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Autore: SylPms    26/05/2014    1 recensioni
Damon Salvatore è un attore conosciuto per il ruolo di Ian nella nota serie televisiva "Vampire's Life". Elena è una normale studentessa universitaria alle prese con la laurea imminente. L'intero cast di Vampire's Life si troverà alla Whitmore per delle riprese e Damon, spinto dal bisogno di un po' di "vita vera", deciderà di fermarsi e vivere come un ragazzo normale. Elena sarà l'unica a non considerarlo come un divo famoso e anzi, a trattarlo fin troppo normalmente, e per questo Damon si sente attirato da lei e fa di tutto per diventarle amico, almeno era questo il suo intento...
Dalla storia
“Ci incontriamo di nuovo” mi disse sollevando appena un lato della bocca. Il fatto che si ricordasse di me non mi sorprendeva, se era una tattica per impressionarmi.
“Il mondo è piccolo e sono una persona generalmente sfortunata” scrollai le spalle guardandolo. Sbuffò una risata e si scompigliò i capelli con una mano. Fu un gesto talmente preciso e impeccabile che mi fece chiedere se stesse recitando o se fosse sua consuetudine agire così.
“Sei sempre così amichevole, Elena?”
“Uhm, a pensarci bene.. sì” sorrisi inclinando la testa.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Klaus, Kol Mikaelson, Mikael | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autrice: ormai le metterò all'inizio, anche per avvertirvi di eventuali scene "pericolose" xD Ho deciso di aggiornare oggi stesso perché per me il prologo dice troppo poco e volevo subito introdurvi nel pieno della storia, anche solo per delineare i personaggi. Spero di catturare la vostra attenzione!      



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“One year, five days
and we’re starting new.
Try to make a change,
it’s one more thing to do”

 
Avevo la testa china sulla scrivania di legno della stanza. Dalla finestra entrava una leggera brezza fresca e la fissavo inebetita, lasciando che si scagliasse delicatamente sulle mie ciglia. Non mi sarei sorpresa di trovarmi a sbavare sul libro, una volta ripresa conoscenza, ma in quel momento era come se fossi paralizzata.
Un misto di beatitudine e disperazione si faceva spazio dentro di me e presto il mio cervello avrebbe deciso quale delle due far prevalere e avevo una mezza idea.
Al solo pensiero di dover rimandare tutto, mi salivano le lacrime agli occhi. Non si trattava di voler strafare o sentirmi superiore agli altri, era una questione di principio. Avevo dato tutta me stessa in quel corso di studi e finire prima, anche soli sei mesi prima, avrebbe significato molto. Una borsa di studio assicurata, una lettera di referenze per il dottorato e la consapevolezza di essere stata almeno per un secondo all’altezza di mio padre, Grayson.
Ero consapevole che tutti pensassero che avevo scelto l’ambito medico solo perché era morto, per rispettare il suo volere, ma ciò che non sapevano era che il suo più grande volere era che io portassi avanti il mio, ed era quello che stavo facendo.
Avevo rinunciato a molte cose, ma non me ne pentivo. Avevo voltato le spalle alla vita universitaria lì al campus, feste sporadiche, socializzazione ai minimi termini e vita amorosa sotto terra. Sapevo che ne valeva la pena. E poi, se le cose davvero sarebbero andate come in Grey’s Anatomy, la via amorosa sarebbe stato l’ultimo dei miei problemi.
Mi alzai, tirando leggermente su con il naso e frizionai gli occhi, come per far rientrare le lacrime che erano sull’orlo di traboccare.
Feci scorrere velocemente le pagine del libro per arrivare al capitolo ventitré e un foglietto piegato malamente ne uscì fuori.
“Vampire’s life al Whitmore College”
Ecco dov’era il promemoria di Caroline. Alla fine non l’aveva presa troppo male, ma in compenso mi aveva tempestata di domande alle quali non sapevo come rispondere, più che altro perché non avevo idea di come soddisfare le sue aspettative.
Non sapevo cosa ci trovasse in quel tipo. Non potevo certo dire che fosse ripugnante, ma a me sembrava il solito divo viziato e troppo pieno di sé. Magari il suo personaggio nella serie era più decente, sebbene trovassi che le serie sui vampiri rappresentassero il degrado massimo della società. Se fosse stato il caro e vecchio Dracula, con i suoi principi, il fare da gentiluomo e la cupa aria della Transilvania, forse avrei apprezzato, ma qui si parlava di tutt’altro. Una storia d’amore alla Twilight, dove un vampiro incredibilmente bello – opinione di massa – cercava di moderare la sua natura per l’amore di una donna mortale. Sbuffai una risata. Se avessi avuto la possibilità di essere un vampiro in quel momento, avrei sbranato tutti sperando di ricevere la laurea per forfè.
