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Autore: Eneria    02/08/2008    3 recensioni
Dopo due anni dall'evasione da Azkaban, Sirius Black è in un'altra prigione: il quartier generale di Grimmauld Place. Intanto una brillante Auror indaga su possibili collegamenti tra la sua evasione e l'evasione di dieci tra i più pericolosi Mangiamorte. Come se non bastasse il tempo fa brutti scherzi, riapre vecchie ferite e ne cura alcune.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Per i lettori (precedente edizione): ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno letto e tutti coloro che hanno commentato. Sono felice che il primo capitolo vi sia piaciuto e spero che continuerete a leggere e commentare. Cercherò di aggiornare spesso fino a quando sarò in vacanza. Buona lettura!
P.S.: questo è un capitolo “di transizione”, spero di poter aggiornare con il terzo entro domani e sarà sicuramente un capitolo più interessante.
 
 
II
 
Il Dipartimento degli Auror brulicava di attività ad ogni ora del giorno: gli Auror professionisti andavano e venivano continuamente, gli Auror Guida istruivano le nuove reclute dell’Accademia muovendole in piccoli branchi, messaggi svolazzavano senza sosta da una scrivania all’altra.
Sara teneva spesso la porta del suo ufficio aperta, in parte perché detestava il continuo bussare dei colleghi, in parte perché le piaceva osservare quel brulichio incessante. Le ricordava i formicai che c’erano nel giardino della villa dei suoi genitori e che si divertiva ad osservare, quando era bambina, nei lunghi pomeriggi estivi. Ogni volta che aveva bisogno di riflettere si sedeva alla scrivania e lasciava che il movimento del Dipartimento la avvolgesse completamente.
Aveva appena dato al capo la conferma che avrebbe accettato il caso Black. Ora doveva decidere come agire, ma non c’era pista che non avesse vagliato per trovare Black subito dopo la sua evasione, che altro poteva fare?
Mentre rifletteva, vide Kingsley Shakelbolt dirigersi verso l’ufficio del capo. Probabilmente era stato convocato per essere sollevato dall’incarico, infatti poco dopo Sara lo vide tornare verso la sua scrivania, scuotendo la testa con aria estremamente preoccupata.
Sara non era abituata a starsene con le mani in mano, dopotutto qualcosa poteva fare. Si alzò dalla scrivania e andò al cubicolo di Frank Parker.
-          Allora sei tornata… - disse il ragazzo.
-          Sono tornata. Olga e Roger? – chiese la donna.
-          Stanno lavorando all’omicidio Jason.
I Jason erano una famiglia, padre, madre e tre figli, trovati morti nella loro casa. Niente segni di effrazione, poche tracce e un terribile bagno di sangue. Erano stati torturati prima di essere uccisi. Il signor Jason era un dipendente del Ministero, chissà quali informazioni avevano cercato di estorcergli. E soprattutto, chissà se ci erano riusciti?
Probabilmente sì, altrimenti non l’avrebbero ucciso.
-          Bene – disse Sara – Devo andare a parlare con loro, tu aspettami nel mio ufficio. Arrivo tra poco.
-          E’ successo qualcosa? – chiese Parker preoccupato.
-          Non esattamente. Tra poco ti spiego.
Sara si diresse verso il lato opposto del Dipartimento. In una stanza rettangolare con un grande tavolo al centro, Roger Klyne e Olga Vukavich erano intenti a etichettare e catalogare una serie di reperti.
-          Ciao Sara! – salutò Olga.
-          Capo – disse invece Roger con un cenno della testa.
-          Io e Parker dovremo occuparci di un altro caso per un po’, voi continuate come al solito – disse Sara.
-          A cosa lavorate? – chiese Olga.
-          Per il momento è meglio che non lo sappiate. Magari ve lo dirò più avanti – rispose Sara sorridendo con aria di mistero.
-           Hei? Com’è che Frank si becca i casi più intriganti e noi la routine? – interloquì Roger.
