Seventeenth
I giorni successivi passarono
senza eventi degni di nota: Shirai si presentò regolarmente all’archivio o al
campo di allenamento comportandosi più o meno come sempre.
Itachi sentiva che c’era qualcosa
di strano, soprattutto perché la ragazza parlava con lui solo se strettamente
necessario: nessuno scherzo né battuta, nemmeno sul suo comportamento, che lei
definiva freddo ogni volta.
Quando era ora di pranzo spariva
da qualche parte, prima ancora che Itachi le dicesse di andare: cosa diavolo le
prendeva? Aveva forse cambiato idea e non voleva più recuperare il loro
rapporto di amicizia?
Queste erano le domande che si
faceva Itachi mentre camminava per le vie di Konoha ancora in compagnia di
Saori.
Fu in quel momento che vide Shirai
uscire da uno dei chioschi e non era sola: al suo seguito c’erano i due shinobi
di Kumogakure.
Shi le camminava alla destra,
mente l’altro se ne stava un po’ più indietro come se tutto quello che stesse
facendo fosse noioso: sapeva che quel ragazzo dai capelli bianchi era il
braccio destro del Raikage, uno dei più forti utilizzatori del Raiton e anche
l’unico che sapesse usare l’elemento della tempesta combinando il fulmine con
l’acqua.
Guardò Shirai vedendola sorridere
come sempre e quindi capì che doveva per forza avercela con lui, dato che
quando erano insieme sembrava sempre tesa .
Shikamaru Nara ha ragione: le donne sono tutte problematiche.
Pensò Itachi guardando poi la
ragazza che gli camminava al fianco: Saori non era mai stata problematica, in
realtà.
Probabilmente sono problematiche quelle di cui ti importa
qualcosa.
Itachi lasciò andare un sospiro,
il quale attirò le attenzioni della sua accompagnatrice, che non perse
l’occasione per dire la sua opinione sul comportamento di Shirai.
«Va sicuramente molto d’accordo
con gli shinobi di Kumogakure, vero?»
«Hn. Ha passato quattro anni al
loro villaggio» rispose Itachi, facendole intuire che pensasse fosse normale
legare con qualcuno quando si rimane per molto tempo nello stesso luogo.
«Ho anche sentito che lei e
Shi-san hanno avuto una storia, ma non è finita bene, perché lei ha sempre
voluto tornare qui e lui non poteva seguirla» raccontò la ragazza, che aveva
ricevuto la notizia da una kunoichi che lavorava al palazzo dell’Hokage, la
quale aveva sentito Shi parlarne con Darui, una sera.
«Ah, capisco. Mi dispiace per
loro, sembrano andare molto d’accordo» disse monocorde Itachi, ringraziando il
suo controllo eccezionale riguardo le emozioni.
In quel momento era arrabbiato,
eccome. Shirai gli aveva detto che gli shinobi di Kumogakure erano solo amici,
Shi compreso.
Gli aveva mentito e non l’avrebbe
passata liscia. Nessuno prende in giro un Uchiha, soprattutto Itachi.
Shirai chiacchierava allegramente
con Shi di tutto ciò che gli era piaciuto a Konoha, ridendo quando Darui disse
che non aveva visto nulla perché lì avevano dei letti troppo comodi e aveva
passato le giornate a dormire o poltrire in camera.
Le dispiaceva che il giorno
seguente sarebbero partiti per tornare al loro villaggio perché sapeva che non
li avrebbe rivisti a breve: le sarebbero mancate le camminate serali in
compagnia di Shi, proprio come facevano a Kumogakure.
«Shirai-san» la chiamò proprio il
ragazzo «Domani partiremo molto presto, riuscirai a venire all’ingresso del
villaggio per salutarci?»
«Ehi! Non sono così pigra,
Shi-san! Ci sarò! Ora devo andare, a breve ricomincio gli allenamenti con
Itachi-san» la ragazza salutò i suoi nakama di Kumo e si avviò al campo di
allenamento numero zero con un sorriso stampato in faccia.
