Hallooooo, Leute!!!! Il penultimo capitolo!!! Kyaaaaaaa!!!! Ce la sto facendo!!!
Evviva!!! Ora corro a fare la valigia, poi termino l’ultimo capitolo e lo
posto! Viel dank!!!
Per Nicegirl:
Halloooo!!! Non dovrai
aspettare, lunedì…sei contenta?!? Mi dispiace solo un po’ perché so che siamo
alla fine…io ho fatto del mio meglio…spero ti piaccia!!!
Baci
Einziger…achtzehn
“BILLIE!”
Quando mia mamma mi chiamò quel lunedì
mattina, svegliandomi, ebbi l’impressione di essermi sdraiato meno di un minuto
prima.
Non sentendomi rispondere, lei, come di
norma, entrò nella mia stanza, la voce imperiosa “Bill!
La scuola! Possibile, ogni mattina, la stessa storia…?!?”
Le voltai le spalle, stringendo il
cuscino intorno al capo, tappandomi le orecchie. Lasciami
dormire, allora…, pensai, un po’ infastidito.
Mia mamma agguantò la coperta, uscendo
dalla stanza, per finire di prepararsi. “Muoviti! Non fare aspettare i tuoi
amici…”
Mi stropicciai gli
occhi, ancora mezzo addormentato, poi appoggiai i piedi nudi sul
pavimento, correndo in bagno. Un’altra giornata era iniziata.
La giacca aperta, corsi giù per le
scale. Uscendo dal portone, l’aria fredda del mattino mi colpì in viso,
svegliandomi. Tom, in sella alla bici, sorrise.
“Hallooo!”
salutai io, pieno di energia.
Lui rise. “Quanto entusiasmo,
stamattina!”
Mi guardai un secondo
intorno, poi mi avvicinai ma senza sedermi subito sulla bici dietro di
lui. Iniziammo a chiacchierare. Ogni tanto spostavo lo sguardo attorno o
sull’orologio che il mio amico portava al polso sinistro.
Il tempo passava. Sbuffai.
“Ma dov’è?!?”
domandai ad un certo punto, spazientito. Odiavo aspettare, soprattutto quando
sapevo che sarebbe stata una giornata importante. Per la prima volta, infatti,
avrei cantato con la band. Pieno di energia, incapace
quasi di stare fermo, non vedevo l’ora di iniziare.
“Allora Gustav
non scherzava quando ci ha messo in guardia sulla sua puntualità…” commentò Tom.
Scoppiai a ridere. L’idea di noi due,
famosi per essere costantemente in ritardo, che ci lamentavamo per quello di un
nostro amico, era a dir poco comica. Quando glielo
feci notare, anche Tom rise.
“E va beh!” continuò lui, il sorriso
ancora sulle labbra “Noi almeno quando c’è da divertirsi siamo sempre
puntuali…Lui, a quanto pare, non fa eccezioni…”
Alzando un sopracciglio, sorridendo,
aggiunsi con voce sarcastica “Beh…Di certo non si può
dire che non sia coerente fino in fondo alla sua filosofia di vita…”
Ci scambiammo un rapido sguardo,
scoppiando a ridere.
“BIN HIER!”
Georg, da diversi metri di distanza, urlando,
ci informò del suo arrivo, i lunghi capelli castani
scompigliati dal vento, lo zaino cascante da una parte, la custodia del basso,
ancorata saldamente alla bici. Io e Tom ci scambiammo un’altra occhiata e poi ricominciammo a ridere.
“Sono qui!” ripeté lui, frenando
all’ultimo istante, a poca distanza da Tom che, dal
canto suo, non fece nemmeno una piega. Io invece, istintivamente, avevo puntato
i piedi.
“Ce ne siamo accorti!” iniziò subito mio
‘fratello maggiore’ “Anzi, credo che tutto il quartiere se ne sia accorto…Per
caso…hai iniziato ad annunciare il tuo imminente arrivo non appena uscito di
casa?!?” concluse, prendendolo in giro.
Georg, ovviamente, rise “Effettivamente…se
devo essere sincero…Si!” si girò a guardarmi un secondo, facendomi un cenno con
la mano, sorrise, prima di continuare “Non lo sai che si usa così tra persone
di una certa importanza…?!?”
Sul volto di Tom
apparve il suo sorriso accattivante “Da domani mattina allora
annuncerò il mio arrivo non appena mi sarò svegliato…” mi strizzò l’occhio.
Io sorrisi.
“Andiamo, allora? Siamo in ritardo!!!” aggiunse Georg, un attimo
dopo.
Io e Tom ci guardammo in volto, allibiti, poi spostammo lo sguardo su di
lui “Ehy!” esclamò subito il bassista,
interpretando correttamente il nostro sguardo “Che c’è?!? Non si può nemmeno
più scherzare?!?” Ricominciò a ridere.
