Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: kiara_star    05/06/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap27
L' ultima lacrima



XXVII.





«Per invertire il processo di scissione occorre la medesima energia con cui esso è stato creato.»
Sigyn guardò le sue labbra muoversi, i suoi occhi guardarla con distacco e cercò di concentrarsi su ciò che Loki le stava dicendo e non su quello che invece le stava tacendo, eppure quel tacere era assordante.
«Cosa significa?» chiese tenendo la voce più ferma possibile.
Le sorrise, freddo.
«C'è bisogno di una triade mistica per riunire le tre essenze. Io non sono nella condizione di essere uno dei vertici, per cui Odino dovrà procurarsi tre fulcri di energia abbastanza forti da equilibrare ognuno il seiðr degli altri due.» Annuì ancora, silente, aspettando che continuasse. «Il rito è alquanto complesso ma basterà recuperare il grimorio a cui ho accennato giorni fa. Non credo sia un problema che il Padre degli Dèi non possa risolvere.» Loki mise in fila ogni parola come fosse la perla di una collana, perfetta e priva di difetti. Nessuna frattura nella sua voce, nessun'incertezza nel suo tono.
Sigyn ancora si stupiva della sua capacità di chiudere in un cassetto le sue emozioni. Lei faceva fatica anche solo a guardarlo, faceva fatica a guardare i suoi occhi sapendo che gli aveva chiesto forse il sacrificio più grande che avesse mai potuto compiere. E lo aveva anche accusato di non essere in grado di amare...
«Per attivare il rituale sarà comunque necessario che Styrkárr sia qui, in quanto l'energia verrà canalizzata ai piedi di Yggdrasill. In questo modo la triade avrà il potere necessario per spezzare il vincolo che lo lega a Mjolnir.»
«E poi?» chiese con un fiato debole. «Cosa accadrà?»
Loki la guardò a lungo apparentemente privo di un qualsiasi riflesso emotivo, eppure Sigyn era ben consapevole di ciò che stava ardendo nel suo cuore.
«Nel momento in cui il vincolo sarà infranto, Styrkárr perderà temporaneamente la facoltà di servirsi del martello e a quel punto basterà riporlo nelle mani di Thor per riunire le due essenze e contemporaneamente richiamare la terza.»
Sigyn si ritrovò a guardare per l'ennesima volta le sue mani.
Ti lascerò andare per sempre.
Sigyn sarebbe andata via per sempre.
Perché faceva male? Perché sentiva quel vortice corrosivo allo stomaco?
Era ciò che aveva voluto dall'inizio: tornare ad essere Thor. Eppure adesso, tutto sembrava divenire ridicolmente senza importanza.
«Ad ogni modo ho bisogno di discutere i dettagli con Freyja.» Loki recuperò la sua attenzione. «Affrontare il discorso con te sarebbe inutile. Senza offesa.» Ancora un sorriso glaciale e lontano.
Ma cosa si aspettava da lui?
Aveva calpestato i suoi sentimenti ancora una volta, coscientemente. Era stata egoista ancora e ancora, e si odiava per questo.
«Dubito che Freyja accetti di scendere nuovamente nelle prigioni» ragionò a voce alta, cercando di non annegare nella sua colpa sotto i suoi occhi. Loki continuava a guardarla con quel sorriso, con le braccia intrecciate dietro la schiena e i capelli neri che gli circondavano confusi il viso. Indossava ancora gli abiti con cui avevano lasciato Midgard, indossava ancora la sua maglia chiara che lei aveva fatto scivolare via dal suo corpo quella notte.
Si sentì in difetto nelle sue vesti da guerriera, dal momento che non si addicevano a una codarda come lei. Non a qualcuno che aveva volutamente chiuso la persona più importante fuori dal suo cuore.
«Chiederò a nostro-» Si morse la lingua e poi riprese la parola notando la luce che aveva attraversato le sue iridi verdi. «Odino accetterà di farti uscire dalla tua cella il tempo necessario affinché si compia il piano.»
«Forse è meglio che mandi Frigga a parlare con lui. Non credo che i tuoi occhi di cielo abbiano su di lui lo stesso potere persuasivo che hanno su altri.» Quella stilettata la colpì in pieno e si ritrovò a bagnarsi le labbra a disagio.
«Loki... io-»
«Raccomandagli di affrettarsi con le manovre militari. Styrkárr non tarderà a fare la sua mossa.»
Loki spezzò il suo discorso sul nascere e con esso ogni altro intento che lei avesse avuto di riprender parola.
Sigyn annuì soltanto e si allontanò di qualche passo.
«Grazie.» Non aspettò nulla, né uno sguardo, né un nuovo sorriso d'argento.
Voltò le spalle alla cella e prese il passo per le scale.
Ogni volta che lo stivale colpiva il pavimento, lo sentiva battere nelle tempie, battere nel cuore. Poi il cuore prese a battere due volte più veloce e quando voltò l'angolo, diretta alle scale, si fermò poggiando le spalle contro la pietra.
Premette un palmo contro la bocca e chiuse gli occhi.
Perdonami...
Celò ogni singhiozzo, ogni urlo, mentre le lacrime bagnavano mute il suo viso offuscandole la vista.
Eppure il viso di Loki era nitido nei suoi occhi, la sua delusione, la sua sofferenza, la sua sconfitta.
Perdonami.
Ingoiò silente quel pianto di vergogna che non avrebbe mai avuto realmente fine.



