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Autore: ___Page    04/06/2014    5 recensioni
Iscriversi a un sito di incontri richiede solo pochi, brevi e semplici passi. Ma quando si parla di Zoro e Nami anche le cose più facili diventano complicate...
*Fan Fiction partecipante alla Zonami Week indetta dal Midori Mikan*
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fissava il monitor con occhi persi senza riuscire a scrivere niente. Solo che ora non sapeva più se il problema fosse il carattere del buzzurro, difficile da spiegare a parole, o il bacio che le aveva dato. Quel gesto inaspettato l’aveva fatta cadere in uno stato semicomatoso.
Si riscosse, cercando di riprendere lucidità e di concentrarsi sul trovare una soluzione per tirarsi fuori da quell’impiccio.
Zoro era davvero complicato da descrivere!

Sospirò, facendo vagare lo sguardo sulla schermata iniziale di quello stupido sito.
Se sulla destra venivano mostrati i profili delle donne a sinistra si potevano ammirare i numerosi uomini iscritti.
Nami si mise a scorrere la colonna, alla ricerca di ispirazione. C’erano dei tizi davvero improponibili, tanto che si chiese come fosse possibile che le donne fossero invece tutte più o meno carine. Probabilmente imbrogliavano con foto altrui e gli uomini, semplicemente, non erano altrettanto furbi da arrivarci ed utilizzare la stessa strategia.
Una foto la fece soffermare nel suo vagare senza meta.
Due occhi grigi e profondi, incastonati su un viso perfettamente regolare, incorniciato da una scompigliata chioma mora come il pizzetto che aveva sul mento, ammiccavano verso di lei, suadenti. Con un doppio click aprì il profilo del ventisettenne Trafalgar Law.
Era bello da mozzare il fiato e non solo.
Era anche più furbo delle donne.
Scorrendo la sua pagina, infatti, Nami notò che c’era tutto tranne una sezione, quella della descrizione personale. Al posto di un autoelogio ben scritto, campeggiava una freccia che indicava con strafottenza – un risultato eccezionale da ottenere con un semplice simbolo digitale – la foto profilo del ragazzo che, ingrandita, mostrava la sua figura fino a mezzo busto.

Non bastava che avesse un bel viso e degli occhi da ipnotizzatore, di serpenti e non. Sotto alla camicia bianca, lasciata leggermente aperta sul torace, si intravedeva chiaramente un fisico asciutto, ricoperto di tatuaggi, che faceva venire voglia di riservare al ragazzo lo stesso trattamento di un cono gelato.
Si riprese dalla momentanea estasi ammirativa, Nami, quando realizzò che quella era la soluzione perfetta. Era stata lì mezz’ora a scervellarsi senza rendersi conto che sarebbe bastata una foto di Zoro a descriverlo. In fondo l’obbiettivo del profilo di presentazione era attirare l’attenzione e, doveva ammetterlo, il ghigno del buzzurro parlava da solo.
Chiuse gli occhi immaginandoselo che le sorrideva di sghembo, strafottente, con la zazzera verde scompigliata, i tre pendagli di bronzo, quasi dello stesso colore della sua pelle cotta dal sole, che pendevano dal lobo sinistro, sfiorando la mascella squadrata e delineata dalle basette.
Deglutì rumorosamente mentre con gli occhi della mente scendeva sul suo petto, perfettamente scolpito dai duri allenamenti a cui si dedicava anima e corpo, che spesso lasciava intravedere attraverso le camicie che indossava e che mettevano in risalto i suoi muscolosi bicipiti, i quali sapevano donare degli abbracci davvero pazzeschi.
Le era sempre piaciuto perdersi tra le sue braccia ma ancora di più le piaceva perdersi nei suoi occhi, neri, profondi, penetranti, come due pozzi di petrolio.
Da tanto non si concedeva di incrociarli perché, di recente, si era resa conto che ogni volta che succedeva si sentiva come sprofondare, incapace di mantenere una qualsivoglia forma di volontà ed autocontrollo sul suo corpo, come se lui fosse capace di farla cadere in trance con il solo sguardo.
E a lei piaceva quella sensazione di abbandono, avrebbe voluto lasciarsi andare, cadere inesorabilmente in lui, che sapeva di rhum e sale e riusciva a mandarla fuori di testa con un semplice sussurro della sua voce calda e baritonale…
Spalancò gli occhi, scioccata, avvertendo una sensazione di umido calore in mezzo alle gambe. Si toccò rapida sotto la gonna sugli slip.
Merda!
Si era bagnata!
Solo pensandoci!
S’alzò di scatto, una mano sul fianco e una a stringersi la fronte, quasi a voler impedire a quel pensiero che ormai si era impadronito delle sue sinapsi di prendere forma.
Merda, merda, merda!
Ma dai non poteva essere! Lui era un buzzurro scansafatiche! Non faceva altro che litigarci!
Proprio come con Paulie le fece notare una vocina nella sua testa.
E… e poi la criticava sempre perché si vestiva troppo succinta! esattamente come Paulie
Senza contare che aveva il pessimo vizio di chiamarla sempre con quello stupido soprannome, ignorando deliberatamente il suo nome di battesimo! Precisamente come Paulie
-Oh porca…-
Paulie le piaceva da morire.
Se lo chiedeva ancora come mai non aveva funzionato. O meglio se lo era chiesto fino a poco prima, perché ora era tutto chiaro. Le piaceva così tanto perché assomigliava a Zoro, nel modo di fare e soprattutto nel modo di trattarla, ma non aveva funzionato perché lui non era Zoro.
Perché lei non voleva qualcuno che assomigliasse a Zoro.
No.
Lei voleva proprio Zoro.
E in effetti, la cosa che la urtava di più del bel carpentiere era che la chiamasse “magrolina” e non tanto perché la infastidissero i soprannomi, a quelli ci era abituata, ma perché, solo ora lo capiva, avrebbe preferito sentirsi chiamare “mocciosa”.
Le bastò immaginare la voce di Zoro che sussurrava quella parola, riservata solo e soltanto a lei, perché una seconda ondata di umori le infracicasse le mutandine.
Okay, era fregata!
Andata, partita per la tangente, persa, impazzita…
Innamorata!

