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Autore: Vitya    29/05/2014    8 recensioni
Quando Sasuke aprì gli occhi capì subito di essere in ospedale. Era circondato dalle persone a lui più care: sua madre, suo padre e suo fratello. Ma c'era anche la sua nuova, inseparabile compagna di vita: la sedia a rotelle.
-Tu ti nascondi sempre dietro la tua solita indifferenza. Ho capito perché lo fai e ho capito anche che cosa provi. Smettila di nasconderti, con me non lo puoi fare, ormai ti conosco. Anche se so che non lo vuoi ammettere, tu con me sei quello che sei veramente.
Spero di avervi incuriosito almeno un po' :) SasuNaru (ovviamente XD) altre coppie: ItachixNagato, che spero di farvi amare, poi KonanxYahiko e le altre si aggiungeranno via via :D
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Buonasera! Lo so, mi odiate perchè ho ritardato proprio con un capitolo che aspettavate con ansia, non posso darvi torto .-. Purtroppo, detto molto sinceramente, avevo l'ispirazione sotto i piedi e la mia voglia di scrivere era pari a zero, però non mi sembrava affatto giusto lasciarvi per così tanto tempo senza capitolo. Rileggendolo non mi sembra poi così male, diciamo che è per metà riuscito :) 
So che ormai sono diventata ripetitiva, ma non smetterò mai di ringraziarvi per le vostre recensioni ^_^ 
Detto questo, spero che il capitolo vi piaccia lo stesso, un bacio e buona lettura :*

 
Cap 33: Basta che andiamo
-Ciao Sasu – lo salutò calorosamente il biondo.
-Che ci fai qui? – domandò il ragazzo, senza muoversi dal pianoforte.
-Beh, oggi c’è davvero una bella giornata, quindi … pensavo che ti sarebbe piaciuto andare a fare un giro insieme – spiegò alzando le spalle.
Sasuke spostò lo sguardo pece da Naruto al fratello, che continuava a guardarlo con un sorriso appena accennato: qualunque cosa quell’idiota avesse in testa, di sicuro Itachi lo stava aiutando. Traditore di un fratello!
-Un giro? – chiese il moro, scrutandolo non troppo convinto.
L’Uzumaki annuì, sollevando il casco che aveva in mano: era incredibilmente colorato, di un bellissimo celeste con la scritta della marca in blu. Un casco, andare a fare un giro … che fosse come pensava?
“-Vorrei fare un giro in motorino. -
-Un giro in motorino? –
-Sì. L’ultima volta che sono salito sulle due ruote è stata la notte dell’incidente-“
Quindi il biondo aveva preso sul serio le sue parole? Non gli sembrava possibile. Però adesso lui era lì, davanti ai suoi occhi increduli con un gran sorriso ed un casco in mano. Ma anche se fosse stato davvero così, era disposto ad accettare quella proposta? Dopo tutta la rabbia che aveva sfogato nelle ore precedenti, adesso si sentiva pronto a passare un intero pomeriggio proprio con colui che gli aveva causato tutto quel … dolore? No, la sua era stata solo una forte arrabbiatura, non c’era affatto del dolore. O forse sì?
-Voglio davvero passare del tempo lui? In fondo sta con Gaara, dovrebbe essere con lui, non con me. Oh, Dio! Ma che sto pensando?! Mi sto completamente rincretinendo – pensò il ragazzo – Temo che sia la sua vicinanza, d’altronde Naruto non è proprio un mostro d’intelligenza. –
-Allora, vuoi venire? –
Sasuke alzò lo sguardo sul giovane che aveva di fronte, quasi perdendosi in quegli occhi chiari così trasparenti che lo fissavano con insistenza. Doveva dirgli di sì o di no? Era indeciso, non si voleva staccare dai tasti del pianoforte; se fosse rimasto a suonare avrebbe potuto liberarsi di tutti quei dubbi che lo tormentavano da giorni, però il sorriso dell’Uzumaki era così convincente.
-Lo sto facendo per me? – si chiese il ragazzo, sospirando.
Spinse la sedia a rotelle fino ad fermarsi proprio davanti all’ospite e, anche se lo guardava dal basso, non perdeva quell’aria di superiorità tipica di ogni Uchiha.
-Dove dovremmo andare? –
-In giro – si limitò a dire il biondo, slacciando il casco per poi metterlo in testa al moro, il quale sembrò non gradire particolarmente quel gesto scherzoso.
-Sai che sulle due ruote non posso portarmi dietro la sedia a rotelle, vero? –
-Non preoccuparti – rispose Naruto prendendogli una mano, iniziando a trascinarlo vero l’ingresso.
 
