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Autore: casty    18/06/2014    6 recensioni
Cosa ci fanno Sherlock e John travestiti da Merlin e Arthur al Comicon di Londra? Cercano un serial killer, che domande! Se la dovranno vedere con un gruppo di fanciulle furbe, spietate e ossessionate da una strana passione...
[post stagione 3][rapimento]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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«Spogliatevi!» ordinò Midonz.
John rimase immobile per qualche istante, frastornato. Non era sicuro di aver capito bene.
Poi con la coda dell’occhio vide Sherlock che si toglieva la giacca. Si voltò di scatto verso di lui.
«Sherlock, non lo fare!» disse John «Come sarebbe a dire “spogliatevi”?»
«Spogliatevi,» disse Sherlock con voce piatta «toglietevi gli abiti, svestitevi, denudatevi»
«Sì, lo so cosa significa» rispose John tra i denti.
Sherlock sfilò la giacca con un gesto fluido e la lasciò cadere sulla poltrona: «Non abbiamo scelta, John»
Il pensiero di John corse a Harry.
«Questa volta è il turno di tua sorella, John» gli aveva detto Midonz. Sullo schermo a circuito chiuso John aveva visto una delle shipper togliere il cappuccio nero alla sorella legata a una sedia.
«Tua sorella morirà a meno che non superiate la prossima prova: dovrete dormire insieme, nello stesso letto»
John si era stupito della semplicità della richiesta, ed era quasi sbottato: «Solo delle menti perverse come le vostre vedrebbero qualcosa di pruriginoso in due amici che dormono nello stesso letto»
Oh, beata ingenuità. Pochi minuti dopo avevano aggiunto un particolare: avrebbero dovuto dormire nudi.
Harry. Povera Harry.
John aveva temuto che sua sorella potesse far parte del gruppo degli ostaggi e aveva cercato di prepararsi psicologicamente all’idea, ma vederla era stato comunque uno shock.
Lei era stata brava. Calma, controllatissima: voce distesa, niente lacrime. Aveva addirittura scherzato. «Se non ricomincerò a bere dopo questo, John, posso essere certa che continuerò a essere sobria fino alla morte» aveva detto ridendo. John avrebbe voluto ridere con lei, ma non ci era riuscito. Non era mai andato d’accordo con lei, entrambi erano teste calde. Lei non era andata nemmeno al suo matrimonio. Ma era sua sorella, e le voleva bene.

John si riscosse dai suoi pensieri. Doveva spogliarsi, quindi. Era vero, non avevano scelta. Sherlock si stava già sbottonando la camicia.
«Le shipper hanno poca fantasia: io avrei messo una colonna sonora sexy e ci avrei fatti esibire in uno strip tease» disse John cercando di sdrammatizzare, mentre si sfilava con riluttanza il maglione.
«Non parleresti così se avessi letto qualche fanfiction,» disse Sherlock sbottonandosi i polsini. «di fantasia ne hanno da vendere»
John guardò Sherlock con curiosità: «Non te l’ho ancora chiesto: perché ti sei messo a leggere fanfiction su di noi?»
«Tu non ne hai mai letta una?» chiese Sherlock levandosi i pantaloni.
«Non sapevo nemmeno che esistessero» John abbassò gli occhi leggermente imbarazzato, non solo dall’idea di una fanfiction che raccontava le loro immaginarie avventure sessuali, ma anche dalla visione di Sherlock in mutande.
L’avrai visto in mutande un migliaio di volte, pensò.
Ma mai davanti a un pubblico di depravate che esaminavano ogni loro minima reazione col microscopio. Gli sembrava quasi di sentire i loro urletti deliziati: uuuh, ha abbassato gli occhi! Uuuh, gli ha guardato le mutande!
«Lo sapevi che siamo la coppia slash con il maggior numero di fanfiction nella categoria Celebrities & Real People su Ao3?» proseguì Sherlock sedendosi sulla poltrona.
