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Autore: 9CRIS3    25/05/2014    5 recensioni
< Cosa sta succedendo? > chiese Abby in modo tranquillo ed efficiente.
Aveva capito che si trattava di un'emergenze e che mi serviva in veste di avvocato e non di cognata.
< Ci toccherà parlare a bassa voce e fingere qualche sorriso. Ryan ci sta guardando > la informai.
Abby annuì e poi mi chiese di sputare il rospo.
< Okay. Sto per dirti qualcosa che non ho ancora detto ai miei genitori o a Ted. Non lo sa nessuno e preferirei che continuasse a non saperlo nessuno fino a quando non diventa assolutamente indispensabile che anche gli altri siano informati. >
< Chiaro > fece lei, guardandomi con un'espressione mortalmente seria.
< Sto per assumerti come mio avvocato. > iniziai.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I nostri respiri si fondevano, le nostre mani intrecciate e i corpi che premevano l'uno sull'altro febbricitanti, mentre la temperatura intorno a noi era di qualche grado sotto lo zero.
Non sentivo nessun altro rumore se non quello delle nostre labbra che si univano, dei respiri strozzati e del mio cuore che batteva forte.
Ryan staccò la sua bocca e prese un respiro profondo. Lo imitai e scoprii che fu quasi doloroso reimmettere aria nei polmoni.
< Le scatole? > disse lui guardandomi intensamente.
Restai  incollata ai suoi occhi scuri, che ora mi fissavano dolci, le sue mani si erano posate ai lati del mio volto e mi carezzava le guance con i pollici.
< Le scatole >
Si staccò da me, si tolse la giacca e coprì le nostre teste mentre correvamo vicinissimi verso il negozio.
Aprì la porta e mi spinse dentro ma non mi seguì: andò verso l'auto per prendere un ombrello, probabilmente per quando saremmo dovuto uscire.
Mi avvicinai al banco e chiesi aiuto all'anziano signore che ci trovai dietro. Lui mi indicò i diversi contenitori: ce ne erano di diversi colori, forme e misure.
Optai per tre scatole rettangolari di medie misure e nere, così non avrei avuto il problema di doverle intonare a nulla. Pagai il dovuto e porsi le scatole a Ryan mentre io tenevo l'ombrello.
Camminammo ad un andatura normale verso l'auto e lo aiutai a sistemare tutto nel bagagliaio.
Lui mi accompagnò al lato passeggero e mi fece salire, coprendomi con l'ombrello.
Subito dopo girò attorno all'auto e si mise al suo posto.
L'abitacolo  era diventato decisamente troppo stretto, piccolo e intimo.
Litigai con la cintura di sicurezza, incapace di infilarmela perchè continuavo a scivolare sul sedile di pelle, ancora bagnata per la sorpresa dell'acquazzone.
Sentii Ryan ridacchiare ed un attimo dopo le sue dita agili scacciarono le mie e mi aiutarono ad allacciarla.
Una volta assicurato il gancio, le dita forti percorsero il mio corpo, tracciando un sentiero che partì dai fianchi e arrivò fino al mio viso, dove si fermò in prossimità del mio mento.
Alzai lo sguardo sul suo viso e lo trovai a pochi centimetri dal mio.
Mi sporsi verso di lui e stavolta fui a baciarlo, teneramente, appassionatamente, languidamente.
< Cosa stiamo facendo? > sussurrò contro le mie labbra.
< Credo lo chiamino baciarsi > gli dissi sarcastica.
Sentii Ryan fare una risata profonda e bassa e mi infiammai ancora di più.
< E come lo spieghiamo a .. >
< Non dobbiamo spiegare niente a nessuno > dissi interrompendolo.
Mi fissò dritto negli occhi, la sua espressione era seria e imperscrutabile. I suoi occhi scuri si stavano stringendo in due fessure e mi morsi immediatamente le lingua. Magari il mio commento lo aveva infastidito?
Riflettendoci con più calma era una situazione decisamente impossibile.
Lui era la mia guardia del corpo, un dipendente di mio padre e io ero mortalmente incasinata in quel periodo. Ero appena uscita da una relazione intensa che si era conclusa nel peggiore dei modi e mi stavo già buttando nelle braccia di un altro uomo.
Lui voleva fare chiarezza subito, io volevo solo continuare il calore della sua pelle sulla mia e dimenticarmi chi fossi, dove fossi e perchè.
Era una medicina miracolosa di cui avevo assaggiato solo poche gocce ma di cui ero già dipendente.
Mi avvicinai ancora al suo viso e gli poggiai un bacio all'angolo della bocca, in modo casto.
Ryan mi sorprese girando il volto e ricatturando la mia bocca con la sua mi diede un altro bacio incandescente.