-          Sono lamentele quelle che sento? Se farete un buon lavoro su questo caso… di routine, come lo chiami tu, potrei mettere una buona parola per voi per quella promozione di cui parlava il capo – suggerì Sara con aria cospiratoria.
La donna si avviò verso l’uscita e prima di andare disse:
-          Mi raccomando fate i bravi e non fatemi fare brutte figure.
-          Agli ordini capo! – risposero all’unisono Roger e Olga.
Sara si allontanò e tornò verso il suo ufficio, con un mezzo sorriso, ben sapendo che i suoi collaboratori erano Auror molto capaci e perfettamente in grado di cavarsela.
Quando entrò, chiudendosi la porta alle spalle, trovò Frank Parker che la aspettava seduto su una delle due sedie, davanti alla scrivania.
Frank aveva cominciato a lavorare con lei quando era ancora una recluta e Sara era un’Auror Guida. Quando l’avevano promossa e le avevano affidato una squadra, il primo membro che aveva scelto era stato Parker. Olga e Roger erano invece il frutto di un’accurata selezione tra tutte le richieste che aveva ricevuto in seguito.
-          Andiamo subito al punto – esordì Sara sedendosi davanti a Frank – Il capo mi ha proposto di occuparmi di un caso. Potrebbe essere un colossale buco nell’acqua, che ci costringerebbe a dimetterci per non coprire il Dipartimento di vergogna, oppure potrebbe essere il caso dell’anno.
-          E il caso sarebbe? – domandò il ragazzo proteso in avanti verso la scrivania per la curiosità.
-          Il caso Black.
-          Ah – Frank ci pensò un attimo – Il caso Black in che senso?
-          Nel senso che il caso Black non è più affidato a Shakelbolt ed è affidato a me. Devo trovare Black e i dieci Mangiamorte evasi oppure dimostrare che le due evasioni non c’entrano l’una con l’altra e trovare in ogni caso undici criminali che al momento potrebbero essere ovunque nel mondo. Una bella sfida,vero? Non posso occuparmene da sola, ma se non te la senti posso sempre rivolgermi a qualcun altro.
Frank soppesò la proposta per un attimo, grattandosi il mento e fingendosi pensieroso poi dopo qualche secondo accettò:
-          Perché no – disse - Solo… da dove suggerisci di cominciare?
Sara sospirò, appoggiando i gomiti alla scrivania.
-          In archivio ci sono faldoni su faldoni relativi alla famiglia Black e a Sirius Black in particolare. Suggerirei di cominciare da lì. Solo un avvertimento… massima riservatezza! Non ho nessuna voglia di avere giornalisti, sciacalli e Percy Weasley alle calcagna.
-          Ricevuto! Quando cominciamo?
-          Che domande… Immediatamente!
 
*^*^*^*^*
 
Sirius aveva lo stomaco chiuso, gli occhi sbarrati e la bocca asciutta come se avesse mangiato sabbia. Lily e James? Non era possibile, forse aveva esagerato con il Whiskey Ogden Stravecchio  di Mundugus la sera prima. Eppure anche gli altri li vedevano. I ragazzi erano sconvolti. Harry sembrava sul punto di svenire. Molly fissava il pavimento polveroso. L’unico ad aver mantenuto un minimo di presenza di spirito sembrava essere Remus.
Lupin si avvicinò ai due legati e con un lieve tocco di bacchetta fece svanire le corde. Quindi porse il braccio prima a Lily poi a James aiutandoli a rimettersi in piedi.
-          Insomma! Ma che diavolo vi prende?! Che succede? Dove siamo?! Cos’è questo posto? Chi sono queste persone? – domandò d’un fiato James.
La sua fame di informazioni era più che giustificabile. Ma cosa si risponde a un amico morto quindici anni prima che compare nella tua soffitta mentre tu reggi un piumino da polvere?
Silenzio.
-          Ragazzi, è uno scherzo? – domandò più dolcemente Lily – Se è uno scherzo non è poi molto divertente. Ho lasciato Harry da solo sul pavimento del salotto!
