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Autore: SaraRocker    03/06/2014    2 recensioni
Anno 2097, l'intero pianeta terra si ritrova sotto una sorta di dittatura particolarmente cruenta, che si finge giusta e accondiscendente.
La Desert_Zone è un luogo formatosi a causa del riscaldamento globale, una sorta di continente quasi totalmente desertico e inadatto alla vita, dove la dittatura manda a morire coloro non adeguati a vivere in essa.
Gwen vive là , insieme ad un gruppo di ragazzi che collaborano in una sorta di resistenza.
Duncan è un militare a servizio della dittatura, che ritiene giusta e autorevole.
Estratto cap.28
"Non devi sentirti in colpa. E' stata l'avventura più bella." gli sussurrò "Ed ora è giunto il momento che tu mantenga fede alla tua promessa."
Duncan la ammirò a lungo in silenzio. Perchè sorrideva? Perchè i suoi occhi erano così lucidi? Perchè le sue labbra tremavano tanto?
Gwen non gli era mai sembrata tanto debole. Eppure, si stava sottoponendo alla più grande prova di coraggio.
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Scott, Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Desert_Zone


 
cap.30


























Un sospiro strozzato si levò al centro dell'ingresso, spezzando senza alcuna pietà quel silenzio che ormai fischiava in modo pungente nelle orecchie di Thomas, ancora fermo nella sua stanza, incerto sul da farsi. Udì dei passi, prima lenti e timorosi, farsi poi veloci ed allarmati. La recluta chiuse gli occhi, sospirando. Quelle giornate si stavano facendo infinite ed inaffrontabili. Non riusciva a lasciare la propria stanza, nonostante potesse udire con chiarezza dei passi all'interno dell'appartamento. I suoi piedi non rispondevano, non poteva muoversi. Improvvisamente, non gli interessava più del disgustoso odore acre e pungente del cadavere al suo fianco. Si era paurosamente distanziato dalla realtà che lo circondava. Era troppo dolorosa per viverci.
Nella sua mente si stagliavano nomi e pensieri continui: Zoey, Duncan, Gwen, ribellarsi, Governo, fuggire, combattere, paura, coraggio, sangue, morte, armi, fuoco, i suoi genitori... Quell'ultimo pensiero, in particolare, lo fece tremare. Da quando Duncan era tornato, portando con sé quel pugno di condannati, Thomas non aveva più smesso di pensare alla propria famiglia, e a come essa fosse stata gettata nella Desert_Zone. Si domandava cosa fosse loro accaduto. Prima di conoscere Gwen -così scaltra e preparata- era stato sempre convinto che l'unica possibilità, fosse considerarli morti. Eppure, di recente, era sempre più tormentato dall'idea che loro potessero essere ancora in vita. Magari era solo una vaga possibilità -pressocchè invisibile-, se ne rendeva conto, ma non gli interessava.
Cosa avrebbe detto suo padre -che aveva combattuto pesino con le ughie in nome della libertà-, vedendolo entrare a far parte dell'esercito?

Deluso.

Cosa avrebbe pensato -quell'uomo che aveva imbracciato le armi per difendere la propria famiglia- nel vederlo in quel momento, così combattuto tra l'idea di nascondersi e quella di combattere?

Codardo.

La recluta serrò le proprie mani in due pugni frustrati. Le nocche si fecero pallide in pochi istanti, mentre le unghie affondavano con prepotenza nel palmo rovinato dai numerosi mesi di allenamenti e lavoro. Strinse le palpebre con forza, sino a sentire gli occhi pizzicargli per le lacrime in procinto di annegarlo. Si morse il labbro inferiore, facendolo sanguinare, ma non interessandosene. Infine sospirò, riducendo il proprio sguardo a due linee sottili e combattive.
Suo padre non si sarebbe mai vergognato di avere lui come figlio.

