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Autore: Erika Gagliardi    21/05/2014    2 recensioni
Dall'ultimo capitolo:
''Il piccolo dormiva e finalmente potevo dedicare un po' di tempo a Gionny.
"Mi hai salvato la vita." Gli sussurrai all'orecchio.
Lui mi accarezzò la guancia. "Dovevo farlo, sennò sarei morto."
"Perchè?" Domandai corrugando la fronte.
"Perchè sei tu la mia vita." Mi rispose per poi avvicinarsi a me e lasciarmi un live bacio sulle labbra.''
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Salvami
 

Il tempo aveva cominciato a diventare più sereno e stabile. Un bel sole in cielo, niente nuvole e nonna every-time. “Quindi tu starai quest'ultimo giorno da papà…” Dissi godendomi quel pomeriggio.
“Sì, ieri ero andata a trovare una mia amica in ospedale che ha un problema al rene.” Mi rispose lei.
La parola ‘ospedale’ mi fece tornare in mente Lorenzo e questo avrebbe comunque dovuto saperlo senza starci male. “Lorenzo è in ospedale, lo sai?”
Lei strabuzzò gli occhi. “Sul serio?!” Poi sulle labbra si aprì un grande sorriso.
“Sì, ha fatto a botte con Gionny. E… ha tentato di uccidermi, perchè l’ho denunciato.” Spiegai.
Lei non sapeva che espressione fare: contenta perchè lo avevo denunciato, preoccupata perchè aveva tentato di uccidermi e meravigliata perchè Gionny era riuscito a stenderlo. Riassunse queste emozioni in una faccia stupita, la quale mi piacque molto.

Passammo il pomeriggio insieme, anche se non era passato molto tempo già mi erano mancati quei momenti, ridemmo e scherzammo come sempre e in un momento mi ero dimenticata anche ciò che era successo il giorno precedente ed era meglio così perchè almeno potevo salutarla decentemente senza infinite lacrime.
Il sole stava calando lentamente e ciò diede vita a un tramonto magnifico. Il tempo era passato così in fretta che nemmeno ci rendemmo conto dell'ora e che tra poco papà sarebbe tornato a casa.
"Sicura che non vuoi venire con noi?" Le domandò Gionny quando stavamo per andarcene.
“Avete già dimenticato che non dobbiamo farci scoprire?”
Sdrammatizzò questa brutale verità con un sorriso che riuscì a tranquillizzarmi.
Io e Gionny salimmo nell’auto e quando ci accomodammo per bene ci scambiammo un’occhiata e un sorriso in parte contento e in parte eccitato, ma poi mi ricordai cosa succedeva in questi casi.
Era solo la quiete prima della tempesta.

Mi era capitato in passato di attraversare momenti talmente felici che poi alla fine succedeva sempre qualcosa di brutto. Sempre.
Così il mio sorriso talmente eccitato si trasformò in preoccupazione. Brividi di terrore mi attraversarono il corpo e lui notò anche questo. “Che hai?”
Non gli risposi. Speravo con tutta me stessa che nulla potesse rovinare quella giornata, lo speravo davvero tanto.
“Ho paura…” risposi dopo un po’.
“Di cosa?” Mi chiese mettendo in moto.
“Ho paura perché in momenti così belli si nasconde sempre qualcosa di brutto in fondo.” Dissi con un filo di voce, tremante.
Fu lui stavolta a non rispondermi e capii quant’era straziante attendere. Guardava concentrato la strada con la fronte corrugata, guidava calmo senza fretta di tornare a casa, io invece osservavo quel bellissimo tramonto all’orizzonte, quasi incantata.
“Qualunque cosa succederà io ci sarò.” Rispose d’un tratto.
Quell’affermazione mi fece restare di stucco, ero immobile anche se dentro in realtà tremavo.
Lo guardai, lui mi guardò e gli sorrisi.
“Ci facciamo una pizza stasera?” Chiesi poi cambiando argomento.
“Sicuro!” Rispose lui entusiasta.
Davanti a noi si era formata una lunga fila di macchine ed erano solo le 6 e mezze, il traffico a quest’ora nemmeno ci doveva essere. Cominciai a capire la frustrazione nel suo volto dopo continue frenate, facevamo brevi tratti di strada e poi ci fermavamo.
Mi stavo stufando anche io.
Sbuffai. “Che succede?”
“Sarà sicuramente quel semaforo del cazzo in fondo alla strada. Succede spesso qui.”
Dopo un po’ Gionny appoggiò la testa sul sedile portando le mani dietro la nuca e chiuse gli occhi. In quel momento mi vennero in mente le parole di nonna e alla situazione imbarazzante che si era creata perciò evitai di guardarlo per non sentirmi a disagio.
Lui si voltò verso di me guardandomi e soffiò un sorriso dal naso.
 Aveva il sorriso più bello del mondo.
Quando cominciai a non reggere più i suoi occhi addosso mi rassegnai e cominciai ad agitarmi sul serio. “Che c’è?”
Non mi rispose, ancora, e tornò a guardare la strada.
 
