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Autore: Thanatos_dark    23/05/2014    0 recensioni
"Quella notte si rese conto di quanto potesse essere pesante il fardello della sopravvivenza. Ora comprendeva nelle molte ore di studio che le era stato imposto dalle regole studentesche, come dovessero sentirsi i generali che andavano in battaglia per difendere e far trionfare la propria patria, per non farla cadere prigioniera di un nemico che l’avrebbe schiavizzata."
Non c’è un modo per sfuggire al nostro destino. E questo Berit lo capì in una notte gelida di ottobre, quando anche la sua famiglia fu sterminata dai locoth, esseri orribili dal corpo di leone e dalle zanne di drago. Ma se la vita le porta via qualcosa, le dona anche ciò che poi riuscirà a salvare la sua stessa razza. L’amore.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                      Capitolo III  
Caleb aspettava nel corridoio dell’ospedale, fuori dalla sala operatoria. Con lui un’altra signora con una gamba rotta ed un bambino che nascondeva il volto nel giubbotto aperto di sua madre. Aveva già vissuto una cosa del genere quando sua madre era stata operata d’urgenza. Era stata accoltellata da suo padre, il suo padre pazzo e alcolizzato. L’uomo che da bambino aveva imparato e temere e non ad amare. Quel bastardo la picchiava spesso ma quella sera aveva esagerato, impugnando un coltello. Ed era stato fatale. Inutili erano stati gli sforzi dei chirurgi e degli infermieri. Alla fine sua madre non era uscita viva da quella sala operatoria come c’era entrata.
-Il signor Caleb Foster?-
La voce dell’infermiera dai lunghi capelli corvini che lo aveva accolto alla reception lo fece sobbalzare. Cavolo quanto doveva essere scosso… lui l’impassibile che si ritrovava a tremare ora per il nervoso..o forse per la paura di non farcela. Aveva promesso a se stesso che non avrebbe lasciato morire più nessuna persona senza riuscire a portarla in tempo all’ospedale per essere curata. Ed ora quella giovane donna dalla coda e dalle orecchie da lupo era rinchiusa in quella sala operatoria da ben due ore.
-Sì, sono io il signor Foster-.
-Bene. C’è suo fratello giù nella sala attese. Ha detto che deve scendere giù e che era molto importante.-Detto questo si allontanò, tornando al suo posto.
Caleb si passò una mano tra i capelli e controllò l’ora. Erano le cinque del mattino. Un’altra notte da cestinare, però forse aveva scoperto il mistero di quelle morti improvvise. A passo lento e cadenzato, senza nessuna fretta, contrario all’urgenza del fratello, scese le scale che separavano il terzo piano del Mystical Medical Center di Nsgov, in Norvegia, dal primo  e si recò alla sala attese. Insieme a suo fratello c’erano altre persone. Chiuse gli occhi un istante, non volendo vedere il dolore su quei volti, la sofferenza nei loro cuori, il panico nelle loro menti. Quando li riaprì suo fratello era davanti a lui e si ritrovò riflesso in quelle iridi verdi.
-Caleb, nel bosco c’erano diversi alberi spezzati e guarda qua…- A quel puntò tirò fuori dalla tasca un dente…che però non aveva niente a che vedere con un Dente di lupo.
-Senti, non è il momento giusto se vuoi confessarmi che ti sei dedicato alla paleontologia…-
Per tutta risposta ricevette uno schiaffo in pieno viso.- Stupido! E non farmi gridare qui dentro, santo cielo!Questo dente è forse un dente di dinosauro ma…è bianco! Com’è possibile?!-
Caleb lo guardò con aria stanca. –Non chiederlo a me. Vai al museo di storia naturale e chiedi…-
Altro schiaffo mentre uno degli uomini nella sala si alzava, pronto ad intervenire.
-Ehi, va tutto bene?-
Ian si voltò a guardarlo. Era un signore di mezza età ma dal fisico potente. Non era uno che temeva la lotta ma in quel caso era meglio lasciar perdere, quindi si impose un po’ di autocontrollo.-No, va tutto bene. Non si preoccupi…-
L’uomo lo guardò ancora, poi però tornò accanto alla moglie che non doveva avere più di lui.Ian guardò di nuovo il fratello.
