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Autore: kiara_star    28/05/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap26
L' ultima lacrima



XXVI.





Bruce era ancora privo di sensi.
Tony gli sistemò una coperta addosso per coprirlo. I calzoni li avrebbe indossati da sé al suo risveglio.
Natasha continuava a pilotare il jet verso la roccaforte dello S.H.I.E.L.D.; seduto al posto di co-pilota, Clint informava Nick di ciò che era accaduto.
Sospirò Tony, sedendosi su una panca di metallo, con ancora indosso la sua Mark e il casco poggiato accanto.
«Dovremmo chiamare Asgard.» disse poi Steve.
Alzò lo sguardo per incontrare quello azzurro e preoccupato di Rogers.
«Quelli lì hanno un guardone che lavora 24 ore su 24, sette giorni su sette» disse. «Sanno cosa sta succedendo, hanno visto quello che è successo. Se volevano aiutarci l'avrebbero fatto.»
«Amora può aver ricreato la barriera usata da Loki. Non ci hai pensato? Magari non sanno che-»
«Che Thor è diventato un robot al servizio di una stronza ossigenata e ha tentato di fare fuori i suoi amici e dei poveri disgraziati del Nevada?» lo interruppe cinico. Steve sospirò e tacque, e Tony si alzò dalla panca. «Se ne sono lavati le mani, Steve. Ecco tutto. Odio doverlo dire, ma è una gatta che dobbiamo pelare da soli. E se stai per chiedermi in quale modo faremo, mi dispiace, ma non ne ho la più pallida idea.»
«Fury sta inviando una squadra di spazzini a ripulire la zona.» Li informò Clint quando li raggiunse. «Cercheranno anche di arginare ogni possibile uscita di informazioni. Almeno per quanto possibile, finché non troviamo il modo di far “rinsavire quell'idiota di Thor”. Testuali parole.»
Steve annuì incrociando le braccia sul petto e Tony si limitò a un'alzata di spalle.
«A questo punto, tanto vale fare quello che dice Nick.»
Dio, come stavano messi male se dovevano seguire davvero gli ordini di Nick benda nera Fury...
«Stark, mi presti un cellulare? Vorrei fare una telefonata.»
Alla richiesta di Steve, Tony scambiò uno sguardo con Clint prima di sorridere divertito.
«Telefonata d'amore, Cap?» lo prese in giro porgendogli lo smartphone. Steve lo tirò via con un grugnito.
«Voglio solo sapere se è tutto ok» rispose facendo partire la chiamata. «Con Amora in libertà e Thor in quelle condizioni non sappiamo chi sia un bersaglio e chi no.»
Ci fu ancora uno sguardo con Barton mentre si udiva il rumore del telefono che bussava a vuoto.
«Steve, non c'è nulla di male a voler sentire la voce della donna che ti ha liberato dalla tua eterna verginità post-guerra» affermò Tony. Clint sorrise trattenendo una risata e Steve lo fulminò con un'occhiataccia.
«Non risponde.» Sembrava preoccupato e così fece partire una seconda chiamata. Il telefono premuto contro l'orecchio e la fronte aggrottata: era uno spettacolo troppo divertente per non poterne approfittare ancora.
«Magari sarà in bagno a farsi una doccia» ipotizzò Tony con finta serietà.
«Sì, può darsi.» E Steve non sembrava aver per nulla colto la sua ironia.
«Se vuoi dico a Rhodey di sorvolare la zona e vedere se c'è qualcosa che non va.»
«Potrebbe essere un'idea e-»
Purtroppo quel maledetto Barton si era lasciato sfuggire una risata che aveva immediatamente provocato in Tony la stessa identica reazione.
«Siete due idioti!» ringhiò allora il capitano divenendo leggermente porpora e comprendendo solo in quel momento di essere vittima di una delle loro ricorrenti prese in giro.
«Scusa Tony, ma non ce l'ho fatta» piagnucolò Clint tenendosi lo stomaco con un braccio e ridendosela di gusto. «Chiamare War Machine... non ci credo!»
Tony si asciugò una lacrima con l'indice.
«La tua faccia, Steve... era bellissima...» balbettò ancora.
Steve cercò di ignorarli ma il suo viso era ancora una meravigliosa tinta vermiglia.
«Capitano?» Si udì anche Natasha dalla cabina di pilotaggio. «Protocollo New Jersey?»
Tony non comprese cose stesse dicendo, troppo occupato a ridere con la compagnia di Clint.
«Affermativo, agente Romanoff» rispose poi Steve raccogliendo il casco della sua Mark e porgendolo a Clint che lo afferrò senza comprendere a sua volta che stessero farfugliando. «Ne avrà bisogno» aggiunse ancora Rogers.
Tony guardò le mani di Clint che tenevano il suo casco, poi il sorriso sinistro sul viso di Steve.
«Ma che-?»
Il portellone si aprì e un calcio lo lanciò fuori dal jet.
Ciò che Tony udì fra il suono del vento e quello dei propulsori della Mark che cercavano di fargli prendere quota, fu l'urlo di Clint che precipitava pericolosamente sotto di lui.



*



Dopo aver lanciato di peso anche Clint fuori dall'aereo, Steve sospirò soddisfatto mentre Natasha richiudeva il portellone.
«Mi auguro che anche Clint porti dei pantaloni di riserva» ridacchiò la Romanoff facendo sorridere divertito anche lui.
«Bruce sta ancora dormendo, magari gli prestiamo i suoi.»
Afferrò poi ancora il cellulare e telefonò nuovamente.
«È sempre un piacere lavorare con te, capitano.»
«Piacere tutto mio, agente.»
Si scambiarono ancora uno sguardo complice mentre si udivano i primi squilli.