“Tutte le fan di Ian possono recarsi al punto di ritrovo fuori dall’aula magna per vedere il loro idolo”
La cosa buffa delle ragazze del college è che si mostravano totalmente disinteressate alla cosa, perché si sentivano ormai delle donne vissute, ma allo stesso tempo starnazzavano come oche come fossero in pieno impeto sessuale adolescenziale. Ian, da quel che avevo scoperto, era il personaggio impersonato da Damon e il motivo principale di tutto il trambusto che si aggirava intorno alle riprese. Erano continuate anche nei due giorni successivi ed era per questo che avevo preferito rimanere alla larga dalla biblioteca.
Guardai l’orologio e decisi di accartocciare e buttare quel volantino che mi aveva già fatto perdere troppo tempo. La quiete non durò comunque molto perché la porta si spalancò e ne entrò Caroline, che subito impestò la stanza con il suo forte profumo alla ciliegia.
“Elena, non puoi neanche immaginare cosa sia successo!” disse elettrizzata, arrivando al mio letto con tanto di saltelli gioiosi.
“Stavi camminando casualmente nel corridoio e ti sei imbattuta in Damon, ti ha sorriso, fatto qualche sorta di banale complimento e autografato una tetta” dissi molto svogliatamente, sperando che anche lei potesse essere così sintetica.
“Come hai fatto ad indovinare?” disse sorpresa ma con una punta di acidità per via del mio tono seccato. “E comunque mi ha firmato il quaderno di microbiologia” puntualizzò, sventolandomelo davanti al naso.
“Ha degli occhi fantastici” si gettò all’indietro con fare sognate e presi a sottolineare sperando che non lo notasse, o sarebbe andata su tutte le furie. “E un corpo mozzafiato.. riuscivo a contare tutti i suoi muscoli addominali da sopra la maglietta che aveva”
“Sì, non è male” le dissi, giusto per darle considerazione.
“Non è male?” mi fece sembrare una pazza “E’ l’uomo più bello e affascinante che io abbia mai visto!”
“Lo dici solo perché è famoso” scrollai le spalle “Se fosse un ragazzo come tanti e lo incontrassi per strada, forse nemmeno faresti caso a lui” sospirai pesantemente, mentre sottolineavo per l’ennesima volta la parola colecistectomia d’urgenza.
“Potresti abbandonare la tua facciata da ragazza frigida e ammettere che è sexy! Non ti chiedo molto”
“Non vedo cosa ti cambierebbe” mi voltai verso di lei e la trovai a braccia conserte sul letto “E’ carino, niente di che” mordicchiai la matita tra i denti e la vidi arrendersi, sospirando rassegnata.
“So che pensi che io sia una stupida, Elena, ma avere dei sogni per me è fondamentale! Ho bisogno di pensare che ci sia l’uomo perfetto e che trovarlo mi renderebbe felice” mi guardò con un’aria talmente languida che non potei fare a meno di sentirmi in colpa “Non siamo tutti come te” e a quel punto mi domandai dove volesse andare a parare.
“Tu sai già come sarà la tua vita, cosa farai.. sei sicura di te e punti dritta al tuo obiettivo! Vorrei avere questa tua dote qualche volta e non aver bisogno di nessuno” mi guardò e giurai che fosse dispiaciuta per me, sotto sotto. Comunque non era vero, ma effettivamente era quello che avevo lasciato credere al mondo da sempre. Non avevo mai chiesto l’aiuto di nessuno, per niente e ciò dava esattamente l’idea che fossi una persona risoluta e autosufficiente. Tuttavia delle volte sentivo una specie di vuoto nel petto che si appesantiva in quei momenti in cui credevo di perdere il controllo e sebbene superassi sempre tutto, bene o male, sentivo che ogni volta la cicatrice si chiudeva sempre peggio lasciando delle ferite aperte.
“Sono solo presa dallo studio, Caroline” abbozzai un sorriso, poggiando definitivamente la matita sul tavolo.
“Mi manca la mia Elena” inclinò la testa e mi guardò con malinconia. Sapevo bene a cosa si riferisse. Sebbene avessi sempre avuto dei buoni risultati anche al liceo, era diverso. Eravamo entrambe nelle Cheerleaders e non passava una sera senza aver parlato almeno un’ora al telefono. Ci confidavamo tutto e c’eravamo sempre l’una per l’altra. Le volevo sempre bene, ma dovevo ammettere che avevo iniziato un po’ a trascurarla, ma d’altronde tutto era cambiato con la morte dei genitori. La divisa da Cheerleaders era sepolta sotto una coltre di vestiti nell’armadio e con essa anche la mia vitalità e gioia di vivere.
Non potevo però pensare di far sentire Caroline messa in secondo piano perché, insieme a Bonnie e mio fratello Jeremy, era la persona a cui tenevo di più al mondo e che più mi conosceva.
“Questo sabato sarò tutta tua, promesso” le mostrai le dita incrociate in segno di promessa e fui sollevata di vedere un sorriso sciogliersi sulle sue labbra.
“Promesso sul serio? Ci metteremo in ghingheri, berremo prima di andare fuori a bere e faremo conquiste come ai vecchi tempi?” mi guardò inquisitoria per cercare di capire se dicessi sul serio.
Risi e annuii con forza “Come ai vecchi tempi”
La vidi alzarsi di scatto e slanciarsi verso di me per stringermi fino a farmi mancare l’aria. Sorrisi e ricambiai dolcemente l’abbraccio, sentendomi spensierata come non accadeva da tempo.
“Bleh.. colecistectomie..” disse con tono disgustato buttando un’occhiata al mio libro.
“Mi toccano se voglio laurearmi in tempo” storsi la bocca.
“Non importa se farai un giorno di ritardo, sei sempre la migliore” mi fece l’occhiolino e lasciò la stanza, accogliendo la mia richiesta di calma e tranquillità barattata con uscita probabilmente distruttiva per quel week-end.
 
Mi pentii amaramente di aver acconsentito a quel sabato fuori, quando Caroline si presentò alla mia porta con tanto di bigodini in testa e almeno dieci vestiti tra cui scegliere.
“Care, ma sono ancora le quattro..” le feci notare, chiudendo svogliatamente il libro.
“Elena!” mi rimproverò, sgranando gli occhi all’inverosimile “Devo forse ricordarti quanto tempo passavamo a decidere cosa mettere? Come ai vecchi tempi” sottolineò quelle ultime parole, per portarmi alla mente la promessa che le avevo fatto. E in effetti era vero, ma avevamo anche diciassette anni. A quel tempo il mio obiettivo principale era fare colpo su Matt Donovan di modo da essere il perfetto connubio quarterback – cheerleader . Alla fine ci ero anche riuscita ed era forse lì che avevo capito di aver bisogno di qualcosa di più perché l’averlo accanto a me, mi aveva lasciato un amaro in bocca invece del dolce sapore della soddisfazione.
La fissai per qualche altro secondo e mandai al diavolo tutto, togliendo il libro dalla mia vista e spalancando le due ante del mio armadio. Il reparto “vestiti sexy”, sebbene non fosse già molto ampio, era rimasto intonso da quando avevo iniziato l’università e forse era ora di dargli una spolverata.
Quando mi voltai stava armeggiando con il cassetto della mia biancheria intima e mi chiedevo se bisognasse passare in rassegna anche quella.
“Ahà! Eccole, ricordavo avessi un paio di mutandine decenti” estrasse fuori una brasiliana in pizzo color carta da zucchero che mi avevano regalato al mio ventesimo compleanno e la guardai di sbieco.
“Cos’hanno che non va le mie normali mutandine?”
“Elena, devi essere pronta ad ogni eventualità” mi guardò con sguardo serio e sperai davvero che stesse scherzando. Non ero quel tipo di ragazza e nemmeno lei, ma aveva una grande passione per i flirt occasionali che magari sfociavano in qualcosa di più.
Gliela tolsi dalle mani e senza farmi aspettare mi propose il reggiseno coordinato, sempre opera sua. Inutile dire che il resto del pomeriggio fu uno sproloquio infinito sul mio cattivo gusto e la mia femminilità perduta. Sentivo ancora le sopracciglia bruciare per quanto me le tirò, eppure non mi sembrava di averle così fuori posto. Avevo il terrore di guardarmi allo specchio e ritrovarmi senza sopracciglia, ma fortunatamente si era moderata. Dopo una maschera per la pulizia del viso, una rigenerante per i capelli e una seduta intensiva di smalto a mani e piedi, mi sentivo più sfinita di quando passavo le notti in bianco a studiare. Caroline invece sprizzava vitalità da tutti i pori e non faceva altro che dimenarsi per la mia stanza alla ricerca del vestito perfetto. Quello che individuò come tale, era un vestito di cui avevo totalmente scordato l’esistenza e che non pensavo avessi portato con me. Sebbene fosse lungo fino ai piedi, era uno dei vestiti più “sexy” che avessi e a quanto pare Caroline era della stessa idea.
“Partendo dal presupposto che avresti un disperato bisogno di shopping, questo, con i giusti accessori, è perfetto!”.
