Serie TV > Hannibal
Ricorda la storia  |      
Autore: Johanna_Reprise    02/06/2014    5 recensioni
Frederick è vanesio, perfezionista, odia non sentirsi a posto, in campo personale e professionale: la sporcizia lo altera, sovverte il suo ordine mentale, fatto di camicie fresche di lavanderia, capelli impeccabili, anelli vistosi ma eleganti e sempre in tono con l’abbigliamento, e due gocce di colonia. Sragiona quando sente di star rischiando, perde il controllo più di quanto non dia a vedere. Ma questo lo ha capito da tempo. Da quando ha ammesso a se stesso di non essere portato per la chirurgia.
Il corpo -si era detto più e più volte- è mera carne: poco interessante, così vulnerabile di fronte alla morte.
La mente, invece, è iperscrutabile, una sfida continua: non la si può contenere, non la si può annientare, è il campo di sperimentazione perfetto per un’intelligenza fine e pungente.

[...]
Lì, in quel momento, sotto il suo sguardo, Frederick Chilton è completamente nudo, esposto, privo di difese.
Per la prima volta, Will sente suo il potere. Il potere di annientare quell’uomo arrogante, caustico, che lo guarda con l’aria esausta. Un brivido gli percorre la curva della schiena, provocandogli un calore diffuso al di sotto della vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frederick Chilton, Will Graham
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premessa:
Innanzitutto, ave temerari lettori che incautamente vi accingete a leggere questa.. roba!
Ebbene sì, è la prima storia che pubblico qui: tutte le robacce scritte nei miei lunghi anni in giro per il web sono sparse in milleuno forum, e non ho intenzione di recuperarle, né di soffermarmi nuovamente sulle minchiate passate. Ragion per cui, ricomincio come se fosse la prima volta (lacrimuccia di commozione). Si tratta di una one-shot piuttosto lunga, dal pairing inconsueto, ma Chilton è stampato a fuoco nel mio cuore e volevo divertirmi un po', nonché far divertire(?) anche lui \0/
L'ispirazione è partita dalla visione della 2x07 di Hannibal (a proposito, se non l'avete vista, non leggete la storia perché >SPOILER<): partendo dall'accaduto reale, ho sviato a modo mio il corso degli eventi (e non ho idea effettivamente della validità di quello che ne sia venuto fuori) ewe
Dunque, suppongo che i personaggi risultino piuttosto OOC, ma, per sviluppare un simile what if, era necessario fuorviare un po' le loro personalità!
Inoltre, non ho voluto spingermi fino alla fine: il finale potrà apparire sospeso, interrogativo, incerto. Ed è esattamente l'effetto che mi preme ottenere. No, non sappiamo alla fine cosa accade realmente ai personaggi, o almeno, sta a voi immaginare il resto. Perché le parole non scritte, come quelle non dette, sanno essere potenti.
Bacchettatemi pure se la storia vi ripugnerà.
In ogni caso, buona lettura!
Giovanna
May I use your shower, please?
Il potere è azione.
Il potere è controllo.
Il potere è libertà.

Dove sono.
Un rumore secco, argentino, qualcosa cade sul pavimento.
Chi sono.
La testa è pesante, le gambe indolenzite, tutto il corpo è come irrigidito da un malessere diffuso, che brucia il petto e la bocca dello stomaco.
Cosa è successo.
Il dottor Frederick Chilton sbatte le palpebre più volte prima di riuscire a mettere a fuoco il suo corpo scompostamente riversato sulla poltrona. Un odore pungente e metallico gli penetra violentemente le narici: pochi istanti bastano perché gli occhi gli forniscano una risposta, posandosi lentamente sulla mano, sulla camicia, sul pavimento imbrattato. Una scia di sangue
no no no non può essere sangue non a casa mia non sul mio parquet in rovere massiccio non sulla mia giacca da 400 dollari non su di me
disegna un percorso a chiazze fino alla cucina.
D’un tratto, ricorda.
Immagini nitide e rapidissime lo bombardano come flash: il corpo di Abel Gideon a pezzi nella camera degli ospiti, la fitta allo stomaco, il panico, la corsa, la caduta, Hannibal Lecter nel suo ingresso, la sua tuta di plastica, le sue parole fredde e stentoree come un gong, le sue braccia massicce a serrarlo in una morsa, l’odore di cloroformio.
Poi, il buio.
Con la testa che gli pulsa senza tregua, Chilton si costringe ad alzarsi sulle gambe malferme, e a procedere a passi cauti verso la cucina: gli occhi fissi sulla scia scarlatta che lo guida nella discesa al suo personale Inferno.
Perché il dottore non ha dubbi su quello che gli si para davanti: in una costatazione disperata eppure così limpida, gli occhi balzano inorriditi dal sangue rappreso sui costosi arredi laccati di bianco, ai corpi mutilati di due agenti dell’FBI, dagli utensili che trafiggono l’uno in una composizione macabramente scenografica, allo squarcio nell’addome dell’altro, da cui penzolano beffardi gli intestini.
Trattenendo i conati, e appellandosi disperatamente ad un barlume di lucidità, Chilton decide che non c’è tempo da perdere.
Deve fare una cosa. E deve farla ora.

