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Autore: Everlast98    25/05/2014    0 recensioni
Tratto dal primo capitolo
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O meglio, per ripormi come tutte le mattine la solita domanda:«Perché?». Avvicinai lentamente la mano ai lembi della maglietta e, quando ci riuscii, la alzai sempre con la solita velocità, fino sotto il seno e vidi la risposta alle mie domande.
Era piccolo, ma di un colore nero intenso e aveva la forma di uno spicchio di luna: era un tatuaggio. Ma non era il solito tatuaggio che ti facevi per sfizio o per ribellarti alla società, io non l'avevo mai chiesto, ci ero nata e basta. Nessuno mi aveva mai domandato se lo volessi, né si era preso la briga di darmi qualche chiarimento, insomma nessuno sapeva niente di niente ed io ero la prima della lista, non avevo idea del suo significato.
Guardai quello spicchio di luna, vicino all'ombelico, per qualche minuto fino a che non mi stancai di pormi il solito «perchè?» del giorno.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In quel momento tutto ciò che stava accadendo intorno a me, mi sembrava che venisse da un'altra epoca. La mia mente si era persa nella nube nera e i miei occhi mi avevano completamente abbandonato regalandomi una vista nera. Bastarono pochi minuti per perdere la libertà. Avevo sprecato tempo e fiato, oltre a fiumi di lacrime. Mi sentivo uno schifo. Ero il suo giocattolo, la sua esca. Mi 
aveva rinchiuso in un trappola usando il mio punto debole: l'amore. Sentivo ancora sulla mia pelle la scia che le lacrime avevano lasciato e le corde che mi avevano stretto i polsi. Fui costretta a sopportare tutto. Quanto desideravo in quel momento l'aiuto di Federico, ma l'avevo lasciato per Roy. Me lo meritavo. Ci ero caduta come un'ingenua bambina. Avevo creduto a tutte le sue bugie, mi aveva ingannato, ma la cosa che faceva più male era che non avevo minimamente preso in considerazione quello che Federico mi aveva detto. Ma di una cosa dovevo ringraziare Roy: avevo capito, finalmente, che senza di Federico non potevo vivere, in quel momento lo volevo con me, desideravo il suo aiuto, i suoi baci. Bramavo lui con tutta me stessa.

Inizio flashback

Ero spaventata. Non riuscivo a vedere niente.
«Ti prego lasciami andare. Ti prego.»urlai forse al vuoto, al nulla, con le lacrime agli occhi.
Riuscivo a percepire una forza, una grinta, una malvagità che non avevo mai sentito sulla pelle di nessuno. Non la conoscevo e la cosa che mi sconfortava di più era che non potevo usare i miei poteri, bloccati da qualche forza oscura più potente di me. Riuscii a capire che Roy stava davanti a me grazie alla vampata di calore che mi scaldò il naso.
«Non ti posso lasciare andare, non sei mia servi a qualcun altro. Sarai la sua vittima, dovrai fare tutto ciò che ti dirò e non ribellarti, non voglio più sentire niente uscire dalla tua bocca, ci siamo intesi!?»
«E se reagissi?»chiesi con voce tremante.
«Non ti conviene, potrei uccidere chiunque ti stesse a cuore, ad esempio Federico.»
«Ok, non dirò niente, farò tutto ciò che vorrai, ma lascia in pace Federico.»dissi con voce rotta.
«Sappi però che tu rimarrai mia, la mia ragazza, chiaro!?»mi disse dolcemente sfiorando le mie labbra.
«Certo, farò tutto ciò che vuoi, ma adesso fammi tornare la vista, ti prego.»lo supplicai sentendo di nuovo gli occhi inumidirsi.
Roy mi legò i polsi con delle corde di funi ad un qualcosa che non potevo vedere. 
In seguito mi tornò la vista e la prima cosa che scorsi furono le sue labbra avvicinarsi pericolosamente alle mie. Mi lasciò un tenero e dolce bacio a fior di labbra.
«Ora vado, principessa.»


Fine flashback


Ricordarmi tutto quello che era successo qualche ora fa, mi faceva provare malinconia. Altre lacrime scesero sul mio viso, ero da sola, invisibile e senza un protettore. Non riuscivo a rimanere sveglia, le palpebre si stavano facendo più pesanti ad ogni minuto che passava, non vedevo più niente fino a che chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalla braccia di Morfeo, ma all'improvviso sobbalzai per il forte rumore dello sbattere della porta. Li socchiusi e vidi una persona: occhi chiari e capelli mori. Sarà venuta a salvarmi?! Mi chiesi. Venni presa in braccio, sentivo il suo calore venir trasmesso in tutto il mio corpo e poi una luce accecante mi costrinse a chiudere gli occhi definitivamente.