Sorriso che morì immediatamente
quando si avvicinò ad Itachi: emanava arrabbiatura repressa da tutti i pori e
questo fece fremere Shirai da capo a piedi.
Possibile che tu sia così malata da trovarlo sexy quando è
arrabbiato, soprattutto se lo è con te?
«Itachi? Cosa ti è successo?»
chiese Shirai, prima di ritrovarsi costretta a parare un calcio da parte
dell’altro, che mirava al viso.
Non ebbe nemmeno il tempo di
pensare che Itachi la afferrò dal polso e con un colpo preciso la fece
sbattere, schiena a terra.
Shirai grugnì dal dolore,
schivando un altro calcio rotolando di lato ed alzandosi in fretta con un colpo
di reni.
«Itachi! Cosa diavolo ti prende?»
gli chiese, mentre continuava a parare i colpi che divenivano più pesanti: stava
facendo sul serio. Voleva colpirla davvero.
Non glielo avrebbe permesso:
iniziava seriamente a stufarsi dei continui sbalzi di umore di Itachi.
«Dacci un taglio!» gridò prima di
scagliare i suoi fulmini in ogni direzione che conosceva: almeno uno era sicura
sarebbe andato a segno e non si sbagliava.
Itachi riapparve a qualche metro
di distanza con una buco nella sua divisa Anbu all’altezza dell’addome: Shirai,
nonostante la situazione, non poté fare a meno di notare che sotto si
intravedevano i muscoli tonici di Itachi.
Non è il momento di avere pensieri porno su di lui! Stai
concentrata, mirava sul serio a farti male.
E me ne ha fatto in realtà.
Solo in quel momento di stallo si
accorse che il braccio dove aveva fatto il tatuaggio faceva davvero troppo male
e si accorse con orrore che con tutta probabilità era rotto: aveva sicuramente
colpito forte con quel calcio.
Appena si rese contro della
ferita, il dolore l’assalì prendendo il posto dell’adrenalina, che fino ad
allora aveva fatto da antidolorifico.
Si piegò su se stessa tenendosi il
braccio ferito e si lasciò sfuggire un grugnito di dolore: non avrebbe urlato o
pianto davanti ad Itachi. Non voleva dargli la soddisfazione di averle fatto un
male d’inferno.
Itachi la guardò un attimo con lo
Sharingan ancora attivo e quando il suo sguardo cremisi si posò sul braccio constatò
con orrore che era rotto.
Si avvicinò veloce alla ragazza,
la quale per puro istinto saltò all’indietro, guardandolo con quello che
sembrava odio.
«Cosa diavolo ti è preso? Hai idea
di quanto faccia male?» gli chiese, rabbiosa, mentre lottava per non far
scendere le lacrime di dolore che si erano formate agli angoli degli occhi.
«Mi dispiace, Shirai. Dobbiamo
andare all’ospedale e farlo sistemare» disse Itachi, avvicinandosi di nuovo e
capendo che Shirai stava resistendo contro il suo istinto: la vedeva pronta a scattare lontana da lui,
ma gli lasciò comunque guardare il braccio.
«Credo di averti rotto l’ulna»
disse semplicemente, guardandola direttamente negli occhi, ora del consueto
color onice.
«Complimenti, genio. Se non
me lo dicevi, non me ne sarei mai accorta. Ora posso sapere perché ti sei
comportato così? Ultimamente mi pare che tu agisca un po’ fuori dal tuo
carattere standard. La mia presenza a Konoha di scombussola così tanto?».
«No, mi irrita il fatto che tu mi
abbia mentito».
«Mentito su cosa?».
«Hai affermato che gli shinobi di
Kumo fossero solo tuoi amici, ma a quanto pare tu e Shi eravate qualcosa di
più» le disse, vedendola arrossire.
«Etto… Itachi, io e Shi
siamo davvero solo amici, ma… Una volta è successo qualcosa» gli disse lei,
imbarazzata «Ma non voglio parlarne con te! È imbarazzante!».
