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Autore: Greece_Lee    02/06/2014    4 recensioni
Ehilà! Questa la considero la mia prima fanfiction perché l'altra fa veramente schifo.
Quindi vi prego: lasciatemi una recensioncina per aiutarmi, vi pregooooo!!!!!!!!
La storia è ambientata alla fine della battaglia contro Gea, con tutti e due i campi che diventano amici ma continuano a restare separati, ma i semidei possono muoversi liberamente tra i due luoghi. Parla di due amiche che dall'Italia si trasferiscono in America, dove scopriranno la loro natura di semidee. Dovranno misurarsi con una profezia più grande di loro, e alla fine daranno tutto per salvare i propri amici. Spero di avervi incuriositi un po'!
Non so più che dire e siccome penso che il testo non abbia frasi siginificative (almeno non ancora!) vi lancio un ultimo segnale SOS che vi prega di leggere e recensire! Vi prego aiutatemi!
Greece
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Piper McLean
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 1: LO ZIO SAM

 

Ciao, sono Alice, ho 14 anni e sono italiana, ma mi sto trasferendo negli USA e proprio ora sono sull'aereo che mi porterà verso la mia nuova casa. Una volta, quando avevo circa sette anni e vivevo ancora in Italia, una maestra non aveva capito come scrivere il mio nome e quindi mi ritrovai con un cartellino con su scritto “Elis”. Gli italiani hanno un talento naturale nel non capire la differenza tra la scrittura e il “come si legge” dei nomi stranieri. mamma dice che mio padre è americano, ma io non l'ho mai visto. Mia madre è una cantante e la musica è anche una delle mie più grandi passioni. Non vi dico che cantanti o gruppi ascolto perché sennò più della metà di voi mi prenderebbe in giro a vita; vi dico solo che non mi piacciono gli One Direction, e già da qui penso che ho perso molti di voi coraggiosi lettori.

Comunque sia, ho una migliore amica che si chiama Summer. Ha un nome un po' strano per un'italiana, ma lei, come me, ha un genitore statunitense, solo che nel suo caso è la madre. Il padre è un famosissimo architetto nonché pianista e anche lei adora suonare lo strumento di suo padre. Purtroppo suo padre è morto parecchio tempo fa, così da quel giorno lei vive vicino casa mia con la zia e adesso sta seduta con me sull'aereo perché viene a vivere in un quartiere vicino a me da sua zia che vive là. Sam è una ragazza molto carina: è castana e riccia con gli occhi di un verde brillante magnifico. È alta e parecchio magra, decisamente in contrasto con me. Io sono leggermente più bassa, con i capelli corti e castani. I miei occhi sono castani, a volte color nocciola e altre volte un po' più scuri. Un vero schifo.

Sull'aereo che ci porta a New York non abbiamo niente da fare a parte sentire la musica, guardare fuori e, ovviamente, chiacchierare. Il problema è che siamo entrambe troppo emozionate anche per dire una parola, quindi siamo quasi appisolate, con i fili degli auricolari che penzolano e uno sguardo passivo verso il finestrino. La voce di Jared Leto, il cantante, mi distrae dai miei pensieri, così chiedo a Sam:

- Secondo te qui le scuole come sono?

Non è che mi importa granché, ma lo dico lo stesso per rompere il ghiaccio.

- Mah, non ne ho idea. Però devono essere simili a quelle dei telefilm: delle accademie con mille accessori.- risponde lei senza una briciola di interesse.

Non ho rotto il ghiaccio. Pazienza.

Torno a guardare di fuori e scopro che dobbiamo essere vicini alla meta, infatti dopo neanche una mezz'ora atterriamo. Prendiamo i bagagli ed usciamo dall'aeroporto. Salutiamo Sam e sua zia che si avviano a sinistra, mentre noi andiamo dall'altra parte. Tre quarti d'ora di taxi e sono davanti al portone della mia nuova casa. L'Italia già mi manca.