ஐஐ





Non era l'alba quando riaprì gli occhi, né la volta vermiglia del tramonto. Era stata la notte ad accoglierla al suo risveglio, la notte profonda e bellissima del cielo di Asgard.  
La stanza era silenziosa e profumava di lavanda. Nelle notti più irrequiete, sua madre ne faceva bruciare qualche ramoscello ai piedi del letto così che i suoi sogni si acquietassero. E fu sua madre che Sigyn cercò in quella stanza vuota.
Era la sua vecchia camera, con le tende di seta e le lenzuola rosse come una bacca matura.
Niente più segrete, niente più sbarre di ferro, eppure la condanna era ancora tutta da scontare.
Sbatté le palpebre più volte sentendo un senso di vertigine coglierla quando provò a sollevarsi. Ricadde immediatamente sui cuscini scoprendo solo allora le sue braccia fasciate e poi la sua testa, la sua spalla. Se avesse scostato le lenzuola, forse avrebbe visto altre bende avvolgerla.
Ricordava il dolore, il sangue, la voce di Frigga, quella di qualcun altro. Poi era stato buio e altro dolore, poi era stato come cadere in un abisso.
Si bagnò le labbra secche e provò a muoversi di nuovo. Lottò contro il giramento di testa e restò seduta sul letto. Una mano premuta sugli occhi e l'altra a stringere le lenzuola.
Respirò a fondo, lentamente, finché non fu in grado di tenere le palpebre aperte per guardare la camera senza che la vedesse girare.
Non c'era nessuno; era sola.
Avrebbe voluto scendere, liberarsi di quelle bende e bere dell'acqua fresca per lavare via il sapore ferroso che le invadeva la bocca.
Ma ci fu il rumore della maniglia che girava, il sibilo della porta che si apriva. Ci fu la luce di un candelabro e poi gli occhi di sua madre che la guardavano.
«Madre?» la chiamò con un debole fiato.
Frigga raggiunse il letto e poggiò il candeliere sul mobile accanto.
«Devi riposare.» Le comandò sussurrando e l'aiutò a poggiarsi nuovamente spalle al materasso.
«Cosa è successo?» chiese mentre Frigga le sistemava il lenzuolo.
«Nulla, tesoro mio. È tutto passato.» Un sorriso, una carezza sul viso... una bugia.
Sigyn fermò le sue carezze con la propria mano e la guardò in silenzio. Quella menzogna si infranse insieme al sorriso di Frigga.
«Cosa mi è successo?... Dimmelo, per favore.» Ma non ebbe ancora risposta. Frigga abbassò lo sguardo e respirò a fondo senza lasciar andare una parola. Sigyn ebbe timore. «Perché mi trovo qui? Almeno a questa domanda puoi rispondere?» sospirò sentendo nuovamente la vertigine. Chiuse gli occhi ma finalmente udì la sua voce.
«Tuo padre ha deciso che non era più necessario che tu stessi nelle segrete.» Riaprì le palpebre e guardò il suo viso: c'era un pallido sorriso. «Puoi stare qui, nelle tue stanze.»
Il modo con cui le accarezzò i capelli, le trasmise solo tanta tristezza, e fu facile capire che la decisione di Odino di revocare per lei l'ordine di stare nelle segrete, non era da appellare a un insperato perdono, quanto a una fredda e ancora più crudele diffidenza.
«Mi odia...» affermò con un sospiro. «Non valgo più neanche il disturbo di una punizione.»
«Non dire così. Tuo padre ha solo scelto di affrontare a modo suo questa situazione. Non siete solo tu e Loki, c'è anche Styrkárr a occupare i suoi pensieri e adesso che Freyja ha...» Il discorso non terminò e Sigyn guardò la gola di sua madre sussultare.
«Freyja?... Freyja è qui?» Nonostante la spossatezza si mise nuovamente a sedere guardandola bene in viso. «Dimmi cosa è accaduto, madre, altrimenti uscirò da questa stanza e cercherò da me le risposte.»
Qualunque fossero state sarebbero sempre state meglio di quella soffocante ignoranza.
Al suo ennesimo silenzio era pronta a scendere via da quel letto ma poi finalmente le labbra di Frigga si schiusero: «Loki ha fatto un incantesimo che ti ha legato al tuo corpo in modo tale che ogni evento accaduto all'uno avrebbe condizionato l'altro.»
Non capì e scosse il capo confusa.
«Cosa vuol dire? Il mio corpo...» Abbassò lo sguardo sulle lenzuola ricordando perfettamente l'immagine di quel letto, di quel viso, di quella foschia dorata che lo avvolgeva. «Il mio corpo giace fermo in un limbo» affermò ritrovando gli occhi di sua madre. «È stato Loki a dirmelo e io l'ho visto e... di quale incantesimo stai parlando?»
Frigga poggiò la mano sulla sua e solo allora Sigyn si accorse che stava tremando.