*



Frigga aveva notato i suoi occhi cerchiati di rosso, le maniche della casacca umide e le gote arrossate. Ma non aveva detto nulla.
Quando si chiuse la porta alle sue spalle e la raggiunse, Frigga non mostrò quanto male le facesse vedere il dolore che governava il cuore di suo figlio.
«Lo farà.» Udì soltanto dalle sue labbra.
Mi dispiace... avrebbe voluto dire, ma tacque. Spesso il silenzio era un abbraccio più giusto dell'ennesima parola vuota.



*



Odino non apprezzava per nulla la richiesta che gli aveva pocanzi fatto sua moglie. Far uscire Loki dalla sua cella era apparentemente un semplice atto di clemenza spoglio di pericolo, dal momento che era privato della sua magia, ma altresì dimostrava un assecondare i suoi voleri che Odino non poteva approvare.
E aveva infine acconsentito solo per benevolenza verso Freyja, dacché doveva in parte a lei la sola svolta che era finalmente giunta.
Frigga gli aveva detto della seconda visita che aveva poi convinto definitivamente il loro secondogenito, ma Odino non aveva voluto udire in realtà nulla che riguardasse quei due.
Non più.
Ciò che contava era porre rimedio ai loro errori quanto prima e ristabilire la pace e l'equilibrio sia di Asgard che di Vanaheim. Avrebbe dovuto tenere fuori dalle sue riflessioni tutte le altre questioni e, fra di esse, Thor era la più coriacea. No, Odino non aveva intenzione né tempo per dedicare un solo pensiero a quel figlio da cui si era sentito tradito così vigliaccamente, nel più spregevole dei modi.
L'esercito era pronto, i generali informati su ogni strategia di cui servirsi in previsione dei più svariati scenari che quel folle di Styrkárr avesse avuto intenzione di attuare.
Nella Sala del Consiglio, la sola compagnia con cui dividere l'attesa era quella della regina di Vanaheim, vestita di silenzio e pensieri. Attraverso il loro muto parlare, si era chiesto più volte quanto realmente ci fosse spazio per fidarsi delle parole e delle azioni di Loki. Troppe volte si era dimostrato un giocatore sleale e privo di affidabilità. Era un rischio mettere il destino di Asgard nelle sue mani, mettere la vita di ogni singolo asgardiano.
Lo avrebbe ucciso di proprio pugno. Non avrebbe accettato e lasciato impunito un altro tradimento, a costo di commettere il più cruento dei delitti, avrebbe stretto le mani attorno al collo di quel figlio scelto e  amato, e avrebbe tenuto la presa fino a rubargli l'ultimo respiro.
«I Sapienti stanno giungendo or ora da Vanaheim.» Freyja infranse quel silenzio. «Ho comandato di recarsi qui ad Asgard rapidamente. La loro magia sarà fondamentale per poter affrontare ogni genere di esercito l'Incantatrice abbia intenzione di evocare.[1]»
«I soldati dell'esercito asgardiano sono addestrati contro qualsiasi nemico, di qualunque natura.» Precisò il re. «Non voglio che tu scopra un fianco del tuo regno per un'eccessiva apprensione.»
