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Autore: ItsAboutAGirl    27/05/2014    2 recensioni
Annie è una ragazza semplice e innamorata di New York e della vita semplice fatta di emozioni.
Justin è un cantante internazionale a New York di passaggio. Cosa succede se due storie completamente diverse si incontrano?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Scooter Braun
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Annie era di nuovo al punto di partenza, così come si ritrovava ora, avvinghiata con quelle braccia tatuate che sembravano volerla tenere in ostaggio. Dal canto suo, neanche lei scherzava, siccome ricambiava il bacio e la stretta con lo stesso vigore. È incredibile come la potenza di un bacio riesca a spazzare via tutto e, al tempo stesso, unire qualsiasi cosa. Un momento prima sei una persona e ne hai davanti una completamente diversa (e sbagliata), ma appena le labbra si mischiano, nulla è più diverso e sbagliato. E stava capitando proprio quello a Annie. Il ragazzo del quale lei stava assaporando le labbra era tanto sbagliato quanto odioso, eppure in quel momento stava bene, li, tra le sue braccia. 
Incontrare una celebrità è raro, se capita è un caso, se ti bacia è inverosimile. Se poi questo ricapita una seconda volta, allora è proprio uno scherzo, un episodio al quale nessuno crederebbe mai. Eppure accadeva, proprio lì, nel negozio dove Annie lavorava da tre mesi, chiuso al pubblico data l'ora tarda, affittato da Justin Bieber per uno shopping tranquillo senza immaginare che dentro ci avrebbe trovato lei a servirlo, proprio lei che dieci giorni prima era finita per caso nel suo hotel, e, sempre per caso, era finita tra le sue braccia. 
Justin interruppe quasi bruscamente il bacio e Annie lo guardò con aria interrogativa, col fiato corto.
"Mi fermo prima che lo faccia qualcun'altro non dandoci poi tempo di dire qualcosa" si giustificò. Ottima idea, bravo, pensò Annie, che sorrise timidamente. Non sapeva cosa dire. Di là, nel reparto uomo, Mary, la sua collega e responsabile, e Scooter, il manager di Justin, continuavamo a parlare senza pensare a loro. Nell'hotel, al loro primo casuale incontro, il loro bacio era stato interrotto da Scooter e Annie se l'era data a gambe senza voltarsi indietro e sembrava davvero che quel buffo episodio fosse finito li. Non pensava mai più che con tutti i negozi di New York, Scooter affittasse proprio il suo, trovandosi di nuovo Justin tra capo e collo. Soprattutto, non credeva possibile da parte di entrambi che potesse ricapitare un bacio, siccome erano d'accordo che era una cosa troppo strana, complicata e sbagliata. Annie si era presa in giro tanto per l'accaduto in hotel, ed ora eccola li, con la possibilità di riscattarsi. Invece nulla, quando Justin si era avvicinato, lei aveva assecondato il tutto come se fosse una cosa normale. Invece non lo era, cazzo! 
"Forse non ci siamo capiti..." iniziò cercando di mettere in ordine i pensieri "...sbaglio o siamo d'accordo che non va bene comportarsi così?" concluse rimanendo in attesa. Anche Justin sembrava molto pensieroso.
"Così come?" chiese infine. 
"Così... Come due ragazzini ubriachi che ad un party si ficcano la lingua in bocca senza neanche pensarci" cercò di spiegare Annie.
"Ma noi non siamo due ragazzini, non siamo ubriachi ad un party e io qualcosa ho pensato prima di farlo" disse Justin. 
"Evidentemente non hai pensato alla cosa giusta, siccome l'hai fatto" sbottò Annie.
"Quale sarebbe questa cosa giusta? Non penserai che io mi butti così a caso su chiunque!" Justin tornò ad essere nervoso. Non capiva come mai Annie riuscisse a renderlo così inquieto. Com'era possibile trovarsi così bene tra le braccia di una persona e poi stare così male a parlarci. 
"Su questo avrei da ridire, basta scrivere il tuo nome su Google che..."
"Che cosa? Fanculo!" Non le diede nemmeno il tempo di finire.