Lui la guardò con il sopracciglio
alzato segno che non gliene importava se per lei fosse imbarazzante, perché
doveva spiegarsi: non capiva perché si interessasse in quel modo alla vita
privata di Shirai, ma il solo pensiero di lei e Shi insieme gli faceva venire
il bruciore di stomaco.
Geloso, eh?
Avrebbe davvero voluto liberarsi
della sua coscienza, ma in quel momento si rese conto che nemmeno con i suoi
ragionamenti più intricati e sofisticati sarebbe riuscito a negare: era geloso.
Fine della questione. Il motivo gli era ancora oscuro, ma prima o poi ci
sarebbe arrivato.
Vide Shirai prendere un bel
respiro e confessare il suo peccato: «Quando ho compiuto vent’anni anni ho
esagerato un po’ con l’alcool, portatomi da Killer Bee, e così anche Shi. E ci
siamo svegliati la mattina successiva nello stesso letto… Senza vestiti.
Abbiamo deciso di far finta di nulla, poiché nessuno dei due ricordava niente
della notte precedente».
«Sei andata a letto con lui e non
te lo ricordi?».
«Esatto…».
«Sei stata una stupida
irresponsabile. Poteva succedere di tutto».
«Lo so… Ma perché diamine mi stai
facendo la predica? Non sei mio padre o mio fratello maggiore! E poi mi vuoi
far credere che tu sia ancora puro e casto? Raccontala ad un’altra, Itachi! So
che tu e Saori non siete rimasti a guardarvi negli occhi in questi quattro
anni» gli rinfacciò.
«Questi difficilmente sono affari
tuoi».
«Oh, davvero? Mentre con chi io
ho rapporti è affar tuo? Non credo proprio, Uchiha Itachi! Quindi smettila di
comportarti come un idiota ed agisci più come il genio che sei!».
«Il problema è che tu mi confondi,
Shirai. Non so più chi sei».
«Questo perché sono cresciuta. Non
sono più l’innocente ragazzina di sedici anni, Itachi. Ho ucciso, ho amato e ho
pianto per chi ho perso».
«Amato?».
«Sì, ho amato. Ma non ti
racconterò nulla di questo per ora. Fa ancora un male d’inferno parlarne, per
me. Ora se permetti vado da Sakura a farmi sistemare il braccio» gli disse,
sentendo che la seguiva «Non ho bisogno della balia. Sono una ragazza cresciuta
e so difendermi. Accettalo».
Detto questo sparì in una nuvola
di fumo, lasciando Itachi da solo, anche se per poco, poiché Saori lo raggiunse
immediatamente: probabilmente era lì da un po’ e stava solo aspettando che
Shirai se ne andasse.
«Itachi-san? Questa sera vuoi
venire a cena da me? I miei genitori non ci sono» gli disse, carezzandogli il
braccio.
Itachi guardava ancora il punto in
cui Shirai era sparita e rispose: «No, questa sera ho altro da fare. Ci vediamo
domani all’archivio» e sparì in una nuvola, seguendo Shirai.
«Ancora una volta dietro a lei, eh
Itachi? Possibile che il tuo Sharingan ti abbia reso cieco?» sussurrò al vento
Saori, che capiva molte più cose di quante lasciasse intendere.
Arrivò all’ospedale giusto in
tempo per vedere Shirai che veniva accompagnata in uno degli ambulatori: riuscì
anche a vedere un accenno di rosa all’interno segno che era Sakura colei che
avrebbe curato Shirai.
Si rilassò aspettando l’uscita
della ragazza seduto su una delle sedie di plastica blu presenti nella sala
d’attesa principale.
In totale Sakura ci mise dieci
minuti a sistemare il braccio di Shirai: quando uscì dall’ambulatorio,
ringraziando la ninja medico, Itachi vide lo sguardo duro che Sakura gli
lanciò.
Quello sguardo diceva tutto.
Falle ancora così male che ti troverai addosso la metà degli
shinobi di Konoha. E uno di loro ha un demone dentro di sé.