*



«Questo è il tuo piano?» Odino scosse il capo e lasciò andare una roca risata. «E io dovrei affidare la sicurezza del mio regno nelle mani di quel folle?»
Freyja raggiunse la sua tazza e bevve lentamente da essa per poi riposarla elegantemente sul tavolo.
«Loki pagherà il suo debito nei miei confronti. Non ti chiedo di fidarti del figlio che ha tradito più volte la sua casa, ma di fidarti dell'uomo che ama quella donna.»
Le parole della regina gli provocarono un tumulto nel petto. Odiava sentir parlare così, odiava dover rivedere quel viso di donna fra i suoi pensieri e non riuscire in vero a tenerlo lontano, perché Frigga aveva avuto ragione: Thor era suo figlio, nel bene e nel male, e per quanto tossica fosse ancora la delusione e la rabbia, Odino non poteva non provare quel palpito di padre.
«Non gli farò riavere la sua magia» affermò. «E non accetterò nessuna azione da parte tua che non rispetti questa decisione, Freyja. Già ciò che è accaduto nella sala della guarigione ha messo a dura prova la mia lealtà.»
Freyja annuì con riverenza.
«Il mio agire è stato istintivo, ne sono conscia, e ti ho già ribadito che non era da considerarsi una mancanza di rispetto verso le leggi della tua casa, quanto un'occasione per ritrovare l'ordine che Styrkárr è deciso a infrangere.»
«Oh, avanti, Freyja. Non credermi uno stupido» affermò Odino con un sospiro stanco. «So bene cosa ne pensi di tutta questa storia. Ma Asgard non è Vanaheim: due fratelli non possono avere quel tipo di legame, e se anche Loki e Thor non fossero stati miei figli sarebbero comunque stati puniti per il loro crimine.»
«È vero, considero incivile condannare un'unione per ragioni così ridicole come quelle di una parentela, in questo caso addirittura inesistente, ma non sono qui per mettere in discussione i regolamenti asgardiani, sebbene li reputi oltremodo barbari, e tu lo sai.» Freyja si alzò poi dalla sua poltrona, tenendo le mani congiunte sulla sua veste azzurra. «Avere Loki dalla nostra parte è un vantaggio, non una vergogna, Odino. Lui conosce i piani di Styrkárr, conosce soprattutto il legame mistico con cui egli può governare la potenza di Mjolnir. Sai come me che non possiamo disfare alcun incantesimo se non ne conosciamo le leggi con cui esso vive. Un passo errato e potrebbe essere impossibile sciogliere la magia, e a quel punto tutto andrebbe perso.»
Odino sospirò ancora e rubò un po' di silenzio.
Non poteva fidarsi di Loki, non voleva fidarsi, non voleva dargli l'ennesima opportunità di tradirlo, e paradossalmente non voleva dargliene neanche una per non farlo. Non voleva vedere la lealtà che avrebbe dimostrato a quella donna, non voleva vedere quanto forte quel peccato lo aveva reso.
«Convocherò l'esercito e i miei generali. Organizzerò ogni reparto affinché sia allertato contro qualunque evenienza» sentenziò poi e Freyja lo ascoltò senza interromperlo. «Ti concederò di parlargli e di provare la tua strada, ma il tempo dell'attesa sta per concludersi. Mi auguro tu abbia ragione, Freyja, perché arrivati a questo punto non possiamo far altro che prepararci alla guerra.»