"Che... Dai, cazzo. Che spuntano tue foto con chiunque, si, dappertutto. Fidati, anche io sarei poco credibile ai tuoi occhi se fossi una top model circondata da mezzo mondo e tu fossi un normale ragazzo di città."
Rimasero in silenzio, nervosi e rabbiosi. 
"Gelosa?" chiese Justin dopo un po, con un sorrisetto sulle labbra. Annie era incredula di fronte a quella domanda. 
"Immagino che nessuno lo sia di te siccome sembra che speri che io lo sia" contraccambiò la frecciatina. 
"Sei una insopportabile so-tutto, lo sai?" 
"Si, e tu un'odioso che soffre di vittimismo invece di spiegare semplicemente il perchè delle proprie azioni! Io bacio una persona quando mi piace e mi attrae, e non mi vergogno di dirlo, ok? Ecco, l'ho detto" Annie teneva i pugni chiusi dal nervoso, come se volesse davvero sganciargli un destro in faccia. 
"Che succede qui?" Scooter e Mary comparvero alle spalle di Annie che si voltò di scatto a guardarli. Cercò con tutta se stessa di apparire tranquilla. Invece era ancora più nervosa: voleva semplicemente sapere come mai Justin l'avesse baciata e si era messa a nudo di fronte a lui dicendogli che lei non bacia a caso, confessandogli quindi che le piaceva e la attraeva, e per colpa di quella interruzione non avrebbe mai saputo a quale gioco invece stava giocando lui. 
"Non mi interessa più questo negozio" disse Justin alle sue spalle. Annie si maledì ancora di più perchè adesso, per colpa sua, aveva fatto perdere tempo a Mary, e soldi all'azienda. Infatti la faccia di Mary non prometteva niente di buono: confusa, perplessa e leggermente furiosa. 
"La mia collega si è comportata male?" chiese stizzita e Annie non potè credere alle sue orecchie. Va bene che era la sua responsabile, che li c'era in gioco un bel gruzzoletto, ma Mary doveva sapere bene che Annie, sul lavoro, era sempre professionale e precisa. 
"Cosa? Io?" Annie era furibonda per quella situazione così odiosa, non sapeva cosa fare, cosa dire. Era troppo per lei. 
"Non è colpa di Annie, è colpa mia" intervenne Justin calmando le acqua ma facendole cadere ancora più in confusione. Cosa diavolo aveva in mente?
"Voglio uscire con te, adesso" spiegò tranquillo. Mary momenti cadde dalla sorpresa mentre Scooter, invece, rimase serio. Come se lo sapesse. Nessuno sembrava intenzionato a parlare, anche se Mary di cose da chiedere ne aveva sicuramente tante, ma lo stupore non le permetteva di proferire parola. Anche Annie rimase interdetta a quella frase. Dopo un momento che parve un anno, Mary si decise a parlare.
"Annie, mi spieghi cosa succede?" Disse in un soffio spostando il suo sguardo dalla collega, a Scooter, a Justin. Se l'indomani l'azienda avrebbe saputo dell'incasso pari a zero si sarebbero infuriati. Anche Annie era di nuovo focalizzata su quel punto, non voleva fallire. Avevano tenuto aperto per Justin Bieber e sarebbe stata tutta pubblicità negativa se fosse andato via senza spendere un soldo. 
"Justin, possiamo parlarne un'altra volta?" azzardò nervosamente.
"Un'altra volta? Ho tutta la notte, ma preferisco farlo in privato. E poi, guarda quelle telecamere lassù, sai mica se sono accese?" chiese con una calma che fece innervosire ancora di più Annie.
"Certo che sono accese, perchè lo domandi? Cosa diavolo è successo?" Mary stava perdendo la pazienza. 
"Devi fare in modo che quelle riprese non vengano mai viste" disse piano Annie rivolta alla sua responsabile. Era seria. Accidenti! Come avevano potuto baciarsi come due poppanti senza pensare alle telecamere? Qualcuno avrebbe domandato di avere quelle riprese per fare pubblicità al marchio usando Justin come incentivo a comprare lì dentro. 