< Prendiamo le cose come vengono > gli dissi in tono dolce quando ci staccammo per riprendere fiato.
Lui asserì una sola volta e poi mise in moto.
< Andiamo a casa? > chiese.
Scossi la testa. Non avevo voglia di andare a casa, non ancora.
< Dove la porto, signorina? > fece sorridendomi sornione.
< Mi stupisca, signore >  risi della sua espressione sciocca.
 
Tornammo nello stesso posto in cui eravamo andati quella prima sera in cui Ryan era stato assegnato a me, quello molto in stile anni '50.
Sorrisi guardandolo venirmi ad aprire la porta sotto l'ombrello.
Entrammo nel locale quasi correndo e poi andammo a sederci allo stesso tavolo in fondo al locale e lontano dalla vetrata.
Capii subito che quello era diventato il nostro posto. Contorsi le mani a quel pensiero. Nostro posto.
Potevo chiedere tanto alla mia vita in quel momento?
Al diavolo, Phoebe! Goditi quello che succede e falla finita! mi urlai mentalmente.
Ryan si sedette ancora di fronte a me e appoggiò il suo bel viso tra le mani.
< Pancake, signorina? >
< Grazie >
Ryan si rivolse alla stessa bionda che aveva preso le nostre ordinazione appena la notte prima.
Sussultai quando mi resi conto che era passato così poco.
La ragazza ci guardò un'altra volta e immaginai ci avesse riconosciuti.
< Come mai mi hai riportata qui ? > chiesi curiosa
< Non ti piace? > fece allarmato.
< Si, certo che mi piace. I pancake che fanno qui sono ottimi. Nemmeno mia madre arriva a tanto > confessai imbarazzata.
< Posso parlare solo per quelli di Gail, ma ho sentito dire che tua madre è una brava cuoca >
Sorrisi orgogliosa delle capacità culinarie della bella Anastasia, mia mamma.
< Allora ? > lo spronai poi.
Si strinse nelle spalle. < Ci venivo quando ero piccolo. Mi ci portava zio Jason.. emh Taylor, quando poteva >
< Quando non era in servizio per mio padre > osservai
< Esatto. Venivamo qui io lui e Sophie. > Sophie era la figlia di Taylor.
< Tu e lei siete molto legati? >
< E' come una sorella > spiegò, e vidi nel suo sguardo una sfumatura di tenerezza.
< E' un po' che non la vedo > dissi. Sophie, quando era più piccola, di tanto in tanto faceva visita a Jason nella grande casa.
< Già, io pure. Ora che si è sposata sta molto tempo con la famiglia di lui > fece in tono amaro.
< Non ti piacciono? >
< Non esattamente. Sono convinto che lei meriti di meglio > si incupì.
< Questo lo hai detto a lei? >
< Tutte le donne con cui ho a che fare sono estremamente testarde > la sua espressione cambiò ancora, e ora capii che si stava riferendo anche a me.
< Questo potrebbe significare che a te piacciono le sfide > dissi a mia discolpa, analizzando quella sua frase come mi aveva insegnato a fare un'amica di medicina che studiava però psicologia.
< Adoro le sfide, Phoebe >
< Buono a sapersi, Ryan >
Pronunciare il suo nome così apertamente e senza timore, mi fece provare un brivido e sentii lo stomaco pieno anche se non aveva ancora mangiato nulla. Non ero sazia di cibo, ma di farfalle che svolazzavano felici, rendendomi euforica di quel breve scambio di battute.
< L'ultima volta che siamo venuti qui mi parlavi di quello che ti piacerebbe fare >  dissi, volendo saperne di più di lui.
<  Ah si ? >
< Si >
< E cosa ricordi, esattamente? >
< Che questo lavoro ti piace, ma.. >
< Ma? >
< Qui ci siamo interrotti, Ryan >
< Mi piace come dici il mio nome >
Mi sentii arrossire. < Lo dico in modo strano? >
< No, assolutamente. Lo fai sembrare quasi una preghiera. E' sexy >  il suo sguardo si infuocò e io sentii la mia faccia diventare scarlatta.
Nessuno, nemmeno Jacob, mi aveva fatta arrossire tanto in vita mia.
< Mi stai distraendo > lo accusai .
< Quindi cosa voglio fare da grande? > chiese alzando un sopracciglio.
< si >
< E se dicessi che vorrei diventare un super eroe? >
< Oh, da piccola avevo la stanza tappezzata di poster di Wonder Woman. Ho fatto impazzire per un po' i miei genitori. Non toglievo quasi mai il costume, nemmeno quando era ora di andare a letto >
< Una piccola eroina? E te lo metteresti anche adesso? > chiese in modo provocante.
Mi domandai se la persona che avevo davanti era la stessa che avevo visto durante i giorni precedenti.
