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Autore: LuluXI    02/06/2014    2 recensioni
La riunione di quella sera era di vitale importanza: il giorno dopo ci sarebbe stata la battaglia decisiva, quella che avrebbe decretato, se tutto andava secondo i piani, la sconfitta di Napoleone e della Grande Armata, che ormai aveva perso buona parte dei suoi uomini.
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Russia: 1812
Il gelido inverno costringe Napoleone Bonaparte e la sua armata ad un'ingloriosa ritirata mentre i russi, capitanati dal generale Kutuzov, li inseguono senza dar loro il tempo di riposarsi. Il desiderio di riscatto dell'armata russa è forte: troppi compagni d'arme sono morti sotto i colpi del nemico. Milo Bolkonskij è pronto ad affrontare l'ultima battaglia, ma è assalito dal ricordo dei compagni morti; di uno, in particolar modo.
[AU! Siete avvisati. Ambientata in Russia al tempo di Napoleone]
[Partecipa alla Challenge "Chi, Con chi, Che cosa facevano"]
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tout à coup des accents inconnus à la terre
Du rivage charmé frappèrent les échos;
Le flot fut attentive, et la voix qui m’est chère
Laissa tomber ces mots
 
Dicembre 1809 – Gennaio 1810: Mosca
 
Milo Bolkinskij passò la maggior parte delle giornate della sua licenza a casa Kuragin, parlando con Shaina, ma pensando a Camus. Quest’ultimo a volte si limitava a salutarlo per poi sparire in un’altra stanza, altre volte si intratteneva con loro per qualche ora; in altre ben più rare occasioni per tutto il pomeriggio. Milo non sapeva spiegarsi perché, ma ogni giorno che passava si sentiva sempre più legato a lui, nonostante i loro caratteri opposti; paradossalmente, manteneva una formalità e una compostezza innaturali con Shaina e solo quando si rivolgeva a Camus riusciva a mostrare il suo vero carattere.
 
Il 25 gennaio, ultimo giorno delle sua licenza, Milo si presentò a casa Kuragin con un mazzo di fiori per Shaina e una giacca nuova per Camus. I fiori li aveva comprati sua madre, convinta che tra lui e la ragazza ci fosse qualcosa di più di un’amicizia; alla giacca aveva pensato lui dopo aver, per puro caso, sentito Camus lamentarsi di quella usurata ed essendo imminente il compleanno del giovane Kuragin. Raggiunta la casa, venne accolto stranamente solo da Camus, che lo invitò comunque ad entrare.
“Mia madre e mia sorella si scusano per la loro assenza ma un’amica di famiglia è malata e ha chiesto di vederle: così hanno lasciato a casa me per accoglierti e porgerti le loro scuse.”
Milo, grato a Camus per la gentilezza con cui gli si era rivolto, mantenne un’espressione serena e consegnò i suoi doni all’interlocutore. Tuttavia, era tutt’altro che sereno dato che l’assenza di Shaina era un grosso inconveniente: non potendo usare la scusa della visita alla ragazza sarebbe stato costretto ad andarsene subito.
“Bhe, questo è il mio ultimo giorno a Mosca: consegnali tu i fiori a Shaina.”
Utilizzò quel tono confidenziale, dato che lo aveva usato anche Camus e attese una risposta dell’altro, che non tardò ad arrivare.
“E’ vero, avevi informato tutti della fine della licenza…” disse, annuendo.
“E’ durata fin troppo” aggiunse l’altro, porgendogli anche la giacca impacchettata “Questa è per il tuo compleanno: Shaina mi ha detto che è domani.”
 
