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Autore: casty    04/06/2014    3 recensioni
Cosa ci fanno Sherlock e John travestiti da Merlin e Arthur al Comicon di Londra? Cercano un serial killer, che domande! Se la dovranno vedere con un gruppo di fanciulle furbe, spietate e ossessionate da una strana passione...
[post stagione 3][rapimento]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Le dieci ragioni per cui ti amo
da John H. Watson per W. Sherlock S. Holmes

1- ti amo perché sei intelligente
sei un bel
sei simpatico?
sei il più gigantesco stronzo che abbia mai conosciuto in vita mia!
2- ti amo perché suoni il violino alle tre di notte e io sono tanto felice di svegliarmi per ascoltare le tue composizioni bartokiane!
3- ti amo perché ti preocc
ti dimentichi sempre di comprare il latte!!
l’unica volta che hai fatto una lavatrice hai lavato il mio maglione preferito di lana a novanta gradi trattamento intensivo!!!
senza di me non sopravvivresti dieci minuti. come hai fatto a sopravvivere prima del mio arrivo? chi faceva la lavatrice? quanto spendevi in lavanderia?
non sono la tua casalinga
menomale che c’è Mrs. Hudson
4- ti amo perché qualcosa nel modo in cui ti muovi mi attrae come nessun altro1
qualche altra canzone dei Beatles
He loves you, yeee yeee yeeeah
 

«Jooohn...» la voce  cantilenante di Midonz risuonò nella stanza. John sollevò le mani dalla tastiera del laptop. «Che cosa stai facendo John?»
John sbuffò. «Sto scrivendo la mia letterina a Sherlock come mi hai ordinato.»
«Non va bene, John.»
John incrociò le braccia e si strinse nelle spalle. «Cosa c’è che non va? È passata solo mezz’ora e ho già scritto tre ragioni. Mi avevi detto che non c’erano limiti di tempo.»
«Non è il tempo, il problema. È che quello che hai scritto non va bene. Cancellalo. Non cercare di fare il furbo.»
«Be’, mi spiace ma non saprei cos’altro scrivere. Sai com’è, le lettere d’amore di solito si scrivono alle persone di cui si è innamorati, non ai propri amici.»
«Non avevo detto che sarebbe stato facile. Sappiamo che è difficile, per te, parlare di sentimenti. Ti conosciamo bene, John.»
John batté un pugno sul tavolo.
«Volete conoscere i miei veri sentimenti per Sherlock? Va bene! Eccovi servite!»
John selezionò il testo che aveva scritto lo cancellò con un click e scrisse:

1- La ragione per cui ti amo è solo una: sei il mio migliore AMICO.

 
«Ecco qua!» disse sollevando il mento con aria di sfida. «Sono stato sincero. Soddisfatte?»
John incrociò di nuovo le braccia davanti a sé e rimase in attesa di una risposta.
Silenzio.
John si accorse di essere affannato per la rabbia e si impose di respirare più lentamente.
Calmati, John. È il loro gioco, farti innervosire.
Pensò al povero Anderson, la cui sorte dipendeva da quanta passione e sentimento avrebbe messo in quella stupida lettera. Non poteva comportarsi in quel modo.
«Ok.» disse rassegnato «Lo so, non serve che me lo diciate: non va bene.»
Batté il dito sul tasto backspace finché la frase che aveva appena scritto non sparì.
«In realtà, John, eri sulla strada giusta.» disse Midonz «L’hai chiamata amicizia. Sei sicuro che sia semplice amicizia? Riflettici e capirai.»
John sospirò. Sistemò la sedia, raddrizzò la schiena e mise le mani in posizione sulla tastiera.
Fissò lo schermo. Era rimasto solo il titolo, in cima alla pagina: Le dieci ragioni per cui ti amo. Sembrava il titolo di una brutta commedia d'amore americana.
Era stata Midonz a imporlo. «Gli elenchi sono più semplici da scrivere», aveva detto, «sappiamo che non siete scrittori professionisti». «Be’, io sono un blogger famoso» aveva protestato John. A questo punto Sherlock l’aveva guardato sollevando un sopracciglio e Midonz si era messa a ridere.
 