Ryan era decisamente più rilassato, più sciolto. Mi piaceva decisamente di più questo Ryan che l'altro.
< Lo fai a posta ad eludere la mia domanda >
< Si > rispose onestamente.
< Perchè? > chiesi scoraggiata.
< Diciamo che ancora non ho deciso cosa voglio fare quando diventerò grande >
La risposta mi colse di sorpresa. Lo avevo sentito parlare con suo figlio al telefono e a mio parere un genitore doveva sapere cosa voleva fare nel suo futuro per fare in modo di provvedere ai propri figli al meglio delle proprie capacità. Mi sbagliavo?
Non approfondii la discussione con lui: ancora non mi aveva detto nulla di questo bambino misterioso e non volevo mettergli pressione.
Le nostre ordinazioni arrivarono e per la seconda volta mangiammo pancake al cioccolato e frappé alla fragola per me e un hamburger con doppia porzione di patatine fritte e una coca per lui.
< Stasera dovrai uscire? > chiese lanciando un'occhiata fuori. Non aveva ancora smesso di piovere.
< Ho promesso a mia padre che sarei rimasta con lei a guardare un film e probabilmente ordineremo la pizza >
< Avresti veramente il coraggio di mangiare ancora dopo tutti quei pancake >
< Sono una buona forchetta > mi giustificai osservando la mia doppia dose di bontà.
< Mi piace questa cosa > disse portandosi in bocca tre patate fritte.
<  Cosa? > chiesi seguendo i suoi movimenti mentre mangiava
< Il fatto che mangi senza fare tante storia sulla linea >
< Stai dicendo che sono grassa? > lo presi in giro
Fissò i suoi occhi scuri come la notte nei miei e mi rispose solenne: < Sei perfetta così come sei, Phoebe >
Il mio cuore mancò un battito.
< Oh, beh.. emh.. Grazie > dissi infine.
< Comunque questi pancake sono ottimi > dissi per cambiare discorso.
< Questo lo hai già detto > mi stuzzicò lui.
< Dovresti assaggiarli  >  ne infilzai con la forchetta e glieli porsi.
Mi sarei aspettata che lui prendesse la forchetta dalle mie mani e mangiasse da solo. Invece, quello che fece fu afferrare il mio polso, costringendomi a sporgermi sul tavolo, e  portarsi con estrema lentezza la forchetta alle sue labbra cesellate.
Masticò e poi ingoiò l'assaggio di pancake, prima di darmi soddisfazione e dire che erano buoni
< Te l'avevo detto > dissi sorridendogli.
Ryan scosse la testa divertito e poi tornò a mangiare il suo hamburger.
< Come mai ci sediamo sempre a questo tavolo? > chiesi curiosa
Lui si guardò attorno prima di rispondermi. < E' più intimo e più lontano da occhi indiscreti >
Capii immediatamente che si stava riferendo ai paparazzi o a gente che avrebbe potuto riconoscermi.    < Giusto >
Mi guardi attorno ansiosamente in cerca di qualcuno che avrebbe potuto riconoscermi.
< Non ti preoccupare > fece lui intercettando il mio sguardo. < ho scelto questo posto anche perchè è tranquillo ed è frequentato da gente a posto e > bevve un sorso di coca cola prima di continuare < ho controllato prima di entrare,  è tutto a posto >
< Sei super efficiente nel tuo lavoro > osservai.
< Mio zio mi ha insegnato a fare le cose bene. > rispose orgoglioso.
< Parli di Taylor come di un padre > dissi.
Il suo sguardo si spostò da me al piatto e poi ad un punto non definito alla sua sinistra. Quell'argomento non gli piaceva, probabilmente era un tasto dolente ed io come una sciocca ero andata a rigirare il coltello nella piaga.
< Scusa, non volevo metterti a disagio > mi scusai.
< No. Non fa nulla. Tu non sai nulla di me, non puoi sapere quali siano i miei argomenti tabù >
Rimasi colpita dalla sua affermazione perchè era vera. Io non sapevo assolutamente nulla di lui, anzi era meglio dire quasi nulla. 
Pur se mi rendessi conto che non ero informata sulla sua vita, sui suoi sogni e su quello che più lo spaventava e divertiva, la frase che mi aveva rivolto mi bruciò come avrebbe potuto fare uno schiaffo.
Non sapevo nulla ma volevo mettermi alla pari al più presto possibile.
Tornai a mangiare i pancake cercando di distrarmi, di cercare un argomento di cui potevamo parlare pacificamente.
< La neve si sta sciogliendo > fu lui a parlare per me.
Alzai lo sguardo e fissai una finestra per accorgermi che aveva ragione.  Sbuffai di disapprovazione.
