Era il 31 ottobre ed era il
giorno di Halloween.
La scuola di Magia e
Stregoneria aveva due scuole di pensiero a proposito di questa festa: da una
parte c’erano quelli che trovavano divertente la festività babbana e si
mascheravano da maghi-babbani, indossavano i mantelli neri e le maschere e
cucivano complicate ragnatele di fili e costumi da scheletro. Dall’altra la
raffinata elite di maghi purosangue snobbava questa usanza rintanandosi nelle
proprie stanze come se fosse stata una serata qualsiasi.
I professori e la maggior
parte degli studenti, però, si divertivano ad emulare i maghi e le streghe
immaginate dalle persone senza potere e si prodigavano per rendere una pessima
immagine di sé, ecco perché le scale e
I ragazzi vagavano per i
corridoi avvolti in bende chilometriche oppure agghindati da Jack O’Lantern
reggendo in mano sinistre lumiere in ferro che emanavano una luce verdastra;
tutta la scuola era disseminata di zucche scolpite a forma di testa mentre
nell’aria aleggiavano spaventevoli fuochi fatui dalla stramba tonalità
azzurrina.
Evangeline, la professoressa
di Difesa Contro le Arti Oscure, aveva ripescato dal suo baule il costume da
Doll Master e si era avviata a cena coperta da un misero straccetto nero che
finiva fin troppo presto per la serenità di studenti e qualche professore.
In testa, anche se non era
sua abitudine, aveva posto un cappello da strega dalla tesa larghissima con
miniature di zucche sinistre a fermare la fascia di raso arancione alta tre
dita che girava tutt’intorno alla coda a punta del copricapo, rigorosamente
nero.
Piton non sembrava approvare
più di tanto quell’esibizionismo babbano e la faccia di zucca davanti a lui nel
tavolo pareva illuminarsi dello stesso tono tetro del suo umore.
La professoressa Sprite,
presa da un ghuizzo creativo, si era travestita da pipistrello, ma vista la sua
mole pareva un pipistrello piuttosto obeso… in compenso il vero re della serata
sembrava essere l’ALTRO vampiro presente, legittimo proprietario del pipistrello
grassoccio che stava al tavolo dei professori: Leonard.
* * *
-
Gardis, faremo
tardi, vedi di sbrigarti! – urlò Jack dabbasso aspettando la sua amica
travestito da finto conte Dracula
-
Arrivo!
Sistemandosi un’ultima volta
la parrucca sulla testa, la bionda strinse la cintura del suo vestito e sistemò
la spada al suo fianco. Un’altra occhiata e decise di scendere nel suo aspetto
più terrificante possibile.
Jacob battè insistentemente
il piede sul pavimento guardando l’orologio al polso e aspettando che quella
benedetta Malfoy si decidesse ad arrivare.
Voltò appena gli occhi nella
direzione delle scale e tirò un gridolino stridulo, decisamente poco virile,
quando davanti a lei comparve una donna mai vista.
La testa china e
pallidissima, un lungo kimono bianco da cerimonia che le scendeva fin sul
pavimento mentre le maniche spropositatamente ampie cadevano mollemente con la
grazia che solo il pregiato tessuto di seta riusciva a conferirgli. Un obi di seta rossa girava tutt’intorno alla
vita sottile legato in modo che la figura rampante del dragone ricamato fosse
in bella vista sul davanti.
Al collo, lasciato scoperto
dalla scollatura decisamente abbondante, una collana di magatama come gli
antichi rosari scintoisti mentre le spalle erano coperte da lunghi capelli neri
sciolti e disordinati che si muovevano come una tenda assieme alla proprietaria
la quale, dal canto suo, incuteva davvero terrore.
Ai piedi della donna strani
sandali rialzati, i geta.
-
Faccio paura? –
gli chiese sorridendo il mostro, perdendo la sua vena drammatica
Riaprendo gli occhi
terrorizzato, Jack incontrò quelli di due colori della sua amica e tirò un
sospiro di sollievo: si poteva davvero morire la notte di Halloween a Hogwarts
perché tutti avrebbero creduto che tu stessi facendo finta.
-
G…Gardis? – tentò
e subito dopo si avvide del vivace smalto rosso alle unghie delle mani che
uscivano dalle maniche
-
No, guarda, sono
-
Scusa, mi hai
fatto paura…
-
Andiamo, era solo
uno scherzetto innocente…
-
Faceva ugualmente
paura
-
Sei un uomo! –
protestò lei – piuttosto, dove sono gli altri?
-
Karen e mia
sorella stavano finendo di mummificare Jeff
-
Splendido, allora
perché tanta fretta?
-
Voglio solo
vedere come sono vestiti tutti gli altri.
E si incamminarono insieme
verso la cena.
Attraversando i corridoi
passarono di fronte alla sala del Consiglio Studentesco, curiosa Gardis vi si
affacciò per vedere su quale tipo di tenda la presidentessa e gli altri si
erano concentrati quest’anno: un tessuto arancione, fosforescente quanto un
evidenziatore era attorcigliato intorno al bastone delle tende mettendo in
mostra babbanissime stampe con la testa della zucca in nero che ghignava,
peccato che più che un ghigno malefico sembrasse un po’ sdentata…
Scosse la testa, pessima
scelta come al solito… pregò che non avessero costretto i prof ad esporre
quella mostruosità anche in giro per la scuola, di sicuro sarebbe stata la cosa
più brutta che avesse mai visto nella sua amata Hogwarts.
Quando entrò in Sala Grande
tutto sembrava più grande e diverso, ciascuno mascherato in maniera differente.
Riconobbe Kitt appoggiato al muro che chiacchierava con suo fratello e, assieme
a Jack, si avviò verso di loro.
Camuffato da dio della morte,
Chris faceva la sua figura, soprattutto anche grazie alla inquietante falce
lunghissima che reggeva con sé e al pesante mantello nero con cappuccio che lo
copriva da capo a piedi.
Anche Lachlan era travestito
da zombie e doveva aver usato tutta la gelatina di menta della scuola per fare
quel costume, poco male, era stata lei stessa a suggerirglielo…
Una ragazzina del primo anno
con un abito da suora trucidata passò tranquilla salutando il ragazzino con la
mano e andò a sedersi al suo posto a tavola.
-
Mi sembri un
vampiro un po’ poco spaventoso… - celiò Leonard vedendo il travestimento
dell’amico della sorella
-
Hai sempre da
ridire su tutto? – indagò l’interessato delle lamentele, Jack
-
Sai, quando le
cose mi riguardano da vicino… - soffiò sottilmente lo Slytherin avvicinando
appena la bocca all’orecchio del giovane Potter che ebbe un brivido, facendo
ghignare il suo molestatore.
-
E immagino che tu
saresti un vampiro migliore… - sbuffò Jacob, Leonard sollevò entrambe le
sopracciglia, un istante stupito, poi scambiò un’occhiata con sua sorella per
continuare con il suo ghigno made-in-malfoy; evidentemente Potty non sapeva che
lui era davvero un vampiro
-
Prestami il
vestito, Potter, poi vediamo. E non fare quella faccia, prometto di non
bruciarlo solo perché l’hai indossato tu
Jack e Leonard scomparvero
oltre l’ingresso lasciando soli il Caposcuola di Corvonero e la bella Prefetto
dei grifoni
-
Leonard mi
preoccupa… - soffiò la ragazza sistemandosi la manica bianca, Christopher, per
tutta risposta, rise sonoramente attirando lo sguardo stupito del fratello
seduto affianco alla ragazza mascherata da suora di poco prima che, a sua
volta, alzò gli occhi e lo guardò come se le avessero appena detto che tra
dieci minuti sarebbe cominciata l’Apocalisse. – cos’hai da ridere? – indagò poi
lei, seccata da quella risata per cui non ne capiva il motivo
-
Niente, è solo
che lui ha detto la stessa cosa, l’altra sera…
-
Leonard si
preoccupa di se stesso? – ripeté scettica
-
Ma no,
sciocchina, si preoccupa per te
-
No, si preoccupa
del modo migliore per sfruttare la mia camera una volta che mi avrà cacciato di
casa…
-
Non essere
permalosa, principessa, lui lo fa perché ti vuole bene…
-
Sì e i maiali
volano a frotte intorno ai comignoli…
-
Beh, se vuoi
metterla così posso sempre chiedergli di provarci – dimenticava troppo spesso
che i modi di dire babbani nel mondo magico non avevano senso, era piuttosto
facile, in verità, far volare qualche maiale intorno a Hogwarts, anche se
dubitava che Hagrid e gli altri professori avrebbero approvato quel tour
zoologico volante
-
Oh, ma guarda che
bella coppia! – Rudiger apparve all’improvviso sbucando da un gruppo di ragazze
tutte travestite da streghe, lui invece indossava un costume da folletto
malizioso e si stava trascinando dietro una pentola piena di galeoni d’oro: era
un leprechaun con tanto di quadrifoglio sull’alto cappello a cilindro
-
Mi ricordi il
Cappellaio Matto – ghignò Gardis salutandolo
-
Sì, gli manca
solo il Leprotto Bisestile e con la nostra bionda Alice possiamo mettere in
scena una avventura nel Paese delle Meraviglie… - aggiunse Kitt provandosi il
copricapo
Gardis prese un foglietto dal
tavolo e con un lapis scrisse sopra 10/6, il numero attaccato alla tesa del
cappello del personaggio di Alice, poi lo appuntò sulla benda verdissima che
correva intorno al feltro del berretto
-
Ora sei perfetto…
- e rimirò la sua opera mentre Rudiger la guardava male – e a proposito, che
bei capelli!
Ridacchiò notando il color
carota di cui si era tinto la chioma bionda e glieli scompigliò
-
Ammetto che
sarebbe stato un travestimento più idoneo a Weasley – concesse lo Slytherin –
ma che tu sappia, da cosa si maschera mia cugina?
Prima che la bionda potesse
rispondere, Karen arrivò nella sala vestendo un abito estivo tutto macchiato di
sangue e con una pesante mannaia tra le mani, anch’essa impiastricciata di
rosso, quando si voltò gli altri notarono che il lavoro era stato fatto proprio
bene visto che Hestia si era preoccupata di farle qualche schizzo vermiglio
anche sulle guance rosate: la classica bambina assassina.
E per finire l’opera,
accompagnata dalla mummia con cui stava litigando, la maggiore dei Potter
arrivò con il viso coperto da una maschera e il lungo abito di velluto blu
-
Ridete gente! –
esclamò gaia al gruppetto – sono
Più che una festa dell’orrore
pareva una parata comica; i babbani avevano uno strano senso interpretativo per
quanto riguardava la magia e i morti e si lanciavano in sperticate fantasie
macabre circa il loro ritorno e le loro vendette.
Nick-quasi-senza-testa,
mascherato da Re Luigi XVI con la testa mozzata, volteggiava per la sala
inveendo contro madame guillotine e
la sua bella e alquanto fredda moglie.
I vari studenti, salutandosi
e rincontrandosi dopo un pomeriggio di preparativi, presero i loro posti ai
tavoli delle rispettive Case, scorse con l’occhio suo fratello che andava a
sedersi con il costume di Jack e, a dirla tutta, faceva anche la sua figura,
soprattutto con quella mania che aveva di stare sempre a tormentarsi i denti.
Un autentico erede del Conte Dracula.
-
Un po’ di
attenzione! – cercò di gridare
-
Posso suggerire
un metodo più efficace? – intervenne Evangeline parlando sottovoce alla
professoressa di Trasfigurazione; Minerva annuì preparandosi al peggio, dopo
quasi vent’anni d’insegnamento in quella scuola, Evangeline aveva scoperto
tutti i trucchi necessari a mantenere un po’ d’ordine tra i suoi indisciplinati
studenti
Si alzò in piedi con tutta la
calma possibile e salì sulla sedia con i vertiginosi tacchi delle scarpe di
vernice nera, a quel punto la metà dei presenti era zitta e guardava nella sua
direzione, sorrise e sollevò le braccia che, per effetto collaterale, alzarono
di mezzo centimetro la gonna dell’abito: a quel punto non stava volando una
mosca, gli studenti basiti erano ammutoliti di colpo e stavano fissando il
tavolo professori come se di lì a poco questi avrebbero cominciato ad
ammazzarli.
-
Molto bene –
ottenuto il suo risultato, la prof di Difesa si risedette e coprì le gambe col
tovagliolo nero, non aveva certo intenzione di dare spettacolo ai suoi studenti
con scene alla Basic Instinct…
La vicepreside in quel
momento avrebbe voluto prendere direttamente la finestra dietro di lei e
lanciarsi nelle acque del Lago Nero, Ruf, all’altro lato di Evangeline, invece,
pareva avere una paresi e se ne stava con la bocca spalancata come gli
uccellini che aspettano la mamma.
-
Ehm, stavamo
dicendo – decidendo che il suicidio era da rimandare, Minerva tossicchiò
significativamente e parlò – tra una settimana e mezza circa avremo l’onore di
ospitare presso la nostra scuola l’Istituto di Magia ed Arti Magiche Orientali
Mahora, proveniente dall’Estremo Oriente.
Alloggerà
presso di noi una delle classi della loro scuola e questo sarà un ottimo punto
d’inizio per cominciare una condivisione delle nostre capacità magiche e delle
nostre teorie.
Sapeva che qualcuno avrebbe
cercato di condividere “dell’altro”, ma confidava che gli allievi, ma
soprattutto le allieve, dell’altra scuola fossero sufficientemente assennate da
non lasciarsi coinvolgere in determinati scambi culturali.
Se lo augurava davvero.
-
Vi informo inoltre
che avremo con noi anche due rappresentanti delle scuole europee, so che
inizialmente dovevano essere tre, ma per permettere ad una terza scuola di
aggregarsi al progetto abbiamo dovuto ridimensionare il numero.
-
Che scuole
parteciperanno? – domandò uno studente del quarto anno di Corvonero
-
Drumstrang,
Beauxbatons e Cantarena
-
Ohhhh….
-
Permette una
parola, Minerva?
Silente si alzò in piedi nel
suo consueto fare tranquillo e giunse le mani, sorridendo ai suoi alunni
-
Vi ricordo che
domani mattina ci sarà una seduta di pulizia presso le aule dell’ex Tassorosso.
Vi pregherei di partecipare numerosi e di affidarvi all’ottima gestione dei
nostri Prefetti e Caposcuola che si stanno dando tanto da fare per questo
progetto che è arrivato tanto improvviso quanto gradito. E adesso, buon
appetito!
E allargando le braccia, sui
tavoli comparirono vivande e ogni bendiddio, il tutto guarnito con i colori
tipici di Halloween, ovvero arancione, nero e verde. Il succo di zucca si
sprecava in una notte del genere e ce n’era anche d’avanzo viste tutte quelle
che erano state sventrate per l’occasione e che facevano bella mostra di loro
sopra le teste degli allievi, intralciando le consuete passeggiatine dei
fantasmi che stavano conversando di questo o quell’abito e dei nuovi ospiti.
* * *
Alle ventidue in punto,
quando la pendola dell’ingresso batté i 10 rintocchi, una piccola folla di non
morti, vampiri, streghe e similari era riunita fuori del vecchio dormitorio
degli Hufflepuff con lumini e candele in mano che proiettavano tetre figure
allungate sulle pareti.
Uno dei presenti fece
apparire da una tasca la lunga chiave che avrebbe sbloccato la serratura,
terminante con lo stemma dei tassi in ferro battuto.
Una ragazza dai lunghi
capelli neri e gli occhi bicolori, dopo aver scambiato un’occhiata con gli
altri, la fece girare nella toppa.
L’acuto cigolio che produsse
l’uscio girando sui cardini vecchi e arrugginiti avrebbe ridestato molto più
dei morti di Halloween, poi, di fronte a loro, si aprì la vecchia Sala Comune.
-
Non ricordavo che
avessero questi osceni gusti fetish… - commentò Rudger mettendo piede dentro e
toccando appena una catena che pendeva dal soffitto
-
Evidentemente
hanno dei lati nascosti – aggiunse Potter tastando una bara appoggiata alla
parete e contornata da ceri cimiteriali
-
Lasciate stare i
tassi – grugnì Gardis accendendo ogni stoppino con un colpo di bacchetta e
facendo quasi prendere fuoco alle bende di Jeff – ho solo addobbato un po’ la
stanza per l’occasione…
-
Beh, direi che
hai fatto un lavoro migliore del Comitato – puntualizzò Kitt avvicinandosi ai
tendaggi di ragnatele che oscuravano i vetri e contribuivano all’aspetto
macabro del luogo
-
Oserei dire che
non ci voleva molto – fu il commento di Jeff mente spegneva le fiammelle sui
suoi bendaggi
Il gruppetto scelse ciascuno
un posto: chi le poltrone rivestite di teli bianchi per preservarle dalla
polvere, chi i sofà morbidi e accoglienti, qualcuno si sedette sui tre gradini
del camino che scoppiettava grazie ad un bel fuoco acceso.
-
Prima di
cominciare facciamo una foto! – ordinò la piccola Malfoy mettendosi in posa e,
dalla porta socchiusa, comparve l’occhialuta sagoma di Albert Canon con
macchina fotografica incorporata
-
Ok gete! –
strillò il ragazzino – fate la faccia migliore che preferite… o la peggiore,
s’intende. Voi siete la sintesi di Halloween!
E l’attimo successivo un
flash a luce d’argento invase la stanza; quando tutti riaprirono gli occhi la
figuretta del giovane reporter era già scomparsa per immortalare altri momenti
clou della serata,
-
Come lo hai
convinto? – s’interessò Karen brandendo la pesante mannaia insanguinata
-
L’avrà pagato in
natura… - propose Jeff guadagnandosi un’occhiataccia di Hestia e una complice
da parte di Rudiger
-
Non affannarti,
Scricciolo – aggiunse poi all’indirizzo della Potter – tu non avresti nulla da
offrire…
-
Taci, sei solo un
ciarlatano! – sbottò la piccola Hestia, alterata
-
Perché litigano
sempre? – domandò Lachlan a Gardis con cui, ormai, aveva una certa confidenza
-
Va’ a saperlo… è
da quando erano piccoli che stanno sempre a punzecchiarsi
-
Chissà perché ma
mi ricorda qualcuno – ghignò il maggiore dei due fratelli Ravenclaw
-
Smettila Kitt, io
e Leonard non ci punzecchiamo, è lui che mi provoca in continuazione!