Freyja sorrise. «Vanaheim è già ben difesa. E se ciò che tuo figlio ha riportato è vero, Styrkárr darà via al suo piano da Asgard. Fermarlo qui sarà solo un vantaggio. Convieni?»
Odino assentì e prese un profondo respiro.
«Solo se ritenessimo verità le parole di Loki...»
«Oh, lo sono, non dubitare.»
Non volle approfondire quel discorso conscio di come esso si sarebbe evoluto, e qualsiasi fosse la ragione per cui Loki era disposto a mettere da parte i suoi rancori e la sua cieca rabbia, Odino decise che non lo riguardava. Non voleva che lo riguardasse.
«Ho dato ordine alle guardia di condurlo qui. Soddisfa ogni tua domanda in questo incontro, Freyja, perché non ve ne sarà un altro.»
La regina Vanr accettò la sua offerta con un cenno del capo e fu nuovo silenzio.
I secondi corsero densi come gocce di melassa acida, finché le porte della Sala del Consiglio non si aprirono, ma non fu la sua guardia con Loki a seguito a farvi ingresso ma sua moglie. E non era sola.
Come scorse quel viso, Odino sentì il sangue scorrere come veleno nelle sue vene.
«Cosa ci fa qui?» chiese con durezza a Frigga evitando perfino di guardare il viso della donna al suo fianco.
«Mi hai concesso libertà di agire come ritenevo giusto, e ritengo giusto che ci sia la presenza di tutti. Siamo giunti al termine di questo delirio, metti da parte la tua rabbia, non ne è più tempo.»
Odino strinse con forza Gungnir e fece battere a terra l'asta.
Frigga tacque ma lo guardò con rimprovero. Freyja scelse sapientemente il distacco verbale in quel nuovo scontro.
Sebbene lo ferisse, non poté non incrociare quegli occhi azzurri e leggervi dentro una richiesta di tregua, una richiesta che il Padre degli Dèi non poteva accettare.
«Esci immediatamente da questa sala» comandò severo e vide la sua gola sussultare. Teneva la testa alta e il portamento di un guerriero che quel corpo femminile non aveva per nulla svilito, e Odino sentì la rabbia crescere con più forza.
«Padre, se posso-»
«Fuori da questa sala! All'istante! Prima che ti rimetta in una cella e stavolta mi assicuri che tu non vi esca per nessuna ragione.»
«Odino, per favore.»
Il re donò un'occhiata glaciale alla sua sposa.
«Da quando gli ordini di un re devono essere ripetuti due volte? Tanto profonda è la vostra mancanza di rispetto? » scandì con voce dura, con un tono che provocò una smorfia di sofferenza sul bel viso di Frigga. Ma prima che potesse far nuovamente appello al suo cuore di padre, fu lei a parlare.
«Come desideri. Non intendo offenderti ulteriormente.»
Odino vide le sue spalle e i suoi capelli dorati troppo lunghi. Vide la porta che si apriva e poi si richiudeva. Vide lo sguardo deluso con cui Frigga lo guardava.