"Justin...?"Scooter finalmente sembrava aver ritrovato l'uso della lingua. 
"Potete occuparvi dei filmati mentre noi ce ne andiamo?" chiese sempre molto tranquillo. Mary dava l'idea di non capire ma fece un cenno di assenso col capo "Si. In ufficio posso prendere il nastro e..."
"Bene. Dirai che ho dato buca a questo shopping notturno, domani farò chiamare l'azienda porgendo mille scuse e, se non ti secca, torniamo domani sera" la interruppe Justin deciso, avviandosi verso l'uscita. "Muoviti" aggiunse in maniera un po brusca verso Annie che era rimasta imbambolata come Mary e Scooter guardandolo. Si scosse un attimo e guardò confusa i due vicino a lei. Scooter le fece il segno ok con la mano, come dire "non preoccuparti, qui ci penso io".
"Ci vediamo domani?" Annie si rivolse a Mary con cautela, sperando non iniziasse ad urlare che l'avrebbe licenziata. 
"Ti chiamo domani mattina" fu la sola, secca risposta che le diede mentre Annie si avviava alla porta. 


Erano seduti sull'auto con i vetri oscurati, Annie e Justin, e per i primi minuti nessuno dei due parlò. Entrambi erano rivolti con lo sguardo fuori dal finestrino. Annie stava pensando che raramente le era capitato di girare New York in macchina, di notte. Per un folle istante desiderò essere da qualche parte tranquilla, magari da sola, ad aspettare l'alba, senza troppi pensieri per la testa. Justin invece stava pensando a come prendere di petto quella ragazza senza che lei uscisse di matto per ogni sua minima frase. La baciava e non andava bene. Non la baciava, le parlava, e non le andava bene. Ma, in verità, lui si stava chiedendo cos'è che non andava in lui, per essere lì, ancora con lei, in quel momento.
"Domani mi licenzia" esordì Annie. Justin emise un piccolo sbuffo, come una risata soffocata.
"Impossibile."
"Che ne sai tu di lavori da dipendente?" 
"Niente. Ma adesso quei due saranno lì a guardare il filmato." 
"Che cos...? Cazzo!" 
"Scooter riderà di gusto, spiegherà alla tua amica del perchè vanno distrutti i filmati e lei si sentirà una portatrice sana di un segreto importante. Non ti licenzierà." Spiegò come se stesse leggendo una noiosa lista della spesa.
"Sembri molto abituato a questo genere di cose. Vai in giro di notte per negozi e poi ti impossessi delle telecamere molto spesso per non far vedere cosa fai realmente?" 
"Perchè, cosa farei realmente?" Ribattè lui. 
"Non lo so. Dimmelo tu." Annie era stanca anche di discutere. Non aveva voglia. Voleva solo andare a letto ed essere svegliata dalla telefonata di Mary. E se ritardava ancora, rischiava di dormire così poco che quella telefonata l'avrebbe odiata. Anche Justin non sembrava dell'umore adatto, nonostante fosse parso calmo. Non aveva voglia di incassare e smentire tutte le cattiverie che Annie poteva pensare e dire di lui. 
"Puoi dire al tuo autista di portarmi al Ferry per Staten Island?"
"Scordatelo." 
"Scusi!" Annie picchiettò le nocche sul vetro nero che li divideva dall'autista "Mi porta alla stazione del Ferry per Staten Island!" esclamò come fosse un ordine. Il finestrino nero si abbassò e gli occhi dell'autista erano un punto di domanda alla quale Justin fece no con la testa, allora lui lo richiuse e riprese la sua strada. Annie si ributtò sul sedile, sconfitta. Si tolse i tacchi e le sembrò di sentire un Alleluja provenire dai suoi piedi distrutti. 
Ricadde il silenzio nell'abitacolo finchè Annie non si accorse che stavano entrando in una specie di garage. 