< Ti piace così tanto la neve? >
< Si! > esclamai.
< Perchè? >
< A chi non piace? > domandai scioccata dalla sua domanda.
< A me non piace. Quando la neve attecchisce a terra  diventa ghiaccio e questo significa  che in inverno diventa due volte più semplice fare un incidente d'auto. Per non parlare del fatto che basta un attimo per scivolare e farsi male anche solo camminando >
< Oh, andiamo! Ti stai perdendo la parte carina della situazione! >
< E sarebbe? >
< Poter andare fuori e fare il pupazzo di neve o magari inscenare una battaglia di palle di neve o distenderti sulla neve e fare l'angelo. > snocciolai.
< Certo e mentre fai l'angelo potresti prenderti una bella ustione da neve, mentre fai la battaglia potresti cadere e farti male e il pupazzo non durerebbe più di due giorni >
< Tu non sei umano! >  sbottai puntandogli il dito contro. < Tanto per cominciare, quando si va fuori a giocare con la neve è necessario indossare dei vestiti adeguati, come una tuta da neve >
Ryan afferrò il dito che ancora gli puntavo contro e costrinse il resto delle dita, strette in un pugno, ad aprirsi e a intrecciare le mie dita alle sue.
< Lei dottoressa, più di tutti, dovrebbe sapere che la sicurezza non è un optional >
Con quella frase mi sembrò quasi di avere davanti mio padre, in tutte le sue sfaccettature e stupide fissazioni a proposito della sicurezza. Risi dell'idea.
< Lei invece Mr Taylor, dovrebbe lasciarsi andare. Un giorno di questi facciamo una battaglia di neve come si deve. Ti ricrederai > gli promisi.
< Ci conto > fece lui, baciando il dorso della mia mano.
Non appena le sue labbra toccarono la mia pelle fui completamente persa.
 
Tornammo a casa subito dopo aver finito di mangiare. Ryan guidò piano a causa della scarsa visibilità e questo comportò il fatto che impiegammo quaranta minuti per arrivare a casa.
Durante il tragitto lui mi fece ascoltare un sacco di musica e cantammo a squarciagola canzoni moderne, vecchie o addirittura antiche!
Parcheggiò dentro il garage e quando scendemmo dalla macchina prese le scatole dal bagagliaio e si avvicinò a me con espressione grave.
Probabilmente stava pensando a come gestire la situazione che si era creata tra di noi di fronte a tutti gli altri. 
Gli strinsi un braccio con fare rassicurante e gli diedi un tenero bacio sulla guancia, prima di prendere le scatole che aveva in mano e dirigermi verso la taverna, dove avrei completato la mia opera.
Volevo fargli capire che non c'era nessun bisogno di complicarci la vita, potevamo fare a meno di dirlo a tutto il mondo che ci eravamo baciati. Perchè di questo si era trattato. Qualche bacio di fuoco e nulla di più.
Se ne avessimo parlato, se avessimo confessato il "reato" probabilmente avrebbero tutti pensato che sotto c'era molto più di quando non stessimo dicendo.
Volevo aspettare e vedere come le cose si sarebbero evolute, godermi questa follia con Ryan ed essere felice, perchè era esattamente così che mi ero sentita per tutto il pomeriggio: spensierata, felice e leggera. Non avevo pensato nemmeno una volta al fardello che mi portavo dietro, c'eravamo solo io e lui, lui e io e io avevo goduto di ogni singolo istante.
Guardai le tre scatole perfettamente incartate e le impilai tutte e tre prima di afferrarle e portare anche quelle sotto l'albero di natale. Più volte durante il tragitto rischiai di cadere con loro in braccio o di farle cadere.
< Merda ! > sibilai, quando arrivai vicinissima all'albero e persi l'equilibrio rischiando di cadere.
< Presa >disse mamma, afferrando la scatola più in equilibrio di tutte e stringendomi un braccio per tenermi salda sui piedi.
< Grazie > le dissi riconoscente.
< Ho già ordinato la pizza > mi informò afferrandomi per le spalle e stringendomi in un abbraccio materno.
Camminammo così abbracciate verso la stanza dove guardavamo i film. C'era un mega schermo non esageratamente grande e dieci poltroncine molto più comode rispetto a quelle dei cinema. Mamma si tolse le pantofole e poi si andò a sedere al centro della sala. Si mise comoda e poi piegò le gambe in modo da avere i piedi sotto il sedere.
Sembrava così giovane in quella posa e con il pigiama di flanella azzurro che di solito usava quando guardavamo film strappa lacrime assieme.
< Hei non è giusto! Ti sei messa il pigiama > protestai considerando che io ero ancora vestita e con gli stivali.