John rimase qualche istante frastornato dalle troppe informazioni incomprensibili. «Ok, ricomincia dall’inizio: slash? Ao3? Ma soprattutto... celebrities? Io e te?» ridacchiò divertito.
Sherlock fece uno sbuffo annoiato e si sfilò i calzini «Ao3 è il più grande portale di fanfiction del mondo. Slash... ma non te l’avevo già spiegato? Coppia dello stesso sesso»
John levò la camicia e rimase in maglietta. Ebbe un piccolo brivido di freddo. «E quante ne hai lette?»
«Oh, non saprei dirti il numero preciso...» disse Sherlock con aria di sufficienza «Un migliaio, credo»
John si bloccò a metà strada mentre si abbassava i pantaloni e rimase fermo accucciato per qualche secondo. Poi si rese conto della comicità della posizione e si raddrizzò.
«Un migl... che...?! Quante?!» disse con voce stridula.
«Sì, un migliaio. Forse qualcosa di più, non lo so. Ho perso il conto» Sherlock si sfilò la maglietta.
John mollò la presa sui pantaloni, che gli caddero ai piedi.
«Ho cercato di avere un’infarinatura su tutti i generi,» disse Sherlock «conoscere tutti i kink, spaziare tra i rating. Per mappare il fandom»
John provò per un attimo il desiderio di fare altre domande ma si trattenne. Decise che no, non voleva sapere come era mappato il fandom. Non voleva sapere quali fossero i generi. Tantomeno non voleva sapere cosa fossero i kink. I kink, diosanto!
Sherlock era rimasto in mutande. Se ne stava in piedi, a torso nudo in mezzo alla stanza in una posa plastica che ricordava quella del David di Michelangelo.
Ti prego fa che non ci costringano a togliere le mutande.
John non aveva mai visto Sherlock completamente nudo. Tutti quegli anni di convivenza e non l’aveva mai visto senza mutande. Tranne quella volta a Buckingham Palace. Ma era coperto da un lenzuolo, quindi non contava. Oh, aveva visto di sfuggita il suo sedere, quando Mycroft aveva appoggiato il piede su un lembo del lenzuolo. Il lenzuolo era calato e con quello il suo sguardo. Una visione fugace, pochi istanti, Sherlock si era ricomposto subito.
John sfilò la maglietta e rimase in mutante anche lui.
«Bene!» disse con un sorriso forzato. Strinse le spalle e si strofinò le braccia «Fa un po’ freddo»
«Oh, quello fa parte del piano, ovviamente» commentò Sherlock con la massima tranquillità.
John inclinò la testa: «Cos’è che fa parte del piano?»
«La temperatura» disse Sherlock guardando John con un’espressione che diceva non è la cosa più ovvia del mondo?
John si grattò una tempia: «Forse per te è la cosa più ovvia del mondo, ma non lo è per me»
Sherlock sollevò gli occhi al cielo e sospirò.
«Non hai notato gli impianti di refrigerazione nascosti dietro le pareti della mia stanza? Si intravedevano chiaramente da una fessura tra le pietre finte del set Bella Addormentata» spiegò Sherlock.
«Non li ho notati. E quindi?» lo incalzò John.
«Sono refrigeratori industriali che possono raggiungere temperature fino a 40 gradi centigradi sotto lo zero. A giudicare dalla temperatura che c’è qui in salotto scommetterei che nella mia stanza a questo punto ci sia già un bel clima frizzante»
«Ok» disse John «Ma perché vogliono farci morire di freddo? È una specie di tortura?»
Sherlock sorrise. «Le tazze da tè» disse.
«Cosa c’entra... quali tazze da te?» Chiese John mettendo le mani sui fianchi.