*



Erano trascorsi tre giorni e mezzo. Frigga non gli aveva più fatto visita, le guardie non erano più tornate. Nessuno gli aveva portato del cibo o dell'acqua, nessuno gli aveva rivolto la parola.
Tre giorni di silenzio e isolamento completo, con la sola compagnia dei suoi pensieri.
Loki non aveva sofferto la fame, o la sete, o la solitudine stessa. Avrebbe potuto trascorrere altri mille anni in quella cella e non avrebbe supplicato mai per un bicchiere d'acqua o un pezzo di pane, eppure dopo soli tre miseri giorni si sentiva impazzire all'idea di non sapere come stesse e dove fosse adesso. Tre giorni a farsi le stesse domande e a udire la stessa silente risposta.
Forse in realtà Freyja non era riuscita a sciogliere completamente il suo legame, forse Amora aveva trovato un'altra maniera per colpirla, forse Frigga non aveva il coraggio di dirgli la verità. Eppure Odino avrebbe potuto torturarlo con quella verità, avrebbe potuto umiliarlo e deriderlo per la sua debolezza.
Prese un profondo respiro, così come faceva da ormai tre intensi giorni. Respirò e tacitò le sue paure, la sua paranoia. Arrivare alla follia era solo fare il suo gioco, perdere il controllo era regalargli un'altra vittoria.
«Al contrario di ciò che avrei creduto, Odino mostra molta magnanimità nel donarti un castigo così confortevole.»
Era la prima voce che udiva, e sebbene non fosse quella che avrebbe voluto, fu comunque lieto di vedere un volto al di là della barriera.
Freyja si ergeva dinanzi a lui priva di guardia, sola e algida, con il suo sguardo nero a trafiggerlo.
Loki si avvicinò con passo lento alla parete che li divideva.
«Una catena, seppur d'oro, resta sempre una catena» disse. «Anche quando non lega i polsi essa non smette di stringere.»
Freyja non rispose nulla, restò a guardarlo in attesa che le porgesse quella domanda che Loki non avrebbe trattenuto a lungo sulla lingua.
«Lei sta bene?»
La regina sorrise.
«Vuoi sapere se sei ancora in debito con me? Sì, lo sei, ed è per questo che sono scesa in questi luoghi che per nulla si apprestano a ricevere la visita di una regina.»
Se avesse avuto meno dignità avrebbe sospirato con gratitudine. Si limitò solo a far sua quella verità, e gioire in silenzio nel suo cuore per quella buona nuova.
Allungò un braccio con fare scenico per invitarla a parlare. «Non voglio che tu ti trattenga più di quanto il tuo nobile rango ti conceda. Per cui, mia regina, chiedi ancora il tuo prezzo.»
Freyja lo scrutò a lungo, silente e poi parlò: «Conosci i piani di Styrkárr?»
Loki assentì con un lento movimento del capo.
«Attaccare Asgard e farla ardere fino alle fondamenta» rispose privo di espressioni, come stesse pronunciando una frase senza importanza. «Tornare poi vittorioso a Vanaheim, per chiedere alla sua regina di ripagare la sua lealtà. Qualcosa di banale...»
Freyja sorrise. «Come può credere che possa accettarlo?»
E Loki le sorrise di riflesso.
«Non so rispondere; so soltanto che in mancanza di una tua risposta, Vanaheim subirà la medesima sorte di Asgard. Cosa accadrà dopo non saprei, ma giunti eventualmente a quel momento saresti già piuttosto morta per preoccupartene.»
La signora di Vanaheim non mostrò interesse alla sua provocazione. «Benché con in pugno quel martello non può pensare di conquistare Asgard da solo. Non è folle fino a questo punto.»
«Non lo farà,» le rispose. «L'Incantatrice gli ha promesso un esercito e non sarà di comuni soldati.»
Loki poté vedere i mille pensieri che stavano vorticando nel fondo del suo sguardo, sebbene il viso di Freyja fosse privo di apparente inquietudine.
«Posso ritenere ripagato il mio debito, vostra maestà?» chiese con falsa riverenza. La donna si avvicinò ulteriormente alla barriera così che Loki si sentisse inghiottire letteralmente dai suoi occhi bruni.
«La vita della tua amata vale forse così poco?» sospirò con solennità e Loki si ritrovò a stringere forte la mascella.
«Cos'altro vuoi da me? Non ho neanche la forza necessaria ad abbattere questa barriera. Non vedo cos'altro possa fare per soddisfare le tue richieste» affermò.
«Non libererò il tuo seiðr, se è questo che mi stai chiedendo, Loki.»
Rise scuotendo il capo.
«Non sono così ingenuo, Freyja. Immagino che Odino si sia preoccupato di intimarti di non compiere altri gesti senza la sua... come posso dire... approvazione.»
«Se anche non avessi tale rispetto per Odino e la sua casa, non farei comunque nulla per rimetterti nella condizione di creare altro caos, figlio di Jotunheim.»
Loki perse ogni sorriso e la guardò con freddezza. «Cosa vuoi da me?» chiese lapidario, stanco di quella conversazione.
«Asgard e Vanaheim sono pronte ad affrontare qualsiasi esercito quella donna abbia intenzione di porre ai comandi di Styrkárr, ma quell'arma nelle sue mani è una minaccia che nessuno è disposto ad accettare» spiegò la regina con serietà e Loki sapeva cosa volesse dire. «Devi dirci come disfare il legame che gli permette di governarla. Qualsiasi sia il costo.»
«Sarebbe un costo che pagherei io,» precisò con rabbia mal celata. «Non è la mia guerra.»
«Sei stato tu a darle inizio, e tu ne decreterai la fine» ribadì Freyja. «Mjolnir è destinato a essere l'arma fedele al figlio di Odino, non ad altri, e tu farai in modo che questo caos lasci il passo al vecchio ordine.»
Sbatté il pugno contro la barriera ignorando la scarica che gli attraversò prima il polso e poi il braccio, ignorando il sangue che prese a fluire dalla sua carne.
«Il prezzo per averle salvato la vita sarebbe perderla?» ringhiò mentre il liquido rosso scorreva sulla barriera di seiðr. Non poteva fare ciò che chiedeva, non poteva rimettere Mjolnir nelle mani di Thor perché a quel punto Sigyn sarebbe svanita per sempre.
«Negarmi la tua collaborazione equivale ribadire la condanna inflittati di Odino: trascorrere il resto della tua vita in questa cella» sentenziò Freyja. «Non potresti comunque più vederla.»
Ingoiò la sua rabbia togliendo il pugno dalla barriera e lasciando che gocce di sangue cadessero sul pavimento.
«Accetta di donarci il tuo aiuto e potrai godere della sua presenza finché non riusciremo a porre fine a tutta questa storia» disse ancora Freyja. «È molto più di quanto potresti chiedere.»
Loki scosse debolmente il capo stringendo entrambi i pugni.
«E dopo? Tornerò qui dentro e ci resterò... Non cambierebbe nulla» sospirò fingendo una sicurezza che non aveva.
«Allora ti conviene dare valore a ogni singolo attimo.» Gli suggerì Freyja prima di voltarsi. «Il loro ricordo sarà la tua compagnia.»
Loki la vide andare via, la vide sparire silenziosa, così come era arrivata.
 