Al sentir nominare Harry, Sirius fu colpito dal pensiero che probabilmente il ragazzo non aveva mai sentito le voci dei suoi genitori. Sorprendentemente il primo ad agire fu proprio Harry. Si alzò lentamente dal pavimento, muovendo con cura le gambe malferme. Si avvicinò a sua madre e la guardò intensamente, con la testa leggermente piegata da un lato, mentre lei era ancora rivolta verso Remus. Le sfiorò un braccio con la mano, come se volesse accertarsi della sua consistenza fisica.
A quel contatto Lily si voltò e sobbalzò per la sorpresa:
-          Buon Dio! Sei identico a…
-          Sono Harry – disse il ragazzo in un sussurro appena udibile.
-          Harry? Harry chi? – chiese James voltandosi a sua volta verso il ragazzo.
-          Harry Potter.
James sbiancò e Lily dovette afferrarsi al braccio del marito per non cadere. Un rumore proveniente dal piano di sotto riportò tutti alla realtà, sembrava che Grattastinchi stesse litigando ancora con il Libro Mostro dei Mostri.
Sirius riuscì a riscuotersi dallo stato ti trance in cui era piombato e fece un passo in avanti entrando nel cono di luce di una finestra.
-          James… - esordì non sapendo bene come continuare.
-          Caspita! Sembri invecchiato di quindici anni! – esclamò James voltandosi verso l’amico.
-          In effetti… più o meno...
Quello che seguì fu una lunga conversazione, tanto lunga che ad un certo punto tutti si trovarono seduti in cerchio sul pavimento. Prima dovettero accertarsi che fossero veramente Lily e James e non qualche trucco architettato dai Mangiamorte; tuttavia i due risposero senza esitare a tutte le domande poste da Sirius e Remus.
Harry si teneva a una certa distanza dai suoi genitori ma li guardava come se non avesse mai visto nient’altro nella sua vita. Apparivano come due giovani di circa ventidue anni, l’età che avevano quando Voldemort li aveva attaccati, l’età che avevano quando Harry aveva poco più di un anno.
Sirius e Remus si alternarono nelle spiegazioni, per quanto tutta la situazione fosse surreale e per molti aspetti inspiegabile. Raccontarono che si trovavano quindici anni avanti rispetto a loro, che quello era diventato il quartier generale dell’Ordine della Fenice, che il ragazzo così simile a James era loro figlio.
La prima decisione che presero fu quella di contattare Albus Silente. Sembrava la cosa più saggia da fare. Il Preside arrivò in un lampo e a lui toccò l’ingrato compito di raccontare a James e a Lily la parte più dolorosa della loro storia. Sirius e Remus non se l’erano sentita di raccontare loro la verità su Voldemort, su Peter Minus e su Harry. Non sapevano in effetti se fosse o meno una buona idea.
Mentre Silente colloquiava con i Potter, gli altri si erano riuniti in cucina e discutevano dell’accaduto senza per altro venirne a capo. Solo Harry rimaneva silenzioso, seduto ad un angolo del lungo tavolo di legno.
-          Come stai? – chiese Sirius porgendogli una burrobirra.
-          Bene – rispose il ragazzo con tono piatto prendendo la bottiglia.
-          Sicuro?
-          Sì.
Non era mai stato molto bravo a confortare il prossimo. Non era nemmeno sicuro che fosse necessario confortare Harry, ma di certo doveva essere scioccato. Sirius lo guardò per qualche secondo: il ragazzo non aveva toccato la burrobirra, fissava il muro di fronte a sé con aria inespressiva. Sirius stava cercando qualcosa da dirgli quando Silente rientrò nella stanza. Tutti si voltarono verso di lui. Il Preside guardò Harry e gli disse:
-          Harry, i tuoi genitori ti aspettano.
Harry si alzò come un automa, sempre con quello strano sguardo negli occhi, e uscì dalla stanza. Silente invece si sedette a capo del tavolo e attese che tutti si sistemassero prima di parlare. A Sirius sembrava quasi di essere tornato a Hogwarts ad assistere ai discorsi del Preside in Sala Grande.
