I just want to
make you proud
Tornata
alla residenza di famiglia, in attesa che
Valentine la ricevesse, Katherine passeggiava per il salotto come una
pantera in
gabbia. Aveva deciso che gliel’ avrebbe chiesto, non vedeva
perché solo
Jonathan avesse il diritto di andare in giro a divertirsi mentre a lei
toccava
uscire solo quando si trattava di andare a far fuori un qualche stupido
stregone.
-
Mi stavi aspettando? –
Si
voltò verso di lui, sorpresa dalla sua comparsa,
per poi annuire.
-
Volevo chiederti una cosa. –
Lo
sguardo dell’uomo si assottigliò, quasi stesse
cercando di indovinare cosa le passasse per la testa.
-
Chiedi pure, Katherine. –
Una
scia di brividi le corsero lungo la schiena. Il
suo nome, pronunciato da quelle labbra, suonava come qualcosa
d’incredibilmente
peccaminoso e non si sarebbe mai stancata di sentirglielo ripetere.
-
Voglio andare anche io a casa dei Penhallow, o da
qualche altra parte, ma permettimi di stare al centro
dell’azione. – disse con
decisione, sforzandosi di apparire inflessibile.
Questa
volta non avrebbe accettato un rifiuto, non
si sarebbe lasciata convincere come era sempre accaduto in quei
diciotto anni
di vita.
Valentine
le si avvicinò, accarezzandole
delicatamente una guancia.
-
Credevo che ti piacesse stare qui con me. –
mormorò, con voce bassa e voluttuosa.
Sospirò,
impedendosi di trattenere la mano contro la
sua pelle. Valentine sapeva bene quali fossero i punti su cui fare
leva,
conosceva ogni debolezza umana e sapeva usarla alla perfezione. E lei
aveva una
sola grande, immensa, debolezza: proprio lui.
-
Infatti mi piace, ma … – le parole le morirono in
bocca mentre una mano affusolata scendeva ad accarezzarle il collo fino
ad
arrivare alla clavicola.
-
Ma? – sussurrò, invitante.
-
Voglio stare al centro dell’azione, mostrare il
mio valore. –
Voglio
solo renderti fiero di me.
-
Desideri dimostrare il tuo valore … E perché, per
compiacermi? –
Un
campanello d’allarme suonò nella sua mente, ma
decise d’ignorarlo. Valentine non le avrebbe mai fatto del
male, questa era una
delle pochissime cose di cui era assolutamente certa.
-
Sì, per compiacerti. – confermò.
Un
ghigno si dipinse sul volto dell’uomo e il suo
respiro caldo s’infranse contro la delicata pelle alabastrina
del collo; si
chinò a depositarvi un bacio bollente, facendola fremere.
-
Esistono altri modi in cui puoi compiacermi, cose
per cui non occorre lasciare la residenza. –
replicò, insinuante.
Quelle
parole le tolsero ogni raziocinio, lasciando
spazio solo alla passione che divampava dentro di lei. Spinse Valentine
contro
il muro più vicino, premendo le labbra sulle sue e
mordendole lievemente. Un
rapido colpo di reni e fu lei a trovarsi incastrata tra il petto
dell’uomo e il
freddo stucco.
Gli
occhi neri la fissavano con uno scintillio
divertito e bramoso insieme. Le artigliò i fianchi con le
mani e la sollevò,
costringendola a cingergli la vita con le gambe per mantenere
l’equilibrio. Poi
la baciò a sua volta, con impeto e decisione, come se
volesse divorarla.
Katherine gemette quando i denti le vennero conficcati nel labbro
inferiore e
il sapore metallico del sangue le ottenebrò le papille
gustative.
Fu
allora che Valentine la rimise giù, sforzandosi d’
ignorare l’espressione accalorata, i capelli scarmigliati e
le labbra gonfie
che reclamavano a gran voce un altro contatto di quel tipo. Doveva
darsi una
calmata o avrebbe perso definitivamente il controllo.
-
Sembri abbastanza compiaciuto. – commentò
Katherine,
maliziosamente.
-
E tu sei ancora sicura di volertene andare da qui?
–
Si
mordicchiò il labbro, pensierosa. Il suo istinto
le gridava di rimanere e lasciare che quell’uomo dal fascino
tenebroso
disponesse di lei in tutti i modi che gli fossero venuti in mente, ma
l’orgoglio
degli Herondale unito alla sua testardaggine ebbe la meglio. Aveva
detto che
non si sarebbe fatta convincere e così sarebbe stato.
-
Sì, voglio andare. – confermò,
incrociando le
braccia per sottolineare la sua irremovibilità.
Quella
ragazza aveva davvero una forza di
volontà spaventosa. Il suo corpo fremeva
dal desiderio, ma vi avrebbe rinunciato pur di ottenere ciò
che voleva. Gli
ricordava così tanto se stesso a
quell’età.
-
Va bene, puoi andare. –
Gli
occhi argentati si sgranarono, sorpresi.
L’aveva
presa in contropiede, mai si sarebbe
aspettata che finisse con il cedere con tutta quella
facilità.
-
Posso davvero andare in giro e … – si morse la
lingua, impedendosi di continuare con ciò che stava dicendo.
-
E? –
E
conoscere Jace?
-
E divertirmi a provocare un po’ di caos come fa
Jonathan? – concluse.
Riecco
il lato adolescenziale di Katherine. Certe
volte faceva davvero fatica a ricordarsi che la splendida giovane donna
che
aveva davanti aveva solo un anno più di suo figlio e che
mostrava verso il
mondo un entusiasmo fanciullesco; non era mai uscita molto, non era
sicuro
mandare una Herondale in giro da sola quando il Conclave era attento a
ogni
minima mossa, e quell’occasione doveva sembrarle
incredibilmente eccitante.
-
Sì, certo che puoi. Non perdere di vista
l’obiettivo,
però. –
-
Non lo farò, Valentine. – assicurò,
afferrando la
mano che le veniva porta e lasciandosi tirare verso di lui.
-
Molto bene. Rendimi fiero di te e poi torna da me,
perché il tuo posto e quello di Jonathan è al mio
fianco, lo sai, vero? –
Annuì.
-
Lo so. –
Le
labbra di Valentine catturarono le sue in un
ultimo profondo e violento bacio, poi la presa sulle sue braccia
s’infranse e
Katherine fu libera di voltargli le spalle e uscire nel patio sommerso
dai
raggi del Sole.
Sto
arrivando, fratellino.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con l’aggiornamento. Perdonate l’attesa e
la striminzitezza scandalosa dell’aggiornamento, ma se
l’avessi unito al
capitolo successivo sarebbe venuta fuori una roba chilometrale e non mi
sembrava il caso. Spero che il comportamento di Valentine in questo
capitolo
sia chiaro a tutti: le persone vengono dominate o dal punto di vista
fisico o
da quello mentale; ebbene, lui non si accontenta solo di quello mentale
ma
desidera anche dominare fisicamente Katherine – Jonathan no,
oltre a essere un
uomo è anche eterosessuale e suo figlio – quindi
ricorre al contatto fisico
anche per cercare di piegarla alla sua volontà. Quella di
Katherine, d’altra
parte, se non vogliamo parlare proprio di succubanza possiamo definirla
come
una sorta d’ossessione. Insomma, spero di essermi spiegata e
che vogliate
lasciarmi un commentino per farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt