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Autore: Ethasia    23/05/2014    2 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono un genio. Sono un fottuto genio. Nell'intero corso delle loro inutili vite, le Sirene non hanno mai saputo rendersi così utili.
Già, perché proprio oggi hanno deciso che stasera avrebbero dato una festa. Ed io, che non avevo neppure un accenno di voglia di metter piede fuori di casa, stavo per lasciarmi convincere ad andarci, considerando pure che la mia presenza è stata specificatamente richiesta. Ma poi, Wendy ha parlato. "Col cavolo che io ci vengo." Seguita da una decina di termini non particolarmente lodevoli riferiti alle Sirene, quella frase mi ha dato l'illuminazione. Io non avevo voglia di partecipare. Lei neppure. A dire la verità, neanche i Ragazzi erano esattamente entusiasti, ma onestamente, quando ricapiterà che io e Wendy rimaniamo da soli col Rifugio disseminato di rhum e dolciumi diabetici rimediati dalla mia ultima gita a Londra? D'accordo, sarò stato un po' scorretto nei confronti dei miei amici, ma ho dovuto obbligarli a togliersi di torno per stasera. 
Perciò, come dicevo, sono un fottuto genio.
Ed effettivamente, la serata non sta andando affatto male, specialmente per i nostri standard. Di solito non passa un pomeriggio senza che io e Wendy ci battibecchiamo almeno un po'. O senza che io la prenda in giro perché se ne sta tutto il giorno in un angolo a leggere con quegli occhiali enormi da gufo. O senza che lei mi insulti in tutte le lingue che conosce - e, purtroppo per me che ne capisco solo una, non sono poche - perché mi faccio scappare qualche battutina per provocarla. Insomma, non siamo mai stati così amichevoli. In un certo senso, è strano. In un altro senso, invece, la cosa mi fa terribilmente ben sperare.
- Sai, Pan, mi costa molto ammetterlo - commenta Wendy, ficcandosi in bocca cinque o sei caramelle gommose tutte insieme, - ma questa è stata una delle idee migliori che tu abbia mai avuto.
Il mio cuore salta un battito. 
- Non avrei sopportato di passare una serata intera con quelle stupide trote - continua poi, facendomi riprendere a respirare normalmente.
Cercando di rallentare i battiti, rispondo: - Migliore anche di quando ho deciso di venire a salvarti da una vita monotona confinata nella Londra bene per riportarti quaggiù?
- Se la battono alla pari - risponde lei, ammiccando e bevendo una sorsata di rhum che le fa strizzare e lacrimare gli occhi. - Certo che è tosto - mormora.
Mi astengo dal prenderla in giro; in tutta sincerità, neppure io so come diavolo facciano i Pirati a buttar giù intere bottiglie di questa roba ogni dannata sera. E poi, mi è tornato alla mente un dubbio che, negli ultimi tempi, soprattutto quando vedo Wendy persa nel suo mondo, senza nemmeno un libro in mano, mi sta un po' tormentando. 
Prima di domandare, bevo anch'io un goccio di quell'intruglio incendiario. - Non ti manca neanche un po'?
- Che cosa? - chiede, distratta.
- Casa tua. La tua vita di prima.
- Non direi - risponde, abbassando gli occhi. - Voglio dire, quando ero là, le uniche cose che mi trattenevano dall'andarmene erano i miei fratelli, che adesso sono qui con me, e un po' mia madre.
Non so perché, ma il cuore che si era miracolosamente calmato sta cominciando ad accelerare di nuovo. E avverto una fitta allo stomaco. - Com'è... averne una?
Wendy sospira. - Normalmente è bello - risponde, con un sorrisino amaro. - Averne una come la mia è strano. Perché sembra sempre che sia dalla tua parte, ma che non abbia il coraggio di dirlo, e che poi si faccia convincere da tuo padre che essere severi con i figli è la cosa migliore, che va fatto per il loro bene... Scusa - dice alla fine, - sto divagando. In fondo, sì, è bello avere una mamma. Una mamma non ti lascia mai da solo. E' sempre, o quasi, lì per te.
Adesso sono io ad abbassare gli occhi. E non è tanto per il fatto che io, un affetto del genere, non credo di averlo mai provato. E' più perché lei lo prova. E ne parla con una voce talmente emozionata, tanto piena d'amore che... non lo so. Non è invidia, non è gelosia. E' più che altro paura.
Perché ho paura?
Rimango in silenzio.
Dopo qualche secondo è Wendy a parlare. - Ehm... Peter?
Non rispondo. Non saprei nemmeno cosa dire.
Poi ci riprova, più seccata. - Peter.
Forse non è paura. Forse è solo l'acol che mi fa sragionare.
Alla fine sbuffa. - Pan, se non ti degni di considerarmi entro dieci secondi, ti ficco in bocca diciassette marshmallows e li uso per soffocarti. 
Controvoglia, rialzo gli occhi. E lei è lì che mi fissa.
- Che c'è? - domanda, in un tono dolce che non ha mai usato neppure con Michael.
Scrollo le spalle. - Una mamma non è l'unica persona che resterà sempre vicina a te - borbotto. 
- Lo so - risponde, spiazzata.
- Non c'è solo la famiglia - continuo, scocciato. - Ci sono persone che darebbero la vita per te anche se non sono tuoi parenti, persone che ti vogliono bene. Ci sono gli amici. 
- Lo so, Peter - ribatte a occhi sgranati. - Perché dici questo?
- Perché sembra che ogni tanto tu te ne dimentichi - rispondo. - Da come ne parli, e da come ti comporti ogni tanto, pare che da un giorno all'altro tu possa decidere di piantarci in asso per tornare da tua madre, nonostante mi sembra che tutti noi facciamo il possibile per farti stare bene.  