«Le tazze da te che ci sono in cucina. La fattura grezza dell’invetriatura indica che è una ceramica prodotta in una regione nordica. Una delle più famose autrici di fanfiction Johnlock vive a Nuuk, in Groenlandia. La sua opera più acclamata è una saga composta da quattro fanfiction e due spin-off che si intitola 750.000 fa, l’amore, in cui io e te siamo due uomini delle caverne che si innamorano l’uno dell’altro»
John spalancò la bocca per dire qualcosa ma era troppo incredulo per riuscire a parlare. Uomini delle caverne?!
«Non fare quella faccia, John. La fanfiction è ambientata in una sorta di era glaciale. Una delle scene più famose è la scena in cui io e te scopriamo di essere irresistibilmente e animalescamente attratti uno dall’altro... anzi è più corretto dire che tu scopri di essere irresistibilmente e animalescamente attratto da me. Il mio personaggio, dotato di un’intelligenza superiore, ha sempre saputo di essere irresistibilmente e animalescamente attratto da te»
«Animalescamente...» ripeté John come in trance, fissando il pavimento.
«Immagina la scena: durante le nostre indagini preistoriche su un assassino preistorico che semina il panico nella nostra tribù veniamo sorpresi da una tormenta di neve, ma fortunatamente troviamo riparo in una grotta» Lo sguardo di Sherlock si perse nella distanza. Riprese a parlare con un’enfasi apocalittica: «Il giovane Sher-duh-gah, i muscoli tesi per lo sforzo, le membra livide per il freddo, si dirige verso l’oscuro pertugio nella roccia, trascinando il quasi esanime Joh-nu-bor. Salverà l’amore della sua vita. A qualsiasi costo. Trovano riparo nell’oscurità, Sher-duh-gah avvince a sé il corpo del suo biondo fratello di caccia e lo cinge con le sue braccia possenti. Joh-nu-bor, la mente forse annebbiata dall’assideramento, si abbandona a quell’abbraccio»
John ridacchiò per l’esibizione drammatica di Sherlock: «Mmm, sì, credo di aver capito dove vogliono andare a parare.»
Sherlock proseguì la recita: «“Joh-nu-bor della nobile stirpe di Wat-zu”, dice Sher-duh-gah con le lacrime agli occhi, “so che ti fa orrore il contatto tra due corpi maschili, ma non ho altra scelta... tu stai morendo, fiero combattente dagli occhi di giada, e io non posso permetterlo. Il Dio Ghiaccio non strapperà via con i suoi artigli l’ultimo alito dalla tua bocca, io conosco un modo per sconfiggerlo, io... io...» Sherlock chiuse gli occhi, inarcò le sopracciglia e affondò i denti nel suo labbro inferiore, nella parodia di un’espressione addolorata «io ti scalderò con il mio corpo, Joh-nu-bor!»
John rise di cuore e applaudì. Poi realizzò che le shipper stavano per farli diventare i protagonisti di quella fanfiction e il sorriso gli morì sulle labbra.
«Spero solo che non ci faranno ripetere anche la scena successiva, in cui io uccido a mani nude una tigre dai denti a sciabola e infilo il tuo corpo quasi assiderato nel suo cadavere ancora caldo»
John decise di ignorare l’ultimo dettaglio orrorifico (una citazione di Star Wars?) e riepilogò la situazione, come l’aveva capita: «Quindi passeremo una notte nudi in una stanza spoglia arredata come una grotta preistorica? Senza neanche una coperta?»
«Se la scena è la stessa dovremmo avere delle pelli animali come giaciglio»
«Ovvio. Uomini preistorici, pelli animali» John si stupì della serenità con cui stava affrontando la situazione. «Bene!» si strofinò le mani «Andiamo a dormire allora?»
«Non state dimenticando qualcosa?» disse la voce petulante di Midonz.
John abbassò lentamente lo sguardo sulle sue mutande.
«No» disse «non potete costringerci a farlo»
«Certo che possiamo» «Certo che possono» dissero Midonz e Sherlock contemporaneamente.
