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Autore: SkyEventide    01/08/2008    5 recensioni
Nell'ospedale di Konoha molte donne vanno a partorire. Ma poche ci vanno sapendo che il loro figlio non sarà amato, non è desiderato, poche ci vanno sapendo quanto sarà difficile crescere la creatura che daranno alla luce. Specie se quella creatura è figlia del disprezzo più profondo. Però, alcune volte, il destino riserva una sorte ben più atroce di quanto chiunque possa immaginare. Terza classificata al concorso "Maternità" di SweetAudy. Buona lettura!
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabuto Yakushi, Shizune, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-2-
Fuzai - Privazione



«Avete già finito di lavarlo?».
La voce arrochita e gracchiante risuonata nella stanza d’ospedale fece ammutolire l’infermiera e i due dottori.
«Shizune-sempai!» esclamò allarmata la giovane che avrebbe dovuto assisterla protendendosi in uno scatto verso il letto.
Raddrizzò delicatamente il collo alla ninja distesa.
«Lo avete lavato?» sussurrò di nuovo lei.
L’infermiera smise di aggiustarle il cuscino dietro la testa e la guardò in faccia trattenendo il respiro. «Credo di si, Shizune-sempai».
I due ninja medici lì presenti rimasero in silenzio, fermi nelle loro divise color panna.
Shizune sorrise guardando il soffitto.
Fu inevitabile cogliere l’espressione dell’infermiera: era logico visto che il suo viso rientrava nel suo campo visivo; quegli occhi accigliati, confusi, morbosamente curiosi davanti alla sua felicità.
Il sorriso persisté: avrebbe accettato di buon grado quegli sguardi in virtù di quel momento che aspettava con ansia e incontenibile tremore. L’attimo in cui le avrebbero posato suo figlio fra le braccia e lei avrebbe potuto regalargli il suo primo sguardo. Era curiosa di sapere se i capelli erano marroni, come i suoi, o del colore del fumo e della luna, come quelli di suo padre.
«Quando me lo portate?» chiese.
Probabilmente i dottori si sarebbero irritati: quelle domande erano sempre le più frequenti e tediose da parte delle giovani madri, e Shizune ricordava bene la rassegnata pazienza con la quale esibiva un sorriso tranquillo alle pazienti e rispondeva…
«Fra poco lo avrà con lei».
Annuì, silenziosa. Ora poteva capire le donne che partorivano, la loro fremente impazienza.
L’attesa sembrava sempre troppo lunga.
Iniziò a mordicchiarsi le labbra, a tormentarsi le unghie e a sistemare la schiena sul cuscino. Aveva aspettato anche troppo!
Si era addirittura addormentata, completamente sfinita e spaventata, dopo il parto e poi era rimasta a lungo immobile a pensare al futuro a crogiolarsi all’idea del suo piccolo nell’altra stanza.
Di tempo ne era passato… allora perché ancora non gliel’avevano portato!?
Fece un respiro profondo: non voleva diventare isterica. Sapeva che in quei casi il timore e lo stress subito portavano le donne a temporanee crisi nervose.
I dottori nella camera si girarono verso la ninja. «Noi andiamo a vedere com’è la situazione, signorina Shizune. Torniamo subito».
Non rispose. Quel “torniamo subito”, forse detto per tranquillizzarla, l’aveva solo inquietata.
Se un medico vuole “controllare la situazione” è perché c’è qualcosa che non va, lei queste cose le sapeva bene.
Ingoiò la saliva e rimase immobile con gli occhi neri fissi in avanti. In certi casi lei si faceva prendere dall’euforia e dalla determinazione di sicuro più di quanto facessero Sakura o la signorina Tsunade, ma il sangue freddo non lo perdeva mai. Dopotutto la lucidità era una caratteristica fondamentale per un medico.
Respirò, dapprima profondamente e ansiosamente, poi acquistando regolarità.
Col silenzio che regnava incontrastato nella sua camera, così immobile e bianca, riuscì a sentire le voci che si avvicinavano dal corridoio all’esterno.
«Allora è sicura, Hokage-sama?».
La frase, udita ovattata come se le sue orecchie fossero otturate da del cotone, le fece sbarrare gli occhi: la signorina Tsunade lì?
«Ovviamente». La voce della Godaime era molto più nitida, ed aveva una terribile sfumatura fatale. «In questo caso ho il dovere di prendermi io ogni responsabilità».
I passi si fermarono dietro la porta e Shizune, senza capire, col cuore che martellava nel petto e la gola ostruita da un tormentoso peso, guardò la maniglia abbassarsi e l’uscio ben oliato aprirsi senza alcun rumore. Tsunade le apparve con un’espressione indecifrabile. Ancora nel corridoio, scorse uno dei due medici che prima erano con lei.
Gli occhi neri guardarono con una muta domanda quelli della donna che le aveva insegnato tutto sulle arti mediche.
Perché non le aveva portato suo figlio?
Con un cenno veloce della testa Tsunade congedò l’infermiera rimasta nella camera a dare un passivo conforto e a trasmettere sicurezza alla sua sempai, anche se con tentativi veramente blandi. Quindi la Quinta Hokage si accostò al letto che lei occupava, dando un’occhiata clinica e inquisitoria alle apparecchiature per la misurazione del battito cardiaco, per le flebo e per la pressione montate lì di fianco.
