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Autore: Brooke Davis24    25/05/2014    2 recensioni
Emma Swan e Killian Jones. I ruoli sono invertiti, gli animi diversi. Emma è il capitano della nave pirata più temuta che abbia mai toccato le coste di Thrain, la città in cui Killian è tenente al servizio della Corona, ed Emma ha una missione da compiere, una missione che si porrà in netto contrasto con quella di Killian. E se fosse difficile essere nemici ma non potessero essere altro? E se i sentieri di Emma Swan e Killian Jones si fossero incontrati nella vita sbagliata? E se, invece, non ci fossero tempo, luogo, motivo più esatto?
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
Il male non nasce, si crea


Tutto quello che era accaduto nelle ore successiva era difficile da spiegare, perché si trattava di una successione sconclusionata di eventi che nessuno avrebbe potuto prevedere, né Emma e la sua ciurma di pirati,  né Killian Jones e il suo sparuto equipaggio di soldati.

Nella perfetta sequenza che il capitano della Nostos aveva pianificato per settimane e settimane con l’assoluta convinzione che nulla potesse andare storto, una volta conquistato il bottino, raggiunta la nave e issata l’ancora, l’unica cosa da fare non rimaneva che pregare che non sopraggiungesse alcuna tempesta e che il viaggio per raggiungere la destinazione agognata fosse quieto e senza ostacoli. Perché ciò accadesse, Emma si era dimostrata più che solerte e altrettanto lo erano stati i suoi uomini nell’eseguire gli ordini loro impartiti: sborsando più di un sacchetto tintinnante di monete, si erano assicurati non soltanto l’aiuto necessario ad ostacolare nel modo più discreto possibile l’uscita dal porto delle navi del sovrano, ma, soprattutto, la complicità di un silenzio assenso quando alcuni dei pirati avevano fatto irruzione sulle imbarcazioni reali e tagliato una serie di corde che avrebbero rallentato qualunque tentativo d’inseguimento.

Ma era servito a ben poco al cospetto dell’ostinazione che il tenente Jones aveva dimostrato di possedere. Munitosi della prima imbarcazione libera che aveva trovato, incurante delle lamentele del proprietario della stessa, aveva compiuto l’impossibile e, seguito da un numero di uomini inferiore a quello che una delle navi che era abituato a comandare avrebbe potuto portare con sé, si era lanciato alla volta della Nostos con una furia che poche altre volte aveva dominato il suo animo.  Non erano bastate le sollecitazioni del medico di bordo, che aveva tentato invano di dissuaderlo a partecipare a quella missione suicida e a farsi curare come di dovere; né erano serviti i tentavi dei suoi uomini di portarlo alla ragione. Era stato implacabile nell’urlare ordini a destra e a manca e, teso come una corda di violino, si era limitato a serrare pugni e mascella, quando l’ira non si era dimostrata sufficiente a tacitare la sofferenza derivante dalle precauzioni che il guaritore stava usando per evitare spiacevoli conseguenze.

Trattandosi di un’imbarcazione piccola e affusolata, l’inseguimento era andato meglio del previsto o, almeno, così era parso finché non avevano compreso che la Nostos avesse rallentato di proposito e tirato fuori i cannoni, le bocche di fuoco spalancate, pronte a divorare asse dopo asse l’impertinente nave che aveva osato spingersi fino a tanto. Il tenente non si era perso d’animo e, benché non fosse possibile alcun paragone, aveva guidato i suoi uomini nel modo migliore che la situazione avrebbe potuto conceder loro, considerata la precaria posizione in cui si trovavano. Avrebbe ammesso solo a posteriori che lanciarsi al tallonamento di Capitan Swan senza le dovute precauzioni fosse stata una mossa avventata ma, soprattutto, priva di alcun senso. Nonostante il suo intento di prender tempo finché  non fossero arrivati i rinforzi avesse avuto una sua logica, il suo avversario aveva reagito con troppa prontezza e ferocia perché potessero resistere al cospetto di una simile offensiva.

L’ordine del capitano della ciurma di briganti era arrivato poco dopo e quello che era seguito altri non era stato che un susseguirsi di esplosioni, urla, spari, fumo e schizzi d’acqua. I colpi dei soldati non erano andati tutti perduti e, nonostante di dimensioni inferiori, i piccoli cannoni dell’imbarcazione avevano compiuto il loro dovere. Ma era servito a ben poco e la nave era colata a picco in un’accozzaglia di cadaveri e superstiti che Killian non aveva avuto modo di vedere: la perdita di sangue dovuta alla ferita, la tensione accumulata e le condizioni nelle quali si trovava non avevano concesso al suo corpo di reggere lo sforzo e, quando uno dei suoi uomini l’aveva gettato in mare nel tentativo di risparmiarlo da un colpo di pistola, aveva perso i sensi.