***
 
Itachi guardò i ragazzi allontanarsi salutandoli dalla porta di casa. Sorrise lievemente, era felice di sapere che Sas’ke aveva trovato qualcuno che ci tenesse davvero a lui. Forse sarebbe stata la volta buona e si sarebbe lasciato andare, chissà. Il giovane era certo che Naruto avesse qualcosa di speciale, altrimenti il suo adorato fratellino non avrebbe mai accettato di andare con lui sul motorino. Non a caso era il cugino di Nagato e, ormai lo sapeva per esperienza, gli Uzumaki non erano affatto normali.
Sospirò sonoramente, ripensare a Nagato lo faceva stare malissimo. Aveva cercato di convincerlo in tutti i modi ma non aveva voluto sentire ragioni, aveva deciso di andare in vacanza col suo “caro collega” e non c’era stato modo di fargli cambiare idea. L’Uchiha guardò l’orologio che aveva al polso sinistro, a quell’ora dovevano essere già partiti. Perché il rosso era così testardo? Era la persona più buona e dolce del pianeta, ma a volte era impossibile ragionare con lui. Però gli mancava, no, gli mancava da morire, anzi, anche quell’espressione era troppo riduttiva. Solo in quegli ultimi mesi si stava rendendo conto che ormai Nagato era diventato come una parte di lui. C’era stato un momento in cui credeva che fosse perché si era in qualche modo abituato alla sua vicinanza, e questo era sempre stato una delle sue paure più grandi: si sa, quando una relazione va avanti per inerzia allora non è più tale, ma fortunatamente fra loro le cose erano andate diversamente. Non si trattava di abitudine, era qualcosa di diverso, qualcosa che non sarebbe riuscito a spiegare a parole e che, a dirla tutta, non sapeva spiegare neanche a se stesso. Quando era con lui sentiva quasi come se il suo cuore di pietra, sempre freddo e indifferente, riprendesse a battere con una velocità tale da scaldarsi e iniziare a provare delle vere emozioni. Era per questo che la sua vita era incompleta senza quella testa rossa, perché era come un’esistenza sempre grigia, un triste mondo in bianco e nero. Quanti bei momenti avevano passato insieme? Non riusciva a ricordali tutti, erano troppi, ma i più intensi non se li sarebbe mai dimenticati, li avrebbe portati con sé fino alla vecchiaia. Come quando, mentre si vedevano un film in un pomeriggio d’inverno particolarmente freddo, per riscaldargli le mani gelide se l’era infilate sotto il maglione di lana. Era stato un gesto piuttosto banale, forse per alcuni aspetti anche stupido, ma non si sarebbe mai dimenticato il sorriso con cui l’Uzumaki l’aveva ringraziato. O anche quella volta in cui si era quasi rotto un dito mentre cercava di far funzionare un vecchio cassetto ed il giovane, per fermargli il sangue che usciva da un taglio abbastanza profondo, si era infilato tutto l’indice in bocca e poi gliel’aveva disinfettato con cura. Oppure quando, durante le terapie, gli mandava sempre almeno un messaggio al giorno per rassicurarlo e fargli sapere che stava bene … Sembravano sciocchezze, però Itachi non sapeva come avrebbe fatto senza. Probabilmente l’emozione più forte che Nagato era riuscito a fargli provare era stata la notte in cui avevano fatto l’amore per la prima volta, e non si riferiva alla prima volta che era salito a casa sua; parlava di quando, dopo mesi di reciproco avvicinamento, alla fine avevano trasformato il desiderio in qualcosa di più di un semplice atto carnale. L’Uchiha non era mai stato così ansioso nemmeno nella  sua vera prima volta, quando aveva perso la verginità: era così spaventato all’idea di farlo soffrire di nuovo che ad un certo punto aveva persino pensato di fermarsi, dicendosi “No, non posso farlo”, però era stato proprio il rosso, baciandogli la mano con cui gli stava accarezzando il viso, ad incitarlo a continuare. Quella notte Itachi aveva sentito una sensazione molto strana dentro di sé e si era reso conto che più stringeva il corpo magro del giovane più questa aumenta. Forse, quella era felicità.
 