Era un vestito tutto d’un pezzo con la parte superiore grigia senza maniche aderente a fasciare perfettamente il seno e la gonna lunga e liscia che partiva da appena sotto le costole. Ogni volta che lo mettevo mi sentivo venti centimetri più alta, ma questo accadeva quando i miei livelli di autostima si trovavano in condizioni accettabili. Era così tanto tempo che non uscivo che quasi mi prendeva l’ansia.
Quando fu il momento di uscire, non potei fare a meno di sentirmi inadeguata in confronto a Caroline. Portava un vestito al ginocchio color salmone con due fasce incrociate sul petto con delle adorabili decorazioni di perline bianche. Aveva legato i capelli pieni di boccoli in una coda alta e aveva un trucco così discreto ma azzeccato da farla rispendere in ogni punto del viso. Nonostante avesse passato tutto il restante tempo a truccarmi e sistemarmi i capelli in una treccia morbida, mi sentivo ancora inadeguata. Inoltre non capivo perché avesse insistito perché portassi con me una misera clutch dove a malapena ero riuscita a far entrare il telefono. Continuai a dirle che forse era il caso di cambiarmi, dal momento che doveva essere una festa animata non volevo rischiare di inciampare ogni due secondi.
“Tranquilla Elena, non siamo più al liceo, è una festa di universitari maturi e posati” e mentre lo diceva riuscivo solo a cogliere ironia, che comunque non veniva per niente fuori dal suo tono convinto. “L’ha organizzata Rebekah Mikaelson, a bordo piscina nella sua villa, cosa vuoi che succeda?”
Era quella la domanda che continuava a rimbombarmi in testa per tutto il viaggio e che si fece ancora più persistente quando arrivammo alla villa in questione. Già da fuori il piccolo cancelletto di sbarre nere, si riuscivano a sentire le urla e gli schiamazzi nonché il prevalente odore di vodka che ormai aveva impregnato anche l’atmosfera. Caroline mi guardò con aria colpevole ma comunque non sarei potuta fuggire. La mandria di universitari maturi e posati era in realtà un’ammucchiata di studenti seminudi che a turno si lanciavano nella piscina, facendo arrivare gli schizzi anche in posti improponibili.
“Sapevo che sarei dovuta andare a cambiarmi” mi misi una mano sulla fronte ma quello che trovai in Caroline non fu confortò, ma un’espressione elettrizzata e le gote sorprendentemente rosee.
“Oh mio dio, Elena” disse, quasi fosse estasiata.
“Che succede?” mi guardai intorno, aspettandomi qualche ubriacone pronto a rovesciarmi un cocktail addosso.
“Damon Salvatore è qui” squittì in preda all’eccitazione e cercai di seguire il suo sguardo per avere la sua stessa visuale.
Il divo in questione se ne stava in piedi a bordo piscina con un bicchiere di margaritas in mano. Dovevo ammettere che senza quei chili di fondotinta e gli occhi rossi insanguinati, faceva tutto un altro effetto. A guardarlo da qui sembrava un ragazzo come tanti. Mi corressi mentalmente pensando che era effettivamente un ragazzo come tanti e che la sua professione di certo non era più speciale di un’altra. Mi chiedevo davvero perché si reagisse in un certo modo davanti a persone dello spettacolo. Eppure non mi sarebbe mai saltato in mente, in quel momento, di correre in preda all’eccitazione e supplicarlo per un autografo. Insomma, se le ragazze che gli correvano dietro erano davvero attratte da lui, avrebbero potuto benissimo provarci e flirtare come avrebbero fatto normalmente. La sua sobrietà mi aveva colpita però. Indossava solo una semplice maglietta di cotone nera, abbastanza aderente, e dei jeans chiari. Si era liberato delle scarpe come il resto degli invitati e improvvisamente mi sentivo un’idiota ad avere ancora addosso i miei tacco dodici.
Quando sentii Caroline tirarmi prepotentemente per un braccio ritornai alla realtà e la vidi supplicarmi di avvicinarci.
“Caroline” cercai di calmarla “Sta calma, insomma, è un ragazzo come tutti gli altri! Caroline Forbes non si fa sottomettere a tal punto da un uomo” cercai di richiamare i suoi valori femministi.
Annuì cercando di convincersi “Hai ragione Elena! Adesso andremo lì e ci comporteremo normalmente e ci troverà fantastiche”
“Ecco proprio cos-eh??” la mia attenzione si spostò su quel noi che a quanto pare non avevo previsto “E io che c’entro?”
“Supporto morale no?” mi mostrò il suo sorriso smagliante e senza nemmeno avere il tempo di controbattere, mi sentii trascinare lungo il bordo piscina a pochi passi da lui.
Non so se lo fece apposta o cosa, ma per la foga si sbilanciò troppo e mi spinse in avanti. Finii con la faccia esattamente contro il suo petto, ma qualcosa mi impedì di andarvi a sbattere in pieno. Mi teneva saldamente per le braccia con entrambe le mani ed esitò prima di riportarmi ad una posizione stabile. Gliene fui grata perché se mi avesse sollevata di scatto sarei morta d’infarto.
Quando ripresi lucidità notai un sorriso fastidiosamente arrogante nella mia direzione.
“Ci incontriamo di nuovo” mi disse sollevando appena un lato della bocca. Il fatto che si ricordasse di me non mi sorprendeva, se era una tattica per impressionarmi.
“Il mondo è piccolo e sono una persona generalmente sfortunata” scrollai le spalle guardandolo. Sbuffò una risata e si scompigliò i capelli con una mano. Fu un gesto talmente preciso e impeccabile che mi fece chiedere se stesse recitando o se fosse sua consuetudine agire così.
“Sei sempre così amichevole, Elena?”
“Uhm, a pensarci bene.. sì” sorrisi inclinando la testa. Quando mi voltai trovai Caroline pietrificata al mio fianco e decisi di fare qualcosa, dal momento che era stata lei a volersi avvicinare.
“Lei è la mia amica Caroline” la indicai e spostò momentaneamente lo sguardo su di lei.
“Siamo già così intimi da introdurmi nella tua cerchia?” mi guardò nuovamente e poi prese la mano di Caroline, baciandone il dorso “Molto piacere” ammiccò nella sua direzione e fui disgustata dalla teatralità del suo gesto.
“Non ho nessuna cerchia e poi la definirei più che altro educazione” iniziava a snervarmi e a farmi pentire di aver tradito la mia consueta lettura notturna per tutto quello.
“Sei troppo tesa, Elena” sorseggiò il suo cocktail “Forse dovresti bere qualcosa, posso offrire?”
“Gli alcolici non sono gratis?” alzai un sopracciglio e lo sorpassai avallando in pieno la sua richiesta. Solo la tequila avrebbe potuto aiutarmi a superare quella serata senza un crollo nervoso.
“Allora, Caroline, tu studi alla Whitmore?” lo sentii dire e non ebbi bisogno di girarmi per capire che Caroline era diventata paonazza in volto.
“S-si, studio biochimica” balbettò spasmodicamente e quasi non la riconobbi “E tu che ci fai qui? Le riprese non sono finite?”
“A dire il vero dobbiamo mettere ancora a punto alcune cose e poi penso che mi fermerò per un po’. Per il momento sono a posto con il lavoro e quando avranno bisogno di me mi chiameranno”
Raggelai e mi fermai sul posto. Non che mi importasse quello che faceva, ma il fatto che rimanesse al campus significava impossibilità di uscire civilmente senza trovarmi sommersa da donne sovraeccitate e caos continuo. Dovevano aver organizzato un complotto contro di me, decisamente.
“Ma è fantastico! Vero Elena?” sentii Caroline cercare il mio supporto ma feci finta di non averla sentita per buttarmi direttamente sul tavolo degli alcolici.
“Sì, avremo altre occasioni per rivederci” disse sornione Damon e mi chiesi che diavolo voleva da me.
“Vuoi riprendere l’università?” gli chiese Caroline, che già stava progettando una vita rosea con lui.
“Non lo so” la buttò sul vago “Mi manca la vita vera, ho bisogno di una pausa” e forse per un momento ritrovai sincerità nel suo tono. Ciò non toglieva che rimaneva incomprensibile per me la sua scelta di avere di nuovo un approccio con la vita vera proprio al campus della Whitmore.
“Scusa, ma quanti anni hai?” intervenni voltandomi “Non andrebbe contro le regole del campus accettare un ultra.. quanto? Trentenne?”
Abbozzò un sorriso divertito e mi guardò fisso, un po’ mi sentii a disagio, forse perché mi ero resa solo in quel momento che si ritrovava in mezzo al volto due occhi penetranti e glaciali.
“Così mi offendi, Elena, non sono poi così vecchio”
“Ci sono delle matricole precoci, potresti essere accusato di pedofilia” scolai un altro shot e gli voltai le spalle, intenzionata a liberarmi di lui per il resto della serata.
Alla fine ero contenta per Caroline, sembrava davvero invaghita da quel Damon e vederla su di giri non poteva che farmi piacere. Qualcosa mi diceva, però, che sarei stata coinvolta anche io e non me lo potevo decisamente permettere.  Mi allontanai abbastanza da non vederli più, così Caroline avrebbe avuto la possibilità di mettere in luce tutte le sue doti e magari concludere la serata in bellezza.
Nella strada per il retro del giardino, dove la musica arrivava appena e non c’era traccia che di poche persone, afferrai un altro paio di cocktail per tenermi su e solo in quel momento il mio stomaco mi ricordò di essere completamente vuoto. Scorsi l’entrata della villa di Rebekah completamente aperta, incoscientemente, e decisi che un tour della cucina non avrebbe infranto alcuna regola. Inutile dire che l’intera casa sembrava un palazzo dell’ottocento con tanto di dettagli in oro sulle porte e sull’immensa scalinata d’ingresso. Pensai che se avessi avuto una casa del genere, di certo avrei messo la cucina al piano inferiore e per mia fortuna fu così. Conoscendo le abitudini di Rebekah, non mi sarei sorpresa di trovare solo verdurine e frullati proteici, per questo contavo sui gusti migliori dei suoi familiari. Aprii la porta immensa del frigorifero e mi accorsi che era abbastanza profondo da poterci entrare. Mi chinai e mi sporsi per cercare qualcosa di sostanzioso da mettere sotto i denti quando notai un pezzo di torta alle mandorle in fondo al secondo ripiano. I miei occhi quasi si illuminarono davanti a quella delizia e sussultai quando una voce sconosciuta si materializzò alle mie spalle.
“Non è buona educazione intrufolarsi furtivamente nelle cucine altrui” disse e mi maledii mentalmente per non aver dato retta al mio buon senso ed essere rimasta fuori. Lentamente tirai fuori la testa dal frigo e chiusi lentamente la porta, prima di voltarmi.
Un ragazzo mai visto prima era in piedi davanti a me, appoggiato al bancone della cucina con le braccia conserte. Sembrava uno di quei ragazzi degli anni venti, i capelli castani aggiustati con un’elegante riga di lato, i tratti tipicamente inglesi e una marcata fossetta in mezzo al mento.
“Non-non era mia intenzione ma.. stavo morendo di fame” spostai il peso su una gamba e confessai. Lo vidi ridere e scuotere la testa.
“Si, queste feste sono cariche di alcolici ma nessuno pensa a qualcosa per attutirli”
Sorrisi di rimando notando che risultava abbastanza piacevole parlargli e mi rilassai. Aveva uno di quei sorrisi sinceri e perfetti, ma forse erano le fossette sulle sue guance a condizionarmi, dal momento che ne andavo pazza.
“Sono Kol, comunque” mi tese una mano e gliela strinsi.
“Elena” sorrisi.
Notai la sua espressione cambiare ed aprirsi nello stupore quando gli rivelai il mio nome. “Elena? Elena Gilbert? Rebekah ha parlato di te un po’ di volte” confessò.
Effettivamente io e Rebekah avevamo un paio di corsi insieme ma non eravamo così intime da considerarci più di tanto. Mi chiedevo davvero cosa gli avesse detto.
“Sì, dice che sei una cervellona.. eppure ti immaginavo diversa” mi squadrò da capo a piedi e mi sentii leggermente in imbarazzo, visto il suo sguardo che nascondeva della malizia.
“Conosci Rebekah?”
“Puoi dirlo forte! E’ la mia sorellina”
Sua sorella? Era lui il “famoso” fratello di Rebekah? Si raccontavano cose leggendarie sul suo conto. Si diceva fosse letteralmente un genio in qualsiasi cosa facesse ma ciononostante aveva deciso di diventare un motociclista professionista e girare il mondo. Avevo decisamente sentito parlare di lui e sebbene non condividessi la sua scelta, mi era sempre apparsa come una persona affascinante. Poi, ora che l’avevo visto, potevo affermare che il suo aspetto contribuiva a renderlo tale. Di certo non si era trovato davanti al dubbio di fare la cosa più proficua per la sua vita, dal momento che i soldi non erano un suo problema.
“Kol Mikaelson mi sta parlando e io nemmeno lo sapevo” sbuffai una risata e pensai di aver detto una cosa assolutamente patetica.
“Anche tu mi conosci, a quanto pare” rispose soddisfatto e feci una smorfia, dal momento che gliel’avevo servita su un piatto d’argento.
“Chi non ti conosce” confessai, cercando di non alimentare troppo la sua autostima.
“Conosci Kol e non hai idea di chi sia Damon Salvatore, questo mi ferisce” la voce di Damon mi arrivò alle orecchie e ciò confermò la mia idea che la sua permanenza avrebbe inciso su di me molto più del dovuto.
“Dammi un momento, amico” gli disse Kol dandogli una pacca sulla spalla.