Un quarto d’ora dopo, è davanti casa di Will Graham.
"Posso usare la tua doccia, per favore?" riesce a dire con voce flebile, mentre i cani lo circondano stimolati dall’odore del sangue che gli imbratta la camicia.
"Frederick" l’espressione di Will è perplessa, ma non sorpresa. L’aveva avvertito: in un modo o nell’altro, sarebbe toccato a lui, stavolta.
Scrolla le spalle: "Entra."
Quando se lo ritrova di fianco, malfermo sulle gambe e con un borsone preparato in fretta stretto in una mano, Will scruta gli occhi del dottore: supplichevoli, allarmati, privi dell’arroganza caustica e dello snobbismo intellettuale che lo hanno sempre infastidito e quasi disgustato, quando era rinchiuso all’ospedale psichiatrico. Chilton parla in maniera convulsa, in un atto incontrollato, passandosi la mano libera tra i capelli spettinati, gesticolando in maniera a lui del tutto estranea -pensa Will - borbottando tra sé e sé ed imprecando con voce rotta.
“Perché sei qui?” Will lo interrompe, afferrandogli il braccio con decisione e costringendolo a fermarsi. Il dottore pianta i piedi a terra, voltandosi lentamente verso di lui. Negli occhi dell’ex profiler vi è una determinazione che quasi lo spaventa.
“Perché.. me?” incalza Will, forzando ancora di più la presa.
Lo sguardo di Chilton è esitante, in cerca di risposte che forse lui stesso non è sicuro di possedere. Quello che si è raccontato durante il tragitto per arrivare sin lì è che ha bisogno di fidarsi di qualcuno, per poter salvarsi la pelle. Qualcuno che abbia visto in faccia il pericolo esattamente quanto lui. Qualcuno che sia dalla sua parte perché lui stesso dalla sua parte non ha avuto nessuno, e di certo Frederick deve rassegnarsi all’idea che non ci sia nessuno disposto a credergli, ora che la sua proprietà è cosparsa di uomini mutilati e lui appare a tutti gli effetti come l’artefice della carneficina.
Lui, come Hannibal Lecter. Stimato professionista nel suo campo.
Lui ed Hannibal Lecter. Lo stesso profilo.
È un dato di fatto, un macigno che gli pesa sul petto togliendogli il respiro.
Ma allora, perché Will?
Frederick vuole credere che lui costituisca soltanto la risposta più ragionevole al suo piano razionale, la tessera del puzzle che gli permetterà di incastrare tutti i pezzi secondo il suo disegno e di lasciarsi tutto alle spalle.
Ma, da qualche parte alla bocca dello stomaco, il dottore sa che è sepolto qualcosa di più. Qualcosa che lo spaventa e lo confonde forse di più della disperata serie di eventi che ora lo annienta.

I due uomini sono in cucina, adesso, l’uno accanto all’altro. Will tiene lo sguardo fisso sul dottore, la mascella serrata, la fronte contratta.
“Will, io.. ho bisogno di una doccia.” Chilton fa per aggiustarsi il colletto lurido della camicia, rifuggendo il contatto visivo con l’uomo che ha di fronte.
Lasciare che l’acqua lavi via il sangue, il malessere, l’irrazionalità, ecco cosa vuole.
Perché Frederick è vanesio, perfezionista, odia non sentirsi a posto, in campo personale e professionale: la sporcizia lo altera, sovverte il suo ordine mentale, fatto di camicie fresche di lavanderia, capelli impeccabili, anelli vistosi ma eleganti e sempre in tono con l’abbigliamento, e due gocce di colonia. Sragiona quando sente di star rischiando, perde il controllo più di quanto non dia a vedere. Ma questo lo ha capito da tempo. Da quando ha ammesso a se stesso di non essere portato per la chirurgia.
Il corpo, si era detto più e più volte, è mera carne: poco interessante, così vulnerabile di fronte alla morte.
La mente, invece, è iperscrutabile, una sfida continua: non la si può contenere, non la si può annientare, è il campo di sperimentazione perfetto per un’intelligenza fine e pungente.
La verità, prima almeno che si facesse realmente strada nel suo campo, è che a Frederick non era mai piaciuto sporcarsi le mani. Toccare il corpo di qualcuno e addossarsi la responsabilità di un ammasso di carne del tutto sconosciuto… No. Non era il genere di futuro prestigioso che si era profilato.