***
 
Sasuke respirò a pieni polmoni, alzando il mento per esporre maggiormente gli zigomi alla piacevole brezza che soffiava quel pomeriggio. Erano passati tre anni dall’ultima volta che era salito su un motorino e, nonostante avesse sempre cercato di ricordarsene, si era dimenticato dell’incredibile senso di libertà che si provava quando il vento gli colpiva il viso. In quel momento avrebbe tanto voluto aprire le braccia e lasciare che l’aria fresca gli colpisse anche i fianchi ed il petto ma, non potendo fare forza sulle gambe, doveva tenersi al ragazzo alla guida abbracciandogli la pancia; se si fosse tenuto direttamente al mezzo, avrebbe rischiato di sbilanciarsi e cadere. Avrebbe preferito evitare di doversi aggrappare a lui in quel modo, anche se tutto sommato era un sacrificio tollerabile. Che meraviglioso senso di leggerezza lo aveva pervaso, era molto simile a quello che provava quando suonava una melodia particolarmente coinvolgente. No, affatto, quell’attimo non aveva nulla da invidiare al pianoforte: non erano simili, ma identici. D’altronde, lui si era avvicinato alla musica perché in quel modo si sentiva libero da tutto e da tutti, dai sentimenti, dalla famiglia, dalla paura, libero di muoversi ancora e adesso era proprio così, libero come non lo era mai stato in tre anni di sedia a rotelle. Si risvegliò da questi contorti ragionamenti solo quando Naruto si fermò ad un semaforo. Il biondo era rimasto in silenzio per tutto il tempo, però non poteva non essersi accorto di nulla; Sasuke aveva capito ormai che, nonostante fosse un idiota, quella testa vuota era piuttosto brava a capire i sentimenti altrui. Ma perché aveva deciso di esaudire il suo desiderio? Onestamente, non gli importava. In quel momento la sua testa era così leggera e non voleva appesantirla con inutili preoccupazioni. Se lo sarebbe chiesto dopo, voleva vivere quell’istante senza curarsene.
 
Naruto notò, non senza una forte soddisfazione, che il suo passeggero si stava divertendo parecchio. All’inizio era stato un po’ titubante e lui stesso non sapeva ancora come avrebbe fatto a tenersi senza cadere, ma con un po’ d’impegno e l’aiuto di Itachi erano riusciti a trovare un buon equilibrio. Nonostante fosse molto attento alla strada, ogni tanto guardava con la coda dell’occhio lo specchietto sinistro, sul quale vedeva riflesso il volto del giovane Uchiha. Non l’aveva mai visto così, era sereno, rilassato, sul viso vi era persino un sorriso accennato. Sembrava quasi ... felice. Ma lo era davvero? Non poteva saperlo, quello che sapeva era che tutto stava andando bene e non poteva rovinare tutto.
-Sasu, dove vorresti andare? – gli chiese appena si fermò ad un semaforo.
-Non ne idea – rispose sereno; vederlo in quel modo era quasi un miracolo – In nessun posto in particolare, mi basta che andiamo. –
Il giovane alla guida sorrise, sentendosi in qualche modo partecipe dello stato d’animo del suo compagno di classe. Appena scattò il verde, accelerò superando l’incrocio a tutta velocità. Decise di seguire l’istinto, girando per le vie tanto conosciute senza una meta ben precisa.
-Non preoccuparti, Sas’ke, continueremo ad andare avanti – pensò l’Uzumaki, sentendo le braccia del ragazzo stringersi ancora di più attorno alla sua vita. Ad essere onesto, quel gesto non gli dispiaceva affatto.
-Gaara, forse avevi ragione. –
 