Alzai gli occhi al cielo, un secondo,
mentre Tom, sorridendo, scuoteva la testa, entrambi
senza parole. Infine salii sulla bici, incastrando la custodia della chitarra
nel ristretto spazio tra noi.
Tom iniziò a pedalare, muovendo veloce le
gambe. Sfrecciando per strada, le mani sulla sua schiena, mi voltai a sorridere
a Georg che, a breve distanza, fece altrettanto.
Driiin.
Tom gettò lo zaino per terra nell’aula di
musica. “Cavolo, Georg!” esclamò
“E’ già l’intervallo…Aveva ragione Gustav a
definirti un professionista del ritardo…”
Georg, appoggiò su un banco la custodia del
basso “Lo prenderò come un
complimento…” rispose, stando al gioco.
Mi lanciai sul mio solito banco,
saltellando, pieno di entusiasmo, persino in quella
posizione mentre li osservavo preparare gli strumenti. “Siete pronti?!?” domandai impaziente, inserendomi nel discorso.
“Oh, Gott!” ricominciò a scherzare Georg “Pure il cantante
iperattivo ci mancava! Quanti caffè hai bevuto stamattina…?!?”
Risi, continuando a dondolarmi “Neanche
uno!” risposi sorridendo “Sono così al naturale!” esclamai
poi con voce allegra.
Tom e Georg
sorrisero, prendendo i peltri.
“Muovetevi!!!” continuai
io, prima di ricominciare a ridere, contento.
Tlack.
La porta si aprì, Gustav entrò sorridendo. Gettò un’occhiata a Tom e Georg, notando che non
erano ancora pronti. Spostò lo sguardo su di me, io annui. Sorrise.
Lo seguii con lo sguardo mentre si
sedeva alla batteria e afferrava saldamente le bacchette.
“Ci siamo?!?”
esclamai ancora, continuando a saltellare.
Tom e Georg
annuirono, sorridendo rassegnati.
“Solo un secondo…” Gustav
parlò all’improvviso. Noi tre ci voltammo verso di lui, esterrefatti. “…Ho una
cosa per voi…” spiegò, estraendo un sacchetto di plastica da dietro la
batteria. “…Bill…”
Lo fissai, gli occhi sgranati, battendo
le mani. Un istante. Saltai giù dal banco, avvicinandomi per prendere il
sacchetto che mi tendeva, sorridendo.
“Danke!”
esclamai allegro, ancor prima di guardare il contenuto.
“Quello rosso è per te, Bill…” disse, mentre io Infilavo la mano ed estraevo un
aeroplano giocattolo. Sul fondo del sacchetto, altri tre, identici, ma di
colori diversi. Appoggiai il mio aeroplano sul tavolo, riprendendo il sacchetto
per distribuire gli altri.
“Quello blue per Tom…e
il verde per Georg…”
Mi avvicinai ai miei amici,
consegnandoli. Entrambi sorrisero come due bambini.
“Sei pronto alla grande sfida?!?” domandò subito Georg, gettando
un’occhiata complice a Tom.
“Ovvio…ma non
illuderti di riuscire a battermi…” concluse subito l’altro.
Sorrisi, riportando
l’ultimo aeroplano, quello nero, a Gustav, pronto con
un altro sacchetto in mano.
Lo aprii. Sul fondo, i telecomandi.
Dopo averne spiegato il significato,
mossi la mano come avevo imparato nel sogno. Subito i miei amici iniziarono a suonare. Chiusi
gli occhi, il sorriso sulle labbra.
Finito l’intervallo, Gustav
ci salutò, tornando in classe. Mi avvicinai alla finestra,
spalancandola poi mi sedetti imitando gli altri. Iniziammo a chiacchierare,
giocherellando con gli aeroplani, facendoli volare per la stanza.
“Del cioccolato, ragazzi?” domandò Tom, porgendo una tavoletta a Georg.
Il ragazzo dagli occhi verdi sorrise, prendendone un pezzo,
prima di richiudere la confezione e lanciarla a me.
Slanciandomi in avanti per afferrarla,
colpii involontariamente il telecomando che avevo appoggiato sul banco.
L’aeroplano volò fuori dalla finestra aperta.
“Neeeein!” mi
lamentai immediatamente, correndo alla finestra.
Arrampicandomi sul tavolo, osservai di
fuori.
“Si è rotto?” domandò Tom, spezzando un altro pezzo di cioccolato.
“Sembrerebbe di no! E’
atterrato su un cumulo di foglie nel bel mezzo del cortile…” risposi io,
saltando giù dal banco, correndo alla porta “Vado a riprenderlo, torno
subito!”
Correndo per i corridoi semivuoti, uscii
dal portone, raggiungendo il cortile. Smisi di correre, iniziando a camminare.
Non sapendo di preciso dove fosse caduto, non volevo
rischiare di non trovarlo per sbaglio.
