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Autore: Jiulia Duchannes    02/06/2014    2 recensioni
Storia basata sulla serie Tv. Paring: James/OC Logan/Camille Kendall/Jo Carlos/OC
Siamo nel 1775, durante la rivoluzione Americana.
Karen Jane Mitchell, sorella di Logan Mitchell è una 15enne piena di sogni e bisogno d'amore. Quando incontra James David Diamond le sembra di aver trovato il principe che sempre aveva popolato i suoi sogni. Ma non è tutto così facile.
Dal testo:
Da piccola sognavo sempre, sempre un principe, un duca, un nobile giovane coraggioso e bello, che mi sposasse, mi amasse, mi facesse vivere un sogno. Sognavo l’amore, vero. Sognavo i baci al tramonto. Sognavo il cuore battere all’impazzata. Sognavo l’abito bianco. Sognavo i bambini.
Quei sogni infestavano come demoni le mie notti, i miei desideri mi rendevano folle, facile da ingannare con qualche frase fatta. Avrei creduto ad ogni bugia, pur di essere amata.
Era il 1775, e in America l’odore di un imminente rivolta verso gli inglesi si poteva fiutare ovunque. In quell’anno di rivoluzioni, battaglie e subbugli, la mia vita prese una piega inaspettata, realizzando i miei desideri, da una parte, distruggendoli, dall’altra.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente mi svegliai completamente stordita.
Non riuscivo a capire come fossi arrivata a casa, ricordavo solo il vento, il freddo, le lacrime, quel senso di vuoto che m’avvolgeva completamente, come nebbia.

Ricordavo James, le sue parole. Sperai ardentemente che fosse stato un sogno, sperai di poter andare alla radura oggi, e vederlo lì, sorridente e perfettamente pettinato come suo solito, e portelo abbracciare, perché non era successo nulla, era stato tutto un sogno. Per qualche secondo mi auto convinsi che la mia ipotesi fosse giusta, eppure il senso della realtà mi crollò adosso non appena notai di avere indosso ancora il vestito della sera precedente.

Gli iniziarono a pizzicare, come se stessi per scoppiare a piangere nuovamente, però mi trattenni. Piangere non sarebbe servito a nulla in quel momento, le lacrime non avrebbero certo aggiustato le cose con James e soprattutto non  mi avrebbero aiutata a scoprire quale legame vi fosse tra Diamond e Wanter. Eppure mi sembrava così difficile alzarmi dal letto, muovermi, respirare, pensare.

Un ‘ora abbondante dopo, con un enorme sforzo mentale, ero riuscita a prepararmi completamente.

Scesi al piano inferiore, alla ricerca disperata di mio fratello.
Lo trovai a leggere un libro di medicina, uno di quelli che tanto gli piacevano.
Alzò lo sguardo verso di me quando lo chiamai.

-Buongiorno Karen- Mi salutò sorridendo. Avrei voluto sorridergli di rimando ma proprio non riuscivo, l’unica cosa che volevo erano spiegazioni, e bhe si, James, volevo lui più d’ogni altra cosa.
-Cosa ha a che fare James con Ronald Wanter- Domandai senza troppi giri di parole.

Logan mi guardò con un espressione evidentemente sorpresa.
-Inanzitutto sono io qui che deve fare delle domande visto come ti ho trovata ieri sera. Quindi spiegami cosa ti è successo-
 -Ti ho fatto una domanda Logan, è inutile che tenti di cambiare discorso. Rispondimi o costringerò Carlos a dirmelo, e sai che sono capace- Lo incalzai sicura che con questa mia piccola minaccia avrebbe accontentato la mia curiosità.
-No, no, no così non va bene signorinella. Ti conviene prima raccontarmi cosa è successo anche perché nostra madre andrebbe su tutte le furie sapendo che hai abbandonato la festa con James Diamond, mentre secondo lei saresti dovuta essere con il rampollo dei Wanter-Mi minacciò a sua volta mio fratello.
-Come fai a sapere che ho lasciato il ballo con James?-
-Oh non ci vuole un genio visto che siete spariti nelle stesso momento. Ora racconta al tuo caro fratellino- Mi esortò Logie

-Ho litigato con James, cioè in realtà è lui che si è infuriato con me, ed aveva ragione. Mi aveva chiesto all’inizio della serata di non conversare con Ronald Wanter, ma quando gli ho chiesto il perché si è come rabbuiato, insomma non saprei spiegarti ora, ho intuito che James nascondesse qualcosa. Così ti ho cercato in giro ma tu eri troppo occupato a ballare con la tua fidanzatina per accorgerti che avevo bisogno di te, e Kendall era sparito. Ho incontrato Carlos ma non mi ha voluto dire nulla. Ronald mi ha chiesto di ballare, io ho rifiutato, solo che non so per quale strano motivo alla fine ho accettato e quando sono uscita James mi ha detto delle cose tremende..ma insomma me le meritavo. Solo che ora sono preoccupata perché voglio capire cosa abbia, non voglio che stia male- Spiegai tutto d’un fiato.
-Oh cavolo è peggio di quanto pensassi- Esclamò Logan
-Ora dimmi cosa sai Logan Mitchell!- Ordinai
-Non posso, mi dispiace ma James ci ha messo molto per dimenticarlo e mettere a tacere le voci, che continuano a girare comunque, sul suo conto. Saperlo non aiuterebbe ne te ne lui Karen, fidati.
-Ma Logan…- Non finii la frase che un grido femminile d’aiuto riecheggiò nel nostro giardino.