«Gli slip sono stati inventati all’inizio del Novecento, non lo sapevi John?» continuò Midonz «Un po’ incoerente con l’ambientazione preistorica»
«Che ne dite di un costume da Fred Flinstone?» azzardò John.
Midonz rise «La risposta ovviamente è no. Ma non preoccuparti, nella grotta ci sono delle pelli, come ha correttamente intuito Sherlock»
Sherlock fece un sorrisetto compiaciuto.
John sospirò. «Ok» disse. Sospirò di nuovo.
Diede le spalle a Sherlock. Non sapeva dire se si vergognava più di mostrarsi nudo davanti alle shipper o davanti a lui. Il che era assurdo, a pensarci. Era il suo migliore amico, perché avrebbe dovuto vergognarsi di lui?
John abbassò le mutande con una mano e si coprì con l’altra. Scrollò la gamba per liberarsi dell’indumento, che gli era rimasto impigliato a un piede. Poi si voltò verso Sherlock, con le mani congiunte davanti all’inguine, aspettandosi di trovarlo nella stessa posizione.
I suoi occhi furono irresistibilmente attratti verso il basso e senza rendersene conto rimase per almeno dieci secondi con lo sguardo fisso sul pene di Sherlock. Che nonostante il freddo aveva delle dimensioni ragguardevoli, il che portò John a chiedersi come doveva essere in condizioni normali.
John fece una risatina nervosa, le mani sempre immobili a coprire il suo, di pene. Che per il freddo e l’imbarazzo si era ristretto alla dimensione di un fagiolino. John non ebbe il coraggio di togliere le mani e guardarsi, ma era certo che la densità del suo pelo pubico facesse sembrare il poveretto una piccola talpa cieca affacciata su un prato rigoglioso.
Sherlock era molto più glabro di lui, in quella zona: solo un timido ciuffetto di peli in zona pubica.
John! Sveglia John! Stai di nuovo guardando lì?
Sollevò lo sguardo con fare casuale e non riuscì a trattenere una seconda risatina.
«Direi che possiamo andare, adesso» disse Sherlock serio e apparentemente a suo agio.
Avrà notato i miei sguardi? pensò John.
Se non li ha notati lui, li avranno certamente notati le shipper.
«Ok» rispose infine John cercando di ricomporsi.
Sherlock gli diede le spalle e si avviò verso la camera. John gli guardò il fondoschiena. Era liscio, sodo e muscoloso.
Smettila di guardargli il culo!, si disse.
John seguì Sherlock, sforzandosi di tenere gli occhi alti.
Arrivati alla fine del corridoio Sherlock posò una mano sulla maniglia e si fermò. «Due o tre sotto lo zero, come prevedevo. Il metallo è ghiacciato ma le dita non rimangono attaccate, ciò significa che non è tanto freddo da riuscire a congelare la traspirazione della pelle» Abbassò la maniglia ed entrò, seguito da John.
Rimasero qualche istante fermi all’ingresso e si guardarono intorno. L’allestimento della stanza era esattamente come previsto da Sherlock: la simulazione di una grotta preistorica, con tanto di pitture rupestri, stalattiti di ghiaccio e neve ammonticchiata agli angoli. Al centro della stanza delle grezze pellicce marroni erano stese disordinatamente a terra. La scena era illuminata da una finta fiaccola incastonata nella parete.
Sherlock si massaggiò rapidamente le braccia per scaldarsi e John, che non voleva scoprirsi l’inguine, si strinse nelle spalle. Fu scosso da un violento tremito: il freddo pungeva dolorosamente sulla pelle.
«Be’, io non aspetterò oltre» disse John. Con passetti rapidi raggiunse le coperte, le sollevò e ci si tuffò in mezzo. Sherlock lo imitò e si stese alla sua destra. Il letto era gelido come il resto della stanza e John iniziò immediatamente a battere i denti.