< Non ho resistito! > rise come una ragazzina < Così sto decisamente più comoda >
< Mi dai cinque minuti? Vado a mettermi comoda anche io > le chiesi.
< Va bene. Metto su il film nel frattempo. > mi informò.
Corsi in camera mia e mi spogliai in fretta e furia, lasciando cadere i vestiti sul pavimento.
Afferrai il mio pigiama in flanella rosa pallido e mi misi le pantofole che mi aveva regalato Gail.
Uscii da camera mia di fretta. Mi portai una mano ai capelli e li sciolsi portandomi una mano dentro.
Avevo tenuto la coda alta tutto il giorno ed ora iniziava a farmi male.
Sospirai di sollievo e continuai a camminare a passo sostenuto per raggiungere mia madre.
Passai davanti all'ufficio di Taylor e li mi scontrai con Ryan che teneva dei documenti in mano e stava parlando con mio padre.
Cosa ci faceva papà già a casa?
Ryan mi afferrò per le spalle e mi aiutò a non perdere l'equilibrio. I capelli mi ricaddero sul volto e lui istintivamente mi passo una mano sul volto per spostarli.
< Tutto bene? > chiese.
< Si > dissi annuendo con fervore.
Il fatto che mio padre fosse li e che Ryan mi stesse tenendo ferma per le spalle dopo aver indugiato sul mio viso mi fece arrossire come un peperone. Dovevo andarmene, prima che papà facesse due più due.
< Mamma mi sta aspettando > dissi più  a papà che a Ryan.
Lui mi guardò scocciato e poi annuì soltanto. Probabilmente il suo pomeriggio non era stato bello tanto quanto il mio.
Entrai nella saletta e mia madre premette immediatamente play.
La sigla iniziale della Universal invase la stanza e mi concentrai sullo schermo per scoprire che film avesse scelto mia madre. Subito dopo una musica leggera seguitò ad uscire dalle casse e vedemmo una partecipazione e delle inserzioni per la ricerca di un escort uomo e, qualche secondo dopo, apparve Debra Missing che si lavava convulsamente i denti, fissandosi allo specchio.
< The wedding date ? > chiesi alzando un sopracciglio e guardandola curiosa.
< Ho sempre avuto una cotta per lui > ammise mamma scrollando le spalle.
< Per me? > papà apparve all'improvviso alle nostre spalle.
< Non proprio > sorrise beffarda mamma.
Qualche scena dopo, vidi i due protagonisti incontrarsi sull'aereo e Dermot Mulroney baciò delicatamente la guancia di Kat, mentre lei se ne stava imbambolata a guardarlo.
< Si concordo, mamma > dissi guardandolo sognante.
Era un bell'attore, un bell'uomo con un certo fascino.
< Okay, signore > fece papà scocciato. < Qui c'è la vostra pizza. Io vado nel mio studio a cercare di mantenere questa famiglia, mentre mia moglie mi tradisce con gli occhi e mia figlia ignora suo padre > fece risentito.
< Oh, Christian! Cresci > lo prese in giro mamma, alzando il viso verso di lui.
Papà ne approfittò per stamparle un tenero bacio sulle labbra per poi sparire dalla porta.
Ebbi un tuffo al cuore vedendo come ancora si prendevano in giro e desiderai immensamente che Ryan entrasse da quella porta per baciare le mie di labbra.
Mi sistemai meglio sulla poltrona e stessi le gambe fino ad appoggiare i piedi sul sedile di fronte al mio.
Vidi Kat risvegliarsi dopo aver volato da New York a Londra e ritrovarsi in uno stato quasi pietoso: i capelli spettinati, il trucco completamente sparito, la bocca secca. 
Si ricordò dell'uomo alle sue spalle e si voltò appena per accertarsi che fosse ancora li, poi controllò la sua immagine in un specchietto e quando vedemmo la sua espressione inorridita sia io che mamma scoppiammo a ridere.
< La prima volta che mi svegliai accanto a tuo padre credo di aver avuto la stessa faccia > rise lei.
< Davvero? > chiesi curiosa.  Erano rare le volte in cui mamma si lasciava andare così tanto sulla sua vita privata con papà, ed io ero immensamente curiosa di sapere ogni dettaglio della loro appassionante storia d'amore.
< Si! > esclamò lei.  < Immaginati di svegliarti con uno Dio Greco nel letto e sapere perfettamente che tu non sei Afrodite di prima mattina >
Risi di gusto. < No, deve essere scioccante e umiliante. Probabilmente io mi sarei messa la sveglia all'alba per darmi una sistemata e apparire fresca e bella come una rosa >
< Lo sei già. Lo sei sempre > mi assicurò, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
< Smettila, mamma > feci imbarazzata.
< Non posso fare un complimento alla mia bambina ? > chiese lei sorridendomi e piegando la testa di lato.
