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Autore: Evie08    02/08/2008    2 recensioni
Prendete un ragazzo ed una ragazza e fateli incontrare per la prima volta in assoluto nella peggiore delle situazioni possibili.
Fateli innamorare follemente l'uno dell'altra e molto perfidamente mettete tra di loro un destino avverso che pretenderà la loro separazione ad ogni costo...Anche se questo potrebbe portarli alla morte...O almeno così sembra...
In salsa un pò malinconica ma molto romantica, prende vita la mia primissimissima fanfiction su questo splendido libro che spero vi piacerà.
Se questa prefazione vi ha incuriositi almeno un pò leggete e se vi va fatemi sapere cosa ve ne pare della mia trovata!
Dopo pochi attimi Marco si staccò dal mio abbraccio e si diresse verso Edward.
“Benvenuto in famiglia cognato”
“Grazie mille”
“Sapete una cosa?”dissi abbracciandomi ad Edward
“Cosa?”
“Tutto sommato ora non mi dispiace più essere un vampiro”
“E perché mai?” mi chiese Edward interrogativo.
“Bè adesso ho tutta l’eternità per amarti”

CONTINUA...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Voice Of Heart'
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2. Chicago 1918






Era una splendida giornata di sole.
L’estate volgeva al termine come ormai anche la Grande Guerra che dal 1914 aveva sconvolto il mondo intero.
La tensione era percettibile persino lontano dai campi di battaglia dove era da poco giunta la notizia dell’abbassamento della soglia di età richiesta per la chiamata alle armi a 18 anni.
La grande nave mercantile attraccò al porto di Chicago,Illinois.
In tempo di guerra si rendeva difficoltoso il commercio di generi di prima necessità ma soprattutto il trasporto di civili da un continente all’altro.
I pochi che erano riusciti a comprare un viaggio per sé e per le proprie famiglie iniziarono a scendere dalla nave.
“Tesoro aspetta. Ti do una mano” disse una donna porgendo un ombrellino da passeggio alla figlia che l’aveva preceduta sulla passerella.
La ragazza si voltò, prese l’ombrellino color crema con inserti in pizzo italiano e continuò a scendere.
“Tranquilla mamma. Ce la faccio. Non sono ancora arrivata al punto di non riuscire a camminare da sola.
Piuttosto dà un’occhiata a Katie… Credo stia litigando ancora con il fiocco del cappello!” disse la giovane ragazza accennando una risata che venne presto soffocata da un colpo di tosse che le fece perdere l’equilibrio.
Prontamente suo padre le si avvicinò e la sorresse cingendole i fianchi.
“Josephine cara, stai bene?” le chiese con preoccupazione
“Si. Stai tranquillo. E’ un malessere passeggero! Lo ha detto anche il dottor Rivelli. Con il tempo passerà” lo rassicurò Josephine, nonostante fosse lei stessa poco convinta di quello che aveva appena detto.
A quelle parole, che però sembravano convincenti alle orecchie di chi le ascoltava, gli occhi dell’uomo si riempirono di lacrime.
Lacrime che cercò di nascondere mentre prendeva sua figlia sottobraccio per scortarla all’auto parcheggiata sul molo.
Durante quel breve viaggio, la mente di Josephine fu affollata da pensieri di diversa natura, tra i quali prevalsero quelli riguardanti le sue appena trascorse vacanze italiane.
Ricordi certamente non gradevoli come aveva sperato e come si era aspettata da quel viaggio.
Poche parole che aveva origliato in un momento di dormiveglia riecheggiavano insistenti nella sua memoria.
“Mi dispiace ma vostra figlia è grave. E’ molto debole per via dell’infezione ai polmoni… Con il tempo potrebbe dare cenni di miglioramento ma purtroppo penso non ci sia più nulla da fare.
Le resta al massimo un anno…Cercate di godervi Josephine appieno in questo periodo.”
All’inizio quelle parole le fecero molto male ed il solo pensarle la faceva sussultare allora come un mese prima, quando le aveva inavvertitamente ascoltate per la prima volta.
I suoi genitori non si davano per vinti.
In fretta avevano organizzato il viaggio di ritorno per gli Stati Uniti, e non appena Josephine si riprese partirono.
Avevano la seria intenzione di farla visitare da un medico che era stato loro consigliato dal dottor Rivelli e che operava proprio lì, a Chicago.
Dopo pochi minuti di viaggio , arrivarono presso un’abitazione in stile ottocentesco, con ampie vetrate ed ornata da una splendida edera fiorita tutt’intorno.
Josephine respirava a fatica.
I polmoni le bruciavano come se qualcuno le avesse appiccato un incendio nel mezzo del petto.
Sua madre la aiutò a scendere dall’auto e ad entrare in casa dove li attendevano i domestici, pronti ad esaudire ogni loro desiderio ed ogni singolo capriccio della viziatissima Catherine.
“Vado in camera mia a riposare” annunciò Josephine salendo la grande scalinata in marmo, lo sguardo ansioso dei suoi genitori l’accompagnava.
Dopo aver scoperto la sua malattia, Josephine stava imparando ad apprezzare il gusto della solitudine, dello stare da sola a pensare, ad ascoltare il fragile suono del silenzio che in certi momenti di sconforto diventava un boato assordante, ma che in altri era di compagnia.
L’unico che non le avrebbe mai fatto domande.
Si sfilò i guanti di seta, poggiò il cappellino sul letto e si sedette vicino alla finestra che dava sulla strada, portando saltuariamente alla bocca piccoli acini d’uva fresca.
Rimase lì per tutto il pomeriggio.
Alla sera, Lia Heart, bussò alla porta.
“Posso entrare?” chiese poggiando delicatamente le nocche sulla porta di acero.
“Entra pure”
“Credevo stessi dormendo. Come ti senti?”
“Bene.” Gli splendidi occhi acquamarina della ragazza brillavano nel buio.
“Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare?”
“No grazie. Sto bene così”
“Almeno fa che ti accenda la luce” disse infine Lia
“Tranquilla. Non ho paura del buio.
Non più.”



Fine del secondo capitolo!
Volevo ringraziare tutte coloro che hanno commentato il primo capitolo incoraggiandomi ad andare avanti!
Spero che continuerete a seguire questa storia con passione!
Bacioni a tutte…
Evie
   
 
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