-Emozionata?- mi chiede mamma.

-Un po'-rispondo.

La casa da fuori sembra molto bella e spaziosa. Ha l'intonaco giallo limone e una mansarda con la finestra sul tetto. Fantastica. È circondata da un giardino piuttosto grande, dove c'è solo l'erba e qualche ciclamino solitario. Otto piantine in tutto, e sono pochi, considerata la grandezza del giardino. Entriamo e ci ritroviamo in un salotto spazioso con il parquet. La casa ha quindici stanze comprese la mansarda e due bagni. È bellissima, ma sento la nostalgia del mio vecchio piccolo appartamento in via Crispi.

Mia madre deve aver capito che non mi sento un granché a mio agio, così, per farmi contenta, mi compra pizza e gelato per pranzo, i miei cibi preferiti, ma scopro che la pizza americana fa schifo.

- Come fanno a mangiare questa roba? Fa schifo!- dico, ma visto che ho parecchia fame me la finisco.

- Probabilmente non ne hanno mai assaggiata una migliore.- mi dice mamma ridendo. Lei è sempre gentile e sorridente, anche quando le cose vanno male. Rido anch'io. Camminiamo un po' e poi torniamo a casa, perché dobbiamo ancora svuotare i bagagli. Quando entriamo mamma mi chiama:

- Ehi, sisì- “sisì” è un vecchio soprannome di quando ero piccola e se volete farmi arrabbiare chiamatemi in quel modo. Però, ovviamente, a mia madre lo permetto- vieni qui, per favore. C'è una cosa che dovrei dirti.

Sono a meno di tre metri da lei, ma mi avvicino lo stesso.

- Sì mamma?

Lei esita.

- Lo so che non è il momento migliore per dirtelo, ma...- si blocca e si morde il labbro. Fa sempre così quando non vuole far uscire troppe parole.

- Ma cosa?- dico io per spronarla ad andare avanti.

- Si tratta di tuo padre. Credo che...- si morde il labbro di nuovo.

- Sì?

- Beh, ti volevo solo dire che è lui che mi ha pregato di trasferirmi qui. Forse lo incontrerai. Chi può dirlo?

- Io... incontrare... papà...- le parole mi pesano parecchio. Non l'ho mai visto.- ma se non so neanche come si chiama!

- Non te lo posso dire, lo sai.- mi risponde mamma con quella sua voce dolce.

- D'accordo.

Mamma dice che ha gli occhi verdi, è alto e simpatico. A volte mi chiedo come ho fatto io a venire fuori così male: sono castana (e ho i capelli corti e lisci, ma non spaghettosi) con gli occhi marroni, mentre mamma è bionda con gli occhi neri. Non sono bella per niente mentre mia madre lo è e, da come lo descrive, anche mio padre non scherza in quanto aspetto. Colpa dei caratteri recessivi? Almeno Mendel diceva così.

Summer, invece, è davvero bella. Era castana con i capelli ricci e lungi fino alla scapola, gli occhi verdi con dei raggi grigi nel mezzo ed era alta e magra. Oltretutto era molto simpatica e aveva sempre la battuta pronta.

Siamo rimaste d'accordo che nel tardo pomeriggio lei mi verrà a trovare, così ho tre orette buone per sistemare le mie cose nella mia nuova stanza e scopro che è meravigliosa. Innanzi tutto è molto spaziosa e ha un lato costituito completamente da un' enorme finestra che da sul giardino (anzi, più precisamente sulla piscina, che è grandissima e che al centro ha un'isoletta, mentre da un lato c'è una piccola cascata d'acqua su delle rocce) da cui si vede la statua della libertà in lontananza. In più ha anche un pianoforte a muro vicino al letto. Il letto è matrimoniale ed è sormontato da delle mensole ondulate per i libri. Tutto il resto è vuoto. Decido di posizionare lo stereo, le casse e il computer sulla parete libera, dove c'è già una scrivania con cassettiera e lampada. La tastiera la metto vicino al piano e sistemo i libri sulle mensole. Questa villa è quasi un castello, se paragonata a quelle cinque stanzette che avevo in Italia, ma qui non mi sento ancora a casa. Con il tempo mi ci abituerò e poi forse mi sentirò completamente a casa. Il guaio è che quel momento non è ancora arrivato, ma è normale, visto che sono in America più o meno da tre ore.