La situazione non era stata di certo meno movimentata  nei ranghi avversari. Emma aveva imparato diverso tempo addietro che il miglior modo per perdere una battaglia era abbassare la guardia e sottovalutare il nemico ed aveva deciso che mai avrebbe fatto pagare alla Nostos o alla sua ciurma il prezzo di una sua mancanza. Pistole alla mano, le sue gambe l’avevano portata da un capo all’altro della nave e non si era risparmiata neppure per un secondo, come nessuno dei suoi uomini. La sua voce era risuonata come il ringhio di una belva inferocita quando, lanciatasi su Geoffrey per salvarlo da un proiettile a lui indirizzato, la pallottola le aveva sfiorato il braccio, lacerandole la carne meno superficialmente del previsto. “Nessuna pietà” erano state le uniche due parole che, attraversando la fitta nebbia alzatasi per gli spari, i soldati avevano udito, prima che una fitta schiera di esplosioni non lasciasse loro alcuno scampo.

Ma il capitano era ben lungi dal ritenersi soddisfatto! Nella coincidenza meno fortuita della quale Killian avrebbe potuto trovarsi in balia, quando la Nostos aveva ripreso a muoversi, gli occhi di lei, aiutati dalle fiamme guizzanti in cui era avvolta parte della nave ormai naufragata, avevano captato il movimento di uno dei pochi superstiti rimasti in seguito allo scontro, l’unico che, vicino abbastanza da raggiungere il tenente Jones prima che fosse troppo tardi, gli aveva salvato la vita e aveva cominciato a nuotare il direzione opposta agli avversari nella speranza che la nebbia li nascondesse agli occhi del fuoco nemico. Un colpo secco era bastato per strappargli l’ombra di un guaito e quello che rimaneva della sua anima, prima che la presa attorno al corpo di Killian si allentasse e il giovane si accasciasse a faccia all’ingiù nell’acqua insanguinata, il cranio perforato da parte a parte.

«Calate le reti.» aveva urlato lei e i suoi uomini avevano titubato un istante, troppo preoccupati alla vista delle navi del sovrano che cominciavano a farsi più vicine del dovuto.
«Ma, capitano, cosa avete intenzione di fare?» le aveva sussurrato cautamente  un mozzo, mentre il suo sguardo passava alternativamente tra l’espressione di pietra del volto di lei e la bocca fumante della pistola che stringeva tra le dita affusolate.
«Pescare

Il corpo inerme del tenente era stato issato contro il fianco dell’imbarcazione  e, su ordine di Emma, il medico si era adoperato perché riprendesse conoscenza. Era troppo debole, troppo frastornato perché comprendesse cosa fosse accaduto e, quando gli uomini di lei lo presero e portarono sottocoperta, non oppose resistenza. Il guaritore di bordo fece loro strada, conducendoli nella propria stanza, ed Emma rimase un lungo minuto a fissare le coste ormai lontane di Thrain, consapevole che, per quanto avessero potuto tentare, non sarebbero riusciti a prenderla. Non quando buona parte delle funzionalità delle navi erano state compromesse dalla sua ciurma, non quando vi erano da recuperare decine e decine di corpi nel buio della notte.

Battendo le palpebre, il pirata allentò la presa sull’arma dalla quale era scaturito più di un colpo mortale quella sera e poggiò le mani al legno della Nostos. Carezzandone la superficie, sorrise teneramente, sul suo viso lo stesso sollievo e lo stesso feroce orgoglio di una madre che abbia salvato la propria prole, e, quando Diego le si fece vicino con cautela e ne incontrò lo sguardo, rivide in lei la stessa ragazzina risoluta che, poco meno di sei anni prima, aveva preso possesso della nave senza che nessuno fosse in grado di battere ciglio.

«Cosa avete intenzione di fare col prigioniero, capitano?» le domandò e i loro occhi s’incontrarono.
«Quello che gli avevo promesso di fare: mi sono presa la sua vita e non sarò soddisfatta finché non mi sarò presa anche i suoi ideali.» Il tono rimase quieto ed un sorriso leggero illuminò i bei lineamenti del suo volto.
«Non lo ucciderete, quindi?»
«Oh no!» fece lei, l’espressione bonariamente contrariata di chi non si capacita della difficoltà di comprendonio altrui. «Sai bene qual è la politica sui prigionieri: la scelta tra la vita e la morte è unicamente loro.»