-
Penso che lui lo
ritenga il suo sport quotidiano – intervenne lo Slytherin presente, Rudiger
-
Beh, dovrà
accontentarsi del quidditch
-
Oh, ma è
impossibile dire a Malfoy di non attaccar briga con qualcuno, non ne è capace –
soffiò Potter jr.
-
Tu invece non sai
mai quando sarebbe il momento migliore per tacere – si premurò di precisare una
voce
Dalla finestra aperta arrivò
la figura nera del primogenito Malfoy, accompagnato da una bella ragazza dai
capelli scuri e gli occhi celesti
-
Sono sempre
invitato, vero sorellina?
Gardis si pentì di avergli
proposto di venire, ma era inutile piangere sul latte versato
-
Sì, ma solo se la
smetti di irritare i miei amici
-
Sarò
irrimediabilmente tentato… - ammise il biondo
-
Beh, resisti alla
tentazione – rispose lei con noncuranza
-
Dove siete stati?
– indagò Karen – e perché siete insieme?
-
Lui mi ha
invitato l’altra sera – spiegò Ciel
-
E poi abbiamo
fatto un giro sulla scopa
-
Sì, vorrei
proprio sapere QUALE… - fu l’innocente commento di Rudiger rivolto alla cugina
maggiore
-
Perché? Quale
scopa intendono? – Karen lo domandò in assoluta tranquillità, ma come si voltò
verso la sorella per ottenere risposta, questa arrossì, allora spostò gli occhi
in una muta domanda verso Greengrass che le mise una mano in testa e le
scompigliò i capelli
-
Te lo spiego
quando diventerai più grande – rispose Rudiger, imbarazzato di dover dire
qualcosa di così sconcio ad un essere candido e puro come la sua cuginetta
preferita.
-
Bando alle ciance
– a Gardis non andava che qualche malefica serpe smaliziata andasse a rovinare
l’innocenza di Karen – già che avete tanta aria da buttar fuori, cominciate voi
a raccontare…
-
Io veramente non
sono molto brava – si scusò la piccola Longbottom spostando la mannaia
insanguinata e rischiando di tagliare la testa a Jack
Rudiger di certo non aveva di
questi problemi, si poteva dire che fosse un attore nato e qualsiasi scusa
avesse per trovarsi di fronte ad un pubblico, andava bene per incominciare una
rappresentazione; poco importava che fosse da raccontare una storia, l’avrebbe infarcita
di rumori di sottofondo e avrebbe mimato le scene clou.
Si sistemò la giacca, allentò
la cravatta al collo e poi si posizionò al centro del piccolo auditorio.
C’era una volta in Russia un palazzo antico e
bellissimo dove da secoli zar e principi avevano ammassato i loro tesori e i
loro bottini e anche dove venivano conservati i segreti più macabri e
impronunciabili di quelle persone che non potevano far sapere a nessuno delle
loro azioni. Così, se ai piani alti erano ammassati vasi magnifici, quadri
splendidi, gioielli e orologi antichi di pregevole fattura e piccoli capolavori
della meccanica orafa, al piano sottoterra, nelle segrete, giacevano i corpi di
tante persone a marcire tra le umide pareti delle celle, divorati dai ratti e
sventrati dai corvi.
Un’occhiata alla platea gli
disse che Hestia, prima della fine della serata, non avrebbe avuto più unghie
da rosicchiarsi e suo fratello accanto a lei, se non l’avesse smessa di
tormentare il filo del vestito, sarebbe tornato al dormitorio in mutande.
Sarebbe stato meglio se al
posto di essere un maschio fosse stato una bella ragazza desiderosa di essere
protetta da spiriti maligni e mummie risorte.
Un autentico peccato che il
pubblico femminile fosse così scarso… di certo non poteva provarci con le sue
cuginette e Gardis non era tipo da spaventarsi per una descrizione
raccapricciante, soprattutto visto che il libro che gli aveva prestato due
settimane prima, Morte in biblioteca
prevedeva scene decisamente più crude.
Si schiarì la gola notando il
sorrisetto divertito del suo Caposcuola che, nel frattempo, stava abbracciando
la bella Prefetto dei corvi. La solita fortuna. Fosse stato in una spiaggia di
gay, Leonard sarebbe riuscito a trovarsi una ragazza da compiacere. O meglio,
con cui compiacersi.
Sbuffò.
Un giorno il principe reale portò al palazzo il
bottino della sua ultima razzia: nella sala dei monili vennero depositati
gioielli antichi di fattura orientale, pregiati lapislazzuli incastonati in
lamine d’oro e d’argento, tessuti finissimi, damaschi dai ricami perfetti.
Assieme a tutto questo portò con sé anche un dipinto.
Il quadro raffigurava quattro generali con turbanti e
piume, i pantaloni larghi e le sciabole appese al vestito.
Due di quelli erano stati uccisi dal suo esercito, uno
aveva tradito i suoi e l’ultimo era stato infilzato dalla sua spada mentre gli
giurava eterna vendetta.
Nonostante rappresentasse quattro uomini, il principe
adorava quel quadro, considerandolo un autentico capolavoro e insistette per
appenderlo nella vasta collezione assieme alle opere di artisti famosi come
Leonardo e Raffaello.
Ciò che non sapeva, però, era che il quadro era
maledetto.
La sorella dei quattro principi, infatti, Sherazade,
dopo aver saputo della tragica fine dei suoi fratelli, aveva lanciato sull’invasore
straniero un incantesimo potentissimo che lo perseguitasse per il resto dei
suoi giorni.
Da quel giorno, tutte le notti, il custode cominciò ad
udire strani passi e urla lamentose provenire dal corridoio della galleria
principale: ogni volta andava a controllare timoroso con la sua lanterna, ma
trovava sempre il luogo deserto tranne che per una finestra aperta.
Si lamentò spesso di questo col principe, sostenendo
che c’era bisogno di altre guardie perché il palazzo era grande e il tesoro
faceva gola a molti, ma il principe non acconsentì.
