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Autore: TwitBeba    03/06/2014    0 recensioni
«Non mi hai dimenticata? »
« Come posso dimenticare un viso così bello?» Chiese lui dando un piccolo bacio sulla fronte e accarezzandole la guancia asciugando anche qualche lacrima.
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Le fiamme avvolgevano tutto.
Quando aprì gli occhi non riuscì a vedere niente, il fumo avvolgeva ogni singola cosa.
Qualcuno gridava e forse faceva parte anche lei di quelle urla.
Si alzò in cerca di qualche punto di riferimento e lo trovò nella maniglia della porta di camera sua come sempre aperta sul corridoio.
Appena si alzò un’ombra entrò nel suo campo visivo.
Suo padre con un fazzoletto davanti alla bocca cercava lei con la mano libera e appena la sentì la tirò a se in un piccolo abbraccio, dopodiché la spinse verso il piano inferiore ma il fumo si fece più spesso e lei faticava sia a respirare sia ad essere capace di stare salda sui suoi piedi.
Lui notando i vari mancamenti la prese in braccio passandogli il fazzoletto per permettergli di respirare.
Da quel poco che poteva vedere riuscì a capire di essere alla fine delle scale e vide l’uscita a pochi metri da loro.
Le urla si fecero più forti, provenivano dal piano superiore e poteva essere solo una persona la causa di quelle urla così infantili.
“CATLIN!” urlò lei riprendendosi da quello stato di trance.
“Vai fuori Connie, corri! Ci penso io a lei” le lasciò un lieve bacio sulla fronte per poi spingerla verso la porta.
Le mani famigliari di sua madre la presero in un abbraccio disperato mentre insieme si accasciavano per terra aspettando in lacrime che qualcuno uscisse dalla loro casa.
Dopo qualche secondo si iniziarono a sentire delle sirene e i vigili del fuoco irruppero in casa appena in tempo per prendere Catlin che aspettava in camera sua ma il padre che non sarebbe mai arrivato”
 
Si risvegliò in preda al panico in un letto non suo, in una casa non sua.
Guardando la finestra che dava sul giardino immaginò di trovarsi a Londra e che tutto fosse solo un brutto sogno ma dalla soglia della porta spuntò la testa di sua madre che la guardò con aria preoccupata.
«Amore cosa succede?» Appena vide la faccia terrorizzata della figlia Elisabeth corse ad abbracciarla «Ehi Ehi, va tutto bene, è tutto a posto» disse accompagnando alla voce delle piccole carezze sui capelli per tranquillizzarla.
«Sto bene mamma, tranquilla, era solo un incubo»
«Va beh, qualche carezza non fa mai male no?» in quel sorriso Corinne riconosse la donna che era prima dell’incidente,quella forte di suo, che si basava su se stessa e su una persona a cui aveva dato il suo cuore.
Il loro piacevole silenzio venne interrotto da Peter che annunciò del pranzo pronto giù in cucina.
«Andiamo dai» la madre fu la prima delle due ad alzarsi ma Connie non la seguì.
«Tu inizia a scendere, io arrivo fra cinque minuti» le rispose.
«Va bene, ma che siano cinque minuti» disse prima di uscire dalla stanza lasciando la ragazza ai suoi pensieri.
Si allungò per prendere le sigarette che erano sul comodino e ne accese una; vedendo il fuoco bruciare il tabacco fu riportata al giorno che aveva appena sognato.
Era stato proprio da quel giorno che aveva iniziato a fumare.
Le piaceva l’idea di poter controllare quello che aveva distrutto la sua vita e poterlo far morire con un solo gesto.
Finita la sigaretta scese le scale e raggiunse il resto della famiglia che era già intorno alla tavola con un bel pranzetto davanti preparato da George e Peter.
«E’ la prima domenica che passiamo insieme a voi in casa nostra e volevo fare qualcosa di speciale» Disse George rivolto alla nuova arrivata con un sorriso da orecchio a orecchio.
«Beh molto carino da parte vostra ma non ho molta fame» rispose Corinne sedendosi e portando le ginocchia al petto.
«Oh… va beh! Spero che almeno la torta tu abbia voglia di mangiarla» disse continuando a sorridere abituato, ormai, alla sua scontrosità.
