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Autore: Diamond_91    02/06/2014    2 recensioni
- ... Pensi che stia sbagliando tutto? -
- Gli errori si possono sempre perdonare, basta trovare la giusta spinta per andare oltre. -
I carabinieri sono impegnati nella risoluzione di un caso disarmante che include spaccio di droga e prostituzione. Il Brigadiere Mazzino riesce ad andare oltre l'apparenza, fidandosi di una giovane prostituta obbligata a commercializzare il proprio corpo per far dare stabilità economica alla sorella di 9 anni e al piccolo Tommaso, nato da un rapporto precoce con il suo protettore...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2.

Il profumo del caffè riusciva in qualunque modo a lasciarmi interdetto: troppo forte, intenso, vivo più di qualsiasi altra cosa. Le dita tamburellavano pesantemente contro il volante dell'automobile. Il volume basso dell'autoradio arrivava vibrante e pesante alla mente e l'odore nausente della maionese e dei gamberetti rendeva l'aria pesante ed intrisa.
Non avevo mai provato molta simpatia per gli appostamenti notturni: rimanere in macchina ad osservare ogni minuscolo movimento di ogni millimetro quadrato di strada era snervante, faticoso se fatto dopo le 23:00. 

- Ah Diè, qui non esce nessuno. Il bastardo ha deciso di farci aspettare stasera... - 

Alzai lo sguardo dal cruscotto per poi appoggiarlo serio al di là del vetro. I lampioni illuminavano i parcheggi che ricoprivano l'intera via e le voci graffianti provenienti dalle varie televisioni rimbombavano, penetrando attraverso i vetri pesanti della vettura.

- Non lo so. -

Scrollai la testa ripetutamente per poi appoggiare la fronte alla pelle morbida del volante. La stanchezza quella sera era a tratti disarmante.

- ... Chi è? - 

La voce di Fabio mi colpì improvvisamente, come uno schiaffo durante una carezza. Lo fissai confuso per poi spingermi all'indietro, toccando con la nuca il sedile.

- Chi è chi? - 

Gli occhi di Fabio mi osservarono in silenzio. Sarebbe riuscito a leggere ciò che provavo in quel momento anche se evitavo di pronunciarmi. Fabio non era solo un collega per me, era il mio migliore amico. Il ragazzo con il quale ero cresciuto, con cui avevo frequentato il Liceo e l'Università, con il quale mi ero arruolato nei Carabinieri per far trionfare un sogno, forse l'unico che avevamo in comune. Sapeva leggere i miei silenzi, tradurre i miei urli, capirmi con la forza di uno sguardo. Era un mago della parola: riusciva a coglierne il senso anche se questo era intricato in spiegazioni indecifrabili. 

- Non ti chiederò di più, mi hai già risposto... -

Un piccolo sorriso compiaciuto non tardò ad arrivare sulle sue labbra. Fabio non aveva mai sbagliato. Fabio conosceva più me di quanto conoscesse sè stesso e sarebbe stato sempre pronto per affiancarmi in ogni mia decisione.

- Si chiama Ang... - 

Passi. Passi pesanti ed esperti. Tra di noi cadde il silenzio. I nostri occhi si calamitarono verso la sagoma scura che si presentò davanti a noi: jeans scuri attillati, maglia bianca che ricadeva perfetta sulla cintura di borchie. Pelle ricoperta da tatuaggi, barba incolta, occhiali scuri per ripararsi dalla luce tenue della Luna. Il rumore sordo della portiera della vettura che si richiudeva. Il motore acceso. Una sgommata fastidiosa che spezzò la tranquillità.

- Questa volta il bastardo lo prendiamo! Cazzo se lo prendiamo, Diego! - 

Le parole decise di Fabio mi misero ancora più adrenalina. Lasciai roteare la chiave nella fessura e acceso il motore, seguii la scia che 'Ciro U puorc' aveva seminato dinnanzi a noi. L'intermittenza delle luci dei lampioni era fastidiosa. La voglia di accelerare la guida per sorprenderlo alle spalle era troppa, ma avevamo degli ordini da seguire e li avremmo rispettati, senza lasciarci condizionare da nulla. 
Un pedinamento spietato tra le vie della città. Il nostro sguardo era calamitato sulla vettura che ci precedeva: ne scrutavamo ogni singolo movimento. Respirai profondamente. Non avevo paura, avevo solo timore di fallire, di non meritarmi la missione sotto copertura che mi era stata affidata dal Capitano. Con la coda dell'occhio osservavo Fabio, i suoi continui respiri, la stretta che si faceva sempre più solida sulla sua pistola, i muscoli delle gambe che si appesantivano, i suoi occhi accesi d'ira che fissavano un punto poco preciso dinnanzi a noi.