«Certo, capitano. Ma credevo che, con tutte le rogne che vi ha causato da quando abbiamo messo piede nel porto di Thrain, voleste eliminare l’ostacolo.» le spiegò e, guardandosi intorno, Emma seppe che buona parte del suo equipaggio si fosse posto le stesse identiche domande e che fosse giunto alle medesime conclusioni di Diego. Si aspettavano che lo lasciasse morire o che lo uccidesse con le proprie mani, non che impartisse ordini affinché fosse curato.

Ridacchiando, la giovane gli diede le spalle e si avviò verso la scala che l’avrebbe condotta a poppa, fermandosi dopo aver salito appena pochi gradini per osservare la sua ciurma e rendersi conto che doveva loro delle spiegazioni. Da che si era impossessata della nave, aveva compreso che conquistarsi la loro fiducia avrebbe richiesto una proporzionata dose di rispetto e fiducia: il primo da tributarle, il secondo da concedere loro. La deferenza che provavano verso di lei le avrebbe assicurato i loro servigi a pena di morte e l’affidamento di cui li aveva onorati sarebbe stato un incentivo a comprendere che non avrebbero avuto nessuna opportunità di perdono, se l’avessero delusa. E, a distanza di sei anni, benché alcuni elementi fossero stati eliminati da un pezzo e non fossero divenuti che mangime per pesci, Emma Swan era ancora il famigerato capitano della Nostos e nessuno aveva mai tentato di scavalcare la sua autorità.

«Il tenente Jones non è come gli altri uomini che abbiamo avuto modo d’incontrare finora,» cominciò, il tono di voce alto abbastanza perché potessero sentirla distintamente oltre il frastuono creato dalle onde e dalla brezza notturna che gonfiava le vele. «e, per questo, merita un trattamento che si confaccia al suo lignaggio.» Un sorriso sbieco, come bieco era il sentimento che animava tutto il suo essere in quel momento, apparve sulle sue labbra e alcuni dei suoi pirati parvero finalmente capire. «Se gli togliessi la vita, sarebbe una fine troppo semplice, troppo prevedibile e le conseguenze sarebbero nulle. Cosa potrei farmene di un tenente stecchito, se non darlo in pasto ai pesci?» S’interruppe un istante e molti annuirono. «Ma, pensateci bene, cosa otterrei se riuscissi a tenerlo in vita, se riuscissi ad usarlo per la mia causa fino ad annientare tutto ciò in cui ha sempre creduto? Tradirebbe la sua intera essenza e il dolore per una simile sconfitta sarebbe maggiore di qualunque ferita fisica. E il piacere che io ne trarrei… Oh, sarebbe di gran lunga maggiore!» Le loro espressioni, a quel punto, erano accese di una stima e di un interesse che non avrebbero potuto essere più vividi. Era allettante l’idea di rendere pirata un uomo che aveva tentato di farli acciuffare con una caparbietà che mai nessuno aveva dimostrato fino ad allora, non quando il solo nome del loro capitano bastava perché ogni proposito di cattura svanisse prima ancora di essere partorito. «Quindi, questo è quello che faremo: come di consueto, gli porremo davanti la scelta tra la vita e la morte e, qualora scegliesse la vita,» Una risata generale coinvolse la ciurma, strappandone una breve al capitano che si accostò al legno della nave e, a braccia incrociate, guardò i suoi uomini con espressione attenta. Diego non poté impedirsi di scuotere il capo, ammirato. «Direi che sapete esattamente cosa fare. Adesso, datevi da fare e spegnete le luci. Siamo ben oltre l’orario previsto e abbiamo una missione da compiere.»

Quando si fu voltata ed ebbe preso posto al timone, Emma inspirò profondamente e si concesse un istante per assaporare la vittoria di quella sera. Una strana euforia spinse i battiti del suo cuore a seguire un ritmo nuovo, a metà tra il sollievo e l’aspettativa, tra l’audacia e il timore di vedere tutto infrangersi dinanzi ai suoi occhi per l’ennesima volta. Espirando, strinse la presa sul legno del timone e si costrinse a pensare positivo. Nulla sarebbe andato storto, neppure il più piccolo dettaglio. Non l’avrebbe permesso.