Passarono qualche secondo a rigirarsi sullo scomodo giaciglio, cercando di coprirsi meglio possibile con le pelli. John fece attenzione a non toccare Sherlock. Cercò di stringere la coperta intorno al collo ma era troppo rigida e non si adattava bene alle forme del corpo.
«Non scoprirmi!» protestò Sherlock.
«Q-questa c-c-coperta n-non è m-molto utile» disse John tra un battito di denti e l’altro.
Sherlock era steso supino, e fissava il soffitto strofinando con forza le mani davanti alla bocca per scaldarle.
John si girò su un fianco e gli diede le spalle. Tirò le gambe verso il petto per cercare di sentire un po’ meno freddo, senza successo. John capì in quel momento che le coperte da sole non sarebbero state sufficienti a sconfiggere il gelo, ma fu Sherlock a esplicitare il pensiero: «John, è una questione di semplice logica di sopravvivenza. Per quanto detesti l’idea di darla vinta alle shipper, se non usiamo il calore dei nostri corpi per scaldarci a vicenda è molto probabile che il freddo abbia la meglio su di noi»
John non seppe cosa replicare: il suo cervello sembrava congelato tanto quanto il suo corpo. Fu ancora Sherlock, letteralmente, a rompere il ghiaccio: «Ci abbracciamo, John?»
John poté solo annuire.
Si girò verso di lui, ma Sherlock ebbe contemporaneamente la stessa idea e così, come due persone che si scontrano per caso passeggiando per strada, urtarono goffamente uno contro l’altro e si ritrovarono a guardarsi negli occhi a pochi centimetri di distanza.
John esitò qualche istante, come ipnotizzato dallo scintillio degli occhi di vetro che lo stavano fissando.
«Ehm...» disse infine John girando la testa di scatto.
«Forse...» disse Sherlock tornando in posizione supina «Forse è meglio... uhm...»
Per qualche istante aleggiò, pesante e silenzioso, il dilemma: sarebbe stato più imbarazzante abbracciarsi frontalmente o a cucchiaio? E in questo secondo caso, chi dei due avrebbe avuto l’onore di accucchiaiare l’altro? Sherlock risolse il problema, imponendosi: «Voltati, John»
John cercò di deglutire ma aveva improvvisamente la gola secca.
Si mise nuovamente sul fianco sinistro, con estrema lentezza. Sistemò le coperte, rannicchiò le gambe, incrociò le braccia davanti al petto. E attese.
Secondi che sembrarono lunghi minuti.
Fruscii alle sue spalle, le pellicce ondeggiarono e all’improvviso calò il buio: Sherlock aveva spento la lampada a forma di fiaccola. Poi, dopo pochi istanti, sentì il braccio freddo di Sherlock infilarsi sotto il suo. Rabbrividì al contatto.
«Le nostre temperature si normalizzeranno in fretta» disse lui come per tranquillizzarlo.
«O-ok» disse John. Il balbettio non era dovuto al freddo.
Sherlock incastrò le gambe dietro le sue e i loro corpi aderirono perfettamente.
«Bene» disse John.
Bene.
Cercò di non pensare al rigonfiamento che gli premeva sul fondoschiena.
Non ci doveva pensare.
Non doveva concentrare tutti i suoi pensieri su quel punto di contatto, quando c’erano infiniti altri punti di contatto a cui pensare. Il petto sulla schiena. Le ginocchia premute nell’incavo delle sue gambe.
Il mio fondoschiena appiccicato al...
LE GINOCCHIA NELL’INCAVO DELLE GAMBE! Le ginocchia John! Pensa alle ginocchia. Al suo piede tra i miei. La sua guancia... sul fondoschiena, dannazione, proprio lì?
LA GUANCIA! Pensa alla guancia sulla spalla! La guancia sulla spalla, il braccio sul petto... il braccio... sul fondoschiena.
NO! Non devo pensare al cazzo di Sherlock sul mio culo!