*



Sif scambiò uno sguardo con Hogun quando Odino pronunciò quel nome.
Styrkárr, il Vanr che aveva tradito prima il suo regno e poi la fiducia di Asgard, era tornato e pronto ad attaccare.
Quei giorni erano trascorsi irrequieti e coperti di incertezza. Dopo l'episodio della camera della guarigione, Sif non aveva più neanche intravisto la regina Frigga a palazzo, Odino e Freyja ancora meno.
Non si avevano notizie di Sigyn, e si diceva che Loki fosse stato condannato al silenzio della più lontana delle prigioni di Asgard.
Avevano provato a chiedere ma nessuno conosceva risposte, perfino i capitani della Decima Divisione erano allo scuro di ogni situazione, ed era stato comandato loro solo di ergersi a difesa in caso di bisogno.
E adesso Odino aveva convocato ogni singolo reparto e aveva annunciato che era tempo di scendere in campo per proteggere il regno.
Aveva dato a ogni contingente i singoli ordini, aveva dato il comando ai più prodi e fidati generali.
Eppure Sif aveva una domanda da porre, sorpresa che ancora nessuno l'avesse fatto.
«Mio re?» Lo chiamò battendo la mano sul petto, facendo un passo avanti e uscendo dalla fila dei guerrieri.
«Parla pure, Lady Sif.» La invitò Odino dal suo trono.
«Mio re, perdonate la mia domanda, ma dal momento che Asgard si trova in grave pericolo, non sarebbe saggio richiamare il principe Thor? Midgard sarà di certo ben difesa in sua assenza.» Nel momento in cui alzò il viso verso il suo sovrano, Sif non seppe cosa lo coprisse. C'era un velo di gelo che non pareva avere motivo di esistere, perché la domanda era lecita e la risposta avrebbe dovuto essere altrettanto semplice.
«Thor non può servire Asgard e resterà su Midgard il tempo che riterrò giusto che resti.»
Era confusa dalle sue parole. Cosa volevano dire? Avrebbe voluto chiedere oltre, ma nel momento in cui le sue labbra stavano per schiudersi ancora, Fandral la fermò per un polso e le intimò con lo sguardo di non continuare.
«È tutto. Siate pronti a mostrare il vostro valore. Asgard non vi chiede altro.»
Il rumore dei tacchi che sbattevano all'unisono fu assordante.
Sif seguì con lo sguardo il re abbandonare la sala seguito dai suoi più fedeli consiglieri.
«Sta succedendo qualcosa...» mormorò poi, quando restò in compagnia solo dei tre compagni. «Perché Thor non può tornare?»
Volstagg scosse il capo. «Non sta a noi chiedere, Sif. Odino sa ciò che fa.»
«Esattamente» concordò con lui anche Fandral. «So cosa stai pensando, ma se fosse accaduto qualcosa a Thor lo avremmo saputo.»
«Non lo so, questa storia è piena di punti interrogativi e qualcosa mi dice che il Padre degli Dèi conosce il modo per risolverli ma non ha interesse a farlo» sospirò irrequieta.
«Se anche fosse come dici tu, Sif, non possiamo fare nulla» ribadì Volstagg. «Dal momento che sia Asgard che Vanaheim sono sul ciglio di una nuova lotta, il nostro dovere è restare qui a difendere il regno.»
Comprendeva bene i suoi doveri e sapeva che le parole dell'amico erano giuste e sagge, eppure era cosi difficile tacitare la sua preoccupazione.
«Forse anche Midgard è in pericolo» ipotizzò poi Hogun nella sua compostezza. «L'esercito di Asgard e quello Vanr sono più che sufficienti per debellare ogni minaccia, ma i Midgardiani sono privi di una tale forza e l'aiuto di Thor è per loro di inestimabile valore.»
«Hogun ha ragione,» disse poi Fandral con un sorriso. «Probabilmente Loki ha creato altro caos su Midgard e adesso dovranno sistemare le cose.» Le poggiò poi la mano sulla spalla con amicizia. «Non turbare i tuoi pensieri con inutili preoccupazioni, amica mia. Un guerriero deve restare concentrato.»
«Ben detto! Per questo meglio mettere qualcosa nello stomaco... A digiuno si ragiona male.»
Volstagg provò a strapparle una risata che Sif lasciò andare debolmente.
Doveva fidarsi dei suoi compagni, doveva fidarsi del suo re e del suo giudizio. Doveva fidarsi di Thor, ovunque fosse.