“Dov’è il bagno?” chiede il dottore alzando rapidamente lo sguardo sull’uomo che ha accanto.
Will chiude gli occhi, scuotendo leggermente la testa; senza dire nulla, si avvia verso la stanza in fondo al corridoio, seguito dal suo ospite.
In quei brevi istanti, Chilton solleva lo sguardo sulle spalle dell’uomo che ha davanti. Ne percorre il contorno, catturato dalla tensione muscolare che emanano nonostante l’abbigliamento dimesso, indugiando su dettagli apparentemente insignificanti: i capelli che ricadono in riccioli scomposti sulla nuca, l’incavo sinuoso del collo, il colletto sgualcito della camicia a quadri, la vena rigonfia che scivola giù tra le scapole…
Frederick te lo sei ripetuto ricordi? Non è più un tuo paziente non è sotto il tuo controllo non è di tua competenza non è di tua proprietà non è di tuo interesse non più -
Il dottore ha la bocca impastata quando Will si volta verso di lui, esitando sulla porta del bagno.
“Frederick” il tono è inflessibile, scandisce ogni sillaba, gli si avvicina impercettibilmente.
Chilton sente le gambe malferme farsi pesanti, le mani sudare freddo. Comincia a chiedersi se sia stata una buona idea esporsi in quel modo, decidere di essere lì in quel momento.
Deglutisce lentamente, prima di muovere un passo in avanti con un gesto vago della mano.
“Ho.. ho solo bisogno di una doccia. Ti sarei grato se mi lasciassi..”
No." con un gesto rapido, Will sposta il corpo davanti la porta quel tanto che basta per serrare all'altro l’ingresso, e di nuovo gli stringe con forza il braccio, facendolo sussultare.
Devo sapere.” Will avanza ancora, impercettibile, verso il suo interlocutore. Non ci sono barriere tra di loro, stavolta. Nessuna gabbia di un ospedale psichiatrico, nessuna distanza di sicurezza, nessuna guardia o telecamera di sorveglianza. A pochi centimetri da lui ha l’uomo che lo ha archiviato come un caso patologico oggetto di studio, definendolo un cocktail unico di disturbo della personalità e nevrosi, e che ora per qualche motivo implora la sua empatia.
La voce del dottor Chilton è un soffio. “Non posso.
In tutta risposta, Will gli si accosta ancora di più.
“Frederick, io e te non siamo amici.", sentenzia con voce calma. "Tu sei disperato, ma io non sono parte del tuo piano."
Il dottore si sente alle strette. Ha la gola arida, respira a fondo con la fronte contratta e una sensazione di lieve capogiro. L’odore metallico che gli impregna la camicia comincia a dargli la nausea.
Il sudore gli imperla il viso, mentre Will lo inchioda con lo sguardo.
“Cosa vuoi da me?”, l’ex profiler si inumidisce le labbra e continua ad avanzare impercettibilmente, incoraggiato dal vederlo così.
Spaurito, inerme, vulnerabile.
Lì, in quel momento, sotto il suo sguardo, il dottor Frederick Chilton è completamente nudo, esposto, privo di difese.
Per la prima volta, Will sente suo il potere. Il potere di annientare quell’uomo arrogante, caustico, che lo guarda con l’aria esausta. Un brivido gli percorre la curva della schiena, provocandogli un calore diffuso al di sotto della vita.
La sensazione lo coglie del tutto inaspettato: la consapevolezza di quel suo potere lo attraversa con un fremito d’eccitazione che gli fa ribollire i sensi. È un impasto aspro di rabbia, curiosità, esaltazione, desiderio, che gli incendia lo stomaco e gli martella la testa.
Il dottore si passa una mano sul volto, socchiudendo gli occhi, poi alza nuovamente lo sguardo su di lui, in un’ultima, silenziosa richiesta d’aiuto.
Ma Will non gli concede scampo. L’aria è tesa, elettrica, insostenibile, in quei pochi centimetri che li dividono.
Frederick Chilton tira un ultimo profondo respiro.
“Will”, serra le labbra e lo guarda negli occhi.
“Io ho bisogno del tuo aiuto.”
Trattiene il fiato.
“…Ho bisogno di te.”