*

Quiete e penombra. Era tutto ciò che le serviva per pensare nitidamente e sezionare qualunque emozione affinché non avessero presa sul suo animo.  Non esisteva margine di dubbio per ciò che l’aspettava, non c’era spazio per le titubanze e i timori, per la pietà o il buon cuore. La sua missione richiedeva un’inclemenza di cui poche persone l’avrebbero creduta capace, quando aveva abbandonato il villaggio in cui era nata e cresciuta. Aveva sempre avuto l’aspetto di una ragazzetta per bene, dedita al lavoro e alla cura della casa e della propria famiglia, e, per lungo tempo, non era stata che quello: uno spirito libero, selvaggio intrappolato entro un corpo fragile e spaurito che conduceva la propria esistenza in una mediocre abitazione ai margini della foresta.

Provava vergogna, a volte, per la persona che era stata. O, almeno, per quella che avrebbe dovuto essere ma che non aveva avuto il coraggio di diventare per anni e anni. Spesso, si ripeteva che, se le sue scelte fossero state meno sagge e più coincidenti con gli impulsi primitivi del suo io, tutto quello che era accaduto non sarebbe mai divenuto realtà e avrebbe vissuto più felicemente; sovente, si diceva che, se avesse agito diversamente, il suo viso non avrebbe mostrato i segni di un’acredine che poco si addiceva ad una bellezza come la sua perché la rendeva più spietata di quanto non fosse concesso. C’era qualcosa di duro nell’espressione del suo viso, qualcosa che rasentava i limiti della spavalderia e sfiorava i contorni dell’incoscienza.

Le costava fatica pensare a quanti uomini avessero perso la vita per mano sua, quanto sangue avesse versato e quanta poca pietà avesse saputo dimostrare. Aveva messo in atto una delle regole più crude che la vita le avesse insegnato senza ammortizzarne la portata: nessuno ti concede una seconda possibilità, se non sei tu a prendertela. Ed Emma si era presa tutto quello che le era servito senza fare sconti, senza tralasciare nulla lungo il percorso. Non un conto in sospeso, non una delle lacrime che aveva versato, non uno dei torti che aveva subito.

Muovendo un passo in avanti e scostandosi dalla parete della camera, il giovane capitano raggiunse il letto addossato al muro opposto e si accomodò su una piccola porzione di materasso, stando ben attento a non far sobbalzare l’occupante dello stesso. Erano trascorsi diversi giorni dallo scontro con lo sparuto gruppo di soldati comandato dal tenente Jones, giorni durante i quali la navigazione era stata quieta e la Nostos aveva seguito la rotta prevista; giorni durante i quali il prigioniero aveva lottato più strenuamente di quanto Emma si fosse aspettata per rimanere in vita e sconfiggere la morte che era parsa aleggiare in quella camera come una presenza ingombrante. Il medico lo aveva oramai dichiarato fuori pericolo, ma il colorito della sua pelle era ancora pallido, la fronte ed il petto ancora tersi di sudore, la sua mente ancora lontana dalla lucidità.

Allungando le mani verso la bacinella posta lì accanto, Emma intinse lo strofinaccio nell’acqua fredda e, dopo averlo strizzato, lo accostò al viso dell’altro, tamponandolo delicatamente per lavar via i segni dell’ennesimo incubo, per lenire la sofferenza cui era stato in preda instancabilmente da che lo aveva issato sulla nave per renderlo suo detenuto. Un sorriso le curvò le labbra, quando realizzò di avergli causato molti più guai di quanti il tenente non avesse fatto con lei, e, mentre ripeteva l’operazione per rinfrescargli collo e torace, si disse di rammentarglielo, una volta che si fosse svegliato e fosse stato abbastanza in salute da reggere le sue recriminazioni.

La mano di lei si fermò a mezz’aria e le sue sopracciglia si inarcarono visibilmente, quando, contro ogni aspettativa, le palpebre dell’uomo si schiusero e batterono più volte nel tentativo di focalizzarsi sul luogo ove si trovava. I suoi ricordi dovevano essere parecchi confusi, perché si guardò intorno ripetutamente e sbarrò gli occhi quando scorse la sagoma di Emma seduta su un letto di cui non sapeva nulla, né come ci fosse finito, né quanto a lungo ci fosse stato. Con uno scatto fece per mettersi a sedere, ma ricadde nella stessa identica posizione quando comprese di avere i polsi costretti da saldi legacci e di avere in corpo meno energie di quante non credesse. Chiuse gli occhi per un lungo momento.

«Non fate mosse avventate, tenente.» La voce di lei suonò bassa nella stanza del medico avvolta dalla penombra. «Siete molto debole.»