-          Per prima cosa, la riunione dell’Ordine di stasera non sarà rinviata. Gli altri membri devono essere messi al corrente dell’accaduto, per quanto sia difficile determinarne la causa. In secondo luogo, come potrete immaginare, la questione è estremamente riservata. Non so dare una spiegazione di quanto successo, non ho memoria di avvenimenti simili e di solito la mia memoria è ottima. La spiegazione più plausibile è un accavallamento spazio temporale. Immaginate il tempo e lo spazio come una grande coperta: è come se un lembo si fosse ripiegato su se stesso formando una piega. Lily e James sono stati spostati dal loro spazio, Godric’s Hollow, e dal loro tempo. Non è escluso che qualcosa o qualcuno dal nostro tempo si sia spostato a quello di Lily e James.
-          Cosa pensa di fare in proposito? – domandò Molly.
-          Gli incantesimi di modificazione spazio temporale sono molto complessi e le informazioni sul loro funzionamento sono difficili da reperire. Non pretendo di essere un esperto in materia, dovrò studiare un sistema opportuno per rimandare Lily e James nel loro tempo.
-          Ma… come? Non… non potrebbero restare? – chiese timidamente Ron.
-          Sarebbe bello, ma non è possibile – rispose Silente con dolcezza – Non è mai una buona cosa cambiare il passato, non sappiamo che ripercussioni potrebbe avere sul presente o sul futuro. E in ogni caso che vita potrebbero avere Lily e James? Non potrebbero certo ricomparire così, dovrebbero vivere nascosti, altrimenti tutti coloro che hanno perso delle persone care vorrebbero cambiare il passato.
Sirius si sentì sopraffatto dal peso di quelle parole. Non poteva tollerare di avere di nuovo il suo migliore amico e poi di doverlo perdere un’altra volta. Non si era ancora abituato all’idea di averlo lì e già doveva pensare a quando non ci sarebbe più stato. Sirius non osava immaginare che cosa provasse Harry in quel momento e che dolore terribile sarebbe stato quando Lily e James se ne sarebbero andati.      
Albus Silente si fermò per la riunione dell’Ordine della Fenice. Quando cominciarono l’Ordine era al completo, tranne che per Kingsley. Aveva avvertito che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo. L’argomento principale naturalmente furono James e Lily Potter. Erano tutti sconvolti e eccitati da questa novità ma Silente non volle che li incontrassero subito, non voleva che fossero assaliti da troppe domande.
Kingsley Shakelbolt era arrivato quando la riunione era cominciata da poco. Prima di concludere la seduta Silente chiese se ci fossero comunicazioni e Kingsley prese la parola:
-          Oggi mi hanno sollevato dalle ricerche di Sirius – disse con gravità centrando subito il punto della situazione.
La dichiarazione sollevò un coro di proteste scandalizzate.
-          Ma perché? – domandò Tonks – Hanno scoperto qualcosa di nuovo? Non avranno davvero capito dov’è Sirius. Vero? – aggiunse preoccupata.
-          Non lo so – replicò Kingsley – Non mi hanno dato molte spiegazioni. Mi hanno detto solamente che il mio lavoro non è stato abbastanza soddisfacente e che il caso è stato affidato a Sara White.
Sirius, che fino a quel momento aveva seguito la conversazione come se la cosa non lo riguardasse affatto, all’udire quel nome si ridestò. Sara White? White? Sara? Aveva capito bene? Chiese a Kingsley di ripetere il nome. Sì, aveva capito bene.
Sirius tremava impercettibilmente. Sara era un’Auror e lui non lo sapeva. Si voltò verso Lupin per vedere se anche lui fosse altrettanto sconvolto alla notizia, ma quello che incrociò non era uno sguardo di stupore bensì uno sguardo colpevole. Allora lui sapeva! E non gli aveva mai detto nulla!