Will lo osserva deglutire esitante, con quell’espressione contrita, quasi buffa stampata in volto. Lo vede rifuggire il suo sguardo e fissare un punto indeterminato alle sue spalle. Nota il tremore malcelato nelle sue mani e la fronte imperlata di sudore.
Sei così vulnerabile. Frederick.
Will non comprende, ma non cerca più risposte.
Ha il potere.
È libero di non pensare, ora.
E senza pensare, agisce.
Un passo ancora, e la sua camicia a quadri sfiora quella madida di Chilton, che d’istinto tira leggermente indietro la testa. Ma la sua è una resistenza poco convinta. Con un gesto netto, preciso, Will gli solleva il mento e poggia le sue labbra su quelle del dottore, in un contatto innaturale, avventato, provocatorio. Sente Chilton sussultare mentre lui gli saggia le labbra, satinate, morbide, esattamente come se le aspettava. Il dottore lascia cadere la borsa, mentre una sensazione di calore diffuso gli invade le guance e la bocca dello stomaco.
È come quando si è risvegliato sulla poltrona, solo che stavolta è una reazione violenta che esplode all'istante: non il fremito della paura che attanaglia gradualmente le viscere, ma la fitta viva e profonda del desiderio che lo pugnala senza preavviso in mezzo alle cosce.
Non è come l’avevi immaginato, Frederick?
Con un gesto incontrollato, Chilton accosta il bacino a quello del profiler, in cerca di un contatto più profondo, mentre le mani ora libere cercano la sua schiena, attraverso la camicia, esitanti ma smaniose di esplorare quel corpo inaspettatamente così vicino.
Non perderti Frederick, rimani vigile, ricorda non è di tua competenza, non più -
Chilton ansima sommessamente mentre le labbra dell’altro si schiudono appena, alimentando, come un bollore magmatico, la bramosia di approfondire del dottore. L’eccitazione gli preme contro i pantaloni mentre Will lo strattona per la cravatta sfatta, stringendo il nodo che gli attanaglia il collo. La lingua di Chilton diventa indagatrice, vogliosa di una conoscenza profonda che non ha nulla a che fare con il controllo maniacale che aveva su ogni parola di Will Graham in ospedale. Stavolta non c’è distanza che li separi, il dottore si abbandona completamente a sensazioni che credeva sepolte, respirando in maniera irregolare e frenetica mentre con avidità fa scorrere le mani tra i riccioli dell’ex profiler, che si lascia succhiare le labbra trascinandolo con sé verso il bagno. Come una danza tribale, i gesti si fanno compulsivi, mentre Will si avventa sul dottore con foga, ribollendo di piacere nel sentire il tremore dei suoi palmi che tentano di intrufolarsi avidi sotto la camicia.
Strusciandoglisi contro, Will lo spinge con violenza contro il muro e affossa la testa nell’incavo del suo collo, mentre l’odore pungente del sangue incrostato sulla camicia di Chilton lo manda su di giri.
Il sangue, Will, ti ha sempre affascinato, non è così?
Con una mano poggiata sulle piastrelle fredde del bagno e l’altra stretta attorno al nodo della cravatta di Chilton, il riccio gli morde il labbro, soddisfatto nel sentire il dottore mugolare senza riserve. Sente i ritmi contratti del suo respiro, il profumo dell’acqua di colonia che ancora persiste dietro il suo collo, i sibili d’eccitazione e d’impotenza via via più rumorosi. Con le spalle al muro, impossibilitato nei movimenti, Chilton geme con la fronte contratta e madida, scosso da fremiti convulsi, mentre Will assaggia ancora e ancora la sua bocca, soggiogandolo al nodo della cravatta abbastanza stretto da farlo inghiottire a fatica.
Il dottore getta d’istinto di lato la testa, lasciando che Will si avventi sul suo collo, mordendogli avidamente il lobo dell’orecchio e tracciando con la lingua un percorso bollente che scende fino all’incavo della clavicola. Chilton inarca la schiena, contorcendosi sotto la stretta dell’altro, che adesso si stacca, pur senza mollare la presa della cravatta.
Will sorride appena, un sorriso compiaciuto, consapevole, padrone.
Lo strattona verso la cabina della doccia, lasciando scivolare con delicatezza la parete a scorrimento. Gli posa una mano sul petto, che si alza e si abbassa ad un ritmo martellante ed irregolare, indugia ad ascoltare il cuore impazzito dell’uomo che ha a pochi millimetri dal suo viso.
Gli si avvicina pericolosamente scostandogli una ciocca.
“Frederick” gli sussurra a fior di labbra, spingendolo dentro e facendolo barcollare sulle gambe malferme.
Avevi bisogno di una doccia.”
Mentre Will gli scivola accanto con un gesto silenzioso, felino, richiudendo la parete smerigliata dietro di sé, il dottor Chilton emette un gemito, più forte di tutti.

Buio.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Hannibal / Vai alla pagina dell'autore: Johanna_Reprise