
Decido che la conversazione è finita, e faccio per andarmene via, ma lui mia afferra per un braccio per bloccarmi.                                                                                                                          
-Aspetta…per favore- dice a voce bassissima.                                                                                                  
Non resisto e lo abbraccio dolcemente, affondando il viso sul suo collo, beandomi del suo profumo rassicurante. Lui mi afferra il fianco con una mano, e con l’altra avvicina il mio viso al suo per donarmi uno dei baci più appassionati e romantici mai dati. Restiamo così, fino a quando io mi stacco repentinamente. Così come mi sono allacciata a lui, così mi separo, guardandolo di sottecchi, e alla fine non guardandolo neanche.                                           
Se non posso stare a casa senza che mi venga da piangere per la partenza di Peeta, allora mi rifugio nel mio bosco. Nella mia foresta. La mia vera casa.                                                                               
In pochi minuti raggiungo il fronte, afferro il mio arco e attraverso tutto ciò che mi separa dalla realtà. Cammino fino a che le mie gambe non cedono completamente. Mi arrampico su uno degli alberi più alti con le forze che mi rimangono, fino all’ultimo ramo, e osservo. Vedo casa mia, sia quella vecchia che quella nuova al Villaggio dei Vincitori. Forse Peeta stará piangendo adesso, e mi si spezza il cuore solo pensarci. Adesso però mi chiedo: chi mi consolerà in queste quattro settimane? Chi mi cercherà tra la gente per rassicurarmi? Chi manderà all’aria tutto il piano e tornerà a casa mia per dirmi, “tranquilla, io resto”? Chi se non Peeta?                                    
E mentre guardo le nuvole grigie all’orizzonte, la collina verde e rigogliosa, lì so mi rendo conto che non è tutto così semplice come sembra. Dietro una casa può esserci un omicida e dentro un’altra un’innocente. Nascosto tra i cespugli di fragole, puoi trovare un sacco di soldi come anche un sacco di patate. E così pure con le persone si fa questo ragionamento, perché si può anche fingere di stare bene, ma nessuno ci ha fatti così attori, e men che meno bugiardi, da non avere neanche una persona che ci possa decifrare nelle nostre finzioni. Quest’ultima la puoi amare con tutta te stessa, o puoi odiarla. A me è successo con Peeta e, con Gale. Ma lui è sangue versato inutilmente, mentre Peeta è pane quotidiano per me. Deduco quindi che…sono fritta, per una settimana. Sarò completamente irascibile, e la persona antipatica che sono in realtà, quella che scompare solo quando c’è lui.                                                                                          
Respiro per un’ultima volta l’aria che c’è intorno a me, quella della vegetazione incontrollata e libera, e scendo dall’albero per tornare a casa. Quando arrivo davanti al Villaggio dei Vincitori, Peeta è già fuori che parla con Finnick. Annie, furiosa, sta in disparte, mentre Johanna cerca di farla ragionare su qualche cosa. Peeta si avvicina a me, e mi dice lentamente:                                                                                                                                                       -Come stai?-                                                                                                                                               
-Bene grazie- e poi lo abbraccio, prima che un’urlo mi faccia destare immediatamente. Haymitch.                                                                                                                                              
-Andiamo dolcezza, vuoi farmi proprio andare così?- dice, scendendo le scale di casa sua con un volto frustrato. Dopo poco esce Effie, vestita da ragazza normale, ma con un pericoloso mestolo pieno di impasto in mano che inveisce contro di lui:                                         
-Non mi importa, non dovevi accettare!- urla lei. E se ne va sbattendo la porta. Haymitch si gira verso di noi, e dice:                                                                                                                           
-Spero solo che sia una cosa veloce, o quella donna mi ucciderà-                                                                
Nei suoi occhi però vedo un velo di tristezza, che tradisce i suoi veri sentimenti. Ci dirigiamo verso la stazione, e quando siamo arrivati è il momento dei saluti. Annie, che stranamente era stata lontana da Finnick per tutto il tragitto, adesso lo bacia improvvisamente. Johanna saluta tutti, anche me, con un abbraccio. E poi Peeta mi afferra, per poi baciarmi con trasporto.                                                                                                                                             “Fattene bastare per un mese, Katniss” mi dico a me stessa. Poi però, quando ormai il treno è arrivato e tutti stanno per partire, noto una cosa che non avevo notato prima. Una persona. Gale.
                            
  
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