***
 
-Siamo arrivati – mormorò Deidara spegnendo il motore della macchina. Staccò l’autoradio conservandola nel portaoggetti della fincata mentre Nagato si slacciava la cintura di sicurezza.
-Pensavo che ci aspettasse un viaggio più lungo – commentò quello stiracchiandosi le braccia.
-In un primo momento ho creduto che ci saremmo persi – ammise il biondo scendendo dall’auto.
-Uomo di poca fede – ribatté Nagato raggiungendolo e prendendo la sua valigia dal cofano per iniziare a trascinarla dentro l’ingresso della grande struttura.
Era una fortuna che il trolley avesse le ruote; non sarebbe mai riuscito a portarlo a mano, anche se non pesava moltissimo. Purtroppo il giovane non aveva mai avuto molta forza fisica, un po’ per corporatura, un po’ perché anni e anni di malattia e successivamente l’anemia stessa gli avevano prosciugato quel poco di massa muscolare che aveva. Non ne aveva ancora parlato con nessuno, ma aveva già chiamato il suo medico di fiducia per fissare la data delle analisi del sangue e, in caso fosse stato necessario, anche di una trasfusione. Sperava solo che tutto stesse continuando ad andare per il verso giusto, da quando era riuscito a vincere la sua battaglia personale contro la malattia viveva nel terrore che potesse ricomparire. E si ricordava bene di come passava pomeriggi interi chiuso nella sua camera, all’orfanotrofio, guardando gli altri bambini giocare fuori dalla finestra mentre lui aspettava di finire la sua flebo. No, non doveva pensarci, ormai era tutto finito e, nonostante i controlli, la dottoressa  aveva categoricamente escluso la possibilità che si ammalasse una seconda volta.
-Dammi, ci penso io – lo risvegliò Deidara prendendogli la valigia dalle mani.
Nonostante le sue deboli proteste, alla fine l’Uzumaki dovette accettare l’aiuto del collega. Anche perché, in meno di due minuti, erano già entrati nella hall. Il rosso non era mai stato alle terme prima di allora e si guardava intorno curioso, osservando ogni oggetto che incrociasse i suoi occhi lillà, come i grandi vasi pieni di fiori profumati, il grande tappeto porpora dai disegni bianchi, il lampadario pendente che, nonostante un design piuttosto semplice, diffondeva una grande luce grazie ai suoi vetri dai mille riflessi colorati. Il biondo si fermò davanti al bancone dove una giovane donna con i capelli legati stava parlando al telefono, probabilmente con un cliente. Dopo aver concluso la telefonata, la receptionist diede loro il benvenuto e prese i loro nominativi. Purtroppo, invece delle chiavi delle rispettive stanze, dovette dar loro una notizia non troppo gradita.
-Mi spiace dovervi avvisare solo adesso, ma abbiamo avuto un problema con le stanze – iniziò a mormorare osservando una carpetta con dei fogli legati.
-Che tipo di problema? – chiese Nagato, inarcando il sopracciglio.
-Ne stavo parlando al telefono con il mio collega proprio un attimo fa, purtroppo abbiamo commesso un errore nelle prenotazioni, confondendo la vostra con quella di altri ospiti – iniziò a scusarsi, senza nascondere un certo imbarazzo.
-E quindi? – domandò il biondo – Siamo senza stanza? –
-No, però non possiamo darvi due camere separate. Al momento tutte le stanze sono occupate, l’unica rimasta libera è che quella che vi abbiamo riversato, ma è una matrimoniale – spiegò infine, continuando a scusarsi.
L’Uzumaki sbatté più volte le palpebre, voltandosi verso il suo collega.
-Che facciamo? – gli domandò.
-Beh, per me non sarebbe poi un grande problema … - mormorò – Tu che ne dici? –
Che doveva rispondere? Essere nella stessa stanza non lo metteva in imbarazzo, ormai fra loro c’era anche una certa confidenza, e non voleva certo rinunciare ad una vacanza di cui aveva tanto bisogno. Gli ci volle meno di un minuto per decidere.
-Per me va bene – esordì – Signoria, ci dia le chiavi – continuò guardando la donna.
  
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