Le shipper li avevano divisi: avevano fatto andare John nella camera di Sherlock («Troverai l’ispirazione accanto agli oggetti personali del tuo amato»), e avevano lasciato Sherlock in salotto. La camera di Sherlock non era più allestita con la scenografia della Bella Addormentata, adesso era identica alla vera camera di Sherlock.  Appena John era entrato nella stanza, Midonz gli aveva detto di guardare nel cassetto della scrivania. Si era aspettato di trovarci della carta da lettere, magari bordata di stupidi cuoricini e fotomontaggi di John e Sherlock abbracciati, invece nel cassetto c’era un laptop. Il suo laptop. John aveva passato mentalmente in rassegna possibili contenuti imbarazzanti dell’hard disk, prima di sedersi a scrivere. Non gli era venuto in mente nulla. Qualche sito equivoco nella cronologia dei browser? Ne dubitava. Erano secoli che John non visitava siti pornografici, quindi se le shipper avevano esaminato il computer alla ricerca di contenuti di quel genere dovevano essere rimaste deluse.
Forse nell’archivio mail era rimasta traccia di qualche schermaglia con le sue vecchie fidanzate. Nulla di cui John si vergognasse.
John si era infine seduto, aveva sistemato il PC sul ripiano e alzato lo schermo, che si era illuminato all’istante. Davanti a lui il foglio bianco di un programma di scrittura.
Per prima cosa aveva provato a cliccare il menù di avvio, ma non era accaduto niente. Poi aveva tentato di ridurre la pagina a icona, per visualizzare il desktop. Niente di nuovo. Niente clessidre o altri segni di attesa sul cursore, non sembrava inceppato, ma allora perché non rispondeva ai comandi? Aveva digitato qualche carattere a caso sulla tastiera e istantaneamente erano apparse delle lettere sulla pagina. Allora aveva fatto un ultimo tentativo con qualche comando rapido della tastiera, per provare a cambiare schermata o richiamare il menù di avvio. Niente. A quanto pareva tutto ciò che poteva fare era usare il dannato programma di scrittura. Non aveva idea di come avessero fatto, evidentemente qualche esperta informatica tra le shipper aveva bloccato tutte le funzionalità del laptop.
Ok, niente distrazioni, messaggio ricevuto.
John si era messo a scrivere.
 
Erano due ore che John tentava di stilare quel maledetto elenco e non era ancora riuscito a buttare giù una singola frase decente.
Si massaggiò le tempie. Fece scrocchiare le nocche.
Non riusciva a pensare a niente.
Perché ti amo, Sherlock?
John chiuse gli occhi.
Sherlock mi piace perché è una persona interessante.

1- Ti amo perché sei una persona interessante.

John rilesse la frase e fece una linguaccia allo schermo. Che motivazione sfigata. Cancellò la riga.
Appoggiò i gomiti sul tavolo e si mise le mani tra i capelli.
Ti amo perché sei la persona più importante della mia vita, pensò.
Questo era vero. Le shipper sarebbero state contente.
Dannazione, era vero! Non poteva scriverlo. Non voleva condividere i suoi sentimenti con quelle psicopatiche assetate di smancerie. Non l’avrebbe fatto.
E comunque sei la persona più importante della mia vita non era neanche una motivazione. Casomai era un rafforzativo della dichiarazione. Sei la persona più importante della mia vita, ti amo. Ti amo, Sherlock.
Stava divagando.
E all’improvviso, l’illuminazione.
Perché avrebbe dovuto sforzarsi di essere sincero? Perché non scrivere delle motivazioni banali, generiche, che andassero bene per qualsiasi storia d’amore? Aveva scritto delle lettere d’amore, in passato. Era capace di essere romantico. Aveva conquistato una ragazza, alle superiori, con una lettera d’amore. Come si chiamava? Jennifer? Jenna?
«Ok» disse ad alta voce.
Si stiracchiò e fece mulinare le dita nell’aria per sciogliere le falangi. Si sentiva pieno di idee!

1- Ti amo perché sei speciale  

Buona per ogni occasione!

2- Ti amo perché mi fai ridere.

Un grande classico!

3- Ti amo perché i piccoli momenti della giornata sono più belli, da quando ci sei tu.

Uh, questa è ottima!
Ci stava prendendo gusto.