Tacque in attesa che lui aprisse il sottile involucro che fungeva da pacchetto, godendosi la sua espressione stupita. Poi, prima che Camus potesse dire qualcosa, prese la parola.
“So che detesti gli eventi mondani quanto me, ma credo che avere una giacca da parte per le grandi occasioni sia essenziale.”
Pronunciò le stesse parole che gli aveva sentito rivolgere alla signora Kuragin quando le aveva detto che desiderava acquistare una giacca nuova, nonostante odiasse salotti e feste. Sentendo quelle parole, Camus scosse il capo: ormai si era abituato a quelle uscite ad effetto.
“Grazie” si limitò a rispondere porgendo la giacca ad una cameriera affinchè la portasse nella sua stanza.
“Di nulla” fu la risposta “Ora, se devi recarti dall’amica di famiglia, tolgo il disturbo.”
 
A quelle parole, Camus scoppiò a ridere: la sua era una risata semplice, cristallina, sincera. Milo non lo aveva mai sentito ridere e ne rimase sorpreso, quasi incantato.
“Non devo andare da nessuna parte: non sono ben visto in quella casa”.
Milo non dovette domandargli nulla: bastò la sua occhiata curiosa a convincere Camus a proseguire.
“Quest’amica di famiglia e mia madre volevano a tutti i costi un fidanzamento ufficiale tra me e Seika, la figlia. Una ragazza graziosa, dolce, ma troppo timida persino per uno come me. Da quando ho detto che avrei preferito di gran lunga sposare suo figlio Seiya, non vuole avere più niente a che fare con me. Quindi, se vuoi, puoi restare” concluse. Milo aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a dire nulla. Doveva capire se quella frase era stata detta solo per evitare un matrimonio indesiderato o perché era la pura verità. Che quella fosse una confessione? Non poteva saperlo. Così fece ciò che gli veniva più naturale: si mise a ridere. Camus lo lasciò fare.
 
“Ti capisco perfettamente” disse infine Milo, trovando la forza per tornare serio, dimenticandosi però di dare del “lei” a Camus, concentrato com’era su ciò che doveva dire. “Mi ritrovo nella stessa situazione in questo momento, per un piano ordito da tua madre e mia madre. Non ho nulla contro tua sorella ma, potendo scegliere, sceglierei te” concluse con schiettezza come faceva sempre, e rimase a fissare la reazione del suo interlocutore: forse aveva rovinato tutto, ma non poteva tenersi quel peso dentro. Se anche Camus avesse preso le distanze, lui sarebbe partito per tornare in servizio il giorno dopo, forse per morire in battaglia: quella poteva essere l’ultima occasione che aveva per dire la verità.
 
Camus annuì tra sé e sé prima di rivolgergli nuovamente la parola.
“Meglio così Milo, credimi” disse, chiamandolo per nome, cosa che accadeva assai di rado “Perché anche mia sorella ha confessato di non provare nulla per te. Semplicemente, visto che venivi tutti i giorni, non aveva il coraggio di respingerti, così come mia madre che all’inizio aveva progettato tutto.”
Milo non replicò, troppo sbalordito per parlare.
“Io avevo intuito che le tue visite erano più di cortesia che per altro, ma non mi credevano. Questo però non le ha fermate quest’oggi: la signora non sta male ma, semplicemente mia sorella voleva passare del tempo con Seiya senza avere il timore di veder arrivare te a casa all’improvviso, dato che per questi due mesi lui era qui ogni mattina e tu arrivavi ogni pomeriggio.”
Milo rimase in silenzio, ma si sentiva decisamente sollevato: quella farsa poteva finalmente avere fine, il che era un bene per lui ma anche per Shaina; inoltre se a Mosca si fosse venuto a sapere che la ragazza frequentava due giovani contemporaneamente la sua reputazione sarebbe stata sicuramente compromessa e Milo non voleva che ciò accadesse.
 