*



Le guardie erano giunte in un numero superiore a quello che si aspettava. Erano dieci, tutte armate di lancia. Fra di esse non vi era nessuno dei quattro soldati che lo avevano prelevato su Midgard; Odino non doveva aver approvato il loro gesto nei confronti di Frigga, il loro esserle fedele stavolta sarebbe costato più della loro lingua.
Se avesse avuto ancora qualche sentimento in fondo al cuore fra la melma di risentimento, forse avrebbe trovato compassione per loro. In realtà cos'erano se non solo poveri schiavi volontari?
Li vide raggiungere la sua cella e far svanire la barriera di seiðr che la sigillava. Porse i polsi prima che gli fosse chiesto e guardò con un sorriso le catene che gli vennero avvolte attorno.
Li seguì con passo deciso, lasciandosi alle spalle la sua cella e i suoi vecchi abiti terresti, avendo scelto di indossare le vesti che gli erano state offerte la prima volta. Aveva lasciato alle spalle i dubbi e le incertezze, aveva lasciato indietro il suo cuore e ogni sentimento che vi era vissuto fino al momento in cui Sigyn aveva sospirato quel .
Attraversò a viso alto i lunghi corridoi, sentendo a malapena il risuonare delle catene e lo strusciare della sua veste.
Neanche stavolta erano diretti alla Sala del Trono. Dalla svolta che avevano preso, era facile intuire che quel incontro si sarebbe tenuto nella Sala del Consiglio, dove vi era una sola via di ingresso e di uscita. Nessuna finestra, nessuna balconata. Le mura stesse erano attraversate da una potente stringa di seiðr che impediva di carpire anche una sola parola che vi venisse pronunciata al suo interno.
Di tutte le stanze del palazzo era la più sicura, la più impenetrabile.
Nessun orecchio sarebbe giunto a rubare alcun segreto, nessun occhio avrebbe mai potuto scorgere neanche un barlume, forse neanche Heimdall stesso.
Sorrise.
Odino era sempre stato un ottimo stratega, un ottimo generale di guerra, in verità anche un buon re.
Come padre, poi...
Si costrinse a tenere sulle labbra quel sorriso anche quando vide Sigyn in piedi, poggiata contro la parete, con le braccia incrociate sul petto.
Un'espressione buia nei suoi occhi.
Decise che non vi avrebbe dato importanza.
Le guardie arrestarono il passo e picchiarono sulla porta con tre tocchi decisi a intervalli regolari. Loki continuò a guardare quell'ombra sul viso di chi aveva dato una ragione alla sua esistenza e ne aveva anche decretato la fine.
«Tesoro, non sei stata invitata a questo simpatico rendez-vous?» Le chiese mostrandole il più sottile dei suoi sorrisi.
Sigyn guardò le sue labbra piegarsi e poi i suoi occhi, e non rispose.
La porta si aprì e Loki sentì il suo sguardo seguirlo finché non si chiuse alle sue spalle.



*



Aveva chiesto a sua madre di partecipare all'incontro e subito aveva ricevuto da lei la risposta di quanto fosse pessima quell'idea.
Aveva insistito, Sigyn l'aveva pregata affinché potesse essere presente. Voleva guardare gli occhi di suo padre senza abbassare lo sguardo, voleva guardare quelli di Freyja e lasciare che i suoi parlassero di gratitudine. Voleva guardare quelli di Loki ed essere in grado di celargli quanto ciò che gli aveva chiesto di fare la stesse in verità torturando.
Ma l'ira di suo padre era stata più forte, il suo disgusto lo era stato, la codardia di Sigyn era stata più forte e così aveva dovuto per l'ennesima volta chinare il capo.
Sospirò guardando la porta di legno che si era chiusa da qualche minuto dietro i passi di Loki. Le guardie erano uscite e si erano allineate lungo il corridoio. Nessuna levò uno sguardo su di lei, nessuna riteneva interessante né importante la sua presenza. Forse perché ignoravano la verità, più semplicemente perché era ciò che era: una donna inutile per tutti.
Doveva solo restare in disparte a guardare, doveva solo aspettare di ritornare a vestire la sua vecchia pelle e illudersi di vestire il suo vecchio cuore.
Quello che batteva nel suo petto, adesso, aveva un palpito diverso.