3- Ti amo perch+ì’dkssss7dhk

«John!» un grido infuriato dagli altoparlanti.
Le mani gli scivolarono sulla tastiera e John sollevò gli occhi dallo schermo, spaventato.
«John, cos’è quella spazzatura immonda?»
«Ehm...» cincischiò John.
«Cancella immediatamente quelle ignobili porcherie! Come ti sono venute in mente? Leggi la posta del cuore dei magazine per tredicenni?»
John cancellò il testo in un lampo. Sentì le guance imporporarsi.
In effetti, a pensarci bene, dopo quella singola conquista alle scuole superiori, le sue lettere d’amore non avevano più avuto grande successo tra le ragazze.
«John, vuoi farci arrabbiare? Sai chi ne farà le spese se ci arrabbiamo?»
«No! Non fate niente ad Anderson!» si affrettò a dire John «Cerca di capire, è...» pensò a qualcosa che potesse calmarla e ricordò le parole che gli aveva detto poco prima «è difficile per me parlare di sentimenti.»
«Mi prendi in giro, John? Ricicli le mie battute?»
«No! Io... è la verità. Senti...» chiuse gli occhi e strinse le mascelle «Hai ragione. Hai pienamente ragione, su come vivo i miei sentimenti. Non sto dicendo che mi sono improvvisamente reso conto di essere follemente innamorato di lui. Non sei stupida, non mi sembri stupida, sai bene che non cambierei idea così in fretta. Ma hai ragione: io... so parlare solo per frasi fatte, non sono una persona spontanea. Non con le parole, almeno.»
John si abbandonò contro lo schienale della sedia e gettò la testa all’indietro.
Vi fu un lungo silenzio, John temette di udire da un momento all’altro le urla del povero Anderson torturato dalle psicopatiche, ma alla fine Midonz si rivolse a lui con voce tranquilla, quasi dolce, dicendo semplicemente: «Capisco.»
John avrebbe voluto chiedere di Anderson ma temeva di innervosirla di nuovo. Dopo qualche secondo la voce di Midonz risuonò ancora dagli altoparlanti.
«Torna al lavoro, John. E considera questo l’ultimo avvertimento. Ricorda: devi guardare nel tuo cuore. Tu lo ami! Non lo sai, ma lo ami!»
Un pensiero fugace passò per la mente di John.
E se avessero ragione? Se lo amassi senza saperlo?
John scosse la testa con violenza. L’idea era semplicemente insensata e quelle bastarde gli stavano facendo il lavaggio del cervello.
E se alla fine ci fossero riuscite? Se tenendoli rinchiusi lì dentro per mesi e mesi John avesse finito per autoconvincersi che amava Sherlock? I battiti del suo cuore accelerarono a quell’idea e John scosse di nuovo la testa. Sciocchezze! Non lo avevano piegato due anni di guerriglia in Afghanistan, non si sarebbe fatto piegare da quel branco di psicopatiche in fregola.
 
Ricapitolando:
- John non poteva scrivere una lettera scanzonata, le psicopatiche volevano amore, pathos, sentimenti.
- John non era capace di fingere una lettera d’amore perché gli venivano in mente solo frasi banali che potevano piacere forse a un’adolescente stupida (c’era un’ottima ragione per cui non ricordava più il nome di quella ragazza conquistata con la lettera d’amore: la storia era durata poco; ed era durata poco perché quella ragazza non era una cima)
- John avrebbe potuto scrivere i suoi veri sentimenti d’amicizia per Sherlock, e sì, in questo modo sarebbe venuto fuori qualcosa di molto simile a una lettera d’amore.
 
Gli restava qualche altra opzione? No. Doveva rompere gli indugi e scrivere della sua amicizia fingendo che fosse amore.
Ma non voleva. Lo irritava l’idea di dare soddisfazione a quelle pazze. Odiava l’idea di dover prendere sul serio quel compito, odiava l’idea di dover essere esplicito e sincero. I suoi sentimenti, che fossero amore o amicizia, erano una questione personale, e adesso avrebbe dovuto metterli in chiaro, nero su bianco.
John cercò di farsi forza. In fondo non si vergognava della sua amicizia con Sherlock. Non se ne era mai vergognato.
È solo una dichiarazione di amicizia.
Niente di tragico.
Conosceva i suoi sentimenti. Conosceva le “ragioni del suo amore”.
John cominciò a scrivere.
Avrebbe terminato in pochi minuti.
 
Tre ore dopo.
 