Shirai si voltò in quel momento e
la vide distintamente sbuffare in sua direzione: gli dava fastidio che fosse
venuto a vedere come stava?
Si alzò, fingendo di non aver
visto l’irritazione emanata da Shirai, e appena le due kunoichi smisero di
parlare, s’intromise.
«È a posto, ora?» chiese a Shirai,
poiché Sakura era scappata, richiamata per un'emergenza.
«Ha sistemato l’osso, ma dovrò
prendere alcuni antidolorifici e pastiglie come aiuto per sanare la frattura
completamente» spiegò Shirai, che aveva il braccio legato al collo tramite un
foulard arancione e giallo.
«Hn. Sono dispiaciuto per
l’incidente. D’ora in poi manterrò sotto controllo il mio comportamento. Non
posso ferire un componente del mio stesso Team» disse Itachi, facendola
sbuffare.
«Hai, Hai! Accetto le tue
patetiche scuse, Itachi» disse Shirai, ormai persa la voglia di litigare con lui.
Uscirono dall’ospedale uno al
fianco dell’altra e Shirai vide da lontano una capigliatura corvina e una
bionda conosciute: sorrise e chiamò le due amiche a gran voce.
Ino e Ayane si voltarono di scatto
e quando la seconda vide il braccio di Shirai, lanciò uno sguardo interrogativo
alla ragazza, che fece un lieve cenno del capo in direzione di Itachi, al quale
venne riservata un’occhiata tutt’altro che amichevole.
Le due si avvicinarono e Ino
affermò che fronte spaziosa aveva fatto un ottimo lavoro, come sempre: i loro
discorsi furono però bloccati quando videro Sasuke, una mano in tasca e l’altra
che reggeva un involto, avvicinarsi all’ospedale.
«Ed ecco che arriva anche oggi»
sussurrò divertita Ino.
«In che senso?» chiese Shirai.
«Oh, devi sapere che Sasuke-kun
porta il pranzo a Sakura tutti i giorni» rispose Ino, calcando sulle
ultime parole.
Itachi non poté nasconde il suo
stupore sapendo che il suo fratellino stava letteralmente corteggiando una
ragazza: era davvero cresciuto e lui non se ne era nemmeno reso conto.
«Almeno uno dei due figli di
Mikoto-san sa ancora cos’è la gentilezza» borbottò Shirai, beccandosi
un’occhiata bieca da Itachi: alla fine non aveva accettato per niente le sue
scuse.
Sasuke alla vista del gruppo
davanti all’ospedale sbiancò completamente e stava per tornare indietro, ma
Shirai non gli lasciò scampo:
«Neh, Sasuke! Non fare il timido!
Porta pure il pranzo a Sakura, noi faremo finta di non vederti» gli gridò,
facendolo diventare color pomodoro e sghignazzare alcuni dei passanti, oltre ad
Ino ed Ayane.
«Raibaka! Non c’è bisogno di
gridarlo ai quattro venti! È stata Okaasan a dirmi di portare il pranzo a
Sakura!» borbottò Sasuke, mentre si avvicinava.
Alcune kunoichi intanto lo
guardavano sognanti, mentre altre bisbigliavano al suo indirizzo e a quello di
Itachi, il quale finalmente parlò.
«È davvero un bel gesto, Otōto.
Shirai, per il resto del pomeriggio andremo all’archivio, con il braccio non
completamente guarito è meglio non allenarsi» le disse, iniziando a scendere i
pochi gradini di fronte all’ospedale.
«Hai! Ci vediamo più tardi,
ragazze. Sasuke, sono orgogliosa di te. Sei davvero un ragazzo gentile» disse,
prima di sussurrare «Non come tuo fratello…».
Ovviamente entrambi gli Uchiha
l’avevano sentita e se uno ghignava divertito, l’altro alzava gli occhi al
cielo.
*
Il resto del pomeriggio passò tra
la polvere e l’odore di inchiostro dell’archivio: Shirai, mentre segnava i nomi
e tutto il resto nel registro, mormorava una canzoncina, mentre Kuro il gatto
muoveva la coda quasi a ritmo.