«Ora ti senti meglio?».
Shizune non poté non cogliere una sfumatura rassegnata nelle iridi nocciola della sua maestra e l’angoscia che, improvvisamente, era scivolata, gelida, nel suo petto ridusse la sua voce ad un sussurro. «Si, Tsunade-sama».
Non riuscì a trattenersi oltre. Doveva sapere. «Dov’è mio figlio?».
Tutto d’un fiato, sputò fuori la domanda. Sperava con tutte le sue forze che Tsunade le rispondesse semplicemente che stavano solo finendo di fare gli accertamenti, che stavano soltanto ritardando un po’.
Ma quello sguardo profondo e silenzioso che ricevette, uno sguardo che diceva tutto e niente, le fece capire che le sue erano speranze vane.
Tsunade si sedette sul bordo del letto. Sul suo viso gravava qualcosa.
Shizune la guardò ad occhi spalancati e la paura le sfiorava malignamente la schiena in brividi freddi.
«Mi dispiace, Shizune». Bastarono quelle tre stupide parole a farle salire in gola un moto di terrore e negli occhi le lacrime. «Il parto non è stato semplice, anche tu hai sofferto parecchio, lo sai…».
«No». Quell’urlo che le rimbombava in testa uscì dalle sue labbra solo come un debole sussurro. Pronunciò la negazione come se fosse un esorcismo contro la verità dei fatti.
«…Era prematuro, Shizune, io non ho potuto farci niente…».
«No». Tsunade continuava con tono ragionevole, calmo, e lei, scuotendo la testa lentamente, con le prime gocce che le scivolavano lungo le guance, non riusciva a far altro che negare ancora, incredula.
«…Ho fatto il possibile, ma…».
«No!». Ultimo disperato tentativo di confutare quell’ipotesi solo con la sua voce.
«…Il suo cuore si è fermato».
Sentì il vuoto aprirsi sotto di lei, dentro di lei e tutto attorno. La stanza era vuota, la sua mente era vuota e lo era la sua anima nell’incapacità di accettare quell’atroce consapevolezza.
Tutto d’un tratto aveva sentito crollare e sgretolarsi qualcosa, ed era arrivato un dolore sordo che le rendeva difficile respirare.
Un cambiamento così repentino, così improvviso…
Non era giusto.
Si accorse di tenere una mano davanti alla bocca che veniva bagnata dalle gocce salate, le lacrime che stava piangendo silenziosamente. Tsunade non parlava, perché altre parole sarebbero state superflue; la aiutava come poteva con il solo silenzio.
La disperazione per tutto quello che aveva desiderato e immaginato, tutto quello che aveva provato e sofferto, tutto quello che era andato perduto era come qualcosa che si infrangeva ed i cui frammenti continuavano a ferirla impietosamente.
Allora la felicità che aveva sentito quando si era svegliata era stata davvero vana ed effimera, presto destinata a svanire!?
Il cuore non poteva reggere il passaggio talmente veloce da un’emozione ad un’altra, così, senza nessun preavviso.
Si sentiva male. Lasciò cadere la schiena sul cuscino dietro di lei, preparato così premurosamente dall’infermiera e la sua maestra abbassò lo sguardo sul pavimento.
«Come volevi chiamarlo?» le domandò con voce contemporaneamente distaccata e partecipe, ma che nascondeva ben di più di quel che un estraneo avrebbe potuto credere: la Godaime conosceva bene quel dolore e nessuno come lei avrebbe potuto dare alla kunoichi lì sdraiata il conforto e la forza che necessitava.
Shizune sentiva ogni proprio respiro come un rantolo. Quando parlò, la sua voce era solo un mormorio. «Makoto».
Assaporò quel nome sulle labbra come fosse un nettare di vita eterna che non avrebbe mai potuto più assaggiare. Le sembrava che il solo suono di quella parola avrebbe potuto riportare indietro il tempo.
«Makoto…» ripeté Tsunade. Poi sospirò, alzandosi dal letto con le coperte ormai sgualcite. «So che è difficile…».
Si, era difficile. Era difficile perdere qualcuno quando ancora nemmeno l’avevi trovato, era difficile e soltanto adesso poteva capirlo davvero.
Tsunade si avviò verso la porta. «So che è difficile, ma credimi Shizune… forse per te è meglio così».
Non rispose, limitandosi ad ascoltare i passi della Quinta Hokage nella camera d’ospedale, il rumore della porta che si apriva e si chiudeva. Uno stupido rumore come tanti, banale nelle sue orecchie. In quel momento riusciva a dare importanza solo a quel bambino che non avrebbe mai potuto abbracciare ed alla sofferenza che aveva lasciato al proprio posto.
Inspirò profondamente aria tentando di alleviare almeno un poco il suo strazio.
La medicina insegna che ogni ferita può essere guarita e, forse, un giorno, anche lei avrebbe guardato al passato dicendo che “era meglio così”.
Lo sperava sul serio, perché non avrebbe potuto sopportare oltre il ricordo di quella perdita.
Senza più forze, prosciugate dal corpo, si abbandonò contro il cuscino e a lungo continuò silenziosamente a piangere. Poi, con ogni speranza ormai persa, attese che il sonno le togliesse ogni coscienza di quell’ingiusto mondo.