-Smettila di fare lo stupido e apri gli occhi! C’è qualcosa lì fuori…qualcosa che non è un lupo! Le leggende ne parlano…-
-Le leggende non sono vere!-
-Ma hanno sempre una base di verità, lo diceva anche la mamma, o sbaglio?!-
No, non sbagliava, cavolo. Non sbagliava per niente. Sbuffando Caleb si impose di concentrarsi e provare almeno a credere alle parole del fratello. Quel dente non poteva spuntare fuori dal nulla,no? Assomigliava a quello di un coccodrillo..ma non c’erano coccodrilli lì. Faceva troppo freddo..lì non dovevano esserci proprio dei rettili!
-Ian...forse hai ragione. E allora tu che cosa pensi che sia? Una specie di dinosauro che non si è estinta? Molti rettili come il coccodrillo in effetti si sono evoluti dai grandi dinosauri marini… potrebbero discendere dal Deinosuchus…-
Ian sorrise, vedendo che il fratello cominciava a dargli credito. Sapeva che non aveva molte possibilità di essere creduto perché lui era sempre stato quello appassionato del mistero, quello che sognava un mondo fatato…quello che quel mondo lo aveva visto. Solo che appena lo aveva confessato a suo padre, quello lo aveva spedito in un centro per farlo curare…cosa del tutto vana perché lui era sano di mente come il suo vecchio non aveva voluto capire. Quando invece lo aveva detto a sua madre, lei gli aveva sorriso.
“Ian…non sempre le cose sono come le vediamo. Tu hai una vista che ti permette di vedere oltre le apparenze. Per questo sei speciale…”
Quelle parole erano sempre impresse nella sua memoria, una delle ultime cose che le aveva sentito dire. La sua morte era avvenuta nel tempo in cui lui era stato trattenuto nel centro. Non lo avevano fatto uscire nemmeno per la morte della madre. Così ora a venticinque anni compiuti, si ritrovava a vivere già con un peso sull’anima ed un rimorso eterno.
-Io dico che c’è qualcosa là fuori. Voglio andare ad investigare, come diresti tu- Ian sorrise smagliante.
-Sta attento Ian. Se c’è davvero qualcosa di così grosso là fuori non voglio che ti accada nulla. Chiamami se hai bisogno di aiuto.Io…-Si voltò verso la direzione dalla quale era venuto, quasi tirato da una corda invisibile.-Io rimango qui con lei…-
-Va bene. Chiamami e fammi sapere come sta sia se ci sono miglioramenti sia peggioramenti.- Ian riprese il suo borsone, quello bordeaux che usava di solito per andare a caccia e se lo caricò in spalla, uscendo dall’ospedale.
Caleb ritornò su, ansioso di vedere come stava la donna. Per la fretta per poco non sbatteva contro un infermiere e poi andò a sbattere contro il cesto della biancheria. Stava combinando un disastro, come lo era tutto nella sua schifosa vita da sei mesi e giù di lì. Oppure come lo era sempre stato.
Si fermò davanti alle porte chiuse della sala operatoria proprio nel momento in cui queste vennero spalancate.
Un’infermiera dalla carnagione scura si fece avanti, levandosi i guanti imbrattati di sangue fresco. Aveva un viso spento. Forse anche qualcun altro gli stava facendo compagnia nella sua interminabile maratona di notti insonni…
-Non ce l’ha fatta. L’abbiamo persa. I parametri vitali sembravano reggere fino a poco dopo l’operazione. Quando l’abbiamo ricucita qualcosa è andato storto. Mi dispiace…è finita.-
Quella notizia lo gettò in una disperazione così nera che si chiese se per caso non fosse stato legato a quella donna lupo in qualche vita precedente. Non era normale essere in quello stato, per quanto uno possa rimanere deluso per la morte di qualcuno che aveva deciso di aiutare. Non era normale tutta quella disperazione senza senso, tutto quel senso di vuoto che ora lo stava opprimendo.
Finchè dalla stanza non si levò un ululato lungo ed angoscioso.
L’infermiera tornò dentro, cercando di sbarrare le porte ma Caleb si impose con la sua forza, spingendo i battenti.
-La prego, mi faccia entrare, è importante per me!-
-Non possiamo farlo, signore! Rispettiamo solo le regole!- La donna era forte, con spalle nerborute ma non fu per questo che ebbe la meglio.
Caleb si sentiva debole e svuotato..ma aveva ancora la forza per riprendere coscienza di sé. Smise di spingere e lasciò fare il proprio lavoro ai medici.
Prima di portarla lì aveva maciullato un po’ di erbe con proprietà curative, come gli aveva insegnato sua madre , e le aveva messe sulla gamba della ragazza, affinchè l’orribile ferita non prendesse infezione.