John si sentiva stremato. Non aveva mai faticato tanto a scrivere qualcosa. In confronto alla lettera qualsiasi cosa minimamente complessa avesse scritto in precedenza gli sembrava una lista della spesa. Persino quell’esegesi di dieci pagine del Riccardo III che era stato costretto a scrivere per l’insegnante di letteratura in quarta superiore.
«Hai finito, John?» chiese Midonz «Sherlock ha finito ore fa.»
«Sherlock è più intelligente di me» disse John massaggiandosi le spalle.
«O forse è solo più consapevole dei propri sentimenti.»
John evitò di commentare.
«Allora? Possiamo recapitare la tua lettera a Sherlock?»
«Un attimo» disse John «Posso rileggerla?»
«Certamente.»
John guardò lo schermo. Aveva pensato a quello che gli piaceva di Sherlock, ai motivi per cui lo considerava il suo migliore amico, ai motivi per cui aveva finito per diventare la persona più importante della sua vita. E ne era venuta fuori una cosa che sembrava una lettera d’amore.
Sì, sembrava proprio una lettera d’amore.
Sembrava anche troppo una lettera d’amore.
E Sherlock avrebbe dovuto leggerla.
«Non posso.» si lasciò sfuggire.
«Non riesci a rileggerla? Ci hai messo troppo sentimento, John?»
«No, io... non importa. Niente. Va bene.» Si alzò in piedi e quasi fece cadere la sedia per l’impeto. «Non voglio rileggerla, mandategliela così com’è.»
«Sei sicuro John?»
«Sì.» Sentì lo stomaco accartocciarsi.
Lui sa che è per finta, pensò.
Ma il problema era che no! non era per finta. Era stato sincero.
Si sentiva confuso. Gli bruciavano gli occhi per le ore passate a fissare lo schermo e sentiva la testa pesante. Gli sembrava quasi di avere la febbre.
Fece due passi verso il letto e si lasciò cadere sul materasso a pancia in giù. Il viso sprofondò nel cuscino.
Quello doveva essere il vero cuscino di Sherlock, poteva sentire il suo odore.
L’odore di Sherlock.
Non c’era assolutamente nulla di male nel riconoscere l’odore di Sherlock sul cuscino. Non c’era assolutamente nulla di equivoco nel riconoscere l’odore del proprio migliore amico (amicizia... amore...), della persona con cui aveva convissuto (fraterno... platonico... non sesso implicato... no... sesso... no...) per quasi sette anni.
Niente di male.
Amore...
Amicizia...
Ah, Sherlock.
 
Bip! Bip!
John si svegliò di soprassalto. Si era addormentato? Quanto tempo era passato?
Si alzò in piedi e stropicciò gli occhi. In due passi fu davanti al laptop. Lo schermo era ancora acceso, l’orologio diceva che non aveva dormito per più di un quarto d’ora.
Solo dopo aver visto l’ora notò che il programma aperto non era più l’editor di scrittura, ma un client di posta elettronica e l’avviso sonoro che l’aveva svegliato doveva essere quello che segnalava la posta in arrivo.
 

Posta elettronica di John H. Watson
Posta in arrivo (1)
Posta inviata (1)
Bozze
Spam
Cestino

John deglutì. Quella mail in arrivo era la lettera di Sherlock?
Scostò la sedia e si rese conto di aver perso la forza nelle mani.
E se avessi davvero la febbre? pensò. Non si sentiva molto bene: stomaco sottosopra, sudori freddi, debolezza. Chissà se c’era dell’aspirina, nel mobile del bagno.
Sedette e si trascinò vicino alla scrivania.
La scritta sullo schermo lo guardava minacciosa.

Posta in arrivo (1)

Posò l’indice sul trackpad e lentamente portò il cursore sulla scritta.

Posta in arrivo (1)

Andiamo, John! Hai paura?
John sorrise tra sé.
Cosa avrà scritto Sherlock?
Di nuovo quel nodo allo stomaco.
È finzione, John.
Prese un respiro. Il pollice cliccò il tasto sinistro del trackpad. La mail si aprì in pop-up.

Le dieci ragioni per cui ti amo
da W. Sherlock S. Holmes per John H. Watson

John distolse lo sguardo dallo schermo e guardò la porta, dissimulando il disagio con un atteggiamento annoiato. Finse uno sbadiglio.
Leggila, dài. Avrà scritto una marea di stronzate.

