Capitolo
2.
Le
prime luci del mattino sbattevano violentemente contro il mio viso
grazie
all’ausiliodella finestra che avevo aperto la notte stessa
per il caldo che
c’era.
Cercai
di distogliere la mente dal pensiero sul sogno, ma avrei tanto voluto
confutare
Amandine. Dovevo dimostrare che ciò che aveva detto era solo
una bugia. Ma sarebbe
stato molto difficile, Amandine non
si sarebbe fatta ingannare da nessuno, tantomeno da un ragazzino come
me.
Ancora
stordito entrai in bagno. Mi lavai e mi vestì, pronto per
scendere in cucina.
Già erano tutti lì. Evidentemente avevo fatto
più tardi del solito.
-Buon
risveglio sonnacchioso. – Baciai dolcemente Candice .
Dietro
di me Luca, che ansimava rumorosamente probabilmente per i bagagli
appena
fatti, mi salutava.
-Angelo,
mi ha fatto piacere vederti.- Disse.
-Grazie
Luca, anche a me ha fatto molto piacere vederti.- Sembravo freddo e
tutti se ne
accorsero. Sicuramente non era mia intenzione ma non sapevo
più cosa aspettarmi
da Luca. Non che avessi risentimento ma avrei tanto voluto fargli delle
prediche, sarebbero state costruttive. Ma con lui non si trovava mai il
tempo.
-Ok.
Signora Garcia la saluto, e grazie mille per tutto. Ciao anche a te
Candice.-
Disse così velocemente da sembrare quasi irritato dalla mia
precedente
risposta. Si affrettò ad uscire dalla casa e ci
lasciò.
La
mamma cominciò a confabulare come le era solito. Non badai
molto a quello che
si dicevano lei e Candice. Ero intento a riflettere su altro, e chi se
non su Amandine??
Ero
convinto che se sapesse del mio pensiero su di lei sarebbe stata
soddisfatta.
Uno dei suoi maggiori infatti intenti era quello di far parlare di lei,
e c’era
riuscita molto bene. La sua fama ed il suo eroismo erano noti a tutti.
Le sue
imprese venivano narrate su libri,
“Amandine:La
vittoria per la rosa”, “Amandine
e Axelle:Storia di Dispute tra sorelle” erano i libri
più acquistati a Entin.
Tutte le vetrine ne avevano almeno una copia, e figuriamoci gli
acquisti. Il
giovane scrittore, Emanuel Keinterstein, era divenuto subito una
stella
nascente
della scrittura
biografica.
-Angelo
non ti senti
bene??- La voce di mia madre mi fece sobbalzare ed i miei pensieri
svanirono,
dissolvendosi tra i meandri più fitti del mio cervello.
-
Non sto tanto bene.-
Mentii. – Forse ho bisogno di un po’ di riposo.
-Allora
faresti meglio
a riposarti.- Disse Candice -
Io faccio
un passo a casa di nonna, ci vediamo stasera.-
Salutai Candice e mi ritirai nella mia camera. Cominciai a dormire
immediatamente.
Come
al solito ero nell’orfanotrofio, ma stavolta
era diverso. Volevo morire. Immaginavo di essere morto. Non riuscivo a
capire
perché. Era qualcosa di così naturale che si era
infiltrato all’interno del mio
corpo con troppa facilità. Ma
eliminarlo
non sarebbe stato altrettanto facile.
Non
riuscivo a capire perché questo sentimento così
repentino volesse attuarsi davvero. Questo sogno dentro il sogno lo
sentivo
animarsi anche nel mondo reale, troppo strano. Forse era colpa di colei
che
avevo incontrato durante il mio ultimo sogno, quando appena
girato l’ultimo angolo la vidi.
Antoniette, una energumena
indemoniata.
Di grandi stazze, era la
padrona del collegio. Era molto intelligente ma così cattiva
da rischiare quasi
di sembrare più vendicativa di Amandine. Grossa, corpulenta,
sudicia e
ripugnante. Faceva paura a tutti noi, gli alunni
dell’orfanotrofio. Un gruppo
di alunni accumunati da varie vicissitudini familiari.
L’orfanotrofio
si trovava nel centro di uno dei posti più disabitati della
Francia. Non
avremmo mai avuto soccorso perché oltre a noi non
c’era nessuno. Eravamo un
branco di pazzi dentro una struttura ancora più insana di
noi . Era un collegio
senza mai fine, o forse questo era ciò che Antoniette voleva
farci credere.