«Per quella potrei fare un’eccezione»
«Perfetto! Allora hai deciso la tua strada? » Chiese cambiando bruscamente argomento, come se avesse programmato di fare quella domanda.
Il college.
Connie stava evitando di pensarci ultimamente.
Il suo ultimo anno scolastico era andato molto bene,uscita col massimo dei voti, molte offerte di borse di studio e altri vantaggi, ma non accettò nulla.
Studiava per non pensare al futuro o al passato, per lei tutto era coperto da uno strato di foschia in cui non riusciva a distinguere bene le cose.
Adesso a ripensarci dopo un po’ di tempo capì che le idee le si erano chiarite, in quei pochi secondi si era decisa e sapeva già che su quella decisione non ci sarebbero state discussioni.
«L’accademia di belle arti di Brera.» Rispose decisa, guardando sua madre che alzò lo sguardo dal piatto per regalarle un piccolo sorriso.                             «Oh piccola scusa l’ignoranza ma dove si trova?» Quel “piccola” la irritò molto ma non lo diede a vedere e restando su un tono piatto rispose:
«A Milano.»
«Caspita! Hai già inviato la richiesta?» George sembrò veramente sorpreso dalla lontananza ma non fece domande più profonde.
«No devo farlo. Visto che non abbiamo ancora internet e devo collegarmi con il computer sapete se c’è una biblioteca o qualche posto in cui possa trovarlo?»
«Certo che c’è! Non siamo dispersi nel nulla! Comunque non è vicina, non so spiegarti bene dov’è visto che non conosci bene la città»
«Mamma tu sai dov’è?»
«No, mi dispiace non lo so»
«Va beh, domani faccio un giro per la città e la cerco. Qualcuno me lo saprà spiegare.»
«Chiama Niall!» Propose la madre con molto entusiasmo «Vi siete divertiti l’altra sera e lui sicuramente ti può dare una mano» 
Effettivamente si era divertita anche se molte cose non le ricordava ma rifiutò categoricamente la proposta della madre dicendo di non volere nessuno vicino per queste cose e lei lasciandosi convincere, lasciò cadere l’argomento.
 
La mattina dopo come al solito la casa era vuota e silenziosa, quasi tutti gli scatoloni erano stati disfatti e iniziavano ad arrivare anche i mobili della camera di Corinne, scelti dalla madre.
Lei era ancora a letto in biancheria a leggere un libro visto che non aveva voglia di spostarsi dal letto se non per prendere da mangiare.
Il libro era nella sua fase cruciale, stava morendo il personaggio preferito della ragazza ma, ovviamente, non si poteva mai godere la solitudine di quella casa.
Il campanello di casa iniziò a suonare e fu costretta a buttarsi giù dal letto per andare di sotto.
«Arrivo!! » Urlò prendendo una maglia a caso dalla montagna che c’era sulla sua sedia.
Il campanello continuava a suonare facendola innervosire con il suo suono pungente.
«Sono qui! Sono qui!” Urlò, ancora, mentre apriva la porta.
Sapeva già chi poteva essere  ma sperava con tutta se stessa che non fosse lui ma, purtroppo, Niall era lì davanti a lei con il dito sul campanello e un sorriso stampato in faccia.
«Ciaooo!! » disse con molto entusiasmo avvicinandosi alla ragazza per darle un bacio sulla guancia che non arrivò a destinazione visto che lei si tirò indietro guardandolo male.
«Che cosa ci fai tu qui? » chiese senza molti preamboli.
«Mi aspettavo un’accoglienza del genere sai? Tua mamma ha detto alla mia di accompagnarti in biblioteca»
«Questa me la paga cara» sussurrò prima di salire le scale fino in camera sua dove prese il telefono per chiamare la madre.
Il biondo decise di entrare e mettersi comodo sul divano aspettando di sapere qualcosa.
 
«Come ti è venuto in mente di prendere appuntamenti al posto mio? Come ti è venuto in mente di impicciarti dei fatti miei? » Elizabeth fu investita da queste due frasi come un se fossero treni e per alcuni secondi rimase in silenzio.