Era sdraiato sulla scrivania,
attento a non far cadere nulla, e sonnecchiava con la testa poggiata alle zampe
anteriori: aveva da poco smesso di fare le fusa.
Le sue orecchie si muovevano in
direzione di rumori che Shirai nemmeno sentiva e capì che il gatto si sarebbe
rivelato molto utile durante le missioni e gli allenamenti, quando fosse
cresciuto a sufficienza.
Si alzò di scatto per chiedere ad
Itachi quando e come avrebbe potuto allenare il gatto, ma i sussurri che
l’accolsero la obbligarono a fermarsi ed origliare.
Da quando sono diventata una spiona? Però voglio davvero
sapere cosa si dicono in privato.
«Itachi-san è quasi un mese che
non restiamo un po’ soli» stava piagnucolando Saori.
«Hn. Questa sera ho davvero da
fare. Mi dispiace» le rispose lui, mentre la ragazza faceva un verso di
disapprovazione talmente kawaii che Shirai sentì l’impulso di vomitare.
Ora sapeva anche fare le fusa come
Kuro?
«È un vero peccato. Ero davvero
eccitata all’idea di avere la casa libera» disse Saori, calcando sull’aggettivo
“eccitata”.
Shirai non poté non capire a cosa
alludesse la ragazza: era piuttosto palese che Itachi e Saori avessero una
qualche tipo di storia.
Forse non erano ufficiali, ma
sicuramente si comportavano come se lo fossero.
Il solo pensiero di Itachi e quella
da soli impegnati in certe cose, le fece salire la bile in gola, il desiderio
di vomitare sempre più pressante così come la sensazione non proprio piacevole
di sentire il petto pesante e stretto in una morsa dolorosa quanto una delle
peggiori scosse ricevute dal Raikage.
Senza dire nulla, tornò alla sua
postazione ricacciando indietro il groppo che le si era formato in gola, così
come le lacrime.
Era la seconda volta in un giorno
che Shirai si tratteneva dal piangere per Itachi.
Cosa diavolo mi sta succedendo? Dovrei essere impegnata a
trovare dei modi per prenderlo in giro, non sentirmi così tradita. Lui è mio
amico e può fare quello che vuole della sua vita.
Smettila di prenderti in giro, Shirai. Itachi non è più solo
tuo amico. È cresciuto ed è diventato il ragazzo più affascinante che tu abbia
mai conosciuto, senza cambiare caratterialmente. È intelligente e riesce a
leggerti nella mente è ovvio che tu stia cambiando il modo di vederlo.
«Ovvio un corno, idiota di un
cervello. Non posso mica innamorarmi di lui» sussurrò a se stessa, mentre Kuro
la guardava con i suoi intelligenti occhi verdi, emettendo uno strano suono a
metà tra quello delle fusa e un miagolio.
«Non fare quei versi, Kuro-chan.
Non posso, anzi non devo, lasciare che questo succeda. Non credo mi farebbe
così bene, sai?» disse mesta, accarezzando il pelo scuro e soffice del gatto
che si allungò completamente sul tavolo lasciandosi andare alle carezze con
sonore fusa.
Fu così che la trovò Itachi, lo
sguardo perso nel vuoto davanti a sé e una mano che accarezzava il gatto.
Chissà com’è essere accarezzati dalle mani di Shirai.
Si ritrovò a pensare Itachi, che
scacciò il pensiero dettato dalla sua parte irrazionale, iniziando a domandarsi
se forse non era meglio andare da Saori e sciogliere un po’ le tensioni: era
sicuro che se lo avesse fatto, poi certe idee sarebbero sparite.
«Shirai, possiamo andare» le disse
semplicemente, ricevendo un mugugno in risposta e tornando da Saori.
Guardò la ragazza che lo aspettava
e decise: sì, sarebbe andato da lei per schiarirsi le idee.