Ignorai completamente la sua frase e riportai l'attenzione al film dicendole di guardare cosa stava succedendo mentre ridacchiavo.
Continuammo a guarda il film e dopo un paio di primi piani su Kat, la protagonista, mi resi conto di quanto fosse bella. I suoi occhi verd'azzurri i capelli rosso rame e la bocca piena e perfetta.
Vidi mia mamma afferrare il cartone della pizza e prenderne un pezzo prima di passarmi il cartone e invitarmi a fare lo stesso.
Studiai il suo volto. Era bella, la mia mamma. I suoi occhi azzurro cielo luminosi, gli zigomi ben delineati, il naso delicato. Tutto in lei era delicato e bello. I suoi modi di fare, il suo modo di parlare emanavano una dolcezza unica.
Lei era capace di mettere chiunque a proprio agio non facendo sentire la differenza tra la nostra ricchezza e le possibilità meno abbienti degli altri. Diceva che persino lei ancora doveva abituarsi a tanta maestosità.
Tutti ci dicevano che ci assomigliavamo parecchio fisicamente, e ne ero consapevole. Avevamo gli stessi capelli lunghi e castano scuri, la carnagione diafana, le labbra piene, anche se le mie erano leggermente più carnose delle sue, come a voler dimostrare che in me c'era una parte di mio padre.
E chi poteva dimenticarlo? Christian Grey ed io condividevamo, oltre al colore degli occhi, un atteggiamento terribilmente simile quando ci arrabbiavamo. Nessuno poteva dire nulla, nessuno poteva fare nulla. Dipendeva tutto da noi, noi eravamo quelli che detenevano il gioco.
Un'altra differenza tra me e mia madre era il fatto che io ero di poco più alta di lei, appena cinque centimetri, ma si vedevano quando eravamo l'una accanto all'altra.
 A volte ci scambiavano per sorelle e vedevo mamma illuminarsi in un sorriso raggiante ogni volta che qualcuno le diceva una cosa simile. Lei diceva che si trattava del fatto che si sentiva tutti i suoi quarantanove anni sulle spalle. In realtà a guardala bene io le avrei dato una decina di anni di meno. Si poteva intuire che era una signora di mezza età solo quando rideva di gusto e i suoi occhi venivano contornati da piccole rughe di espressione.
Mia madre era il mio punto di riferimento, ogni volta che dovevo prendere una decisione importante cercavo sempre di figurarmi come lei avrebbe reagito di fronte alla mia scelta o cosa l'avrebbe resa più orgogliosa di me.
< Il ragazzo ci sa fare > disse mamma, quando sullo schermo apparvero Nick e Kat appoggiati alla macchina, mentre lui la rassicurava, facendole perdere il nume della ragione.
Ripensai al bacio mio e di Ryan, schiacciati contro quel muro, le sue mani suoi miei fianchi e le mie fra i suoi capelli, mentre le nostre lingue si stuzzicavano.
< Si, ci sa decisamente fare > dissi, riferendomi più a quello che mi era accaduto quel pomeriggio che alla scena del film.
Addentai un pezzo di pizza e continuai a fissare lo schermo.
Non ero mai stata un'abile conversatrice quando si trattava di mettere a nudo i miei sentimenti e anche questo aspetto lo dovevo a mio padre. Fin quando si trattava di parlare di lavoro o avere conversazioni formali o informali che fossero sapevo cavarmela discretamente. Nel momento in cui però, entravano in ballo i sentimenti, la mia sicurezza vacillava e mi sentivo terribilmente esposta.
Avevo impiegato due mesi più di Jake prima di confessargli che anche io lo amavo e ricordo che la cosa lo innervosiva all'inizio; diceva che non sapeva da che parte stesse andando la nostra storia perchè io non mi esprimevo mai a proposito e così qualche giorno dopo, con tutta la calma che possedevo e la voce tremante, gli sussurrai il mio amore.
Scossi la testa. Volevo eliminare il pensiero del mio ex fidanzato. Stavo trascorrendo una piacevole serata con mia madre, guardando un film che avevamo già visto almeno un milione di volte assieme.
Addentai un altro pezzo di pizza e chiusi gli occhi, assaporandone il sapore squisito. < Davvero sono migliorati molto con la pizza > dichiarai.
< Si! Ora fanno anche altre cose buonissime > mi avvisò lei. < Non ho ordinato altro perchè non avevo tanta fame e non sapevo a che punto fosse il tuo appetito >
< La pizza va benissimo > pensai ai pancake che avevo mangiato.
Sullo schermo vidi una Kat ubriaca, cercare di scendere dalla limousine con ancora la cintura di sicurezza allacciata. Mamma rise di gusto e rimasi incantata ad ascoltare quel suono melodioso.
< Oh, adesso arriva la parte bella > mi avvisò.
Vidi che Kat e la sorellastra urlavano e ridevano spuntando fuori dal tettuccio della limousine.
< Sembrate tu e Ava > disse lei indicandole con il mento.
Sorrisi all'idea della mia fastidiosa cugina sempre in movimento e mai in silenzio. Decisi che lei sarebbe stata la sorella e io Kat.
< Oh ecco! Sta andando da lui! > disse mamma, afferrandomi la mano e stringendola.
Sembrava una ragazzina che vedeva realizzarsi il suo sogno più atteso.
Vidi Nick alzarsi dal letto spronato da Kat e poi dirigersi verso la barca del padre di lei. Lui indossava una camicia bianca che tenne sbottonata e dei boxer dello stesso colore.
< Credo di avere anche io una cotta per lui > sussurrai, fissando la figura dell'attore. Era molto, molto bello e affascinante.
Cercai di figurarmi come potesse sembrare Ryan con solo quegli indumenti addosso e al pensiero mi agitai sulla poltroncina.
Mia madre si voltò a guardarmi incuriosita dalla mia reazione. Increspò le labbra in sorriso e poi tornò a fissare la scena che stava per svolgersi.
Nick e Kat stavano per fare l'amore. Ora, una scena del genere, guardata in presenza della propria madre, avrebbe fatto vergognare o sentire in imbarazzo qualunque figlia. Qualunque ma no io. Anastasia e io parlavamo di sesso senza nessun pudore.
Lei fu la prima ad accennare all'argomento quando ebbi il primo fidanzatino. Mi propinò il discorso  come lo chiamava Ted. Anche lui era stato vittima di una cosa simile, solo che di lui se ne era occupato papà.
Da quel momento, mia madre aveva fatto in modo di tenere la mente aperta con me su quell'aspetto, in modo che io potessi fidarmi di lei e confidarmi con lei, e così fu.
Le raccontai della prima volta e lei mi ascoltò senza battere ciglio.
< Ti ha fatto male? > mi chiese
< No >
< Sei stata bene? >
< Si >
< Lui è stato gentile? Si è comportato bene? >
< Si >
< Okay, Phoebe. Adesso faremo una visita ginecologica e prenderemo le dovute precauzioni. > aveva detto poi solennemente.
Da quel momento, dai miei quasi diciotto anni, mia madre, oltre che Ava, era diventata la mia confidente più intima.
Non che le raccontassi tutto nei minimi dettagli per filo e per segno, come invece accadeva con Ava, ma la rendevo partecipe della mia vita sotto molto punti di vista perchè mi faceva sentire tranquilla e soprattutto perchè non mi giudicava.
La metti al corrente di tutto tranne che di quello che stai combinando in questo periodo, mi informò il mio inconscio.
Tornai immediatamente a concentrare la mia attenzione sul film, non curante delle opinioni pungenti che ogni tanto la mia mente partoriva.
 
Quando il film finì mamma e io spegnemmo gli apparecchi elettronici e poi ci dirigemmo verso la cucina.
Poggiai il cartone vuoto della pizza sulla penisola e mi accomodai su uno sgabello, mentre mia madre riempiva due bicchieri con del succo di frutta.
< La parte più bella ? > mi chiese curiosa
< Quella dove il testimone scappa dallo sposo  > ridacchiai
< Quella è la più divertente > mi corresse, con gli occhi azzurri che luccicavano divertiti. < Voglio sapere qual è stata la parte più romantica secondo te >
< Mmm.. Quando lui le dice che avrebbe preferito litigare con lei piuttosto che fare l'amore con altre donne > confessai, ma immediatamente andai con i pensieri a quello che era capitato a me.
Il film di per sé me lo aveva ricordato: la sorella di Kat, la sposa, aveva avuto una storia con il suo fidanzato alle spalle dello sposo e di Kat stessa. Insomma Kat era stata tradita e lo scopriva il giorno prima delle nozze della sorella e si sentiva tradita oltre che dall'ex fidanzato anche da tutti quelli a cui voleva bene perchè ne erano tutti al corrente, persino Nick, anche se da poco.
Ovviamente io non avevo vissuto quella stessa situazione, nessuno aveva saputo fino a quando io non lo avevo detto. Ero semplicemente tornata a casa ed avevo trovato il mio fidanzato che si dava da fare sopra quell'odiosa donna.
Già, perchè oltre tutto io la conoscevo. Avevo a che fare con lei ed il suo bambino da quando mi ero trasferita a New York. Il piccolo Jack Braden era un paziente mio e di Betty: lei era la sua pediatra e quando si era accorta che qualcosa non andava come doveva in lui mi aveva coinvolta nel caso chiedendomi di accertarmene. Era esattamente quello che avevo fatto, ma poi le cose erano precipitate.