Logan si voltò di scatto, per poi correre verso una ragazza dai lunghi capelli biondi, completamente coperta di sangue. Lì per li non la riconobbi, così sporca e in preda al panico, ma non appena alzò il volto verso di me con occhi pieni di lacrime  il cuore perse un colpo. Quella era Jo, e quel sangue non era il suo.

-Jo..Che..Che è successo?-Chiese Logan sorreggendo la ragazza.
-Gli..inglesi. Stanno combattendo in città..hanno ucciso mio padre!-Gridò la giovane scossa dai singhiozzi.
Improvvisamente Logan impallidì, ricordando che quel giorno lui, Kendall, James e Carlos sarebbero dovuti andare in città per finire l’organizzazione del matrimonio di Kendall e Jo.
-Porta Jo in casa, falla cambiare e pulire. Io vado.Tornerò presto- Mi ordinò mio fratello.

Avrei voluto protestare ma lui aveva già cominciato a correre verso la città.
Spostai lo sguardo su Jo che mi fissava impaurita.

-E’..è morto qualcuno dei ragazzi..o Camille?-Chiesi temendo la risposta.
-Quan..do c’ero io Kendall e Camille erano ancora vivi, ma di Ja..mes e Carlitos non so nulla

Quando udii quelle parole non resistetti. La preoccupazione mi stava uccidendo. Lasciai Jo nelle mani di Clarisse e corsi il più velocemente che potevo attraverso il bosco. Arrivai in città dopo una mezz’ora di corsa sfrenata circa.

Il caos era ovunque. I soldati con le classiche giubbe rosse, prendevano  gli uomini dalle case, uccidevano chiunque si mettesse in mezzo o si opponesse. Picchiavano le donne, i bambini, bruciavano case, rubavano ogni tipo d’oggetto.

Rimasi impietrita a fissare lo scenario che mi si presentava davanti agli occhi.
Spostai lo sguardo velocemente dal cadavere di un bambino che non doveva avere più di 5 anni, agli occhi di un uomo a cavallo. Pensai si trattasse di un generale, dagli occhi azzurri, freddi, crudeli, che sembravano godere del tormente di quelli che erano considerati traditori della patria, rivoluzionari. I suoi occhi, il suo sguardo puntato su di me, la sua postura, la sua figura, la spada, la sua giubba impregnata di sangue, ogni cosa di quell’uomo  che sarebbe divenuto la principale causa della rovina della mia vita, mi inquietava.

Il generale mi fissava di rimando, sorridendo leggermente.

Decisi che rimanere immobile non mi avrebbe aiutata a trovare i ragazzi. Mi buttai nella baraonda, con gambe tremanti che a malapena mi tenevano in piedi, il cuore che sembrava voler uscire dalla gabbia toracica, gli occhi che lacrimavano a causa del fumo proveniente da una casa in fiamme , e il cervello che aveva smesso di ragionare lucidamente.

Corsi, in direzione contraria a quella di gente che cercava di fuggire da quell’inferno, verso la casa di Camille, o la locanda di Carlos.
Non riuscii a raggiungerla, un soldato inglese mi bloccò.
-Dove vai? Non scappi? Chi cerchi la mamma?-MI chiese burlandosi di me. Non riuscivo a rispondere, la paura era troppa.
-Che c’è sei muta?!-Gridò questa volta con più rabbia l’uomo che doveva avere circa trent’ anni.
-Lasciami!- Strillai non appena lui provò ad avvicinarsi di più a me. Aveva visto ciò che facevano alle donne, nel migliore dei casi le picchiavano, nel peggiore le violavano, umiliandole, magari davanti ai propri figli, mariti, fratelli o padri.
-Shh shh sh. Zitta o dovrò farti male piccolina-Mi intimò l’uomo.

Non credevo che gli inglesi fossero così, non l’avevo mai pensato, ma in quel momento li odiai tutti, l’intera razza di bevitori di thè, la odiai. Non sapevo che sbagliavo, che era stata la piccola città  ad aver avuto la cattiva sorte di trovarsi attaccata dalle truppe del generale Clayton, il generale degli occhi di ghiaccio.
Io comunque non ascoltai l’uomo, continuando a gridare sempre più forte. Lui mi diede un pugno in pancia. Mi mancò il fiato, le lacrime fuoriuscirono dai miei occhi. Il dolore mi aveva completamente stordita, fatta piegare al suo volere. Mi accasciai solo per essere violentemente tirata su dal soldato.