Mentre aspetto che arrivi Sam accendo lo stereo e le casse, giusto per vedere se funzionano. Purtroppo, però, quando le accendo, non resisto alla tentazione di ascoltare qualche brano. È uno dei miei difetti: ogni volta che comincio ad ascoltare la musica non ce la faccio a smettere e poi mi ritrovo sempre a cantarla, perché se lo faccio mi sento come se stessi partecipando anch'io alla canzone.

Dopo circa un'oretta e mezzo di musica a palla, sento suonare il campanello. Come riesco a sentirlo non lo so, ma succede. Vado ad aprire e mi ritrovo il volto sorridente di Sam davanti alla faccia.

- Ciao! Quanto tempo, mi sei mancata!

Scoppio a ridere e la invito ad entrare. Quando chiudo la porta, noto una piantina di ciclamini che prima non avevo visto. Ora ce ne sono 9. Mah.

- Hey sisì- mi chiama Sam.

- Quante volte ti devo dire di non chiamarmi “sisì”?

Lei ridacchia e poi mi risponde:

- Tutte le volte che mi hai minacciato di chiamarmi “zio Sam” come gli USA e tutte le volte che io ti ho detto “ok, non lo dico più”.

- Ecco, quindi vedi di non farmi arrabbiare, Zio Sam.

- Mi sembri J-ax quando parli così.

- Se lo dici tu...

- Comunque sia, El, questa casa è stupenda! La mia invece è molto più piccola, ma ha un giardino che è dieci volte il tuo.

- Andiamo a fare una passeggiata? Comincio ad annoiarmi qui.

- Come fai ad annoiarti in una casa come questa lo sai solo tu, comunque andiamo.

Sulla strada riconto le piantine di ciclamini, che mi sembrano aumentate. Infatti sono 10. Ma non so contare o cosa? Forse c'è solo una visuale diversa da qui e se ne vedono alcune di più. Io continuo a pensare: “Coincidenze?”. Non so.

Mentre percorriamo la mia nuova via ci imbattiamo in un bar che spara a palla “In my own world”, la sigla di violetta tradotta in inglese. Ci mettiamo a correre per evitare quella tortura. Ma possibile che anche lì fosse arrivato quel telefilm?

Beh, è piuttosto normale, visto che Martina Stoessel è americana, ma quella figliola mi perseguita!

Dopo un parecchia di strada non la sentiamo più, così decidiamo di rallentare. Chissà come, ma ci siamo ritrovate in una via deserta, dove non c'è nessuno. Per fuggire dal bar non abbiamo badato a dove andavamo. Ci guardiamo intorno e notiamo una vecchietta ricurva su sé stessa, così ci avviciniamo e le chiediamo:

- Scusi, sa dove ci troviamo?

Lei si gira e noto che ha degli strani occhi rossi.

- Ah, che graziose ragazzine!- dice- Adesso vi porto io in un bel posto!

Quello che succede poi è strano. Lei si mette dritta e si stiracchia, poi le cominciano a spuntare due ali rugose e raggrinzite dietro la schiena e diventa anche più brutta di prima, se possibile. Dopo una piccola sghignazzata alquanto sospetta fa un balzo verso di noi e noto che ha degli artigli sulle zampe. Perché i suoi piedi sono diventate chiaramente zampe, e anche sporche!

Io e Sam ci guardiamo un attimo, poi scappiamo urlando dalla vecchietta assassina.

  
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