- Si è fermato, Diè! Si è fermato... -

La sua voce calante che mi invitava ad accostare sul ciglio più scuro della strada per evitare che il malvivente ci notasse. Ciro Esposito, detto 'Ciro U Puerc' non era solo coinvolto in affari di droga e contrabbando di stupefacenti, ma era a capo di un giro di prostituzione europeo: obbligava ragazze con problemi di denaro a prostituirsi, lasciando a loro credere che il futuro con il suo aiuto sarebbe cambiato. 
Strizzai gli occhi spegnendo il motore. Osservai per qualche istante la pistola sul cruscotto dell'automobile. Non mi sarei tirato indietro. Avrei combattuto fino alla fine, a costo di farmi male, male davvero. 
Seguii i passi di Ciro, che con pesantezza abbandonava il veicolo, camminando rabbioso verso il portone di una piccola palazzina. Lo notai suonare il campanello, infuriarsi contro la persona che vi era al di là del citofono, inveire infastidito. Lo osservai alzarsi la maglia e sfoderare con tutta fretta e forza una pistola silenziata.

- Cazzo Fabio. -

Mi voltai di scatto verso il mio compagno e sarei riuscito a descrivere la mia espressione sul viso in quel momento, era esattamente uguale alla sua. Senza aggiungere nulla, scattò come una molla aprendo la portiera dell'Alfa con forza e vigore. Lo seguii in silenzio, stringendo l'arma tra le mani, come se fosse quella la mia unica fonte di salvezza. Sul citofono della palazzina nessun cognome ricopriva la striscia bianca di fianco ai campanelli. Un altro sguardo complice tra di noi, mentre dalle scale interne all'abitazione, urla di donna e bambini riecheggiavano prepotentemente tra le mura.

- Veloce! -

Il suo ordine aveva un suono diverso, meno d'obbligo, si avvicinava di più ad una supplica. Iniziammo a correre velocemente divorandoci quattro scalini alla volta, per evitare di permettere a quell'uomo di fare del male ad altre persone. Al secondo piano della palazzina, alla destra del pianerottolo, una porta spalancata, una voce ruggente, urla incriminatorie. 
Caricai la pistola e portandomela all'altezza della spalla, entrai nell'appartento, irruendo con determinazione e fermezza. Dietro di me Fabio, nella mia stessa ed identica posizione.

-Ciro. Fermati e metti giù la pistola. -

Un ordine. La mia voce potente e decisa. Il mio sguardo che fu attirato dal pavimento stracolmo di vetri rotti. Sdraiata per terra, una giovane donna che copriva con i suoi capelli lunghi la piccola bambina che spaventata, provava a difendersi aggrappandosi al suo corpo.

- Ciro, non peggiorare le cose. Molla quella cazzo di pistola. -

Puntai la mia contro di lui, sperando che si girasse lentamente e che si arrendesse al mio richiamo. 

- Sbirro, complimenti. -

La sua voce apatica e strafottente. Un miscuglio perfetto di stravaganza e deformità.

- Queste sono cose che non ti riguardano. Faccio quello che cazzo voglio con le donne che mi appartengono. - 

Una frase sincera secondo lui, ma che lasciava ad intendere quanto fosse infinita la sua malvagità.

- C'è una bambina, Ciro. Non sporcarti anche di lei... -

La voce di Fabio giunse come una guarigione alle mie spalle. Lo guardai con la coda dell'occhio: gli invidiavo la fermezza. I miei muscoli tremavano, quasi come se avessi freddo, un freddo impossibile da far esaurire. Ero teso, teso come una corda di violino, ma mi sarei sforzato per mantenere la situazione sotto controllo. Deglutii pesantemente per poi avvicinarmi di qualche passo. 