Mi fissò per qualche istante, poi riprovò ad avvicinarsi a me. Ricominciai a gridare, sapendo che era l’unica mia via d’uscita.

-Logan!Aiuto Logan- Il soldato mi schiaffeggiò.
-Zitta puttana-Mi sgridò nuovamente

Io continuai a gridare, sperando che qualcuno mi sentisse, anche se era praticamente impossibile in quel caos.
Improvvisamente, proprio mentre avevo completamente rinunciato a lottare o gridare, scorsi in lontananza una figura a me conosciuta che correva.

Nonostante la situazione, i capelli scompigliati, il volto coperto di furigine, la camicia mezza aperta e l’espressione di terrore, ancora oggi ripensando a quei momenti, non posso che rendermi conto di quanto fosse perfetto James Diamond ai miei occhi.

-James-
Chiamai con tutto il fiato che avevo in corpo, per poi essere buttata a terra dal soldato che cominciò a prendermi a calci. Misi le mani sullo stomaco ormai a pezzi. La paura che James non mi avesse sentita, o che peggio ancora non fosse venuto perché ancora irato con me, mischiato ad una quantità di dolore mai provata nella mia breve vita mia fecero piangere e singhiozzare.

La voce calda di un giovane bloccò il soldato che s’era avventato con letale violenza contro di me.
-Si fermi- Ordinò il giovane autoritariamente. Una parte di me pur sapendo che non si trattava di Diamond sperò che fosse lui, venuto a salvarmi.
-Signor Wanter- Il soldato era sorpreso dall’interruzione da parte di Ronald.
-La lasci Carter, lei è la figlia di Mitchell, le conviene lasciarla. Mi occuperò io della signorina Karen- Intimò il giovane

Carter se ne andò lanciandomi uno sguardo.

Ronald si chinò su di me aiutandomi ad alzarmi, con un cipiglio preoccupato in volto.

-State bene Keren. Cosa fate qui? Dovete scappare è pericoloso- Mi chiese il biondo trascinandomi in un vicolo chiuso, dove eravamo più riparati.

-Io..Ero venuta a cercare mio fratello- Sussurrai abbracciando lo stomco che mi doleva per i calci subiti.
-Mi dispiace per ciò che vi ha fatto Carter..Spero solo che non vi abbia toccata in altro modo o giuro che..-Non lo feci finire
-non mi ha fatto altro. Io devo trovare mio fratello- Feci per andarmene ma venni bloccata.
-No. Scappate, cercherò io vostro fratello- Mi ordinò Ronald.

-Perché mai dovreste voi, che a quanto pare siete con gli inglesi- Una punta di rabbia s’accese in me non appena notai che Ronald indossava una giubba rossa.

-Anche la vostra famiglia combatte con gli inglesi.Non è così Karen?- Domandò Wanter.

-Già. Ma Logan non sta combattendo, non sapevamo di quest’attacco, nemmeno mio padre ne era al corrente ed ora, se permette, devo andare a cercare mio fratello-

Provai ad andarmene nuovamente, ma Wanter non voleva farmi muovere.

Sapevo che era pericoloso andarmene in giro a cercare mio fratello, i miei amici e un ragazzo, che per qualche motivo non era venuto ad aiutarmi nel momento del bisogno, ma dovevo.

-li cercheremo assieme ok? O assieme o non la lascerò andare-

Accettai sotto costrizione la proposta di Wanter.

Mi prese per il braccio fingendo di trascinarmi da qualche parte per farmi del male, così che nessuno ci fermasse, e camminammo a passo veloce verso la casa di Camille, che trovammo incendiata completamente. I miei occhi si riempirono di lacrime.

-Vedrai che saranno scappati- Mi rassicurò Ronald.

Per trascinarmi verso la locanda della famiglia Garcia.

Quando entrammo, il cuore si fermò per qualche secondo. La visone si offuscò a causa delle lacrime. Sangue, rosso, caldo, troppo, sotto il corpo mortalmente pallido di Carlos Garcia.

Mi lasciai cadere accanto a lui, che mi guardò con occhi vetrei, spenti, così stanchi, così diversi da quelli vispi pieni di vita che mi piacevano tanto.
Con mano tremante gli carezzai il volto e lo rassicurai mentre Ronald applicava pressione sullo squarcio sul petto del mio amico, che intanto sussultava e piangeva per il dolore.

-Shh.Andrà tutto bene Carlitos ok? Devi solo rimanere sveglio. Ti prego- Lo supplicai.
Le labbra del latino si curvarono leggeremente in quello che doveva essere un sorriso ma che a me sembrò una smorfia di  dolore.

-Dobbiamo trovare gli altri tuoi amici. Abbiamo bisogno d’aiuto se dobbiamo salvarlo prima che sia troppo tardi.- Disse Ronald fissandomi con i suoi occhi verdi.

  
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