"Duncan? Scott?"
Un richiamo disperato lo fece sussultare, distraendolo dalle proprie riflessioni. Immediatamente, avvertì i muscoli nuovamente in grado di muoversi, e subito si incamminò verso il salotto. Fece capolino nella piccola stanza, muovendosi con passo cadenzato e respirando profondamente. Osservava il pavimento sporco di polvere e detriti, sapendo bene a chi appartenesse quella voce tanto allarmata che aveva fatto il proprio ingresso nell'appartamento. Deglutì prima di parlare.
"Loro... Non so se torneranno."
"Cosa è successo Thomas?" domandò Geoff allarmato, superando Bridgette e giungendo di fronte al ragazzo "Abbiamo visto un notiziario... Loro sono-" "Sono nella Desert_Zone di nuovo, penso per Gwen." lo interruppe la recluta, mostrandosi palesemente teso. Le vene del collo risaltavano nella la pelle chiara del giovane, ed i suoi capelli -disordinati come sempre- gli cadevano con noncuranza sul volto, oscurandogli gli splendidi occhi verdi.
La bionda sussultò, udendo il nome dell'amica "Perchè lì?"
"Non ne ho idea..." rispose in un mormorio affranto il giovane, appoggiando la schiena contro la parete ed abbandonandosi ad essa con frustrazione "Ma so che Duncan non è uno stupido. Se si sono diretti là, significa che Gwen è là. Non c'è dubbio." proseguì sempre Thomas, sottolineando con fermezza quel 'è'.
Geoff soppesò silenziosamente quelle parole, mentre una nuova incertezza si affacciava nella sua mente "E gli altri? Dove sono?"
Thomas alzò lo sguardo, puntandolo verso i due innamorati  "Nella migliore delle ipotesi, non sono ancora tornati..."
Quella risposta spiazzò particolarmente la ragazza, che sussultò nuovamente preoccupata, mentre Geoff comprese subito ciò che il giovane intendeva. Vi era la possibilità che Heather, Noah e Dj fossero in ritardo -quella, a parere della recluta, migliore-, altrimenti era da considerarsi che i tre fossero stati catturati -infondo si poteva dedurre facilmente dalle condizioni dell'appartamento, dismesso e disordinato, che qualcuno aveva fatto irruzione-.
"In poche parole, siamo nella merda. Neppure una notizia decente." dedusse sconfortato il biondo, accomodandosi sul divano ormai distrutto e buttando il proprio sguardo sul soffitto scuro. Sospirò arrendevole, per poi chiudere gli occhi. Neppure Geoff amava quel mondo tanto colmo di sofferenze.
"In realtà, se le mie deduzioni sono corrette, abbiamo sia Gwen che Zoey."
"Zoey?" domandò Bridgette, voltandosi verso la recluta. Quest'ultimo annuì semplicemente, accennando un mezzo sorriso -seppur falso- "E' ferita e si trova in ospedale, ma per lo meno sappiamo che c'è ancora."
"Magra consolazione." commentò sinceramente Geoff, scuotendo il capo, sempre mantenendo gli occhi chiusi ed il viso rivolto verso l'alto "Siamo divisi. Il nostro gruppo è smembrato, e nessuno ci assicura che Duncan e gli altri torneranno sani e salvi dalla Desert_Zone. Già la prima volta non è stato semplice." ricordò il biondo, tornando a quando -solo poche settimane addietro- erano sbarcati ad Indianapolis.
"E poi, ora ci cercano anche." aggiunse Bridgette, restando in piedi al centro della stanza. Non voleva sedersi, come divorata dal terrore di potere crollare e non riuscire più a rialzarsi.
"Ed è per questa precisa ragione che saremo noi a iniziare la guerra..." sorrise sghembo la recluta, esibendo un'espressione furba e spietata. Osservava i due con impazienza, mentre loro si limitavano a non capire quel ragionamento tanto avventato.
"Che vuoi dire?" domandò Geoff, aprendo finalmente gli occhi, come se quella semplice -quanto folle- frase fosse stata la chiave per uno scrigno decisamente fondamentale.
"Ragionateci: se scateniamo l'inferno, chi si preoccuperà più di un paio di ricercati?" incalzò Thomas, scattando in piedi soddisfatto. Si accostò ad un piccolo sgabuzzino sulla destra del corridoio ed aprì la porta. Sorrise, constatando che nessuno vi aveva prelevato nulla.
"Per farla breve, hai intenzione di fare in modo che si scateni il chaos generale, così da allontanare l'attenzione su Duncan?" domandò Bridgette, seguendo con lo sguardo la figura del giovane, il quale -in risposta- annuì semplicemente.
Geoff si alzò,  sistemandosi contro la parete e sorridendo derisorio "E come pensi di fare? Siamo in tre."
Thomas osservò l'altro furbescamente, per poi tirare fuori dal piccolo sgabuzzino un mitragliatore lucido e pesante. Con uno sfozo considerevole, lo posò tra le braccia del biondo, il quale osservò il giovane sorpreso.
"Con un arsenale di questi." rispose la recluta, sorridendo sghemba. Il piccolo stanzino era completamente ricoperto di armamenti militari -come quello di ogni altro membro al servizio dell'esercito, infondo- "E poi, siamo molti più di tre. Vedrai. L'insorgere di un popolo è un ostacolo di considerevole consistenza."