# IL GIORNO DOPO

Mi svegliai molto confusa, non ero nella stessa cella dei giorni passati. Mi avevano anche cambiato: indossavo un vestito di iuta con le spalline larghe e un cinturino sotto al seno e Roy, o chiunque altro, non si era degnato di darmi delle scarpe, sarei stata costretta a camminare scalza. Sul comodino di fronte a me c'era un piatto riempito con mini zucche, mandarini e confetti o caramelle. C'erano anche diversi libri, con accanto inchiostro e penna per scrivere. La stanza in cui mi trovavo non era molto pulita visto che per terra c'erano diverse foglie secche. Singhiozzai e piansi, fino a che una donna, giovane quanto mia madre, entrò nella camera. 
Non era umana, lo capii subito dal colore dei suoi occhi, dalla pelle e dalla forma delle sue orecchie. I suoi capelli erano neri, di un colore intenso, inoltre mi sorprese molto il fatto che fossero perfettamente lisci e gli coprissero tutta la schiena. Era di qualche centimetro più bassa di me, ma poteva benissimo assomigliare ad una sottiletta vista di lato. Non era truccata e il suo abbigliamento era molto particolare: il suo vestitino nero era formato da un corpetto con le spalline larghe, la parte superiore, e da una gonna piena di tulle, per la parte inferiore, e ai piedi indossava degli stivaletti con un minimo di tacco dello stesso colore dell'abito. Sembrava che venisse da altri tempi. 
Notai il suo ciondolo gigantesco e i suoi tre anelli di grandi dimensioni formati, tutti e tre, da pietre rosa, forse quarzo, verde, smeraldo, e bianca, quasi trasparente, diamante. La linea delle sue labbra era sottile e il naso all'insù addolciva in parte la sua serietà nella forma degli occhi. Erano vuoti, inespressivi, gelidi: la pupilla nera era dilata rispetto al normale, l'iride era di un bianco candido e il contorno, sia interno, cioè vicino alla pupilla, che esterno, prendeva un colore tra il lilla e il violetto. La sua pelle era candida, quasi bianca, sembrava porcellana. Notai sul palmo interno della mano sinistra un marchio inciso sulla sua pelle, forse, con un oggetto bollente: era una piuma. Le sue orecchie erano a punta e piccole. Era già da alcuni minuti che la studiavo attraverso gli spiragli delle mie dita, ma lei sembrava non accorgersene.
«Tranquilla, non avere paura. Sono felice che ti senta meglio.»disse con voce acuta, ma melodiosa.
«Scusa, ma dove mi trovo!?»le chiesi dolcemente.
Si vedeva subito che non aveva intenzione di farmi del male.
«Non temere, mio figlio verrà a salvarti prima che tu venga data a...Lui.»disse abbassando la voce sull'ultima parola.
«Vi prego, mi lasci andare. Voglio tornare a casa!»dissi a bassa voce, ma con le lacrime agli occhi.
Avevo paura di questo Lui. Non avevo la minima voglia di incontrarlo.
«Purtroppo non posso aiutarti, Chanter. Potrebbero punire me o mio figlio e questo non voglio che succeda. E poi non riusciresti a varcare la soglia di questa stanza. Hai la febbre alta, i lividi violacei sui tuoi polsi non sono ancora svaniti. Non sei ancora in forze. Non ce la faresti. Devi riprenderti.»
«Chi mi salverà? Come si chiama tuo figlio?»chiesi cercando di risolvere alcune domande che mi passavano per la mente.
«Non posso dirtelo. È meglio che tu non lo sappia, ma è in pensiero per te.»
«Vorrei ringraziarlo, ma dovrò limitarmi con te.»dissi prima di portare le mie braccia dietro al suo collo e rinchiuderla in un abbraccio forte. Stranamente la sua pelle risultava calda al contatto con la mia. Non perse tempo per ricambiare. Mi sentivo a casa tra le sue braccia. All'improvviso pensai che non avevo mai ricevuto un abbraccio dalla mia vera madre e questo rispecchiava tutte le caratteristiche per esserlo. La lasciai libera dalla mia presa d'acciaio e lei fu costretta ad andarsene. 
Il vuoto s'impossesso della mia mente fino a che la scena dell'attacco di Roy non mi tornò in mente. Non riuscivo a smettere di pensare alla sua cattiveria e a lui. Volevo fuggire. Volevo morire. Ero in questa situazione per la mia nuova personalità. Ma chi ero io veramente? La timida e innocente ragazza o la puttanella della scuola? Chi era colui che doveva salvarmi la vita da questo inferno?
  
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