Le dieci ragioni per cui ti amo
da W. Sherlock S. Holmes per John H. Watson

John,
ho passato gli ultimi dieci minuti a litigare con Midonz

John rise. Anche Sherlock era stato rimproverato. Probabilmente per eccesso di freddezza e razionalità.

ho passato gli ultimi dieci minuti a litigare con Midonz perché mi rifiuto di ridurre a uno stupido elenco di dieci punti le mille ragioni per cui ti amo.

A John si bloccò il respiro in gola e levò gli occhi dallo schermo.
Uh.
Dopo qualche secondo di apnea espirò. Ridacchiò.
È finzione, John. Sherlock è così bravo a mentire.
Poi pensò alla sua lettera e il riso gli si bloccò in gola.
Merda, chissà cosa penserà del mio stupido elenco in dieci punti!
Si sentì morire.
John! Sveglia John! È finzione!
Era tutto finto, perché si lasciava colpire così da quelle parole?
Riprese a leggere, imponendosi di stare calmo.

John,
ho passato gli ultimi dieci minuti a litigare con Midonz perché mi rifiuto di ridurre a uno stupido elenco di dieci punti le mille ragioni per cui ti amo.

Sei furbo, Sherlock. Le shipper ti adoreranno.

Alla fine, come vedi, ho vinto io (non avevo dubbi). Non sentirti in colpa, John, per il tuo noioso elenco pieno di punti esclamativi. Sì, lo so che hai scritto un elenco. No, non mi hanno consentito di spiarti e non mi hanno fatto leggere la tua lettera, lo so e basta. Non sei intelligente e intraprendente quanto me, ma non importa. Mi è mai importato in tutti questi anni? Inoltre conosco bene la tua prosa, quindi non sentirti inferiore confrontando mentalmente i tuoi stentati pensierini con le mie frasi perfettamente cesellate.

Una persona qualunque si sarebbe offesa, ma John non poté fare a meno di sorridere. Sempre il solito stronzo.

Tu sai come la penso: l’amore è un sentimento distruttivo. Induce gli uomini a comportarsi in modo irrazionale, è causa di mali e sofferenze, e per questi ottimi motivi ho passato una vita intera a evitarlo e disprezzarlo.
Puoi immaginare quanto sia difficile per me ammetterlo, ma forse ho fatto un errore.
Se avessi messo meno impegno nel chiudere a chiave ogni piccolo spazio dedicato ai sentimenti, se non avessi messo tanta dedizione nello schiacciarli e comprimerli negli angoli più nascosti e dimenticati della mia mente, forse sarei stato più preparato, il giorno in cui ti ho incontrato. Ti avrei aperto una stanza, tu avresti trovato uno spazio adatto a te, e ti saresti sistemato lì, con calma. Io avrei avuto il tempo e il modo per delimitare quello spazio, controllarlo, e controllare quindi l’influenza che avresti avuto sugli altri spazi.
Invece quando sei arrivato le grandi stanze splendenti che avrebbero dovuto ospitarti erano ormai diventate delle piccole cantine ammuffite con le porte incatenate. Non hai trovato posto, ma DOVEVI avere un posto, perciò hai fatto esplodere i muri, rotto le catene e ti sei preso tutto lo spazio che c’era nella mia preziosa mente. Non c’è un angolo dei miei pensieri che non sia legato a te, John. Le mie sinapsi sono tutte connesse inestricabilmente all’idea di te. Il prezzo che dovrei pagare per farti uscire dal mio cervello è troppo alto: dovrei distruggere tutto, rimarrei per sempre incapace di portare a termine qualsivoglia ragionamento, impazzirei nei vicoli ciechi.
Ed è per questo che l’ho accettato: sono rassegnato all’idea che non potrò mai fare a meno di amarti. È per la salvezza del mio intelletto, che è la cosa che conta di più nella mia vita. Dopo te.