“Voi due vi conoscete, a quanto pare” asserii capendo perché Damon stesse prendendo parte a quella festa “Questo spiega tutto” scrollai le spalle.
“Non ho certo scelto la Whitmore per te, dolcezza” mi sorrise Damon e sentii che l’occhio avrebbe iniziato a tremare per il nervosismo da lì a poco.
“Ne sono profondamente delusa” gli mostrai un broncio improvvisato e li sorpassai, soffermandomi sulla porta per salutare Kol “Allora ci vediamo in giro, se ti fermi anche tu”
“Puoi contarci” mi sorrise facendomi un cenno e sentii il suo sguardo su di me finché non uscii.
“Elena, ti ho cercata dappertutto” Caroline arrivò da me con il fiatone.
“E io cercavo qualcosa da mangiare ma a quanto pare mi ritrovo quel tipo dovunque io vada, è insopportabile” roteai gli occhi infastidita e notai un’espressione vagamente divertita sul suo volto.
“E’ il suo modo di fare! In realtà è un ragazzo davvero semplice” disse, come se lo conoscesse improvvisamente da una vita “Parlarci mi ha aperto un mondo! E’ molto divertente e gentile. Ha davvero bisogno di una pausa ed è per questo che gli ho offerto tutto il nostro supporto e aiuto”
Sgranai gli occhi davanti a quell’ennesima frase che aveva noi come soggetto. “Mi spieghi perché devo essere necessariamente coinvolta?”
“In primo luogo perché sei una mia amica e di certo non mi abbandonerai in questa missione altruistica” puntualizzò soprattutto l’altruismo alla base della “missione” poi andò avanti “E poi perché gli stai simpatica, si vede, ottenere la tua amicizia sarebbe la prova che può integrarsi nel mondo di noi comuni mortali” lo disse, come se fossi una delle dieci fatiche di Ercole. Sospirai e decisi di dargliela vinta anche perché la tequila stava lentamente abbandonando il mio corpo e non avrei sopportato di sentire le sue lamentele. “D’accordo, basta che mi lasciate studiare” mi arresi e la vidi saltellare davanti a me.
“Piuttosto” continuai “In memoria dei vecchi tempi , ho un gossip per te” e a quel punto vidi Caroline tutta orecchi “Non immaginerai chi è tornato sorprendendomi a curiosare nella cucina di Rebekah…”
Damon
Quando Kol mi aveva proposto di fermarmi per un po’ nel campus della Whitmore non me lo feci ripetere due volte, anche se forse decisi un po’ impulsivamente. Era un po’ che pensavo di programmare una vacanza ma poi, per un motivo o per un altro, non avevo mai combinato niente. L’idea di campus universitario poi, si era evoluta in modi a dir poco sconcertanti, sia in senso positivo che negativo. Mi faceva sentire abbastanza vecchio. Quando ero stato io a laurearmi in filosofia, le cose erano un po’ diverse. Avevo bisogno di una boccata di aria fresca e le ragazze lì non erano sembrate troppo opprimenti, almeno fino a quel momento. A parte quella Caroline che sembrava avere le palpitazioni ogni volta che la guardavo. Del resto non potevo lamentarmi, avevo scelto io tutto quello e non mi dispiaceva del tutto, ma delle volte sentivo il bisogno di tornare alla normalità. Avevo conservato i miei amici di sempre, quelli che mi conoscevano da prima che diventassi chi sono adesso eppure sentivo il bisogno di circondarmi di persone nuove e sembrava essere un’impresa impossibile.
Nonostante non palesassero molto di riconoscermi, riuscivo a percepire che tutti si comportavano diversamente con me e ciò mi demoralizzava. Era proprio per questo che ero rimasto colpito dall’atteggiamento di Elena. Non era una di quelle tattiche di psicologia inversa che alcune mie fan usavano con me, riuscivo a cogliere la sincerità nelle sue parole e il totale distacco. Era quel tipo di persona che cercavo, qualcuno che mi prendesse semplicemente per Damon e non per quello che rappresentavo sullo schermo. Forse però era solo l’alcool a farmi pensare tutte queste cose e l’odore assuefacente del narghilè che Kol aveva acceso in camera sua.
Mi passo il tubicino e feci un tiro, sentendo il sapore dolce della vaniglia scendermi in gola. Si era creata una coltre densa in tutta la stanza che mi faceva pensare ad una possibile alterazione del tabacco da parte di Kol, che era solito fare cose del genere.
“Ricordami perché non abbiamo invitato quello schianto?” disse gettandosi con la testa all’indietro, riferendosi chiaramente ad Elena.