*



Le ferite si erano rimarginate, ogni frattura era guarita e ormai Sigyn non avvertiva che un lontano senso di spossatezza che però Frigga le aveva detto sarebbe presto svanito.
Era rimasta al suo fianco, Frigga, le aveva fatto compagnia durante i pasti, le aveva fatto portare vesti che potesse indossare senza sentirsi svilire dalla loro femminilità, le aveva raccolto i capelli e li aveva legati come un tempo, con piccole trecce da guerriero. L'aveva invitata a fare un bagno ed era uscita dalla sua stanza prima che lei glielo chiedesse.
Frigga l'aveva trattata come fosse ancora un principe, come fosse ancora suo figlio, eppure dalle sue labbra, non l'aveva più udita chiamarla con quel nome.
Neanche sua madre, in tutto il suo amore, riusciva davvero a vedere Thor nei suoi occhi.
Perché Thor era con Amora, chissà dove, a seguire i suoi folli comandi.
Quando aveva udito quella storia per poco non aveva urlato, di rabbia e di vergogna, nel sapere di quali abominevoli azioni si stava macchiando Amora, nel sapere che quell'abominio si era realizzato anche grazie a Loki.
Il mio odio, il mio rancore, la mia rabbia... è tutto ciò che sono disposto a donarti, fratello.
Eppure non credeva che Loki odiasse Thor così tanto, lo odiasse al punto tale da calpestare perfino la sua dignità nel renderlo un fantoccio nelle mani di quella donna.
Frigga le aveva assicurato che la Terra non aveva subito reali danni, che i suoi compagni di armi si erano posti a sua difesa con valore, anche se erano stati costretti a combattere contro un loro alleato.
Non pensava di poter far soffrire tanto il mondo che aveva promesso di proteggere, di poter far soffrire e deludere ancora i suoi amici.
E adesso era li, vestita come una valchiria, a guardare la bellezza del suo regno dalla balconata delle sue camere. La sua nuova prigione.
Non aveva più visto suo padre, non aveva più avuto modo di potergli parlare. Se anche ne avesse avuto la facoltà, in verità non sapeva cosa avesse potuto dirgli, quali parole avrebbe potuto usare.
Esistevano parole in grado di rappresentare il suo senso di colpa? Il suo rimorso? La rabbia contro se stessa?
Esistevano parole che potessero oltrepassare la corazza con cui Odino aveva vestito il suo cuore?
«Tesoro?» Frigga l'aveva raggiunta e le aveva sorriso. «Come ti senti?»
«Bene, madre. Non preoccuparti per me, sto bene.» Provò a sorridere a sua volta sebbene non ne avvertisse la forza.
«Tuo padre ha informato l'esercito,» disse poi Frigga con serietà e Sigyn si voltò a guardarla. «Ha detto loro solo il necessario. I soldati non hanno bisogno né voglia di conoscere altro al di fuori dei loro ordini.»
Avrebbe voluto essere una rassicurazione, ma Sigyn sentì comunque il cuore incrinarsi.
«Non voleva che sapessero la vergogna che gli aveva procurato suo figlio. Non lo biasimo.»
«Oh, basta colpevolizzarti adesso.» La riprese ancora Frigga. «C'è anche qualcos'altro che devi sapere.»
Sospirò a annuì; ormai era pronta ad ascoltare ogni verità.
Frigga però attese qualche respiro prima di pronunciarla.
«Freyja ha parlato con Loki affinché collaborasse.»
Sigyn le aveva chiesto di lui un paio di volte, ma provava un bruciante risentimento verso suo fratello, dopo essere venuta a conoscenza di ciò che aveva permesso di fare ad Amora. Non ne andava fiera, ma non era riuscita a reprimere la rabbia per il suo comportamento egoista.
Loki diceva di amarla, di essere pronto a fare tutto e poi aveva concesso all'Incantatrice di usarla. Le aveva taciuto di quell'incantesimo, le aveva taciuto altre mille verità che aveva invece promesso di dirle.
«Perché dovrebbe farlo? Loki non ha motivo di collaborare adesso» ribatté con eccessivo livore. «Freyja è un'ingenua se crede che lui farà qualcosa per aiutare lei oppure Odino.» Si allontanò dal balcone per celare a sua madre la sua espressione rancorosa. «Loki non fa niente che non sia per se stesso.»
«Tuo fratello è sempre stato un egoista, ma è solo una parte del suo animo e tu lo sai.»
A quelle parole si voltò nuovamente con un sorriso tragico.
«Non difenderlo, madre... Non continuare a difenderci. Non esiste scusante per le nostre azioni. Padre è nel giusto: non meritiamo attenuanti.»
«Stammi a sentire, adesso. Ti ho cresciuto affinché fossi in grado di comprendere i tuoi errori e di affrontarne le conseguenze, ma non ricordo di averti mai insegnato l'autocommiserazione.» Ora era Frigga a guardarla con rancore e Sigyn non si sarebbe sorpresa se la sua mano le avesse violato il viso. «Il fatto che non ti abbia lasciato marcire in quelle segrete o che non abbia gioito nel sapere Loki in quella cella, non vuol dire che scuso e approvo il vostro comportamento.» La sua gola sussultò davanti allo sguardo di Frigga e la sua lingua fu incapace di ribattere alcunché. «Eravate fratelli, siete fratelli, e avete fatto qualcosa che due fratelli non dovrebbero mai fare.» Si sentì arrossire e scostò lo sguardo.
«Madre...»
«È questo che vuoi sentirmi dire? Vuoi che resti qui a nutrire i tuoi sensi di colpa o vuoi che ti spinga a reagire?»
«Io non so che cosa posso fare!» esclamò con foga. «Non so come proteggere il mio regno o Midgard! Non so come impedire che Amora faccia ancora del male alle persone che amo...» Abbassò poi lo sguardo sulle sue mani e scosse il capo. «Sono bloccato in questo corpo che non fa che ricordarmi in ogni istante tutto quello che ho perduto, e non intendo Mjolnir né il rispetto di mio padre.» Una lacrima quasi sfuggì al suo controllo ma la ricacciò indietro con rabbia. «La colpa con cui mi sento soffocare, madre, non ha a che fare con ciò che abbiamo condiviso io e Loki, ma con ciò che non abbiamo potuto condividere.» Rialzò gli occhi umidi e guardò quelli di Frigga che erano altrettanto tristi ma che ignoravano il dolore che annegava realmente nei suoi. «Se non fossi stato tanto codardo, se non fossi stato io il vero egoista, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto. Non avrei reso mio fratello il mostro che è diventato, non avrei messo in pericolo un regno pacifico come la Terra né avrei condannato Asgard a dover subire le ire di un vecchio nemico. Se solo avessi avuto il coraggio di amare come Thor, non avrei avuto l'ignobile necessità di vestirmi con un altro nome per farlo.» Ogni lacrima che non scese fu comunque lavata via dalle carezze di sua madre, dai suoi baci sul viso, dal suo abbraccio caldo. «Se c'è qualcosa che posso fare per rimediare almeno a uno dei miei sbagli, madre, comandami di farlo... Te ne prego.»
Sigyn strinse a sua volta il corpo di Frigga affondando il viso fra le sue braccia.
Si sentì accarezzare i capelli e poi baciare la fronte.
«Allora sii pronto, figlio mio, perché se è un ordine che chiedi, sto per darti il più difficile.»





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«È giunto il momento.» Styrkárr guardò il buio dell'universo, privo di stelle e di qualsivoglia luce. Guardò il suo percorso, ciò che aveva lasciato indietro e ciò che avrebbe conquistato a breve. Guardò l'abisso senza fine e vide solo trionfo.
Amora al suo fianco fu silente.
«Fra poco Asgard cadrà e Odino dovrà soccombere alla mia grandezza.» Un riso isterico, mentre gli occhi percorrevano il metallo del martello che impugnava. «Gli fracasserò il cranio con la stessa arma che ha donato al suo amato figlio... Oh, Norne benigne, quale gaudio sarà per me...»
Non badò allo sguardo glaciale dell'Incantatrice né a quello privo di vita del tonante alle sue spalle, ormai solo un inutile pupazzo nelle mani di quella donna.
«Fai ciò che devi, ragazza mia, e quando l'armata sarà pronta, vieni a chiamarmi.»
Amora fece un cenno di accordo con la testa e lasciò la stanza. Thor la seguì muto.
Styrkárr guardò nuovamente la pece dinanzi ai suoi occhi e mentre la potenza di Mjolnir fluiva nelle sue vene, gli parve che non ci fosse nulla di più maestoso.
 