Piano, ripose lo strofinaccio nella bacinella e si alzò dal letto, diretta verso la porta come a voler uscire. Killian la sentì scambiare qualche parola appena fuori dall’uscio, ma non avrebbe saputo dire quanta realtà ci fosse in ciò che i suoi sensi percepivano. I suoi ragionamenti erano offuscati da una fitta nebbia che gli impediva di ricordare cosa fosse accaduto, di ricordare gli accadimenti che lo avevano condotto a trovarsi in una stanza scarsamente illuminata in compagnia del pirata più temuto degli ultimi anni. Lo sciabordio delle onde gli diede un’unica certezza: erano su una nave e si stavano muovendo.

«Non perdere tempo.» Le sentì dire, poco prima che chiudesse la porta e tornasse da lui, sedendosi sulla stessa porzione di materasso. «Come vi sentite, tenente?» domandò con tonalità frizzante e impiegò un attimo a realizzare che Killian dovesse essere assetato, perché le sue mani si mossero solerti ad afferrare la brocca posta sul pavimento e a versare parte del contenuto in un calice. La mano di lei scivolò morbida contro la nuca bagnata dell’uomo e lo assistette finché l’altro non ebbe bevuto a sufficienza e ricadde con un tonfo sul cuscino.

«Dove mi trovo?» chiese lui, la voce roca di chi non proferisce parola da troppo tempo.
«Sulla Nostos.» rispose semplicemente Emma, riponendo il calice sulle tegole del pavimento e afferrando nuovamente lo straccio. Quando sfiorò la fronte dell’altro, lo sentì sospirare di sollievo e quella scena le ricordò una notte di qualche anno prima, una notte durante la quale si era presa cura dell’unica persona che avesse mai amato in vita sua. «Dopo aver affondato la nave con cui mi eravate venuto dietro, vi ho raccattato e affidato alle cure del medico di bordo.» lo aiutò a ricordare, lenendo il dolore che tanto sforzo stava causando alla psiche già martoriata del prigioniero.  Lentamente, le nubi presero a farsi più rade nell’animo di lui e le memorie dello scontro tornarono a far capolino nella mente del tenente.

«Cosa ne avete fatto dei miei uomini? Avete preso anche loro come prigionieri?»
«Vi piace il pesce, Killian?» fece di rimando lei, osservandolo con espressione meditabonda, l’ombra di un sorriso sulle labbra aranciate dalla luce della candela posta accanto alla tinozza.

«Cosa? Ch- Non è questo che vi ho chiesto. Cosa ne avete fatto dei miei uomini?» la incalzò lui, strattonando i legacci che lo costringevano a letto, inutilmente.
«Rispondete alla mia domanda e lo saprete.» ribatté Emma, una voce bassa e impertinente che la rese molto più giovane di quanto non apparisse, molto più spensierata ed infantile.

«Sì.» accondiscese lui infine, gli occhi arrossati, i muscoli dolenti per lo sforzo e la ferita che la sua interlocutrice gli aveva inferto. Piano, la osservò chinarsi su di lui e, quando fu a pochi centimetri di distanza dal suo viso e i capelli di lei gli sfiorarono le guance e le spalle nude, Killian trattenne il respiro per la risposta che lesse nei suoi occhi.

«Beh,» fece il pirata, umettandosi le labbra e lanciando uno sguardo rapido a quelle di Killian. I suoi occhi incontrarono quelli dell'uomo e questi vi scorse lo stesso piacere folle che le aveva visto dipinto in volto nelle umide segrete del castello. «Diciamo solo che i pesci avranno di che nutrirsi, allora!»

«NO

L’urlo di lui risuonò per la stanza con molto più vigore di quanto Emma si fosse aspettata e la sua reazione fu ben più fisica del previsto, al punto tale che riuscì a lacerare uno dei legacci con cui i suoi uomini lo avevano assicurato a letto. Con gli occhi iniettati di sangue, si lanciò contro di lei privo di qualunque coordinazione e, benché l’avesse colta di sorpresa, non poté nulla contro la prontezza di riflessi e lucidità di cui il capitano era dotata. La mano di lei planò implacabile sulla spalla ferita, spingendolo contro il materasso e posizionandosi, poco dopo, attorno al collo mascolino dell’uomo. Nonostante tutto, ella non strinse la presa e i suoi polpastrelli rimasero appena accostati all’epidermide sudata del tenente.

«E’ questa vostra impulsività a mettervi nei guai, tenente.» lo ammonì e lo fece con lo stesso tono che, tra le fila dell’esercito, avrebbe usato qualunque superiore per fargli una reprimenda. Killian respirò affannosamente, lacrime dettate dal dolore e dal senso di colpa accumulate tra le ciglia,  e, per la prima volta da che si erano conosciuti, Emma gli sorrise con tenerezza, dando l’impressione che una parte di lei fosse spiaciuta per la sua pena. «Sono desolata per la vostra perdita.»