“Mia sorella stravede per Seiya” proseguì Camus, strappandolo bruscamente dai suoi pensieri “Io invece non lo posso soffrire: preferisco di gran lunga la tua compagnia.”
Ogni tassello del puzzle trovò il suo posto, dipingendo una chiara visione della situazione nella mente di Milo, che gli si avvicinò e, senza chiedergli nulla, lo abbracciò.
“Grazie per avermi detto la verità: domani partirò col cuore un po’ più leggero.”
Camus non replicò, limitandosi ad annuire: sul suo volto era ricomparsa la sua solita espressione distaccata, ma ciò non gli impedì di ricambiare l’abbraccio. Si staccarono ben presto l’uno dall’altro e, un istante dopo, Shaina e sua madre, di ritorno dalla visita, fecero il loro ingresso nel salotto. Milo colse l’occasione per salutarle e informarle entrambe del fatto che, visto che la sua presenza in casa poteva risultare compromettente, non sarebbe ritornato se non per delle sporadiche visite di cortesia e per parlare con Camus. E fu proprio a quest’ultimo che la signora Kuragin rivolse il suo sguardo di rimprovero; tuttavia Camus non si scompose minimamente e rimase impassibile, così come lo sarebbe stata una statua di ghiaccio. Semplicemente si offrì di accompagnare Milo alla porta.
 
Giunti all’esterno, Milo si girò a guardarlo.
“Spero di non averti messo nei guai con la mia affermazione di poco fa…”
“Sopravviverò alla furia di mia madre” rispose l’altro senza cambiare espressione.
“Ehi, sono io quello che pronuncia frasi di questo genere!” protestò il giovane Bolkinskij, ridendo. Poi, prima che l’altro potesse replicare, lo spinse nuovamente nell’ingresso, in modo da celarsi alla vista di chi si trovava in casa e di chi passeggiava per la via e poi lo baciò. Ci mise tutto se stesso in quel bacio, ben consapevole del fatto che non sapeva né quando né se ne avrebbe ricevuti altri. Camus in un primo momento sembrò volerlo respingere, ma poi cedette. I loro capelli si intrecciarono per un istante, oro contro rosso, formando un piccolo fuoco nel bianco della neve di Mosca, che entrava dalla porta socchiusa.
 
“Quando entrambi saremo ufficiali” sussurrò Milo all’orecchio di Camus “Combatteremo insieme ogni battaglia e non ci sarà giorno che passeremo senza vederci.”
Era una sorta di promessa, la sua, una promessa che fece senza preoccuparsi di chiedergli se era quello che voleva anche lui; senza preoccuparsi se tutto ciò era davvero realizzabile.
Un istante dopo era già sparito per le strade di Mosca, senza aspettare una risposta.
 
Improvvisamente accenti sconosciuti alla terra
Dalla riva colpirono gli echi;
i flutti furono attenti, e la voce che mi è cara
lasciò cadere queste parole
(Alphonse de Lamartine: Le lac)
 
 
Note:
Ok,ok, ritardi su ritardi, mostruosi ritardi e storie bloccate... millemila storie bloccate! Chiedo perdono, soprattutto a chi attende l'ultimo capitolo di Revenge, ma devo ancora sistemarlo, sincerarmi che mi piaccia davvero messo giù così e trovare la forza per concludere quella storia. Però non sono riuscita a non comparire con un capitolo di questa storia, ferma da molto più tempo. Che dire, non ero molto convinta di questa storia, per questo ci ho messo tanto. O meglio, all'inizio lo ero e poi mi è passata. Poi però rileggendo le bozze dei vari capitoli, i vari passaggi già scritti, ho avuto nostalgia: perciò eccoci qui. So che la psicologia dei personaggi non è molto approfondita, ma la cosa è voluta: in questa vicenda preferisco concentrarmi sui vari legami tra i personaggi che compariranno man mano e sulle vicende, piuttosto che soffermarmi su grandi introspezioni. Poi magari viene uno schifo, ma volevo provare a farla così xD Che dire... scusate ancora la lentezza e, se vi va, recensite; a me fa sempre piacere ricevere suggerimenti, consigli per migliorare e pareri di vario tipo. Alla prossima! :)
   
 
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