*
Sasuke camminava per le vie di
Konoha in solitaria: Naruto era a rapporto dalla Godaime per i preparativi
concernenti la sua partenza per il mondo dei Rospi, Sakura era ancora impegnata
con l’ospedale, mentre Kakashi era sparito da qualche parte probabilmente
impegnato nella lettura di Icha Icha Paradise.
Ancora non capiva cosa ci trovasse
di interessante il suo sensei in quei libri: aveva persino provato a leggerne
uno, ma l’unica cosa che gli aveva provocato era stato imbarazzo, soprattutto
perché si era immaginato lui stesso in certe situazioni con una persona in
particolare.
Emise un sospiro Sasuke, poiché
non sapeva come affrontare questo tipo di situazioni: se era un combattimento,
una strategia da affrontare nessun problema, ma se si trattava di qualcosa
riguardante i sentimenti allora era fregato.
«Che inutile perdita di tempo»
disse alla strada vuota, quella secondaria che conduceva al quartiere Uchiha:
in quei giorni evitava le strade principali perché alcune kunoichi lo
tormentavano per chiedergli con chi sarebbe andato al festival di fine mese.
Lui aveva poca intenzione di
andarci, a meno che qualcuno non lo avesse invitato: di certo non
sarebbe stato lui a farlo.
Non poteva di certo farle capire
del crescente interesse che provava nei suoi confronti, anche se ogni tanto si
chiedeva il perché lo nascondesse.
Aveva forse paura che i sentimenti
di Sakura verso di lui fossero mutati nel corso del tempo? Che la kunoichi
avesse finalmente lasciato perdere il suo invaghimento verso di lui, il quale
non aveva fatto altro che rifiutarla, la maggior parte delle volte in malo
modo?
Un altro sospiro uscì dalle labbra
di Sasuke Uchiha, il quale iniziò a pensarla come Shikamaru: le donne erano
tutte una seccatura.
Quando varcò le soglie del
quartiere dove viveva, vide nuovamente suo fratello in compagnia di Saori:
sicuramente suo padre sarebbe stato più che soddisfatto nel vedere che i due
andavano così d’accordo, ma per Sasuke era diverso.
Non aveva mai fatto segreto il
fatto che poco sopportasse sia Saori che il padre di questa: erano entrambi
arroganti e saccenti con chiunque non fosse degno di nota, anche all’interno
del loro stesso Clan.
Non avrebbe mai dimenticato quando
Hideki aveva detto a suo padre che era fortunato ad avere Itachi, così almeno
non doveva contare su Sasuke per mandare avanti il clan.
«Tch» emise Sasuke a denti stretti, verso che
sommato al suo chakra fece voltare Itachi.
Vide suo fratello fermarsi per aspettarlo,
segno che doveva dirgli qualcosa e quando sentì cosa per poco non lo prese a
pugni.
«Avvisa Okaasan e Otōsan che
questa sera non cenerò a casa e tornerò piuttosto tardi» disse, monocorde come
al solito.
«Tch. Devo dire loro dove vai?»
chiese, ghignando Sasuke.
«No, Otōto. Anche se non faccio
nulla di male» rispose semplicemente Itachi.
«Sicuramente» disse Sasuke,
abbassando poi la voce per aggiungere «Chissà cosa ne penserebbe la Raibaka».
Era sicuro che Itachi l’avesse
sentito, infatti aveva alzato leggermente il sopracciglio come richiesta di
esplicazioni, ma Sasuke non gliene avrebbe date di certo: se voleva divertirsi
con la vipera che si trovasse da solo le risposte.
«Tch. Vado a casa» disse
semplicemente il moro, sorpassando il fratello e non degnando Saori della
minima attenzione.
«Tuo fratello non sembra
d’accordo» disse la ragazza.
«Non ti preoccupare, gli passerà» disse Itachi, prima di continuare a seguire Saori verso casa.
Nda: Mi scuso per il lungo ritardo, ma il pc aveva lo schermo rotto ed è tornato solo recentemente! Cercherò di essere più regolare, da adesso in avanti!
Alla prossima!
Lena.