-          Io ho lavorato con la White – intervenne nuovamente Tonks – E’ una dei migliori Auror che ci siano al Dipartimento.
-          In effetti la scelta è piuttosto logica – continuò Kingsley.
-          Perché? – domandò Sirius avido di informazioni. Possibile che a Remus non fosse venuto in mente di dirglielo? Possibile che nessuno l’avesse nominata prima?
-          Beh era stata lei ad essere incaricata di indagare sulla tua evasione, lei e la sua squadra. Hanno setacciato Azkaban e dintorni per giorni interi per cercare qualche traccia.
-          E poi che è successo? – chiese Lupin.
-          Poi è successo che le tracce erano poche, le idee ancora meno. Oltre a setacciare il paese con i Dissennatori c’era ben poco da fare e il caso è stato affidato a me.
-          Girava voce che sia stata proprio la White a chiedere di essere sollevata dall’incarico – disse Ninfadora – E questo è molto strano.
-          Non ne sono del tutto certo ma da come mi ha parlato il capo del Dipartimento credo che la richiesta di sospendermi dall’incarico sia partita dal Ministro – spiegò ancora Kingsley.
-          Non ci ha fatto un bell’affare allora – intervenne Arthur Weasley – Sara White è una piantagrane e fa quello che le pare senza curarsi della politica.
L’atmosfera era quanto di più strano Sirius avesse sperimentato in quella casa. Si sentiva come catapultato nel passato. Prima James e Lily e ora Sara. E non era del tutto certo che la cosa gli piacesse. Guardò nuovamente Remus e gli fece un cenno per indicargli di seguirlo in un’altra stanza.
Sirius salì le scale fino ad arrivare alla vecchia stanza di sua madre. Fierobecco era languidamente accoccolato sul letto, Sirius fece un profondo inchino, prese dall’armadio un enorme sacco di topi morti e chiuse la porta alle spalle di Remus, che fece un inchino a sua volta. Lupin si sedette su una sedia in un angolo, Sirius invece prese a misurare la stanza a grandi passi, gettando di tanto in tanto un topo a Fierobecco.
-          Tu lo sapevi? – chiese Sirius a bruciapelo – Sapevi che Sara era un’Auror e che aveva indagato sulla mia evasione?
Remus sospirò e rispose fissando le assi del pavimento:
-          Sapevo che era diventata un’Auror, sapevo da qualche notizia sporadica dei giornali che aveva fatto una buona carriera. Ma non avevo idea che si fosse occupata della tua evasione.
-          Perché non me l’hai mai detto? – domandò Sirius con rabbia – Non pensavi che avessi il diritto di saperlo!
-          Sirius… - cominciò Lupin alzandosi dalla sedia e facendo un passo verso l’amico - Tu non hai mai parlato di lei, non l’hai mai nominata, non hai fatto domande, pensavo che preferissi non parlarne.
Sirius sapeva che Remus aveva ragione, non gli aveva mai chiesto nulla. Era vero che preferiva non parlarne anche se aveva pensato a Sara ogni giorno negli ultimi quindici anni. Sentir pronunciare il suo nome aveva riaperto ferite che pensava di essere riuscito a chiudere. Credeva di aver archiviato Sara come ricordo, un ricordo meraviglioso distrutto in pochi istanti, ma pur sempre un ricordo. E invece non era così, gli sembrava di essere tornato ai primi tempi di prigionia ad Azkaban. Il pensiero della sua innocenza e il fortissimo desiderio di spiegare la verità a Sara lo avevano tenuto sano di mente. Sapeva di aver commesso un grosso errore con lei. E ora Sara si occupava del suo caso.
-          L’hai mai cercata? – chiese Remus con voce pacata.
-          Non ho mai avuto il coraggio, ero un evaso! Lo sono ancora… Non sapevo come avvicinarla e poi come avrebbe potuto credermi…
-          Non dimenticarti che è Sara, non una persona qualunque.
-          Non l’ho affatto dimenticato.
 
   
 
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