"Dove siamo?" chiese preoccupata. Justin non rispose e quando la macchina si fermò le disse solo di scendere. Lei obbedì e, come aveva immaginato, erano in un garage. L'autista se ne andò lasciandoli li e Annie si guardò intorno chiedendosi qual era la prossima mossa. Certo, se fosse stata li con una persona qualsiasi, si sarebbe preoccupata. Ma confidò nel fatto che Justin Bieber non potesse permettersi, in quanto molto famoso, di fare il killer nel tempo libero. Anche se l'idea di quella remota possibilità la rapì per un secondo, agitandola. Justin tirò fuori dalla tasca delle chiavi che sembravano appartenere ad una macchina molto costosa e infatti ne aprirono una che Annie aveva visto solo in qualche foto su Internet. Anche quella aveva i vetri oscurati, era molto bassa, forse una Ferrari. Guardò Justin aspettandosi che le spiegasse cosa stava accadendo.
"Ti porto a casa. Staten Island hai detto?" lui colse la sua domanda negli occhi.
"Si." si limitò a dire lei, salendo in quella specie di navicella spaziale. Se la situazione non fosse stata così strana, Annie si sarebbe ricordata di quanto una macchina così bassa possa procurarle tanto di quel vomito da sfamare una mandria di maiali di una fattoria. 
E così ripartirono, di nuovo immersi nelle vie di New York che sembrano non voler dormire mai. Erano le tre del mattino. 
"Sei mai passata sul ponte di Brooklyn?" le chiese Justin ad un certo punto. 
"Si, una volta ci ho fatto una passeggiata, ma non tutto."
"In macchina ne vale la pena, poi di notte, vedrai." le disse, rivolgendole un sorriso sincero. Annie sentì il cuore fare una capriola, ma fermò presto il suo entusiasmo. Voleva rimanere con i piedi ben saldi per terra. 
"Cosa vuol dire tutto questo?" chiese, seria. 
"C'era una volta un ragazzo che stava accompagnando una ragazza a casa" disse lui, con tono sarcastico. 
"Ah, molto divertente!" commentò Annie, tornando a guardare fuori dal finestrino. Tanto valeva godersi il panorama, soprattutto una volta che sarebbero arrivati sul ponte. 
"Seriamente, ti sto solo accompagnando a casa." 
"Come mai?"
"Forse perchè spero di avere una conversazione piacevole con te tanto quanto i tuoi baci" rispose Justin e nella penombra giurò di vederla arrossire. Annie combatteva contro se stessa per rimanere seria, vigile e pronta alle provocazioni di Justin. 
"Che strano, potrei dire la stessa cosa di te." le venne da rispondere. 
"Allora siamo degli ottimi baciatori ma dei pessimi dialoganti?" 
"Può darsi. O forse ci stiamo sul culo, molto più semplicemente."
Justin scoppiò a ridere a sentire quella frase. Anche Annie, al pensiero di averla detta, iniziò a ridere. 
"Io, di sicuro, ti devo stare molto sul culo." Justin tornò serio. 
"Non dire cagate, fin'ora ti ho trattato come tratterei chiunque fosse al tuo posto."
"Questo è un altro dei motivi per cui siamo qui, credo."
"Che vuoi dire?" Annie lo fissava e le piaceva vederlo concentrato sulla guida.
"Mi piace come mi sento quando sono con te: normale." spiegò lui. 
"Be, se ti piace così tanto allora posso trattarti anche peggio!" E insieme risero ancora.
"Sei peggio di così? Aiuto!" disse Justin. 
"Non hai visto niente..." sussurrò con tono ironico e misterioso Annie. Justin non rispose, erano sul ponte e voleva che quel momento fosse perfetto per Annie. Infatti lei, col cuore in gola e la fronte sul finestrino, si incollò al panorama. Dietro si lasciavano New York illuminata e si avvicinavano piano all'oscurità e alla tranquillità dell'altra parte del fiume. Con quel bolide li non ci misero molto ad arrivare a Staten Island. 
"Sicuro di voler venire nel mio quartiere con questo mostro di macchina?" chiese Annie.
"Perchè?"
"No, lo dico per te, non passano macchine come questa, qui."
Justin scosse il capo e Annie gli indicò la strada fino a che arrivarono in una via piena di casette indipendenti una di fianco all'altra. Piccoline ma graziose. Parcheggiarono di fronte al portoncino di casa di Annie e calò il classico silenzio imbarazzante. 