“Perché è una rimpatriata tra vecchi amici e perché tanto non avrebbe mai accettato, è troppo casa e chiesa”
“Sono quelle le più trasgressive, amico” fece una risata da ebete e ne dedussi che era andato, anche per via della bottiglia di bourbon che c’eravamo scolati nel frattempo.
“Credo che renderà la mia permanenza molto piacevole” buttò fuori il fumo, rivolgendomi uno sguardo di qualcuno che la sa lunga. Non conoscevo per niente Elena, ma speravo fosse abbastanza sveglia da non cadere tra le grinfie di Kol. Dovevo ammettere che la sua facciata era imbattibile e delle volte anche io stentavo a credere che fingesse. Aveva l’aria da ragazzo di buona famiglia, educato e con sani principi, tutto grazie alla sua effettiva buona famiglia e ai risultati scolastici sopra la media che aveva ottenuto prima di decidere di andare via. Kol era un genio incompreso stile Bukowski stufo della razionalità e pronto ad abbandonarsi ai piaceri della vita.
“Facci piano, amico. Non è amica di tua sorella Rebekah?”
Sbuffò una risata “Mia sorella la odia perché ha voti più alti dei suoi” confessò ghignando “E tu non preoccuparti per lei! Solo perché te la scopavi quand’eravamo più piccoli, non devi far finta che ti importi”
Roteai gli occhi davanti al suo inguaribile cinismo e gli strappai il tubo dalle mani “Lasciatelo dire: delle volte mi fai paura”.
“Dobbiamo approfittare del poco tempo che ci è concesso su questa terra, Damon” mi poggiò una mano sulla spalla, pronto a qualche cavolata stratosferica “Io non faccio altro che godere e apprezzare le creature del signore” scoppiò a ridere e scossi la testa, già preparato ad una cosa del genere.
“Beh, buona fortuna, non sembra una preda facile”
“E’ per questo che mi piace” alzò un sopracciglio e mi guardò con aria di sfida “Buona fortuna anche a te”
Lo guardai confuso e scossi la testa “Non so a cosa tu stia pensando, ma hai frainteso le mie intenzioni. Non sono interessato a lei in quel senso”
“Oh, scommetto che vorresti condividere con lei lunghe conversazioni sulla filosofia di Heidegger”
"Quando arriverà anche Klaus saremo al completo" a quel nome trasalii. Klaus era il fratello maggiore di Kol e di certo non era famoso per la sua discrezione. Il suo arrivo avrebbe comportato tanti casini e un addio all'idea di condurre una vita normale per un po'. Gli piaceva molto essere al centro dell'attenzione e spesso per farlo faceva cose poco legittime.
"Klaus verrà qui?" e glielo chiesi con un tono che di certo non voleva dargli il benvenuto. 
"Sta tranquillo, Damon , si è redento" disse con tono poco convincente "gli hanno insegnato a controllare la rabbia e stronzate simili" tossi per il fumo andato di traverso e lo guardai. Non sembrava preoccupato, nonostante l'ultima volta c'era andato di mezzo anche lui. 
"Mancherebbe solo Elijah" 
"Oh, il fratello dal nome profetico! Non ci da più retta da quando si è fidanzato ufficialmente con Katerina "
"Katherine ?"
"Ora si fa chiamare Katerina " enfatizzò quel nome facendo chiaramente ironia mentre io rimaneva a fissare il vuoto inebetito. Katherine era una di quelle che lasciava il segno e io lo sapevo bene. Prima di incontrarla credevo non ci fossero donne in grado di seguire i miei ritmi e di accettare la mia vita per quella che era, eppure lei ci era riuusita alla perfezione senza nemmeno sforzarsi. Al contrario ero stato io quello incapace di stare dietro ai suoi ritmi. Ero curioso di sapere come Elijah fosse riuscito a portarla al fidanzamento ufficiale, addirittura. Forse ancora non aveva dato il meglio di si. 
"Mi chiedo come mai nessuno chieda mai di Finn" borbottò Kol e mi risveglio dai miei pensieri.
"Ma se nemmeno lo annoveri tra i tuoi fratelli nelle tue biografie"
Kol scoppio a ridere evidentemente alterato "Finché non la smetterà di essere un odioso cocco si mamma, non sarà degno di essere il fratello di Kol Mikaelson" 
Scossi la testa e per un momento desiderati essere alterato tanto quanto lui, ma purtroppo la bottiglia l'aveva finita quasi completamente lui e quel narghilè mi aveva fatto appena il solletico.
"Io vado a farmi una doccia" mi alzai facendo perno sui talloni e mi fece un cenno. Sarei rimasto li per la notte. Avrei avuto la camera al campus dal giorno seguente.
  
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