Un secondo dopo aver chiuso bocca, mi rendo conto di aver detto una grande cazzata. E vorrei soltanto che le parole fossero fatte di una qualsiasi materia, così potrei riafferrarle al volo, cacciarmele in gola e fare come se non ne fossero mai uscite.
Purtroppo non posso. E pare che Wendy quelle parole le abbia sentite fin troppo bene, perché alza gli occhi su di me con un'espressione che farebbe rimpiangere di essere nato perfino a satana.
- W-Wendy, mi dispiace - balbetto, - ho solo...
- ...dato fiato alla bocca? - mi interrompe lei, sprezzante. - Me ne sono accorta, Pan. 
- Non volevo... - cerco di dire, ma mi interrompe di nuovo.
- Sai, se pensi che io sia un'ingrata, potevi dirlo subito - sbotta, alzandosi in piedi, - così me ne sarei andata prima.
Senza darmi il tempo di rendermene conto, vola come un razzo fuori dall'Albero.
- Wendy, aspetta! - urlo, prima di lanciarmi al suo inseguimento alla velocità della luce.
Volando come credo di non aver mai volato in vita mia, riesco ad intercettarla in una radura poco lontana. Con l'ultimo sforzo, riesco a superarla e bloccarle la strada, costringendola a frenare. Si ferma a mezz'aria con i capelli che le svolazzano minacciosi attorno al viso, guardandomi furibonda a braccia conserte.
- Togliti - mi ordina, secca.
- Ascoltami - cerco di dire, - lo so che mi sono espresso male...
- No, tu ti sei espresso benissimo - ribatte lei, tagliente. - Ho capito, d'accordo? Evidentemente non è sufficiente dire addio alla propria famiglia, bisogna anche dimenticarla, altrimenti il povero Pan potrebbe avere delle crisi di inferiorità!
- Non intendevo dire quello...
- So perfettamente di avere degli amici, e so molto bene anche gli sforzi che loro fanno per farmi sentire a mio agio qua...
- Ma infatti...
- ...ma tu non riesci a fare lo stesso! Devi per forza rinfacciarmi il fatto di avere avuto dei legami, nonostante le migliaia di volte in cui ti avrò ripetuto quanto i miei genitori mi abbiano fatto soffrire, quanto io stessi male a Londra... Non riesci proprio a capirlo, vero?
- Wendy, per favore...
Ma non mi lascia finire. Mi supera con una spallata, e dopo qualche metro scende a terra, continuando a camminare. - Dove te ne vai? - Non mi risponde. Ma non posso permettere che mi lasci così. Perciò la riprendo con una volata, e la costringo nuovamente a fermarsi. - Wendy - dico, implorandola con gli occhi,  - dove stai andando?
- Tranquillo - risponde, con una risata sprezzante e amara, - non ho la minima intenzione di tornare a Londra. Vedi, per quanto il tuo ego possa essere ingombrante, qua non ci sei solo tu. 
- L'Isola è pericolosa di notte... 
Ma non mi dà ascolto. Mi gira attorno, e non riesco a fermarla un'altra volta.
Perché quando mi ha guardato prima di andarsene, nei suoi occhi ho visto solo rabbia, delusione, disprezzo. Un'incredibile freddezza che ha ghiacciato il blu delle iridi, come l'inverno fa con l'acqua. 
Uno sguardo che mi ha fatto capire che, stavolta, l'ho combinata davvero grossa.
E adesso, non so che cosa fare.





va bene, faccio schifo. e non solo perché questo capitolo mi sembra incredibilmente tirato via (e perciò vi chiedo umilmente perdono), ma soprattutto perché mi sto rifacendo viva dopo due mesi che non facevo neanche uno straccio di aggiornamento. potrei stare qui ad elencarvi tutti i motivi che mi hanno tenuta lontana da questa storia (tra cui enumero, per chi fosse interessato, un'incredibile quantità di roba da studiare e il mio patetico piangermi addosso, nonché un pizzico di pigrizia), ma sarebbe un'inutile perdita di tempo. per cui, voglio solo dirvi che mi dispiace, ma veramente tanto, perché tengo moltissimo a questa fanfic e non vorrei certo dare l'impressione di averla abbandonata. davvero, sono desolata di aver fatto attendere così tanto chiunque mi stia seguendo, e siete liberissimi di prendermi virtualmente a sassate. anche concretamente, se qualcuno si trova nelle vicinanze. me lo merito.
allora, ribadendo che questo capitolo non mi piace e che avrei voluto trovare frasi più adatte per scriverlo (l'idea di fondo almeno è rimasta), vi avviso che non so se riuscirò a pubblicare regolarmente (anche se il prossimo capitolo probabilmente arriverà presto, ora che ho ripreso il via), per i seguenti motivi:
- studio matto e disperatissimo dovuto alle due dannate materie che devo assolutamente far arrivare al 6 in un tempo maledettamente stretto, che corrisponde esattamente a 8 giorni, di cui solo 4 ore sono effettivamente destinate alle suddette materie (qualcuno mi aiuti D:);
- un soggiorno di 3 settimane in Spagna. no, non vado esattamente a darmi alla pazza gioia, perché saranno 3 settimane di lavoro. già di per sé l'idea mi terrorizza.
ad ogni modo, giuro su qualsiasi cosa vogliate che non aspetterò mai più così tanto prima di pubblicare di nuovo. davvero, provo una gran sensazione di disgusto per me stessa.
detto questo... grazie a chi non si sarà dimenticato di questa storia e continuerà a leggere, e grazie a chi comunque ha letto fin'ora. xx
  
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