«Cerca di stare sveglio John, almeno finché non ci saremo scaldati abbastanza. Non lasciarti intorpidire dal freddo» disse Sherlock arginando il fiume di pensieri.
«Ok» disse John, che era sveglio come non mai. Si rese conto di avere il battito accelerato.
«Potresti raccontarmi qualcosa per tenerci svegli» aggiunse dopo qualche secondo.
«Mm» mugugnò Sherlock «Ad esempio?»
John rifletté per qualche momento ma i suoi pensieri continuavano a essere calamitati dal pene di Sherlock sul suo fondoschiena. Lo sentì sistemarsi dietro di sé e ci fu una breve frizione.
Uh!
John si sentì invadere da un’improvvisa ondata di calore. Buttò lì frettolosamente il primo argomento che gli venne in mente. «Parlami delle fanfiction!» disse con impeto forse un po’ eccessivo.
«Oh, le fanfiction. Sì. Credo di essere diventato abbastanza esperto in materia» disse Sherlock, con l’aria di chi stava parlando di qualche astruso argomento di interesse accademico. «Esperto sulle fanfiction che parlano di noi, ovviamente, le cosiddette Johnlock»
La voce profonda di Sherlock faceva vibrare la cassa toracica di John. Era in qualche modo piacevole e rilassante. John percepì che il battito del suo cuore si stava di nuovo calmando.
«Johnlock» commentò John «È un nome composto... come Brangelina?»
«Non so di cosa tu stia parlando»
«Brad Pitt e Angelina Jolie... i due attori... lascia perdere. Dicevi? Come gli è venuto in mente di farci diventare uomini delle caverne?»
«Non lo so. È una pratica piuttosto comune, quella di inserirci in contesti storici diversi. Siamo stati due patrizi dell’antica Roma, cavaliere e scudiero in una corte medievale... nobile e rivoluzionario durante la rivoluzione francese... in un’altra fanfiction ambientata in quel periodo io ero un ricco e sadico duca appassionato di bondage e tu un povero fornaio che aveva la sventura di essere investito dalla mia carrozza. Io mi innamoravo di te a prima vista, ti portavo al mio castello, ti chiudevo in una segreta e ti facevo scoprire quanto ti eccitava essere incatenato e frustato»
«Menomale che non siamo nati nel 1700» commentò John.
«Poi ci sono diverse storie ambientate nell’Ottocento. In una ero un poeta sturm und drang con problemi di dipendenza da oppio e tu un pianista malato di tisi, poi...» Sherlock continuò a descrivere altre fanfiction ma l’attenzione di John fu catturata da un piccolo, quasi insignificante movimento sotto le lenzuola: Sherlock stava spostando il dito indice avanti e indietro sul petto di John.
Cosa diavolo...?
«...due astronauti in missione verso Marte, ah, e poi ci sono i crossover in cui veniamo catapultati all’interno di storie di fantasia esistenti. Alcuni crossover sono talmente comuni che hanno un nome per definirli, ad esempio Wholock...»
Che cosa stava facendo? Sherlock continuava ad accarezzargli il petto con l’indice. Era un gesto che sembrava così intimo, John fu nuovamente pervaso da una sensazione di calore e sentì lo stomaco contrarsi. Represse un sospiro.
Il dito di Sherlock si fermò.
«...e quel ridicolo mago con gli occhiali...»
L’indice riprese a muoversi. Tracciava delle linee sulla sua pelle. Quel contatto lo stava facendo impazzire, ma si sentiva come paralizzato, non riusciva a trovare la forza di bloccarlo. Il rumore del suo stesso sangue che pompava gli riempiva la testa.
Di nuovo, dopo qualche secondo, Sherlock si fermò, l’indice premuto contro il suo sterno. Fece anche una pausa nel discorso, come per sottolineare l’immobilità. Dopo un po’ ricominciò a parlare e il suo dito si mosse per la terza volta.