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Si stava rigirando fra le mani una piccola clessidra priva di sabbia, un modo per rimembrargli che il tempo in quella cella avrebbe perso per sempre di consistenza.
Loki giaceva seduto a terra, con le spalle contro la parete a guardare con la coda dell'occhio il corridoio vuoto alla sua destra.
Le altre celle erano vuote. Non un suono, non un fiato.
Aveva fasciato la mano che si era ferito con un pezzo di stoffa strappato dal lenzuolo pregiato. Lo aveva legato stretto attorno al palmo, mentre il seiðr di protezione aveva sciolto e fatto svanire ogni traccia di sangue sulla barriera
Freyja era andata via con la sua richiesta e lui aveva ingoiato ogni urlo affinché nessuno potesse gioire della sua debolezza.
Fece saltare in aria ancora una volta la clessidra e poi ancora una, finché non la strinse nel palmo della mano quando udì dei passi.
Attese che divenissero più vicini e si sporse con il capo verso la barriera per scorgere chi fosse il nuovo visitatore. Non era Freyja, che sembrava viaggiare nel vento, non era sua madre il cui profumo l'avrebbe sentito a distanza. Non era Odino, perché i passi erano troppo lesti e brevi.
Una guardia, forse, o il famigerato flagellatore, pronto a estirpare con la forza la sua alleanza.
Chiunque fosse, Loki era pronto a riceverlo.
Stava ora scendendo le scale, con rumorosi passi di stivali, quando Loki riprese a giocherellare con il piccolo ornamento. Un sorriso disegnato sul viso, con cui accogliere chiunque stesse giungendo all'ultimo gradino. Presto avrebbe visto il suo viso e avrebbe potuto far sciogliere la sua lingua.
Quando l'ospite voltò l'angolo e Loki ne scoprì il volto, la piccola clessidra cadde sul pavimento e il sorriso cinico si ridisegnò in uno più dolce e sincero.
Si alzò da terra e si avvicinò alla barriera mentre la distanza che li divideva diveniva via via più misera.
«Sigyn?» sibilò quando la vide poi arrestarsi dinanzi alla sua cella. Il suo viso privo di ferite, il suo corpo fasciato in abiti asgardiani che tanto ricordavano quelli che lui le donò secoli prima. Sottili ciocche d'oro a incorniciarle il viso.
I suoi occhi azzurri a guardarlo, le sue labbra rosee appena schiuse.
«Come stai?» Gli chiese con un sospiro e Loki sentì il suo cuore battere forse per la prima volta in quei lunghi tre giorni. «Cosa hai fatto alla mano?»
«... Se solo potessi toccarti...» sospirò con un ennesimo fiato. Ma Sigyn abbassò il capo senza rispondere al suo sorriso e Loki era già pateticamente appagato dalla sua vista che non lasciò tempo per turbarsi del suo comportamento. «Io sto bene» disse poi riavendo il suo sguardo. «Odino mi tratta con inaspettata generosità, come puoi ben vedere.» Ghignò mostrandole la cella. Nessun sorriso piegava ancora le sue labbra e Loki spense anche il suo. «Ti credevo nelle segrete» confessò e Sigyn annuì con aria distaccata.
«Ero nelle segrete fino a qualche giorno fa, prima che il tuo incantesimo mi costasse quasi la vita.»
Loki riuscì a scorgere il suo rancore dal suo viso prima ancora che dalle sue parole.
«Era per proteggerti» ammise.
Sigyn finalmente gli donò un sorriso ma era privo di verità, solo una smorfia arrabbiata.
«Proteggermi mentre Amora usava il mio corpo come più le piaceva?!»
Loki sospirò bagnandosi le labbra.
«Credevo fosse chiaro quale era il suo scopo all'interno di questa storia. Non sei mai stata così stupida da ignorarlo.»
«Beh, forse lo ero, perché non ho mai ipotizzato che potessi scendere così in basso. Neanche tu.» La sua gola sussultò e gli occhi si tinsero di freddo ghiaccio. «Ma in fondo perché stupirmi? Tu mi hai usato allo stesso modo di Amora.»
«Non azzardarti a dirlo ancora» le intimò Loki senza celarle la sua disapprovazione per quell'allusione.
Sigyn curvò ancora le labbra facendo un ulteriore passo verso la parete finché non ci fu soltanto essa a dividerli. «Perché non dovrei? Amora mi ha usato per attaccare i miei stessi amici e tu per appagare le tue pulsioni... Che differenza c'è?»
Loki strinse forte i denti e la guardò con rabbia.
«Non parli sul serio. Vero?» le chiese retorico e Sigyn scosse la testa passeggiando lentamente.
«Credevo che ciò che mi hai detto fosse vero, che il tuo affetto fosse-»
«Lo era!» ribadì Loki riavendo i suoi occhi. «Lo è» disse ancora con un fiato più debole. «Metti ancora in dubbio ciò che provo? Ancora adesso, che sono qui dentro... Per te?»
Una risata isterica lasciò la gola di Sigyn.
«Per me? Io non ti ho chiesto di dare il via a una simile follia, Loki! Non ti ho chiesto di riaprire vecchie ferite né di crearne di nuove.»
«Potevi uscire da quella casa in qualsiasi momento, non ti ho obbligata a rimanere. Non fare la parte dell'innocente, non te lo permetto!»
«E tu non cercare di ripararti dietro a un fantomatico amore dal momento che non sai neanche cosa voglia dire realmente amare!»
Ora i suoi occhi erano lucidi, le sue labbra tremavano e la sua gola sussultò.
Loki strinse nel cuore quell'immagine, e la voglia di frantumare quella barriera crebbe vertiginosa.
«Confondi la lussuria con il sentimento, Loki» disse ancora Sigyn.
«Lussuria...» ripeté lui debolmente. «Non ci credo che ancora adesso tu mi venga a dire una cosa simile.» Non dopo che ti ho aperto il cuore, non dopo che te l'ho donato e con esso ti ho donato tutto me stesso.