 
***

Morte: Cessazione irreversibile delle funzioni vitali negli organismi viventi; nell'uomo e negli animali si verifica  in assenza di respiro o di battito cardiaco spontanei [...]|| m. apparente, cessazione non definitiva delle funzioni vitali resa reversibile dalle tecniche di rianimazione.





Aveva sempre avuto paura; non aveva mai avuto problemi nell'affrontarlo ed accettarlo. Lei stessa si definiva costantemente terrorizzata, per quanto i tanti non lo notassero. E per quanto strano potesse sembrare, lei aveva sempre temuto la vita -vivere-.  Lei tremava totalmente ogni singola sera, prima di addormentarsi. Non voleva soffrire, patire la fame, o la sete, ed era probabilmente questo a spaventarla. Ed a differenza dei tanti, lei non aveva mai preso in considerazione la paura della morte -il timore più frequente tra gli uomini-. Non credeva di doverla temere, principalmente perchè non vi era nulla di così dannatamente importante da potere essere perso. A lei non era mai interessata la possibilità di non esistere più.
Eppure, poco prima di domandare a Duncan di ucciderla, il timore della morte l'aveva tediata totalmente. Più volte, in quei brevi minuti che si erano diramati tra i due, il suo cervello le aveva imposto di dire 'basta, smettila! Ritira tutto quello che hai detto!', ma Gwen non vi aveva dato ascolto. La dark non riusciva a comprendere quell'improvviso terrore così tanto nuovo e comprensibile. Solo quando aveva guardato Duncan per l'ultima volta, si era resa conto di ciò che stava accadendo. Il militare era divenuto quella cosa importante a cui lei aveva paura di rinunciare. Per qualche istante -quelli che anticiparono il suo andarsene- constatò che vivere non era poi tanto male.

Eppure, era finita.

Il respiro le si era mozzato d'improvviso ed il cuore aveva iniziato a dolerle orribilmente. Era stata in grado di avvertire il battito scostante e privo di alcun ritmo dettato da quel suo organo tanto vitale. D'improvviso aveva sentito l'impellente necessità di gridare, di aggrapparsi alla terra bollente -scaldata dal sole- che le stava ardendo la pelle pallida. Eppure, nonostante tutto questo, i muscoli non le avevano risposto, e la sua voce era scomparsa. Aveva perciò boccheggiato con disperazione -limitandosi ad un arrendevole sguardo- per poi chiudere gli occhi.

"Gwen!"

Era morta...

"Gwen!"

Lei non esisteva più. Magari il suo corpo poteva ancora esservi, ma la sua essenza, quell'intangibile presenza che è la mente, non vi era più.