«Tacete!» sibilò lui. «Avete appena fatto ironia sulla loro morte. Non osate fingere di essere dispiaciuta per quello che è accaduto.»
«Credo abbiate frainteso le mie parole, tenente.» disse Emma e gli sorrise. Piano, la vide accavallare le gambe e sistemare una ciocca di capelli dietro l’orecchio e Killian ebbe l’impressione ci fosse qualcosa di etereo nella figura di lei, illuminata com’era dalla luce tenue del cero mentre si stagliava contro uno sfondo di quasi completa oscurità. Per un attimo, credette di star sognando o di essere in preda ad un’allucinazione. «Non mi sto scusando per averne uccisi tanti. Sarebbe una bugia!» L’espressione del viso di lei fu così sincera che Killian si chiese cosa l’avesse resa la persona che era, quale evento avesse portato il suo animo ad essere avvolto da una simile oscurità. Perché, se c’era una cosa che aveva appreso in quei suoi trent’anni di vita, era che il male non nasce, si crea. «Mi spiace che la loro perdita vi addolori tanto e che dobbiate portarvi dentro il rimorso per la sorte cui sono andati incontro.»

«Mi avete appena dato notizia della loro morte definendoli cibo per pesci.» le fece notare e la sua mascella tremò. Emma osservò gli occhi di lui velarsi della stessa incoscienza che avevano avuto quando aveva ripreso conoscenza e seppe che la febbre si fosse alzata ancora una volta.

«Ops!» rise brevemente e Killian fece per colpirla ancora, prima che le dita di lei, ancora accostate al suo collo, lo spingessero al posto che gli spettava senza troppe cerimonie. «Siete un osso duro, tenente, ve lo concedo.» Il verde dei suoi occhi divenne improvvisamente più intenso e il baluginio delle fiamme che ivi si rifletteva parve avere vita propria e divampare dall’animo di lei. «Ma io sono un pirata e…»

«Siete Capitan Swan e suppongo di aver capito quali sono le implicazioni del vostro titolo.» la interruppe lui e sospirò, digrignando i denti come se faticasse ad accettare di aver commesso uno sbaglio. «Vi ho sottovalutata e ho lasciato che vi prendeste gioco di me. Una parte della colpa è mia.» disse, più rivolto a se stesso che non alla propria interlocutrice. Quando Emma prese nuovamente lo straccio bagnato per tergergli viso e torace, benché desiderasse spingerla via, il sollievo e la lucidità che quei brevi gesti gli diedero lo convinsero a tacere.

«Come avete fatto a trovarmi? Nelle segrete, intendo.» domandò lei, lo sguardo lontano dagli occhi blu del tenente mentre gli tamponava la fronte. Killian rise brevemente e, a quella reazione, l’attenzione di Emma fu completa, al punto tale che depose lo strofinaccio e attese la sua risposta.

«Sono stato promosso a tenente da qualche anno, ma, ancora prima di assumere la mia attuale posizione, avevo sempre sentito parlare del capitano della Nostos. Avete ucciso molti dei miei compagni,» Emma sorrise, un guizzo della follia di cui l’aveva vista capace ad infiammarle il viso. «e non desideravo altro che acciuffarvi e darvi in pasto alla giustizia. Dovevo solo attendere di poterlo fare. Quando sono diventato tenente, tuttavia, la vostra nave non toccava le coste di Thrain da più di un anno e ho quasi temuto non sareste più tornata.»

«Oh, che dolce!» fece lei, le labbra piegate in una smorfia arrogante. «Avete sempre avuto una segreta cotta per me e io vi ho quasi spezzato il cuore.» L’espressione di Killian rimase seria, ma questo non le impedì di ridere di lui e della sua serietà. «Vi prendete troppo sul serio, tenente. Non c’è nulla di male nell’ammettere che avete sempre avuto un debole per me. C’è una cosa che mi lascia perplessa, tuttavia.» Suo malgrado, Killian dovette chiederle di cosa si trattasse. «Siete quel genere di uomo cui piacciono le persone del suo stesso sesso, per caso? Perché avete appreso solo recentemente che-»

«Nulla del genere, ve lo assicuro.» tagliò corto lui, gli zigomi arrossati non più soltanto dalla febbre. Emma rise dell’imbarazzo dell’altro e le sue dita si mossero a carezzare la porzione di pelle color porpora, prima di scendere lungo la mandibola e il collo.