«“Se solo potessi toccarti”... me l'hai detto adesso, dopo che ho quasi rischiato la vita a causa dei tuoi folli trucchi! Tutto ciò che hai saputo dirmi quando mi hai visto è stato “Se solo potessi toccarti”...» Un altro sorriso sofferente. «Non è forse una risposta?»
«Chiami menzogna ogni parola che abbandona le mie labbra e lussuria ogni mio gesto» disse Loki guardandola incredulo. «Forse sei tu a non saperne nulla dell'amore dal momento che l'hai giurato alla prima terrestre che hai incontrato.»
Sigyn si incendiò di rabbia. «Non mettere Jane di mezzo. Lei non c'entra nulla.»
La stessa rabbia avvolse lui.
«È questo il problema: lei non avrebbe dovuto entrare in niente!» affermò con impeto. «Ma era più facile per te. Non è così?» Quella rabbia divenne veleno e scivolò sulla sua lingua senza che potesse impedirlo. «Era più facile fingere di essere l'eroe senza macchia piuttosto che il vero te stesso.»
Loki vide ogni parola colpire il suo orgoglio e il suo stesso viso come uno schiaffo.
«Ti è bastato rimettere piede qui per rimproverarti tutto ciò che hai fatto sulla Terra. Ma se pensi che questa ritrovata coscienza basti per recuperare il rispetto di tuo padre, ti sbagli.» Sorrise affilato, come una lama di spada pronta a trafiggere. «Odino non dimenticherà mai che il suo amato figlio, il potente e perfetto Thor, è stato la mia puttana per intere notti.»
Sigyn rispose a quel sorriso con tristezza e forse altro, ma Loki aveva troppa delusione nel cuore per poterlo riconoscere.
«Non era il rispetto di nostro padre che volevo recuperare ma la tua anima...» sospirò priva di rabbia e Loki capì l'altro sentimento che la avvolgeva: rassegnazione. «Non sono venuto qui perché ci scambiassimo altro odio, Loki, ma perché credevo che fossi pronto per metterlo da parte. E se proprio vuoi saperlo, io non mi rimprovero nulla di ciò che ho fatto. Non mi pento dell'affetto che provo per te, seppure sia esso ritenuto illecito per le leggi di Asgard... Non mi pento di essere stata la tua puttana se è questo che ha significato per te.»
Loki sospirò e abbassò il capo poggiando la mano contro la parete bianca. Non avrebbe voluto farle del male, neanche con una sola parola. Non a lei, eppure non riusciva a far altro che a infliggere dolore, non riusciva a far altro che a sputare tutto il veleno con cui era divenuto ciò che era: portatore di caos, figlio della menzogna e sovrano di inganni.
Colui che amava ciò che non avrebbe dovuto, che chiedeva qualcosa che non avrebbe mai potuto ottenere.
Le Norne, nell'alba dei tempi, avevano voluto giocare sadicamente con la sua vita e Loki non aveva potuto sottrarsi a quell'infelice giogo.
«Forse hai ragione...» sospirò debolmente senza rialzare il capo. «Non so cosa sia l'amore, magari il mio è solo egoismo, è solo la smania infantile di un pazzo ma...» Quando lo risollevò i suoi occhi verdi erano colmi di lacrime che restarono sigillate nella sua sofferenza. «Ma non posso perderti... Non voglio. Chiamala lussuria, chiamala follia, dalle il nome che più trovi appropriato o inventane uno, non importa... Ma io non posso perderti un'altra volta.» Non sopravvivrei...
Sigyn si avvicinò ancora alla barriera ponendo il palmo contro di essa e Loki temette potesse ferirsi, ma attraverso l'oro della parete vide il riflesso verde della runa che aveva inciso contro la sua pelle, quel frammento di anima che le aveva donato.
«Non mi perderai, Loki, non adesso che ci siamo ritrovati.» Avrebbe voluto porre il palmo contro il suo, avrebbe voluto che non ci fosse nessuna barriera che lo dividesse dal suo calore, ma c'era. C'era una barriera e ci sarebbe sempre stata; era Asgard, era Odino, era l'orgoglio di Thor, era il suo egoismo, il suo rancore. «Io sarò sempre qui, al tuo fianco.»
Gli stava promettendo la stessa menzogna di secoli prima, con la stessa convinzione, con la stessa fiducia.
Non le avrebbe più creduto.
«No» disse sorridendole. «Se stavolta ti lascio andare sarà per sempre. E tu lo sai.»
«Loki...»
Sigyn premette ancora il palmo con lo sguardo d'acqua a versarsi nel suo.
Nessuna menzogna stavolta, fratello. Nessuna falsa promessa.
«Aiuterò Freyja se è questo che vuoi. Aiuterò Asgard a scongiurare gli intenti di Styrkárr, rimetterò Mjolnir nelle mani di Thor e riporterò a Odino il suo prezioso erede. Ti ucciderò dai miei pensieri e dalla memoria, dimenticherò che tu sia mai esistita, cancellerò ogni notte e ogni alba, cancellerò ogni respiro e ogni brivido che hai condiviso con me, Sigyn.» Loki vide il suo viso teso e i denti trattenere il labbro per impedirgli di tremare. «Chiedimi di lasciarti andare e lo farò senza alcuna esitazione.» Prese un respiro e le porse quella domanda da cui sembrava dipendere la sua stessa vita: «Vuoi che ti lasci andare... cuore mio?»
Le labbra di Sigyn si schiusero e la sua gola sussultò. Lo sguardo si abbassò e il palmo scivolò via dalla barriera.
«Sì...»
In quell'istante il cuore di Loki si frantumò
.












***












NdA.
Ennesima crepa nel rapporto già instabile dei nostri due fratellini.
Stavolta sarà davvero la fine?
Loki manterrà la sua parola di lasciare andare la sua amata sorellina?
Bah, chi lo sa.
Nel prossimo capitolo finalmente una svolta e si torna anche sulla nostra sventurata Terra, ormai meta preferita di ogni mente bacata in giro per l'universo.
Scusate se questo aggiornamento è stato più breve e meno d'azione, ma era necessario ^///^
Noi ci leggiamo settimana prossima, se ne avrete voglia ~
Kiss kiss Chiara
  
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