"Questa è la mia reggia." scherzò Annie indicando la sua casa. Era piccola anche da fuori. Tutta su un piano, entrando finivi su un salotto piccolino composto da divano, di fronte una tv, e dietro una cucina e un tavolo giusto per due persone. Superando il tutto la casa creava un piccolo corridoio che portava nella camera da letto, con un bagnetto. Per Annie non c'era niente di più bello della sua casa, ma sapeva bene che per Justin quella poteva essere al massimo una cabina armadio. 
"È adorabile già da fuori." disse lui con un sorriso. 
Fuori, il silenzio fu interrotto da una porta che si apriva e si chiudeva e, d'istinto, entrambi si chinarono, come fossero una coppietta di ragazzini che si nascondevano dai loro genitori. Lì, accovacciati, di nuovo molto vicini, risero.
"Questa macchina attira troppo l'attenzione." osservò Annie. 
Di tutta risposta Justin prese il cellulare e compose un numero. Annie lo guardò incuriosita. 
"Ehi Jack! Ah, cazzo, amico! Che piacere. Si tutto alla grande. Senti sono...Dov'è che siamo?" si rivolse ad Annie che gli disse l'indirizzo. Lui lo ripetè all'interlocutore. Annie era sempre più curiosa. "Senti, mollo qui la macchina con le chiavi dentro, puoi venirtela a prendere che qui da troppo nell'occhio..." stava dicendo Justin. Cazzo! Questo è fuori di testa, pensò Annie. 
"Ho un amico di qui. Possiamo fare due parole sulle tue scale senza che nessuno venga attirato dall'auto, no?" spiegò Justin una volta terminata la chiamata. Annie non disse nulla mentre scendevano dalla macchina. Tirò fuori le chiavi di casa e le infilò nella toppa.
"Ehi, che fai? Pensavo..." 
"Tu pensi troppo. Non ho voglia di farmi venire il culo quadrato su uno scalino. E poi, se non è la tua auto ad attirare attenzioni, sei tu." disse Annie aprendo la porta. "Entra!" concluse infine davanti alla faccia confusa di Justin. Lui sembrò sollevato mentre, dando un'ultima occhiata all'auto, varcava la soglia. 
L'ambiente che lo accolse non era certo a quelli a cui era abituato. Ma era così accogliente che gli piacque tanto. Si sentì a casa, e tutto era come Annie: ordinato, semplice, bello, buffo. I suoi pensieri positivi vennero invasi dall'angoscia di essere scoperto, seguito, e si agitò. In un luogo così caldo, confortevole e intimo non avrebbe accettato i paparazzi. Quel posto era così puro che lui non doveva permettersi di entrare, mettendo a rischio la quiete di quella casa e di Annie. Si dovette calmare per forza quando, da fuori, sentì il rumore del motore della sua auto andare via.
"Dove la porta?" chiese Annie.
"Non so bene dove siamo qui, ma ha detto di non essere lontano. Comunque lo chiamo e me la riporta appena..." non terminò la frase. Appena cosa? 
"Appena finisci di fare il tour del mio castello?" scherzò Annie "Allora chiamalo pure, è tutta qui" e rise. Justin sentì sciogliersi i nervi e si impostò di stare tranquillo. La sua auto era al sicuro nel garage di Jack e nessuno poteva averlo visto li. 
"È adorabile anche dentro" commentò. Annie gli porse una bottiglia di birra gelata. 
"Allora, cos'è che ci dobbiamo dire di tanto serio?" chiese Annie dopo che entrambi buttarono giù qualche sorso di birra. 
"Forse il problema è che non riusciamo a dirci nulla di serio se non cattiverie." rise Justin. Anche Annie lo seguì a ruota. 
"La sincerità è la base di tutto" disse Annie cercando di rimanere seria, con scarsi risultati. 
"Appunto, allora dimmi cosa odi tanto di me. La mia musica?" 
"Non conosco la tua musica." Confessò Annie. 