Era da quella stessa mattina che volevo togliermi una curiosità: perché mai mio padre aveva detto di mia madre a lui?
“Gionny…” lo chiamai aspettando che lui si voltasse. “Come fai a sapere di mia madre? Te ne ha parlato mio padre quando sei venuto a cercarmi?”
Spostò il suo sguardo verso di me per un attimo e alzò le sopracciglia scure mordendosi un labbro. “Beh, come già ti ho detto io ero amico di Lorenzo, lui conosceva la tua storia, quella di tuo padre, di tua madre… sapeva tutto, perciò un giorno me la raccontò dato che c’entrava anche suo padre.” Si fermò un attimo per coprire il tratto di strada che lo separava dall’auto davanti. “Mi parlava anche di te a volte, ti descriveva in modo orrendo. All’inizio avevo intenzione di provarci con te, dato che a Lorenzo non gliene importava molto, ma da quando io e lui abbiamo smesso di essere amici a causa della sua dipendenza per la droga ho lasciato perdere tutto ciò che lo riguardava.” Mi guardò. “Poi è arrivato quel giorno che ci siamo incontrati al cimitero, non so se è stata pura casualità o cosa, ma ho avuto l’occasione di conoscerti veramente e mi hai dimostrato di non essere affatto quella persona che descriveva Lorenzo.” Concluse questa storia con un sorriso.
Anche Lorenzo era tossicodipendente come il padre. Poi assottigliai gli occhi. “Quindi vorresti dire che tu già mi conoscevi?”
Gionny annuì.
“E volevi provarci con me?”
Annuì ancora, lasciandosi scappare una risatina.
“Ora però non stai cercando di provarci con me, vero?”
Mi stavo preoccupando.
Lui mi guardò serio. “E cosa te lo fa pensare che non lo stia facendo?”
Sgranai gli occhi pronta per uscire dalla macchina, ma mi fermai quando lui subito dopo scoppiò in una fragorosa risata. Non ci trovavo nulla di divertente, ma la sua risata era troppo contagiosa ed io non potevo far altro che seguirlo a ruota.

Erano passati dieci minuti da quando stavamo bloccati nel traffico, dalla mia ultima scoperta e da quando avevamo deciso di cenare con una bella pizza.
Erano passati dieci minuti ed io non ce la facevo più, tantomeno lui che tra un po’ avrebbe preso a botte anche me dalla frustrazione, così iniziò a canticchiare qualcosa mentre ci stavamo lentamente avvicinando al luogo dell’incidente e non era un fottuto semaforo.
“Pizza aspettaci per un po’ ancora, adesso arriviamo, non vediamo l’ora.”
Stava componendo una canzone per la pizza a quanto pare.
Risi a quella rima squallida.
“Io vado a vedere cosa è successo, non ce la faccio a stare un altro secondo senza fare niente. Vieni?”
Domandai mentre aprii lo sportello.
“No, non me ne va. Continuerò a buttare giù qualche rima per la pizza.”
Risi ancora poi uscii.
Mi avvicinai a passo svelto verso quella macchina nera distrutta, il vento tirava e faceva un po’ freddo.
C’era un grande ammasso di spettatori intorno ed io mi intrufolai in mezzo a loro passando in prima fila. Mi avvicinai il più possibile, finchè il nastro imposto dalla polizia me lo impedì.
Quell’auto mi era famigliare, ma non volevo farmi paranoie quindi non ci pensai molto, chiesi solamente a qualcuno che mi stava accanto cosa fosse successo, ma non sapevano rispondermi.
Un uomo in mezzo a due poliziotti che gli stringevano le braccia sbucò da un vialetto non illuminato, stava sicuramente tentando si scappare. Si avvicinavano a passi normali, ne svelti ne lenti, normali e quando finalmente riuscii a vedere la sua faccia illuminata dai lampioni rimasi scioccata capendo chi era: papà.
 

 
 
   
 
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