"Gwen! Dove sei?" la voce del bambino le giunse alle orecchie furba e scaltra. La piccola, tremando nascosta dentro il proprio nascondiglio -un angolo ben vuoto all'interno dell'ampia credenza antica-, si teneva stretta le ginocchia, raggomitolandosi totalmente, come intenta a farsi più piccola di quanto effettivamente non fosse. Lo poteva udire camminare pesantemente nei vari corridoi della casa. Era preoccupata che lui potesse avvertire persino il suo stesso respiro affannato.
"Non serve nascondersi!" incalzò la voce di lui -ovattata- "Tanto ti troverò comunque..."
In risposta, la bambina si fece ancora più piccola, chinando il volto contro le ginocchia sbucciate lasciate in mostra dall'abitino corto a fiori.
Pochi istanti dopo, però, l'anta della credenza -che nascondeva la piccola timorosa- si aprì d'improvviso, facendo sussultare la giovane Gwen.
"Trovata!"
"Non vale, Scott!" lo accusò la piccola, uscendo dal proprio nascondiglio con agilità, arrivandogli di fianco. Subito gli puntò contro il proprio indice, decisa a proseguire la propria filippica "Hai barato!"
Il rosso si limitò ad esibire un ghigno furbo, per poi portarsi le mani sui fianchi "Io non ho barato! Non è colpa mia se il tuo nascondiglio faceva schifo!"
La bambina -recentemente divenuta di otto anni- esibì il suo sguardo più truce, puntandolo negli occhi dell'amico "Tu fai schifo!" e detto ciò, fece per lasciare la stanza, battendo i piedi sul pavimento con forza, e tenendo le proprie piccole mani strette in pugni furiosi.
Il rosso la osservò incamminarsi con la coda dell'occhio, leggermente in colpa per ciò che le aveva detto. Lui teneva a Gwen -era la sorella che non aveva mai avuto-, e gli era sempre dispiaciuto -sin da quando erano molto piccoli- vederla soffrire od arrabbiarsi. Allo stesso tempo, però, doveva confrontarsi con il proprio orgoglio -quello voglioso di battersi persino con una bambina di otto anni-. Con un sospiro spazientito, e dopo avere lanciato uno sguardo al soffitto rovinato, si incamminò verso dove aveva visto sparire la piccola.
Quando l'aveva trovata, le aveva parlato ostentando un flebile sussurro "Gwen... Scusa. S-Sei così brava a nasconderti, che credevo fossi sparita, sai?"


Sparita, scomparsa, dileguata, inesistente.
Quella volta, morendo, aveva superato se stessa. La dark sorrise a quel malsano pensiero, ed immediatamente un brivido la percorse.

Stava... Pensando? Era viva?

"Gwen!" 
Quella volta il richiamo le giunse alle orecchie nitido, ed immediatamente la ragazza tentò di aprire gli occhi, non riuscendoci. Poteva sentire le retine pizzicarle ed i muscoli muoversi lenti per l'intorpidimento. Malapena riusciva ad avere il controllo sulle proprie mani, figurarsi sul resto del corpo. Imponendosi la calma, respirò a fondo, avvertendo i polmoni dilatarsi dolorosamente. Represse un'espressione disperata, per poi ripetere l'operazione un paio di volte. Infine, spalancò le palpebre d'improvviso.
Il sole non le era mai sembrato tanto reale, né il deserto così bello. Le figure che si stagliavano di fronte a lei -quattro distinte persone- si trovavano al suo capezzale, e la rimiravano con apprensione. Le esaminò attentamente una ad una, riconoscendo prima Heather, poi Noah, Scott ed infine Duncan. Immediatamente, un sorriso si delineò sul suo viso, e fu -a parere di ella stessa- il più bello e sincero che mai nacque su quel volto.
Era viva; non sapeva come fosse possibile, ma non le interessava. Stava nuovamente percependo ciò che la circondava, e per una seconda volta aveva l'occasione di guardare l'orizzonte che, dovette constatare, prima di quel momento non le era mai parso tanto meraviglioso. Improvvisamente si rese conto che, se proprio era costretta a vivere come mortale, non si sarebbe dovuta perdere neppure un tramonto od un'alba.
Con le lacrime agli occhi, osservò ogni membro del gruppo con gratitudine. Non vi erano parole abbastanza importanti e sincere per potere descrivere quanto devota fosse loro. La voce di Duncan spezzò quel silenzio teso ed incerto "Stai bene?"
Lei annuì, asciugandosi le lacrime che le solcavano le guanche con il polso sporco di terra e sangue "L'orizzonte è splendido." commentò poi, facendo sorridere i ragazzi che, sollevati, si guardarono l'uno con gli altri soddisfatti.
La dark puntò poi lo sguardo su Scott che, poco più lontano rispetto agli altri, stava cercando di sembrare quanto più freddo possibile. Eppure, nonostante ciò, lei notò con chiarezza le lacrime sollevate e felici del rosso.
"Questa volta credevo che fossi sparita davvero."


































 
  
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