La mattina seguente i guardiani che andavano ad aprire
il cancello trovarono il corpo del guardiano notturno seduto sulla sua solita
seggiola a dondolo, inizialmente cedettero che si fosse addormentato, ma quando
si avvicinarono videro sotto il legno antico una pozza di sangue e quando gli
toccarono la faccia, fredda come marmo, la testa cadde sul pavimento, rotolando
qualche metro e offrendo un macabro e raccapricciante spettacolo di come l’uomo
era stato decapitato.
Sul muro, dietro di lui, la scritta col sangue: VERRA’
ANCHE IL TUO TURNO.
Un’altra occhiata. Da come
aggrottava le sopracciglia la piccola Malfoy doveva trovare la sua avventura
piuttosto interessante. Karen invece era letteralmente abbarbicata alla gamba
della sorella che, a sua volta, stava abbarbicata al torace di Leonard, non
senza che questo si lasciasse sfuggire l’occasione.
Hestia Potter, dall’altra
parte, stava tenendo stretta la mano del fratello e quella del cugino che le
aveva intimato più di una volta di tacere quando Rudiger arrivava ad un momento
cruciale e lei si metteva a singhiozzare di paura.
Kitt, dal canto suo, pareva
semplicemente godersi quella storia e suo fratello, seppur piuttosto nervoso,
aveva lasciato la sua postazione accanto alla bara per sedersi sul tappeto ai
piedi del giovane Black.
Piuttosto preoccupato dell’accaduto, il principe mise
due guardie al palazzo che facessero la ronda notturna. Era probabile che il
primo custode fosse stato ucciso da qualche brigante con cui aveva dei conti in
sospeso.
Seppur riluttanti, le due guardie acconsentirono
all’incarico, ma la mattina dopo, quando si andò a controllare, di loro non
rimanevano che pezzetti grossi come quelli dello spezzatino. Erano state
brutalmente massacrate e tagliate a cubetti e il loro sangue era sparpagliato
per tutto il corridoio principale, mentre i vari pezzi erano stati raccolti in
una preziosa insalatiera d’oro e pietre preziose.
A quel punto la gente del paese vicino cominciò a
mormorare qualcosa circa la terribile maledizione che gravava sul palazzo e si
cominciò ad avere paura di avvicinarci al luogo.
Nonostante lo stipendio promesso fosse molto alto per
gli standard, nessuno voleva più andare a fare la ronda notturna e gli abitanti
cominciarono pian piano ad andarsene e abbandonare la terra maledetta.
L’unico che resisteva era il principe che, testardo,
sosteneva che fosse tutta una messinscena e di non credere a spiriti
soprannaturali che tornavano la notte per uccidere i suoi soldati.
Ma nonostante questo, nessuno voleva più avere a che
fare con lui: sua madre e sua sorella si erano trasferite in un altro palazzo
molto lontano e quel poco di servitù che non avevano portato con sé era fuggita
prima che la carrozza reale lasciasse l’abitazione.
Alla fine il principe si era ritrovato solo nel grande
palazzo dei tesori, rinchiuso in quel mondo di freddo oro.
E quella sera non c’era nessuno con lui, se avesse
voluto, avrebbe dovuto fare da solo la guardia al palazzo.
Quando arrivò la notte, armato di tutto punto, il
giovane decise di cominciare il suo giro nei corridoi.
Tutto pareva quieto e tranquillo, esattamente come
doveva essere il palazzo di notte.
Poi arrivò nella galleria principale e, guardandosi
attorno, vide tutti i dipinti bellissimi che aveva collezionato negli anni.
Nostalgicamente si mise a rimirarli uno ad uno: grandi capolavori creati con
maestria, spesso rubati ai loro legittimi proprietari e ai loro creatori.
Madonne con bambini, nature morte e paesaggi bucolici,
figure mitologiche, scene di battaglie.
Ritratti.
Un ritratto tra tutti lo colpì mentre li scorreva con
attenzione: era quello dei quattro sultani che aveva ucciso assieme al suo
esercito nell’ultima campagna militare.
C’era anche una sorella, la ricordava. Era stata lei a
fare la fine peggiore di tutti e si poteva ben immaginare cosa fosse stato
fatto del suo povero corpicino illibato. Bastava dire che lui era stato il
primo e non sapeva chi fosse stato
l’ultimo.
Aveva sentito dire all’accampamento che poi lei si era
tolta la vita come una vera regina lanciandosi da una rupe, i soldati avevano
trovato tracce di sangue sul precipizio.
Una delle quattro facce, però, gli incuteva davvero
terrore, stava ghignando. E nonostante, con ogni probabilità, si trattasse di
una smorfia naturale della faccia di quell’uomo, riusciva a farlo sentire a
disagio, lui! Un principe!
Ad ogni modo se ne discostò e guardò attorno, il nulla
intorno a lui, non c’era nessuno di cui avere paura, quindi inutile
preoccuparsi
-
Hai paura? – gli domandò una voce proveniente dal buio
della galleria
Il principe strizzò gli occhi cercando di mettere a
fuoco l’immagine di colui che aveva parlato e quando finalmente una delle
fiaccole illuminò il viso, si accorse che si trattava di uno dei quattro
principi che aveva appena terminato di vedere ritratti.
Impossibile, erano morti tutti!
All’improvviso il ricordo delle parole della sorella
Sherazade, pronunciate in una lingua sconosciuta, gli tornarono alla mente!
Quella donna era una strega che lo aveva dannato per aver distrutto il suo
paese!
Si allontanò un poco e notò che il sorriso del
principe del ritratto ora era di scherno nei suoi confronti e pareva che gli
occhi cupi lo seguissero nei suoi spostamenti.
Nel frattempo il fantasma si stava avvicinando sempre
di più, la figura impalpabile, vestito di tutto punto con le sue stoffe regali,
il turbante piumato, la sciabola legata al fianco.
-
Ti senti come un topo preso nella trappola? – chiese
ancora il baffuto fantasma procedendo verso di lui, la cui ritirata era
bloccata dalla parete di fondo
L’uomo estrasse la spada e la tese di fronte a sé
-
Cosa pensi che ne farò di te? – gli domandò? – ti
squarterò e getterò i pezzi in un vaso o ti taglierò la testa?