Aspettò davanti a quella sala operatoria per un’altra ora intera, iniziando ad odiare lo stupido tic tac dell’orologio dell’ospedale che ora segnava le sei e un quarto del mattino. Tra poco avrebbe anche dovuto presentarsi in ufficio per fare mente locale con la polizia di quanto aveva scoperto…ovvero nulla. Non poteva ancora rivelare dell’esistenza della donna lupo. Anche perché non ce n’era motivo. Il segno dei denti sui corpi delle vittime non erano il segno dei suoi denti.
L’infermiera uscì di nuovo, questa volta con un sorriso così raggiante che sembrò illuminare l’ambiente.
-La ragazza sta bene..ora possiamo finalmente trasferirla in un ambiente di ricerca…-
Il sollievo di Caleb scomparve in quell’istante. Come aveva fatto a non pensarci prima? Portarla in quell’ospedale le aveva salvato la vita, ma adesso tutto il mondo avrebbe voluto sapere della ragazza lupo. Non poteva permetterlo.
-Signora, non lo faccia. In questo momento sarà confusa e spaventata. Potrebbe reagire…-
-E’ sotto effetto di anestetici. Non si preoccupi, detective Foster!-
-Ma non potete farlo! Io non ve lo permetto, come autorità del sistema di investigazione di Nsgov, vi vieto di portarla via. Potrebbe essere la soluzione a quei casi misteriosi di cui mi sto occupando. Quindi vi vieto assolutamente di fare una cosa del genere!-
L’infermiera non ne sembrò molto turbata. Altri due infermieri uscirono, con i camici insanguinati ma i volti soddisfatti.
-Posso entrare ora? E’ in condizioni di ricevere visite?-
Un uomo biondo lo guardò - Ci sono altri infermieri con lei. Incredibile ma vero, si è già ripresa dagli anestetici e le stanno somministrando dei calmanti per il dolore…-
Caleb annuì e senza aspettare altro entrò nella sala, portandosi vicino al letto. Quando quegli occhi dorati si fissarono di nuovo su di lui, qualcosa si agitò nel profondo della sua anima. Qualcosa che ringhiava e si dibatteva per riemergere. Ma Caleb seppe mantenere per sé quella sensazione. Tuttavia fu lei ad irrigidirsi, rimanendo però sdraiata. Evidentemente l’effetto degli anestetici non era ancora svanito.
-No…sta calma. Nessuno di noi vuole farti del male. Questi uomini…- si voltò a guardare gli infermieri, poi la fissò di nuovo-..non vogliono farti del male. Ti hanno salvata.Io invece ti ho trovata nel bosco…chi ti ha buttata giù?- Ok, forse doveva smettere di farle il quarto grado, ma la domanda era uscita spontanea , come durante un interrogatorio.
Lei muoveva la testa ora da un lato ora da un altro finchè non sollevò la coda. I presenti nella stanza ammutolirono, Caleb invece non ne ebbe paura. Allungo una mano e iniziò a carezzarla lentamente. Lei lo fissava ancora, con occhi leggermente socchiusi, non più ben aperti. Lui lasciò andare la coda e lei riaprì di nuovo gli occhi. Non aveva ancora risposto alla sua domanda, così si preparò a riformularla…
-Locoth…- La donna mosse ancora la testa, come in preda alle allucinazioni, poi svenne di nuovo, chiudendo gli occhi.
Caleb rimase a guardarla, affascinato da tanta bellezza. Le ciocche corvine che incorniciavano quel volto ricadevano come una soffice cascata sul cuscino d’ospedale. Intorno agli occhi , solo allora vi fece caso, c’erano degli strani segni rossi. Delle specie di onde con sotto dei puntini. Assomigliavano a delle strane iscrizioni che aveva già visto in uno dei suoi viaggi in Germania, ma non ne era sicuro.
La guardò ancora un istante, poi parlò con gli infermieri e con il direttore dell’ospedale, facendosi promettere che l’avrebbero tenuta sotto controllo e soprattutto che non l’avrebbero portata via.
Quando uscì dall’ospedale la boccata d’aria fresca mattutina fu rigenerante, e rinvigorì i suoi muscoli. Tirò fuori le chiavi della macchina e si mise alla guida verso il suo lavoro. Ma la sua mente ed il suo cuore erano rimasti fissi su quello sguardo dal riflesso dorato che gli aveva incendiato il cuore.
 
 
  
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