«Ne sono lieta. Sarebbe stato un vero peccato.» Il commento di lei, se possibile, rese le gote di Killian ancora più rubizze, ma i suoi occhi blu si accesero di una luce farabutta che bene si addiceva al temperamento di cui Emma lo sapeva capace. Per un attimo, quella luce le ricordò del loro primo incontro alla taverna da Bill, quando lui aveva creduto di poterla affascinare per arrivare al capitano della Nostos senza avere idea di esservi dinnanzi. Doveva esserci qualcosa di allettante nell’idea di sedurre il proprio nemico, si disse Emma, allo stesso modo in cui lei trovava allettante la prospettiva di renderlo un pirata. A modo suo, ognuno dei due sembrava prefiggersi l’obiettivo di avere la meglio sull’altro. «Dunque, dicevate?»

«Prima che tornaste, un mio informatore mi aveva parlato di un tentativo di furto al castello e vi risparmio tutti i dettagli della questione, ma sappiate che sono venuto a conoscenza delle segrete che avete scelto per svignarvela.» le spiegò, sorridendo di rimando all’espressione divertita e ammirata di lei. «E, quando ho chiesto ad alcuni invitati se avessero visto quale direzione avesse preso l’incantevole biondina in nero,» Emma inclinò il capo e sorrise più ampiamente, indirizzandogli quello stesso sguardo di bonario rimprovero che sua madre era solita rivolgergli quando Killian le faceva un complimento. «Beh, diciamo solo che ho fatto bene i miei conti!»

Emma si voltò in direzione della porta, le voci oltre l’uscio più pressanti, e comprese che i suoi uomini si stessero chiedendo se fosse il caso di fare il proprio ingresso o di attendere che fosse il loro capitano ad uscire e dar loro il permesso di entrare. Quando lo sguardo di lei tornò sul prigioniero, questi comprese che la loro conversazione fosse terminata, ma, quando lei fece per andarsene, con uno scatto che gli costò più dolore e fatica di quanto non ne valesse la pena, la afferrò per il polso e la costrinse a girarsi. Contro ogni barlume di buonsenso, Killian ridacchiò e, reggendosi sul braccio sano, la tirò leggermente verso il letto, incurante del fatto che le sopracciglia di lei fossero visibilmente inarcate. Nonostante tutto, Emma lo lasciò fare.

«Volete sapere perché vi ho salvato la vita, non solo tirandovi fuori dall’acqua ma facendovi medicare.» lo precedette lei e il tenente rise e annuì.

«State mantenendo la vostra promessa, quella di prendervi la mia vita e disporne come più vi piace, non è così?» chiese ed Emma si chinò finché i loro volti non furono alla stessa altezza, il polso oramai libero dalla presa dell’altro, mentre si reggeva premendo entrambe le mani contro le ginocchia.

«Farò molto più di questo, Killian Jones.» fece e s’interruppe un istante per inclinare il capo ed osservarlo meglio alla luce della candela. «Ho intenzione di sconvolgere il vostro mondo fino a farvi dimenticare chi siete stato e perché lo siete stato.» Tacque ancora, come per dargli il tempo di assimilare la portata delle sue promesse. «E, quando l’avrò fatto, di voi non rimarrà nient’altro che non sia io a volervi lasciare.»
 
«Credete davvero di riuscirci?» domandò, un sorriso strafottente ad inclinargli le labbra arrossate, ben visibili nonostante la barba incolta. «Perché non dovreste fare promesse che non siete in grado di mantenere.» la stuzzicò, reso più insolente dalle linee di febbre che parevano averlo reso vittima di un brutto scherzo, facendolo passare dalla timidezza alla tracotanza in un brevissimo lasso di tempo. Emma si rese conto che, in cambio, la febbre avesse portato via qualunque sentimento spiacevole avesse funestato l’animo del tenente fino a poco prima, facendogli momentaneamente dimenticare di essere stato in parte causa della morte di soldati a lui devoti.

«Vi ho già detto che le mie minacce non sono mai vane, tenente.» ribatté, divertita dal modo di fare spudoratamente civettuolo dell’altro. Una parte di lei si disse che, in condizioni normali, Killian Jones dovesse essere una bella gatta da pelare per qualunque donna avesse tentato di resistergli più del necessario.

«E io vi dico che non ho alcuna intenzione di permettervelo, a meno che…» L’azzurro dei suoi occhi si fece improvvisamente scuro, mentre si metteva a sedere aiutandosi con il braccio buono e riduceva le distanze tra i loro volti, puntando deliberatamente alla bocca di Emma. Guardandolo bene in viso, il pirata dubitò perfino che l’altro avesse piena consapevolezza della sua identità, a quel punto. «In effetti, potremmo rivedere i termini dell’accordo.»