Il principe russo deglutì e si gettò ai suoi piedi
implorando la sua pietà, ma quel fantasma era stato richiamato per vendetta e
difficilmente avrebbe potuto essere impietosito dalle lagne di un ragazzo
viziato.
-
Un vero principe non dovrebbe mai implorare la pietà
per se stesso – gli rispose duro lo spetto – solo per il suo popolo. Voi invece
non avete conosciuto neppure quella. Avete straziato la mia gente, distrutto le
mie città, bruciato i miei campi e violentato mia sorella… - quale morte
crudele sarà sufficiente per ripagare il sangue che avete versato? Un sangue
d’innocente!
Intimorito il ricco erede si appiattì contro la parete
e vide calare la lama su di sé, credendo che gli avrebbe affettato il cranio in
un unico colpo: la ricordava, sapeva essere molto affilata e quell’uomo la
maneggiava con estrema destrezza.
Ma non percepì il dolore terribile, neppure di
passaggio
-
Hai paura di morire, principe? – chiese – perché?
Perché hai la coscienza sporca? Perché hai paura di essere punito per i tuoi
meschini peccati? Oppure perché non vuoi lasciare la tua vita di agi e
ricchezza?
Il giovane fece per rispondergli, ma avvertì il freddo
della lama che gli trapassò l’intestino e un fiotto di sangue gli uscì dalle
labbra.
-
E’ l’unica morte che posso concederti che rasenta
quello che davvero meriti. Morirai dissanguato e il taglio degli intestini è
senz’altro la pratica più dolorosa che si conosca. Nessuno può sopravvivere.
Poi il principe straniero pulì la lama nel mantello
dell’altro e rinfoderò la sciabola.
-
Ci pensi che la maggior parte dei tuoi pranzi sono
fatti in questo modo? Si prende un maiale, lo si sgozza e poi gli vengono
estratti gli intestini per farne prelibati insaccati e cene regali per il
nostro principe morente.
L’altro non disse niente, straziato dal dolore che
stava provando.
Un principe meritava una morte dignitosa, dipartita
che, tuttavia, non aveva riservato ai suoi avversari e per questo era stato
punito.
-
Se credi nella reincarnazione – aggiunse ancora
l’altra principe sogghignando – nella prossima vita rinascerai uomo perché
nascere uomo è la peggior reincarnazione visto che si è costretti a rinascere
in un essere stupido e malvagio.
Detto questo dalla tunica estrasse un pennello e lo
intinse nella piccola pozzanghera di sangue che si era formata ai piedi
dell’altro, poi si accinse a scrivere sulla parete bianca della galleria,
quella che doveva ancora essere riempita.
ANCHE IL SANGUE è STATO RIPAGATO
Dopodiché uscì dal palazzo.
Quando il principe straniero uscì fuori gettò nel lago
il pennello e si tolse i baffi finti. Poi slacciò la blusa e le fasce di seta
che fermavano il seno e, levandosi il pesante turbante, una cascata di riccioli
ramati ricadde sulla schiena esile.
Aveva ripagato tutto il sangue che aveva versato: dei
suoi fratelli, del tradimento di uno di loro, della sua gente e il proprio.
Aveva recuperato il suo sari, ora non doveva fare
altro che tornare nel suo paese e governare con giustizia la sua gente.
Il suo pubblico atterrito gli
tributò un applauso per la storia appena inventata nonostante la maggior parte
delle ragazze avesse le mani che tremavano leggermente.
Jeffrey Weasley era
senz’altro quello che aveva apprezzato di più l’esotica avventura del principe
russo e stava battendo con foga le mani fasciate dalle bende.
Gardis sorrise e applaudì a
sua volta.
-
Sono io il
prossimo? – chiese suo fratello
Ma dopo avergli lanciato
un’occhiata e aver visto come sia Karen che Ciel riposassero tranquille appese
alle sue braccia, decise che non era il caso di affollare i loro già tormentati
incubi con le storie truculente di Leonard.
Già il semplice fatto che
fosse un vampiro gli permetteva di avere una dimestichezza con sangue e morti
particolare, oltre che un distacco tutto suo. Quando era piccolo aveva
sviluppato una cultura dell’orrore molto vasta e, di certo, le terribili storie
che Evangeline gli raccontava, e che poi lui narrava a lei per farle paura,
l’avevano reso un autentico esperto nel settore. Se ci si fosse messo sarebbe
riuscito a far più paura di Poe o Steven King e Karen le aveva più volte
riferito che Hestia aveva già il sonno agitato di suo.
Rischiava di finire in un
macello, ma certo era da considerare che i racconti sarebbero stati adatti alla
festività…
Allora… c’era una volta, non molto tempo fa, un
castello in rovina tra le cui mura abitava un vampiro.
Eccolo! Sapeva perfettamente
dove voleva andare a parare, quel pallone gonfiato!
Non solo era senza modestia,
ma adesso si metteva pure a romanzare e infiorettare la sua storia! Razza di
burlone senza speranza… e tutti avrebbero anche creduto che fosse una favoletta
paurosa…
Il vampiro abitava si era appena trasferito lì dopo
un’esistenza di viaggi in giro per il mondo. In passato la sua famiglia era
stata famosa per la crudeltà con cui, da signori feudali, governavano quelle
terre aspre e selvagge e per la strana mortalità che affliggeva le povere
giovani del luogo, tutte sofferenti di una grave forma di anemia che le
portava, appena sbocciate nella giovinezza, ad una prematura morte.
-
Perché i vampiri
mordono solo donne? – chiese scettico Jack puntandosi un dito al mento –
darebbero meno nell’occhio se facessero lo stesso anche con gli uomini…
-
Il sangue degli
uomini fa schifo per un vampiro maschio – borbottò Leonard, seccato che
qualcuno avesse interrotto la sua avvincente narrazione
-
Se lo dici tu… -
Potty junior non pareva troppo convinto, ma che provasse pure ad assaggiare un
po’ di sangue maschile, se fosse stato un vampiro, e gli si sarebbero contorte
le budella fino allo spasimo!