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Ed ecco il secondo e ultimo capitolo. Lo so sono stata crudele. XD
Credo che il finale sarebbe dovuto essere più struggente, come mi ha scritto nel giudizio SweetAudy, l’autrice del contest… ma non sapevo proprio in che modo rendere tutto più lacrimoso di così. XD

Ringraziamenti per le recensioni:

Lilithkyubi, oh mia fida, chiedo perdono per quel ritardo gigantesco. Adesso ho aggiornato anche Eredi del sangue e spero che la cosa basti a farmi perdonare… Comunque non mi morire per astinenza da Nohiro, il ragazzo torna sempre prima o poi. XD Ovviamente grazie per aver detto che ti è piaciuta,e tranquilla, puoi infuriarti quanto vuoi, ne hai tutti i diritti. XD P.S. Hai visto la mail che ti ho mandato?
Hachi92, grazie per tutti i complimenti! Anche io sono stata felicissima quando ho visto il terzo posto. *-* In quanto a Shizune devo dire che è stata un’impresa scrivere dal suo punto di vista, dato che sappiamo così poco del suo carattere… è un po’ “campata in aria” XD. Ed è anche per questo che sono contenta che sembri IC: :D
Chary, mia fedele commentatrice e lettrice, tranquilla non stai tradendo le OroKabu. XD In realtà io non sono proprio per le KabuShizu ma volevo qualcosa di un po’ originale, e soprattutto volevo osare utilizzando un personaggio di cui si sa così poco come Shizune, cercando di darle le giuste emozioni ed il giusto carattere! Ergo sono contentissima che ti sia piaciuta!

Arrivederci a tutti, e grazie per aver letto e/o commentato! ^__^
   
 
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