- Non ti avvicinare, sbirro. Ci metto poco a farti un buco in testa... -
- Non lo farai. - 
- Ah no? E perché? Dovresti saperlo: 'U Puerc' sa essere ancora più bastardo di così.  - 

Davanti a me la sua pistola che mi osservava silenziosa. Aspettava un ordine dal suo proprietario e poi avrebbe compiuto il suo lavoro. Mi separavano pochi attimi dal nulla e mai come in quel momento sperai di poterne trovare l'essenza giusta per mascherarmi.
Il pianto sofferto della bambina mi spezzava il cuore. La mano vigile della giovane donna che la proteggeva mi faceva rabbrividire. Loro credevano che tutto potesse avere ancora una speranza. Le urla di un neonato risuonavano nella stanza accanto. Non riuscivo più a respirare, a capire come fosse giusto comportarsi. Osservai la donna: il modo in cui stringeva la bambina, i suoi capelli lunghi e castani che sembravano difenderla dall'intero mondo, le spalle snelle, la sensualità nei suoi movimenti, i suoi respiri affannosi, i muscoli tesi. La fissai con più fermezza per poi inginocchiarmi e far scivolare la pistola sul pavimento, lanciandola delicatamente contro la finestra.

- Abbassa la pistola, Ciro. Io l'ho fatto... Datti un'altra possibilità. Dattela adesso... - 

Alzai le mani al cielo mostrandomi ai suoi occhi nudo, completamente privo di possibili difese. Sentivo pesante lo sguardo di Fabio alle mie spalle. Nulla era stato deciso, tutto era in balìa di ogni nostra scelta e io la mia l'avevo fatta.

- Che cazzo fai, Diego? -

Il suo sgridarmi era impossibile da sopportare. Aveva ragione, ma non c'eravamo solo noi in ballo in quel momento. Lo sguardo preoccupato della bambina, il pianto del neonato, le braccia forti della giovane donna piene di ferite, di graffi... C'era altro da fare in quel momento. Mi si fermò il cuore in petto. Quella donna... Quei piccoli gesti... Il suono dei suoi respiri... La guardai con occhi diversi per poi incontrare i suoi. 
L'avrei riconosciuta tra infinite persone. 

- Non ti muovere, bastardo. Io sparo. Io ti sparo davvero. - 

La voce mettalica di Fabio mi arrivava ovattata. Notai le sue dita premere lentamente contro il grilletto. Le piccole gocce di sudore che gli ricalcavano il viso. Allungai le braccia verso la donna stringendola a me, per far si che evitasse di avere paura, di tremare ancora.
Uno sparo e poi il silenzio. Uno sparo che spezzò l'aria. Mi voltai notando il sangue ricadere per terra. Fabio sdraiato che urlava e si stringeva nel giubbotto. Una pellicola di immagini si susseguirono nella mia mente. Lo fissai stravolto e confuso. 

- Ciro ha sempre ragione, ricordatelo sbirro! - 

I suoi passi, sempre più felpati e minacciosi. La sua presenza che si allontanava lentamente da noi. Si fermò sotto lo stipite della porta fissandoci duramente. 

- ... E ricorda zuccherino, entro e non oltre le 23:30 o mi saprò vendicare. - 

La sua ultima frase prima di uscire di scena definitavamente. Gattonai impazzito verso il mio collega. Le mani che tremevano, il suo respiro che faticava ad uscire dalla bocca. Avvicinai la fronte alla sua: pelle contro pelle come non lo eravamo mai stati. Chiusi gli occhi esausto, cercando un riparo possibile tra le sua braccia. 

- Un'ambulanza. Angelica chiama un'ambulanza... - 

Voce tagliente e sofferta che si esaurì in una lacrima. Gli occhi di Fabio si incollarono ai miei. Con le sue ultime forze riuscì a regalarmi un sorriso. 

- Non puoi lasciarmi ora... -
- N-no lo farò. - 

E sapevo che non l'avrebbe fatto. Fabio non mi avrebbe mai abbandonato, nemmeno se fossi stato io stesso ad ordinarglielo. 
   
 
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