-
Dunque… il castello era rimasto fatiscente e semi
abbandonato per molto tempo e adesso non era più che un rudere, ma il nuovo
proprietario aveva deciso che le cose dovevano cambiare. Raffinato esteta e
grande collezionista, dotato di buon gusto e fiuto per gli affari, il vampiro
aveva deciso che era venuto il momento di trattare i propri “affari di sangue”
in una maniera decisamente meno vistosa, anche perché ormai cominciavano
davvero a scarseggiare le belle donne vergini come esigeva la tradizione…
Vide il rossore diffondersi
sulle guance della giovane Potter, di Ciel e della sorellina di lei, Karen.
Gardis invece sembrava pronta per tuffarsi in una baruffa tra gatti e stava
alzando il pelo, lo dimostravano quei riccioletti che si erano creati al
termine delle sue ciocche bionde.
Che si fosse accorta della
sua splendida idea?
Una cosa aveva però imparato questo vampiro nei suoi
viaggi per il mondo, prima di trasferirsi definitivamente nel suo castello, ed
era che non era lui a doversi recare dalle sue prede, ma dovevano essere loro
ad andare a lui come mosche nella ragnatela. E anche se avessero mai scoperto
chi fosse per davvero, di sicuro, con quello che aveva in mente, non avrebbero
potuto fare a meno di tornare ancora e ancora.
-
Questo vampiro mi
sembra un dandy senza personalità e ha molta stima di sé – sbottò Jeff che,
comunque, era curioso di conoscere il prosieguo della storia
-
Chissà che non
possa insegnarti qualcosa, Weasel.
Ad ogni modo, sfruttando il suo vasto giro di
conoscenze, trasformò in breve la sua millenaria dimora in una piccola corte
sfarzosa. Lentamente cominciò a farsi vedere per le strade della città senza
far sì che le persone lo riconoscessero. Presentandosi come un gentiluomo nobile,
sfruttava il fascino che contraddistingue chiunque della specie dei vampiri per
fare colpo sulle giovani dame del luogo, attratte da quell’esemplare maschile
particolarmente avvenente, comparso per caso in una zona dove l’unico
rappresentante del sesso forte era il rozzo contadino o il viscido mercante.
-
Che ci vuoi fare,
il mondo è pieno di stupidi… - questa era Gardis, più la storia andava avanti e
più non le piaceva. Leonard sapeva perfettamente cosa ne pensava del suo
comportamento e anche dei suoi mezzi e, nonostante non potesse biasimarlo del
tutto, aveva parecchio da ridire in proposito.
-
Ma come,
sorellina, non vorresti conoscere anche tu un vampiro o avere una storia con
lui? – le domandò ghignando
-
Sai com’è, mi
bastano quelli che già conosco… anzi, potendo sfoltirei anche un po’ il numero…
-
Conosci un
vampiro? – chieste Hestia ridestando dall’estasi mistica che la stava prendendo
all’ascoltare quelle favole horror
-
Più d’uno
-
Che fortuna…
-
Non troppo, sono
degli insopportabili boriosi pieni di sé che credono di essere superiori a
tutti
-
Ohhhh
-
Sorellina, ti
spiace? Io stavo raccontando la mia storia… - s’intromise Leonard tossicchiando
significativamente, poco lusingato dalle parole della piccola Malfoy
-
Prego, chi te lo
impedisce…
Stavamo dicendo. La notizia che un giovane rampollo
nobile si fosse stabilito nella zona fece ben presto il giro del circondario e
le affettate madri delle giovani cominciarono ad escogitare qualche metodo per
riuscire ad accalappiarlo per le loro figlie, iniziarono così a farsi invitare
al suo castello con prole al seguito e, ben presto, cominciarono addirittura a
mandare le loro figlie da sole. L’idea era quella di presentarle belle e
fiorenti in modo che il ragazzo non potesse resistere al loro fascino e
decidesse di indulgere nella tentazione, dando quindi la scusa alle famiglie di
intrappolarlo in un matrimonio piuttosto frettoloso per “riparare” al danno
subito.
-
Che danno? –
indagò Karen
-
Quello di aver
rubato la loro preziosa verginità, a quel tempo era molto importante che una
sposa lo fosse e se questa era stata strappata in giovinezza il responsabile in
questione doveva pagare somme enormi di indennizzo o, nel peggiore dei casi,
sposare la ragazza…
-
Peggiore dei
casi, puah! Ma se era stato proprio lui a causare il danno, mi sembra giusto
che paghi il fio!
-
Discuteremo di
questo più approfonditamente in privato, sorellina.
Comunque, tra quelle campagne vivevano anche molte
persone di umili origini e, per la precisione, il locandiere. Rimasto
prematuramente vedovo della moglie, si era ritrovato con sette figli maschi e
un’unica bambina, l’ottava.
A dispetto di quello che si credeva, avere molti figli
maschi era un’ottima cosa, ma bisogna capire che in una locanda sarebbe stato più
produttivo avere con sé molte figlie femmine che attirassero i clienti
-
Potevano
attirarli con la buona cucina, non svendendo un’innocente – borbottò sua
sorella, moralista come sempre
La bambina –
continuò imperterrito il maggiore – era
la più piccola dei fratelli e con tante bocche da sfamare, spesso il cibo
mancava così il locandiere aveva preso con sé le mogli dei maggiori e le aveva
messe a servire ai tavoli mentre la più piccola si occupava soltanto di portare
il vino in tavola. Poi, un giorno, un’idea lo colse: la piccola sarebbe stata
una buona governante. Le governanti non dovevano essere belle o avvenenti,
bastava che si limitassero a tenere le case pulite e facessero i mestieri. E
chi poteva mai assumere una governante nelle vicinanze? Certo il giovane nobile
zeppo di soldi che viveva nel castello sulla montagna. Si diceva che abitasse
tutto solo e che ricevesse delle ospiti importanti senza l’adeguata presenza di
una donna al castello.
Così, quella domenica, dopo la messa, si recò col
carro fino all’ingresso del maniero e presentò la propria piccola al nobile
rampollo, spiegandogli tutte le ragioni per cui avrebbe dovuto assumerla e i
vantaggi che avrebbero potuto derivarne.