Voltai l’angolo. Lo vidi.
Schlange alzò lo sguardo su di
me. Sorrise maligno. Il mio aeroplano in mano. Rise.
“E’ tuo non è vero, carina?!?”
Deglutii, immobile.
Osservando il
giocattolo, lui mosse un paio di passi verso di me.
“Non sai che dovresti giocare con le
bambole?!? I ragazzi potrebbero farsi delle strane idee su di te…”
Continuai ad ascoltarlo in silenzio, lo
sguardo fisso sull’aeroplano tra le sue mani.
“Forse…se lo distruggessi…avresti le
idee un po’ più chiare…” concluse, fermandosi ad un passo da me, il ghigno
riapparve sul suo volto.
Impallidii poi sentii il volto irrigidirsi, gli occhi incominciavano
a bruciarmi per le lacrime di rabbia.
“Dammi l’aereo…” mormorai, fissandolo in
volto.
Lui rise, schernendomi. “Lo vuoi,
carina?!? Perché non te lo prendi allora…?!? In fondo
ti faccio solo un favore…” disse, sollevandolo in aria, fuori
dalla mia portata “Una volta rotto, non avrai più dubbi sulla tua
femminilità e potrai ricominciare a portare quelle belle gonnelline di pizzo
che ti metteva la mamma quando eri piccola…”
Deglutii. Le mani mi pulsavano. Presi un
bel respiro, cercando di restare calmo.
“Stai zitto…” sibilai tra i denti.
“Che c’è,
carina?!? La verità fa male?!?” domandò, sporgendosi
un secondo in avanti, cercando di afferrarmi il mento con una mano. Di riflesso, lo colpii, evitando che ci riuscisse. I suoi
occhi si strinsero.
“Le brave bambine non si comportano
così…” ricominciò a schernirmi lui, giocherellando con il mio aereo “Avrai
difficoltà a trovare marito, se non cambi atteggiamento e tua
mamma piangerà perché non potrà vedere la sua
bambina con l’abito bianco…”
“Piantala di
dire scemenze!” sbottai io, perdendo il controllo.
Rise. “E’ inutile che rispondi
così…tanto, qualsiasi cosa tu dica, si vede lontano un miglio che sei una bambina…Una bella bambina che, credendosi già grande,
ruba il trucco alla sua mamma…”
Tremai, le lacrime
tornarono ad
irritarmi gli occhi. Deglutii, cercando di ricacciarle indietro.
“Bruder!”
All’improvviso, la voce di Tom alle mie spalle.
Schlange spostò lo sguardo da me, un secondo,
curioso. Senza pensare, scattai in avanti, pestandogli con forza un piede. Lui
urlò ed io ne approfittai per strappargli l’aeroplano
di mano. Mi allontanai di qualche passo. Deglutii.
“Ragazzina stupida…” borbottò Schlange, piegandosi sul piede dolorante.
“Brud..”
Tom, svoltando l’angolo, vedendoci,
interruppe la parola a metà.
L’aereo in mano, tremavo, per la rabbia.
Vidi Schlange osservare oltre le mie spalle. Il
silenzio cadde per alcuni attimi. Nessuno si mosse.
“Resti sempre e comunque
una bambina…” abbaiò il bullo, una volta resosi conto di essere in minoranza,
determinato a ferirmi, per prendersi la rivincita “Una bambina sola…che piange
nel bagno delle ragazze, senza che nessuno si prenda cura di lei...”
Rabbrividii.
“Bastardo io ti…”
Mossi un braccio, Tom,
alle mie spalle si interruppe. Presi un bel respiro.
“Sai cosa ti dico?” iniziai con voce
ferma “…Non me ne frega niente di quello che pensi perché tu…tu..Tu non
sei nessuno!” gli urlai in faccia, fuori di me, trattenendo a stento le lacrime
“Tu per me, non sei nessuno! La tua opinione non conta!” poi, indicando con la
mano nella direzione di Tom continuai “La loro conta,
non la tua!”
Tom si avvicinò, appoggiandomi una mano
sulla spalla. Lo guardai, gli occhi lucidi. Mi sorrise un istante poi spostò lo sguardo su Schlange,
guardandolo con disgusto.
“Andiamo…Georg
ci aspetta…” mi disse il mio amico, prima di voltarmi deciso.
“Ragazzina sola…” mormorò ancora la voce
del bullo, mentre ci allontanavamo. Gettai un’occhiata a Tom,
anche lui strinse i pugni.
Mi voltai verso Schlange
un’ultima volta “Va’ al diavolo…” conclusi.
Mentre tornavamo sui nostri passi, io e Tom non udimmo più nulla finché,
una volta rientrati nell’aula di musica, stringendo l’aereo rosso, io non
iniziai a singhiozzare, sollevato, libero da un grosso peso.
Continua…