Il cuore di John batteva talmente forte che sembrava volergli uscire dal petto.
Si sforzò di mantenere un’espressione impassibile, non voleva che le shipper pensassero chissacché, ma ci sarebbe riuscito? Si accorse che stava stringendo i pugni e li rilassò.
L’ultima volta che John si era sentito così era stato al suo matrimonio.
Non la cerimonia, non il bacio alla sposa, non il valzer. Nemmeno il momento in cui Sherlock aveva annunciato a John che sarebbe diventato padre (notizia poi rivelatasi tragicamente errata). Il momento che l’aveva emozionato e commosso di più di tutta la giornata era stato il discorso di Sherlock.
Oggi tu siedi tra la donna che hai reso tua moglie e l’uomo che hai salvato. In breve, le due persone che ti amano di più in questo mondo.
Aveva provato l’irresistibile impulso di abbracciarlo, e l’aveva fatto.
E adesso provava di nuovo quel desiderio. Avrebbe voluto spalancare la porta, correre in salotto, lanciargli le braccia al collo e stringerlo forte.
Quanto sei stupido, John.
Quella lettera era una finzione. Sherlock l’aveva scritta per compiacere le shipper. Come lui aveva scritto la sua.
Ma io sono stato sincero. Forse lo è stato anche lui.
No, quell’idea non aveva senso.
E se fosse vero?
Provò una sgradevole sensazione di peso allo stomaco.
No, niente di tutto quello era vero, doveva ficcarselo in testa. La casa era un set, la lettera era una finzione. Tutto era finto.
Tranne noi. Io e Sherlock siamo veri.
Falso. Erano finti anche loro, recitavano.
Ecco cosa avrebbe fatto adesso: sarebbe andato in salotto e ci avrebbe scherzato su con Sherlock. La Prova d’Amore Numero Uno era conclusa e non aveva lasciato segni.
Non vi darò soddisfazioni, shipper.
John chiuse il laptop, si alzò con decisione e spalancò la porta.
Percorse il corridoio, ma ogni passo che faceva si sentiva meno sicuro. Arrivato in cucina lo vide e si bloccò.
Era seduto al tavolo del salotto, di spalle, di fronte a un laptop acceso. Guardava lo schermo. Stava rileggendo il suo piccolo, stupido elenco? Da quella distanza non distingueva nulla.
«Non stare lì impalato ad ammirarmi, John. Vieni.» Sherlock ruotò sulla sedia e fece un  ampio sorriso a John.
John si avvicinò.
Era in piedi a pochi passi da lui, ora, e riusciva a vedere lo schermo: sì, era la sua lettera. Cacciò le mani in tasca e alzò le spalle.
«Stavi passando al setaccio gli errori? Avrei dovuto fare un controllo ortografico?» disse abbozzando un sorriso.
«Stranamente non ce n’era nemmeno uno, di errore.» ribatté Sherlock «Oh, certo, lo stile non era dei migliori. Ma hai usato un solo punto esclamativo, bravo!» Sherlock tossicchiò e guardò John con un sorriso ironico: «Ecco, sto schiarendo la mia splendida voce che ti rassicura nei momenti bui.»
John rilassò le spalle e non riuscì a trattenere una breve ma sincera risata: Sherlock aveva appena citato una frase della lettera di John. E ci stava scherzando su.
Si sentiva finalmente tranquillo. Era una finzione. La lettera di Sherlock era una finzione. Altrimenti non avrebbe scherzato con tanta disinvoltura su quella faccenda.
«Ti ringrazio per quello che hai scritto, John.» disse Sherlock, serio.
John abbassò lo sguardo.
«No, grazie a te, Sherlock. La tua lettera era... era molto bella.»
Le shipper saranno soddisfatte del tuo lavoro, avrebbe voluto aggiungere. Non lo disse.
Sedette sulla sua poltrona e osservò tristemente il riflesso della luce simulata del tramonto sul pavimento.

***

Le utilissime note dell'autrice:
Buongiorno! Chiedo scusa a tutti quelli che seguono questa storia per il ritardo con cui ho pubblicato questo nuovo capitolo. La vita vera si è messa in mezzo e non ho avuto modo di mettere a posto un capitolo che era già scritto da un po' in forma di bozza, ma necessitava di revisione. Se non succede qualche catastrofe, il ritmo di pubblicazione dovrebbe tornare costante: un capitolo a settimana :)
Un grazie gigantesco a tutti i follower e ai commentatori: i vostri feedback mi spronano a continuare!

Note al testo:
1. No, John non ha improvvisamente deciso di dichiarare la propria irresistibile attrazione fisica per Sherlock, è il testo di una canzone dei Beatles. Per chi non l'avesse riconosciuta, si tratta di Something («Something in the way she moves / attracts me like no other lover»)
   
 
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