Sua madre, la persona che più di tutti avrebbe dovuto volere il suo bene, non era quasi mai in ospedale con lui, non si presentava quando dovevamo operarlo d'urgenza per via di qualche infezione che gli intaccava i polmoni o lo stomaco, non c'era quando il piccolo usciva dalla sala operatoria e chiedeva della sua mamma. Lei non c'era mai.
Delegava a noi il compito di assicurarci che il bambino fosse al sicuro e salvo, lasciava che noi prendessimo le decisioni al posto suo perchè credeva che così dovesse essere. Lei veniva a pagare solo i conti.
Quando però, presi la decisione che mi aveva cacciato in tutta quella merda, lei si rivoltò contro di me facendo rapporto al mio capo e la mia carriera ora si trovava appesa ad un filo.
Jake, non si sa come né perchè, se l'era portata a casa nostra, nel nostro letto, sulle nostra lenzuola e l'aveva scopata.
Aveva dedicato a lei le attenzioni che in realtà avrebbe dovuto dedicare solo a me.
Mamma mi poggiò una mano sul braccio. < Forse non  è stata una scelta giusta quel film, viste le circostanze >
Aveva capito che stavo rimuginando sopra la storia del tradimento.
< No, affatto. E' comunque uno dei nostri film preferiti > tentai un sorriso.
< Possiamo sempre eliminarlo. Possiamo eliminare tutti quelli che hanno di mezzo un tradimento >
< Non importa mamma. Non solo la prima a vivere una situazione simile >
< Ma sei mia figlia, e io devo prendermi cura di te >
< Sono cresciuta ormai > le feci notare.
Lei scosse la testa, non curante di quel dettaglio.
< Lo so che questa cosa ti fa soffrire tanto. Ogni volta che sei sovrappensiero capisco immediatamente che stai pensando a cosa è successo a New York >
< No, mamma, non è così .. > cercai di sviare il discorso.
< Si invece. Arricci le labbra e corrughi la fronte. E' un'espressione che fai ogni volta che sei triste o che qualcosa non è andata come tu avresti voluto > mi spiegò. < Mi fa male vederti stare male e vorrei tanto poter fare qualcosa per rimediare al tuo dolore > allungò una mano e mi accarezzò i capelli.
Sospirai rumorosamente, cercando di cacciare indietro le lacrime prima ancora che cominciassero ad accumularsi nei miei occhi.
< So che no mi hai detto tutto. > disse con dolcezza.
Ebbi un fremito e trattenni il respiro. Quanto sapeva esattamente?
< Ma non riesco ad immaginare cosa ci sia dietro di ancora più grosso del tradimento della persona che ami e che per di più hai visto con i tuoi occhi. >
< Mamma.. >
< Lo so, Phoebe. Quando sarai pronta verrai tu da me. Lo so > mi sorrise dolcemente.
Annuii, contenta che lei non mi mettesse pressione.
< Accetta solo il fatto che io sono in pensiero per te. >
Mi sporsi verso di lei e l'abbracciai stretta. Avevo decisamente la mamma migliore del mondo.
Mi staccai velocemente dall'abbraccio e con le lacrime agli occhi corsi nella palestra, dove ero più che sicura di non trovare nessuno: papà non si allenava più tutti i giorni e non lo faceva certamente di sera, Ted non abitava più qui e mamma non era il tipo da palestra.
Quello che non avevo considerato era la sicurezza che mio padre aveva assunto.
Entrai sbattendo la porta dietro di me e corsi a preparare il sacco da boxe; non misi nemmeno i guantoni non volevo perdere tempo. Guardai il sacco e mi figurai la faccia di Jacob.
Vidi i suoi occhi chiari fissarmi, le sue labbra sorridere innaturalmente, la posa dritta e fiera, la mascella ben delineata.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso e cominciai a spingere il sacco e a prenderlo a pugni e calci, urlando di tanto in tanto la mia rabbia.
Urlavo e piangevo, piangevo e urlavo, cercando di disintossicarmi dalla sua onnipresente presenza nella mia testa, pronta a scattare fuori quando meno me l'aspettavo.
Diedi un pugno più forte del solito al sacco e questo dopo aver incassato il colpo ed essere indietreggiato, tornò verso di me con più forza, mi colpì in faccia e mi ritrovai per terra.
Due mani forti mi afferrarono e mi strinsero contro il petto muscoloso.
Alzai la testa per incontrare due occhi neri che mi fissavano preoccupati.
Le labbra di Ryan mi baciarono le lacrime e la sua voce profonda sussurrò in tono dolce: < Ci sono qui io >
  
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