Il vampiro studiò brevemente la figuretta gracile
della ragazza e propose un patto: avrebbe comprato sua figlia, ma a quel punto
lei non gli sarebbe più appartenuta. Restio a dare via l’unica femmina che
avesse e anche colei per cui la sua buona moglie aveva dato la vita, il
locandiere si trovava in una situazione difficile, ma il ricordo dei suoi altri
figli, delle loro mogli e dei bambini appena nati era sufficiente a rendergli
le idee più chiare. Almeno la piccola sarebbe stata bene, a differenza di loro.
Ricacciando le lacrime per la partenza del padre, la
piccola cominciò ad assumere servizio presso la bella casa del suo nuovo
signore. Prevalentemente si trattava di tenere pulite le stanze degli ospiti,
preparare i pasti e servire il tè alle signore che venivano in visita e, alcune
volte, accompagnarle fino a casa col calesse e quello strano figuro che lo
guidava e che serviva fedelmente il vampiro.
E se anche all’inizio non era il massimo della
raffinatezza, il suo signore le aveva insegnato come migliorarsi, troppo
perfezionista e aristocratico per tollerare qualcosa di grossolano.
Alla fine era un lavoro divertente, c’erano un sacco
di cose da fare e poteva conoscere molto stando ad ascoltare dietro le porte le
conversazioni delle giovani donne che spettegolavano o discutevano dell’ultima
moda, del cappellino di questa e quella e del regalo che Tizio aveva fatto a
Genoveffa per…
La cosa che, però, la stupiva senz’altro di più erano
le ragazze… entravano carine e deliziose, colorite e allegre e ne uscivano
spossate ed esauste, pallide come cenci e con quell’espressione ebete sul viso.
E il suo signore, dopo essere venuto a conoscenza dei
suoi dubbi amletici, l’aveva pregata di rassettarle meglio che poteva prima di
rispedirle a casa in modo che non sembrassero appena tornate da una cavalcata.
Ma perché tutto questo? Come mai? Cosa faceva loro il
suo signore?
Ficcanasare non era la sua specialità, ma la curiosità
l’aveva sempre presa più che i suoi fratelli e aveva un sacco di dubbi e
domande.
Il suo signore pareva, invece, non preoccuparsi troppo
della cosa, le sorrideva, alzava le spalle e andava a fumare quelle sigarette
che teneva sulla scrivania con tanta cura.
Crescendo, però, cominciò a mettere seriamente insieme
le idee. La gente pareva più serena del solito perché, nonostante le ragazze
soffrissero di quella strana anemia delle loro antenate, non morivano come
mosche, anzi, erano in salute e serene dopo qualche giorno dalla crisi.
Un giorno una delle tante ospiti arrivò al castello
senza preavviso con una carrozza senza insegne e lei fu costretta a lasciare
perdere i suoi lavori per dedicarsi anche a lei che, senza neppure aspettare di
essere annunciata, si era lanciata a rotta di collo verso lo studio del
padrone.
Passa un’ora e l’orologio del soggiorno battè l’ora
del tè quindi la piccola sguattera decise che era giunto il momento per
occuparsi di questi ospiti insistenti e tornare alle sue pulizie. Sistemò le
stoviglie e i pasticcini sul vassoio e si diresse lungo il corridoio deserto,
eppure più il si avvicinava e più sentiva qualcosa che non andava, lo percepiva
nell’aria e il buonsenso le diceva di stare alla larga.
Fece qualche altro passo e l’atmosfera pareva farsi
sempre più pesante, fuori il tempo era peggiorato di colpo e grossi nuvolosi
neri si erano addensati sul castello mentre in lontananza i lupi ululavano e
grossi uccelli neri si erano alzati in volo dal folto del bosco lì sotto.
Cercando di non fare troppo caso alle figure marmoree
di gargoyle e streghe che adornavano la facciata e l’interno, proseguì il suo
percorso.
Non le era mai sembrato che la strada che conduceva
dai suoi appartamenti a quelli del signore fosse così lunga e tantomeno aveva
sentito quelle fitte di terrore, come se al posto che in una stanza si stesse
dirigendo al patibolo.
Ancora un passo, ancora uno e poi si ritrovò di fronte
alla porta chiusa del grande salone del padrone.
Fece per bussare e portare il tè quando udì qualche
strano suono concitato provenire dall’interno, suoni che non riusciva a
distinguere nitidamente. Rimase qualche istante con l’orecchio teso contro il
legno spesso chiedendosi cosa stesse accadendo dentro.
Poi, all’improvviso, un urlo terribile squarciò l’aria
echeggiando tra le antiche pareti del maniero.
Senza pensarci due volte e facendo dissolvere la paura
di poco prima, col cuore a mille spalancò l’uscio e si fermò sulla soglia allo
spettacolo che aveva davanti.
Il vassoio sfuggì dalle mani e atterrò sul pavimento
di legno mandando in frantumi il servizio.
Era… era qualcosa di indescrivibile… era qualcosa di
mai visto.
Era qualcosa di TERRIBILE.
Era qualcosa che nessun umano dovrebbe vedere e forse
neppure nessun essere magico.
* * *
Spazio autrice:
ed eccoci al nostro sesto capitolo della storia.
So che le storie del terrore
non sono proprio il mio forte e dubito anche che quelle che ho citato possano
far paura a qualcuno più grande che un bambino… prendetelo come un racconto
simbolico…
Dato che sono piuttosto di
fretta, non posso soffermarvi a salutare uno per uno e ringraziarvi per le
tantissime e bellissime recensioni che mi avete lasciato, siamo solo al quinto
capitolo e ho già raggiunto quota 50! Non posso crederci, sono davvero
lusingata di avere tanti lettori, spero che la mia storia non vi deluda… me lo
auguro davvero.
Poi, per quanto riguarda
Blaise: molti mi hanno chiesto quando comparirà, beh, lui arriverà assieme al
Mahora e alle altre scuole, quindi ci vorrà ancora un po’, non è proprio un
avvenimento prossimo, come ho detto questa storia rischia di finire un po’ più
per le lunghe delle altre perché i personaggi che devo trattare sono tanti e
nuovi e quindi mi servono un po’ di capitoli per parlare di loro…
Spero davvero che il chappy
vi sia gradito, intanto vi ringrazio davvero tantissimo, siete un pubblico
meraviglioso,
Grazie!!!
Nyssa