John ebbe l’impulso di afferrare la sua mano per fermarlo, ma proprio mentre stava per muoversi si rese conto di una cosa: il dito seguiva sempre gli stessi percorsi. Sembravano quasi dei disegni, sembravano...
Lettere dell’alfabeto!
John si sentì improvvisamente uno stupido. Sherlock stava cercando di comunicare con lui all’insaputa delle shipper. Cosa gli era saltato in mente? Come aveva potuto pensare che potesse esserci un motivo diverso?
Stupido, stupido, stupido!
Il dito di Sherlock riprese a muoversi per la quarta volta e John fece attenzione.
J-O-H-N  R-I-C-E-V-I  ?
John non riuscì a trattenere un debole sorriso. Raggiunse con la sua mano la mano di Sherlock e gli scrisse sul dorso: S-Ì.
«Ma le più bizzarre sono le omegaverse» disse Sherlock.
«Omegaverse?» chiese John fingendo interesse, in attesa che Sherlock ricominciasse a scrivere.
«È un universo alternativo in cui in parole povere facciamo sesso come i cani...»
John ebbe appena il tempo di inorridire mentalmente alle parole “sesso come i cani” quando Sherlock, continuando nel frattempo a parlare ad alta voce, gli scrisse sul petto. A-T-T-E-N-T-O  T-E-L-E-C-A-M-E-R-E  I-N-F-R-A-R-O-S-S-I.
O-K, scrisse John. Sherlock gli stava dicendo di stare attento a come reagiva con la mimica facciale, per non far capire alle shipper che stavano comunicando in segreto.
H-O  U-N  P-I-A-N-O, scrisse Sherlock.
John rispose: S-P-I-E-G-A.
Passò qualche secondo, durante il quale John percepì distintamente nel confuso blaterare la parola “autolubrificante” poi Sherlock riprese a scrivere.
D-E-V-I  I-N-N-A-M-O-R-A-R-T-I  D-I  M-E.
John si rese conto di avere occhi e bocca spalancati per la sorpresa.
Merda! Le telecamere a infrarossi!
Doveva motivare in qualche modo la sua faccia sorpresa. Aveva colto le ultime parole pronunciate a voce da Sherlock, “nodo al pene”, e finse che lo stupore improvviso fosse dovuto a quello. «Come sarebbe a dire nodo al pene?» chiese.
«Non lo sai che i cani si annodano quando si accoppiano? Nelle fanfiction succede...»
D-E-V-I  I-N-N-A-M-O, stava ricominciando a scrivere Sherlock, ma John lo interruppe: C-O-S-A  S-I-G-N-I-F-I-C-A  ?
S-P-I-E-G-A-Z-I-O-N-E  T-R-O-P-P-O  L-U-N-G-A scrisse Sherlock. Poi, dopo una breve pausa: D-E-V-I  F-I-N-G-E-R-E  D-I  I-N-N-A-M-O-R-A-R-T-I. Fece un’altra pausa, John non seppe cosa rispondere. La voce di Sherlock gli rimbombava nelle orecchie, ma John non sentiva le parole che stava pronunciando ad alta voce. Gli sembrava quasi che stesse dicendo quello che aveva solo scritto sul suo petto: Devi innamorarti di me. Devi innamorarti di me.
Sherlock ricominciò: F-I-D-A-T-I  D-I  M-E.
John non esitò a rispondere: M-I  F-I-D-O  D-I  T-E.
D-O-M-A-N-I  C-H-I-E-D-E-R-Ò  D-I  P-A-R-L-A-R-E  D-A  S-O-L-O  C-O-N  M-I-D-O-N-Z scrisse Sherlock, P-R-O-T-E-S-T-A  U-N  P-O’  M-A  A-L-L-A  F-I-N-E  L-A-S-C-I-A-M-I  S-O-L-O.
C-O-S-A  L-E  D-I-R-A-I ? scrisse John.