«B-beh ho pensato che forse non volevi dare disturbo a Niall, e allora ho pensato di farlo io»
«Beh, non hai capito semplicemente un cazzo mamma, grazie! La prossima volta evita di pensare, ci si vede stasera.» chiudendo con questa frase, di cui quasi subito si pentì, ritornò al piano terra a passi pesanti e con la faccia rossa di rabbia. 
Probabilmente non si accorse del ragazzo perché filò dritta in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. 
«Ehi! Mi dispiace per la litigata» disse lui appoggiandosi alla porta della cucina. 
«Ma che cavolo ci fai ancora qui?!» urlò lei appena lo vide, spaventandosi.
«Eh sono entrato! Non devo accompagnarti da qualche parte?»
«No, no. Vattene non ho bisogno di nessuno» rispose prendendo ancora un sorso di acqua e liquidandolo con un gesto della mano.
Questo era troppo anche per lui, aveva cercato di capirla in tutti i modi evitando anche di rispondere alla sua arroganza ma era inutile.
Quella ragazza era un testa di cazzo. 
La guardò negli occhi per farle notare il suo disprezzo e uscì dalla casa sbattendo violentemente la porta. 
Lei sobbalzò da un secondo spavento, non si aspettava una reazione del genere, insomma, lui era sempre stato carino e gentile.
Nella sua testa c'era in corso una guerra tra "Muovi quel culo e fermalo" e "Fottitene amaramente". 
Non era sempre stata una stronza di prima categoria,anzi, piaceva a tutti proprio per la sua gentilezza e la sua bontà e quella parte di lei c'era ancora, sotto molti strati, ma non sapeva a chi farla vedere,secondo lei, nessuno se la poteva meritare.
La lotta andò avanti per un paio di minuti poi si decise a raggiungere il ragazzo che si trovava già alla fine del viale. 
«Niall! » Urlò appena si fu avvicinata abbastanza da permettere a lui di sentirla. 
«Cosa vuoi? » Si girò guardandola ancora con disprezzo.
«Non volevo trattarti così, ero arrabbiata con mia mamma... » 
«Mi fa piacere, ciao» adesso toccava a lui trattarla male e andare avanti per la sua strada. 
«No, dai per favore... Scusami»
«Non ho sentito bene l'ultima parola» disse fermandosi e guardandola.
«Ho detto che mi dispiace» rispose cercando di essere il più vaga possibile, non volendo dargli questa soddisfazione.
«A me non sembra che tu abbia detto così, però fa niente. Ci vediamo! »
«Scusa Niall! Scusa, ecco cosa ho detto» le sue labbra formarono un sorriso perché la cosa si stava facendo divertente. 
«Wow! Che parola strana! E per cosa dovrei scusarti?»
«Inizia ad accontentarti di queste scusa. Non credi?»
«Forse non hai capito, io non sono una pezza da piedi quindi se da oggi in poi vuoi essere mia amica mi devi trattare in maniera decente, capito? » Connie non aveva più quel sorrisino sulle labbra e teneva gli occhi bassi facendo finta di osservare una foglia vede brillante che passava sopra il marciapiede. 
«Okay» disse con voce bassa ma chiara.
«Bene, dobbiamo andare in biblioteca?» le chiese. 
«Si ma mi dovrei vestire prima, vieni in casa?" La foglia era scomparsa e dovette per forza guardarlo negli occhi, non ci trovò più disprezzo ma dolcezza, come al suo solito. 
«Dai, però ti devi muovere»
Solo una volta entrato in casa si accorse di quello che indossava Corinne. 
La maglia gialla che sarebbe stata grande anche per lui le arrivava a metà coscia nascondendo il necessario ma senza far vedere nulla, i capelli ribelli erano legati in una coda alta che le faceva sembrare il viso più magro mettendo in risalto le lentiggini. Nell'insieme sembrava ancora una ragazzina di quelle che quando ci sono i fulmini si nascondono sotto le coperte come dei cuccioli indifesi. A quanto sapeva lui Connie non era così, era forte e combattiva esternamente e all'interno c'era una confusione in cui neanche lei riusciva a capirci qualcosa.
Si rimise sul divano e aspettò cercando di far scorrere il tempo giocando col telefono e sentendo la ragazza correre da una stanza all’altra per fare presto.
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Recensite se vi è piaciuto, scusate per il ritardo e grazie per aver letto i capitoli <3
  
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