«Non abbiamo fatto nessun accordo, tenente.» fece Emma, impossibilitata ad impedirsi di ridacchiare nel tentativo di portarlo alla ragione. «Vi ho solo promesso di prendermi la vostra vita e, pochi istanti fa, vi ho promesso di sconvolgerla e di non lasciare nulla dell’uomo che siete stato e continuate ad essere.»

«E io vi ho promesso che vi avrei trovato, quindi devo supporre che entrambi abbiamo onorato la prima parte dell’accordo.» Le sorrise di un sorriso che le guance imporporate resero contraddittoriamente bello sotto molti punti di vista, perché c’erano incoscienza ed innocenza in esso ma, allo tesso tempo, lascivia e un barlume di lucidità. «Il fatto che mi abbiate fatto un’altra promessa mi fa pensare che vogliate stringere un altro accordo e non sarò io di certo a scontentare Capitan Swan.» Emma avrebbe voluto ribattere che il loro non aveva propriamente l’aspetto di un accordo ai suoi occhi, ma si costrinse a tacere e, quando Killian lanciò uno sguardo alle sue labbra con più di un chiaro proposito dipinto in volto, il pirata comprese che fosse arrivato il momento di mandare a chiamare il dottore, prima che l’uomo perdesse completamente il lume della ragione. «Vi prometto solennemente, Emma,» pronunciò il suo nome con voce bassa e decisa, lentamente, dandole l’impressione che stesse assaporando il contenuto di quelle quattro lettere molto più a lungo di quanto chiunque altro avesse mai fatto. «di farvi tornare la persona che eravate prima che diventaste quella che siete, di combattere l’oscurità e riportare la luce. E, ovviamente, di non permettervi per nessuna ragione al mondo di realizzare la vostra promessa.»

«Il vostro altri non è che il delirio di un folle, tenente.» disse lei, tornando in posizione eretta e ristabilendo una discreta distanza tra loro.

«Potrà anche darsi, ma c’è una cosa in cui credo fermamente.» le rivelò, un sorriso ebbro ancora sulle labbra mentre Emma raggiungeva la porta, l’apriva e faceva segno al medico di entrare.

«Emma?» la chiamò e la osservò scambiare qualche parola con un ometto di piccola taglia e sistemare i lunghi capelli biondi su un’unica spalla affinché potesse osservare qualcosa che Killian era troppo lontano per scorgere, prima di dedicargli nuovamente la propria attenzione.

«Ditemi, tenente.» rispose lei, un sorriso divertito sui lineamenti oramai non più crudeli.

«Il male non nasce, si crea.»


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Spazio dell'autrice:

Vorrei ringraziare le persone che hanno letto la storia, le persone che l'hanno aggiunta alle storie da seguire e, addirittura, chi l'ha inserita tra le 'preferite'. Non credo di potervi dire quanto mi faccia piacere e quanto questo mi sproni a continuarla. Quindi, g r a z i e d i c u o r e!
Ma un grazie ancora più sentito va a chi ha commentato questo secondo capitolo, perché non avrebbe potuto esserci sprone più grande per spingermi a continuare di questo. Quindi, direi che un grazie speciale va a Piccola87 [che spero di aver reso felice accogliendo il suo invito di continuare a scrivere], a Emma Bennet [che ha scritto una di quelle meravigliose recensioni lunghissime che io tanto adoro, dicendomi molto più di quello che mi sarei aspettata da una recensione. Sono contenta di sapere che trovi il peronaggio ben delineato, che ti sia piaciuta la scelta di ferire Killian e ti ringrazio per il consiglio sulle metafore, di cui farò tesoro] e Alexandra_Potter [che spero sia felice dei nuovi risvolti della situazione di questo terzo capitolo]. Grazie di cuore, ragazze. La prossima volta, conto di rispondervi singolarmente e in maniera più adeguata. =]
Per il resto, mi scuso se ho ritardato più del previsto, ma la vita universitaria mi distrugge e l'ispirazione latita sempre quando sono libera, mentre fuocheggia quando devo studiare. Ed è una gran bella fregatura, visto che dovrei ripetere e mi ritrovo a immaginare scene tra Emma e Killian! =,=''
Se volete farmi sapere cosa ne pensate, ne sarei felice. E mi scuso per gli eventuali errori, ma sono cotta come una scimmia e mi riprometto di rivedere il capitolo fra qualche ora, così da riposare un po' gli occhi.
Buona lettura! ;]

 
  
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