S-P-I-E-G-A-Z-I-O-N-E  T-R-O-P-P-O  L-U-N-G-A.
John sospirò. Doveva fidarsi e basta. O-K.
Sherlock strinse per qualche istante le dita di John, come per rassicurarlo, e posò il palmo della mano sul suo petto.
«Per non parlare del tentaclelock» disse Sherlock, che evidentemente aveva finito di disquisire di accoppiamenti canini.
La mano di Sherlock rimase appoggiata lì, sul petto di John, all’altezza del cuore.
Lo strano dialogo sotto le coperte era finito e Sherlock non gli aveva dato alcuna spiegazione.
Del resto era un modo di comunicare molto lento, e le shipper avrebbero potuto accorgersi che il vero argomento della loro conversazione non erano le fanfiction pornografiche e c’era un’altra discussione che stava avvenendo su un altro canale.
Sherlock continuava a parlare, ma John sentiva solo un rumore indistinto, come il rimbombo di un tuono lontano. Era troppo concentrato su quello che gli aveva scritto: devi innamorarti di me.
Mille domande gli ronzavano in testa: quale poteva essere il piano di Sherlock? Battere le shipper anticipando le loro mosse? Ma che senso aveva? Forse Sherlock sperava che nel momento in cui si fossero finti innamorati li avrebbero lasciati andare. Ma perché voleva comunicare con Midonz in privato? Certamente voleva chiederle qualcosa. Ricattarla in qualche modo. Chissà cosa aveva dedotto sulle shipper dalle conversazioni, dall’incontro al Comicon, dal modo in cui avevano allestito i set in cui erano costretti a vivere. John non aveva dedotto nulla, se non che fossero delle pazze pervertite con grandi mezzi a disposizione.
John si sentiva la testa pesante. La temperatura sotto le coperte era diventata accettabile e lui si sorprese a pensare che stava bene. Che il contatto tra i loro corpi non gli dava fastidio.
È bello essere abbracciati da qualcuno, pensò.
Sherlock continuava a parlare, con la sua voce profonda.
«...determinate nel volerci vedere insieme...» percepì John.
«Insieme...» riecheggiò.
«Sì, insieme» disse Sherlock.
«Mm. Continua a parlare, Sherlock» quasi non gli sembrò di essere stato lui, a pronunciare quelle parole. Il suo corpo era lì, ma la sua mente era già per metà nel mondo dei sogni.
Sherlock ricominciò a parlare. La sua voce era così...

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Le utilissime note dell'autrice
Mantenere il ritmo di un capitolo a settimana è più arduo di quel che pensassi, sforo sistematicamente la scadenza ^^'
Va be', questa volta comunque l'ho sforata solo di pochi giorni. Chi già seguiva la storia forse ha notato che ho alzato il rating da giallo ad arancione, per via della scenetta di nudità e i timidi contatti fisici descritti nel capitolo. Rosso mi sembrava eccessivo, visto che non ci sono descrizioni sessuali esplicite, ma è la prima storia che pubblico su EFP e quindi potrei aver sbagliato con questa decisione, se volete segnalarmelo nei commenti/recensioni o in messaggio ogni buon consiglio è ovviamente il benvenuto.
Ultima nota sulla finta fanfiction che racconta le avventure di Sher-du-gah e Joh-nu-bor (bei nomi, eh? sembrano usciti dal manuale di nomi fantasy di Ronald Chevalier... e se sapete chi è Ronald Chevalier sappiate che vi voglio molto bene). Il titolo della fanfiction, forse lo sapete, è il titolo di una canzone del Banco del Mutuo Soccorso... sì, lo so che in Groenlandia nessuno conosce il Banco del Mutuo Soccorso, ma mi sembrava un titolo perfetto e non ho resistito alla tentazione di usarlo. Chiedo scusa a tutti i fan del Banco per l'uso improprio di una loro bellissima canzone :P
   
 
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