Diceva che non c’era una via d’uscita, solo
l’hall principale che però era
abilitata ad aprirsi solo con le sue impronte digitali. Questo era
vero.
Provammo più volte, ma niente.
Qualcuno
bussò alla porta e l’aprì. Era Antoniette.
-Caro
Angelo, e ora di fare cena. Sbrigati
o sarò costretta a mettere ancora una volta la
sveglia e sono sicura che
non ti piacerà. È la nuova versione.
Mi
affrettai a scendere, non avevo voglia di
soffrire ancora una volta con quell’aggeggio che andava fino
al limite
dell’umano. Indossai
la divisa nera che
era ancora lucida come il primo giorno che l’avevo comprata.
Scesi le scale e
vidi tutti attorniati ad un tavolo. Come capo tavolo non
c’era Antoniette ma
Amandine. Sentì quel sogno addentrarsi dentro me, adesso
volevo veramente
morire. Mi faceva paura, mi debilitava e mi feriva. Parlava
animatamente e con
gli occhi mandava lampi lucenti che impressionavano gli ascoltatori. Ma
con me
non ci sarebbe riuscita. Non
mi sarei
lasciato folgorare da lei. L’aveva già fatto una
volta, con me e con
Claire.
Mi
affrettai a scendere le scale, non avrei esitato
neanche un istante. Sapevo quello che ero in grado di fare.
Guardavo
sempre più Amandine. Indossava un vestito
porpora. Porpora lucente e scoppiettante che le nostre divise al
confronto
sembravano sciatte, sproporzionate ed orribili. Amava farsi da se i
vestiti.
Comprava centinaia e centinai di tessuti da suo zio, che aveva un
fondaco, e
lavorava a questi suoi indumenti.
Dall’ultima volta era notevolmente migliorata.
Si diceva che avesse
frequentato uno studio professionale in America. I capelli biondi erano
sciolti
e le scendevano fino ai fianchi. Amava i suoi capelli. Amava lasciarli
liberi e
farli svolazzare al vento.
Adesso
mi notò anche lei. Sembrava arrabbiata,
furiosa ma spaventata. Era tempo di morire?
Forse lo era, ma io avrei combattuto bene. Avrei sfruttato
le tutte le
mie risorse che però erano inutilizzabili qui dentro. Avrei
dovuto cominciare
seriamente a pensare ad un modo per uscire da qui .
Mi
rivolse uno dei suoi sguardi ammiccanti e mi
sorrise. Deglutii ma fortunatamente non lo notò.
-Guarda
chi si vede! Angelo!- Disse scuotendo la
testa. Era iniziata la battaglia. Non sarebbe finita tanto facilmente.
Avevo
bisogno di Axelle. Mi sarei alleato con lei.
Improvvisamente
Amandine si alzò dal suo tavolo
-Scusatemi un attimo.-
venne verso di
me. Sembrava agitata ma convinta di ciò che stava per fare.
-Devo
parlarti.- Disse quasi ansimando e posò una
delle sue mani sulla guancia. Toccava lentamente i miei lineamenti. Li
sfiorava
e li seguiva. Tutti ci guardavano. Avvicinò anche il viso
verso di me e prima
di toccare le labbra gli sussurrai all’ orecchio quasi
angosciato:
-Cosa
ti salta in mente! Amandine non mi fregherai
ancora una volta con i tuoi stupidi scherzetti. Sai adesso voglio solo
vendetta
e non mi fermerò fino a quando non
l’avrò.
-No
Angelo! Tu non avrai nessuna vendetta. Tu adesso
vieni con me!- Fece scendere una mano dal collo fino alla schiena.
– E se oggi
non farai quello che ti dirò sai bene cosa
farò!- Disse sorridendo. – Claire
è ancora lì. – Mi prese il braccio e
me lo bloccò.
-Non
farò mai quello che tu mi chiedi di fare. –
Dissi irritato. Cercai di divincolarmi dalla presa scuotendo la sua
mano. Ci
riuscì, mi ero divincolato da quella presa ghiacciata. Lei
non riuscì a
mantenere l’equilibrio. Cadde dalle scale . Alla fine delle
lunghe scalinate
non restava nient’altro che un corpo privo di forze e
imbalsamato, distrutto e
inerme. Da una delle tante finestre vidi il volto di Axelle.
Spaccò la finestra
con una delle sue strane magie e mi diressi subito da lei. Salii su un
mezzo
volante e scappai.