Si lasciò cadere pesantemente sul divano tornando a fissare il monitor del pc con occhi vacui.
Chiuse il profilo di Trafalgar Law e stava per salvare le modifiche e rinunciare alla sua missione quando un’improvvisa curiosità si impadronì di lei.
Chissà com’era la donna ideale del buzzurro!
Posò delicatamente un polpastrello sul touchpad del computer per scorrere in basso, esitando preoccupata di ciò che avrebbe letto. C’era una buona percentuale di restare ferita alla luce di ciò che aveva appena scoperto.
-Oh al diavolo! Devo sapere!- disse e poi con un unico movimento scese alla sezione che le interessava.
Sgranò gli occhi, incredula.

 
Descrivi la tua donna ideale:
Dispotica, ricattatrice, in grado  di reggere notevoli quantità di alcool, ribelle, fissata con lo shopping, capace di disegnare, sfacciata, amante dei mandarini e che profumi di mandarino, mocciosa.
 
Qualunque donna, riconoscendosi in quella descrizione, sarebbe andata su tutte le furie leggendo quella selva di difetti intervallati da appena un paio complimenti, uno dei quali, per di più, dipendeva esclusivamente dai suoi geni.
Ma non lei.

Al “dispotica” aveva spalancato gli occhi, al “fissata con lo shopping” aveva trattenuto il fiato e al “mocciosa” si era aperta nel sorriso più bello che si fosse mai disegnato sul suo viso.
Si sentì attraversare da una scarica di adrenalina. Scattò come una molla dal divano e si mise a saltellare girando su stessa e inclinando la testa a destra e a sinistra a ogni rimbalzo, in un assurdo balletto di gioia e trionfo.
Era lei, lei, LEI!!! La donna ideale del suo buzzurro era lei!!! Zoro voleva lei!!!
Si bloccò, agitata, le guance rosse e gli occhi che brillavano, senza sapere cosa fare.
Poi, senza pensare troppo, chiuse con un colpo secco il pc, infilò le scarpe, arraffò giacca e borsa e si precipitò fuori di casa.
Le mani le tremavano per l’emozione e incespicò nel cercare la chiave giusta per chiudere la porta e, una volta trovata, il mazzo le cadde di mano due volte prima che riuscisse a infilarla nella toppa. Diede le spalle all’uscio, fece un respiro profondo nel vano tentativo di calmare i battiti impazziti del suo cuore per poi gettarsi a capofitto, senza riuscire a smettere di sorridere, giù dalle scale e in strada, diretta alla palestra.

Si era appena resa conto che attendeva quel momento da chissà quanto.
Non aveva nessuna intenzione di aspettare ancora.
  
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