"Be, allora cos'è?" incalzò Justin.
"Ma non ti odio. Ci siamo baciati e mi sono solo chiesta come mai siccome io, forse, potrei a malapena essere il prototipo di ragazza di una lesbica fallita, obesa e brutta, che essere gay è la sua ultima possibilità di non rimanere zitella a vita, possa essere baciata da te se non per il puro piacere di approfittarsene, ecco" spiegò Annie tutto d'un fiato facendo poi un lungo sorso della sua birra. 
"Ti sottovaluti molto, sei così carina invece." Justin sembrava offeso dalle parole di Annie. 
"Ok, ho esagerato, ma due domande me le sono fatta."
"Che credi? Anche io. Su di te, ma già lo sia. E pure su di me, cosa mi sia preso esattamente."
"E...?" Annie stava forse per riceve una risposta. Justin rimase in silenzio, come se volesse elaborare bene la risposta e intanto la guardò. Le parve proprio buffa e carina, seduta sul divano a gambe incrociate, come una bambina. Anche Annie lo fissava, mentre stava appoggiato al davanzale della finestra dove prima aveva osservato la sua auto sparire. 
Di scatto, Justin appoggiò con un movimento secco la bottiglia sul davanzale, senza smettere di guardarla.
"E niente." rispose asciutto, staccandosi dalla finestra e andando deciso verso Annie. Lei alzò le sopracciglia come volesse dire "E niente cosa?" ma non ebbe tempo ne di dirlo, ne di fare niente siccome le mani di Justin la stavano afferrando, alzandola dal divano. Annie alzò lo sguardo e incastrò i suoi occhi in quelli di Justin. Adesso, senza tacchi, era decisamente più bassa di lui. 
"E niente cosa?" sussurrò lievemente sperando di riuscire a fermare tutto quello che sarebbe potuto accadere, ma ormai le loro labbra si sfioravano, si toccavano, si divoravano. E lì, protetti da quelli quattro mura, il loro bacio prese una piega diversa rispetto ai precedenti: era umido, molto umido e passionale. Annie sentì il suo corpo incendiarsi, letteralmente, mentre era premuto contro quello di Justin. Entrambi potevano sentire il desiderio dell'altro attraverso i vestiti. Justin posò le mani sui fianchi di Annie stringendola ancora di più a se. Accarezzandola si insinuò nella salopette e finalmente potè toccare la sua pelle, la sua schiena. Quel tocco inebriò Annie che aveva sempre meno fiato. Come se Justin l'avesse percepito, si staccò dalle sue labbra lasciandola respirare, incominciando così a baciarla sul collo e sulle spalle. Annie sentiva di perdere piano piano il controllo, e con le labbra di Justin sul collo sommate alle sue mani che le accarezzavano la schiena, non riuscì a trattenere un piccolo gemito. 
Quest'ultimo suono proveniente dalla bocca di Annie fece impazzire Justin che con le mani aumentò la pressione sul corpo della ragazza, stringendola. Piantò i suoi occhi su di lei. 
"Non hai ancora visto la camera" ansimò Annie e si sorprese lei stessa di quella frase. Justin sorrise e la baciò ancora, dolcemente. 
"Vediamola, e poi giuro che chiamo Jake e mi faccio riportare la macchina" le disse tra un bacio e l'altro. Intanto Annie, arrancando in modo buffo, iniziò a recarsi in camera, senza smettere di baciare avidamente quelle labbra. Una volta sulla soglia della camera da letto Justin si interruppe e si voltò verso la casa vuota.
"Chi vuole interromperci lo faccia ora o taccia per sempre" disse in tono solenne. Annie rise e, ovviamente, nessuno diede risposta. Justin, sorridente, tornò a guardare Annie e ricomincio a baciarla, prima sulle sue deliziose fossette dovute al sorriso e poi sulle labbra. Tornò ad accarezzare il suo corpo. Anche Annie infilò le mani sotto la camicia di Justin e in un attimo si ritrovarono catapultati nel letto, eccitati e sorridenti. 
Quella notte nessuno gli avrebbe interrotti, nemmeno le loro coscienze. 
  
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