*



Odino lo guardò a lungo, in silenzio, senza neanche curarsi di nascondere il proprio disprezzo. Loki non provò neanche più rabbia nel suo sguardo.
«Tutto qui?» chiese poi il Padre degli Dèi.
Frigga non osò dire nulla, Freyja invece parve riflettere sulle parole che aveva pronunciato poco prima.
«Non basterà infrangere il legame. Bisognerà che la triade distrugga la sfera di Sálþjófr[2] con cui l'anima di Styrkárr si fonde con quella del Tonante,» disse a quel punto la regina Vanr.
Loki assentì.
Odino guardò Freyja evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.
«Chi comporrà la triade?» chiese il Padre degli Dèi.
«Io posso essere un vertice e, se posso permettermi, sarebbe saggio tu fossi il secondo cardine» propose Freyja.
«D'accordo. Ne manca comunque un terzo» osservò ancora Odino. «Fra i tuoi Sapienti ci sarà qualcuno che potrà completare -»
«Lo farò io.»
Loki guardò il viso deciso di sua madre e così fece Odino.
«È pericoloso, Frigga. Non metterò a rischio la tua vita» affermò poi il Padre degli Dèi, e Loki avrebbe voluto far salire in alto una risata stridula. L'aveva ferita e torturata in ogni momento da quando erano giunti ad Asgard, non riusciva neanche a chiedersi cosa avesse potuto dirle prima del loro arrivo. Odino aveva usato su Frigga la stessa violenza che aveva destinato a lui e Thor, con l'unica differenza che Frigga non aveva alcuna parte in quel dramma illecito che avevano consumato.
«Non ci sarà alcuna vita in rischio. So ciò che faccio e mi aspetto che tu riponga fiducia nelle qualità di tua moglie. Così farò, e che non si indugi oltre sulla mia decisione.»
Un piccolo sorriso orgoglioso fiorì sul viso di Loki all'udire la replica di sua madre. Se Odino lo avesse notato o meno non aveva importanza. Si limitò a tacere, il Grande Padre, si limitò a dover chinare il capo di fronte all'irremovibilità della sua regina.
«Così sia. Non resta che recuperare il grimorio che fu di mio padre, quindi.»
Era facile intuire che Odino non aveva alcuna volontà di continuare quell'incontro e che non aspettasse altro che gettarlo nuovamente nella sua cella, magari con la speranza di dimenticarsene.
Loki però non era dello stesso parere.
«In verità c'è ancora un aspetto da sistemare» affermò deciso a chiudere con grandezza la sua recita.
Odino lo guardò con distacco.
«Di che parli adesso?» gli chiese poi, senza nascondergli la sua disapprovazione.
Loki sospiro e si umettò le labbra.
«Mi sorprende che proprio tu non abbia trovato la falla così evidente in questo brillante piano.» Sfidò la sua pazienza e la sua calma ma sembrò che Odino non volesse concedergli vittorie. Forse era per la presenza di Freyja, più probabilmente per quella di Frigga.
«Parla.» Lo invitò poi e Loki lo accontentò.
«La Ladra di Anime non potrà essere distrutta finché l'anima di Thor non tornerà al legittimò proprietario, il che vuol dire che la triade dovrà tenere attivo il rituale finché Mjolnir non giungerà nelle mani del tuo erede, così che la scissione possa essere invertita.» Loki osservò il viso di Odino e capì che aveva compreso cosa volesse dire.
«Thor è sotto il giogo di quella donna quindi non potrà ritrovare da sé la sua arma.» Anche Frigga aveva avuto chiara la situazione così Loki poté terminare la sua esposizione dei fatti senza più pause.
«Parliamo della più semplice delle azioni: recuperare Mjolnir e porlo materialmente nelle mani di tuo figlio. Ma se sarai impegnato nel rito ai piedi di Yggdrasill non ti sarà concesso compierla.» Si rivolse direttamente a Odino e quasi gioì nello scorgere la preoccupazione appesantire ancora di più il suo viso.
«Lei...» propose con evidente spiacere il re. «Lei può farlo.»
Si aspettava quel suggerimento, si aspettava quel disgusto nella sua voce, non si aspettava che gli facesse ancora rabbia, non dopo ciò che aveva scelto di fare, non dopo essersi ripromesso di chiuderla per sempre fuori dal suo cuore.
«Desolato, ma Sigyn non può sollevare Mjolnir.» Usò volutamente quel nome, usò volutamente quel tono, usò volutamente quel sorriso mentre pronunciava ogni parola. «Oh, potrei spiegarti nei dettagli il perché, ma penso che tu ne abbia avuto un'ampia visione in quel di Midgard...»
«Ti cucirò quella bocca, un giorno o l'altro.» La minaccia infine giunse, sottile e affilata, ma Loki l'accolse con l'ennesima maschera di distacco e indifferenza.
Cuci pure le mie labbra, non potrai mai far tacere il mio disprezzo, padre.
 


*



Sigyn vide la porta finalmente aprirsi e attese che le guardie rientrassero per condurre Loki fuori, ma ciò che accadde fu diverso: fu sua madre a uscire ea ad avvicinarsi a lei chiedendole di rientrare.
Aggrottò la fronte lasciando che lo sguardo parlasse della sua incertezza.
«Tuo padre vuole parlarti.»
A quelle parole sentì la gola tremare e schiuse le labbra per acquistare più aria. Sentì la mano di Frigga sfiorare il suo braccio con fare materno, per trasmetterle una rassicurazione che era lontana da intravedere.
Tacitò comunque ogni inquietudine e mise piede nella sala, sotto lo sguardo di Odino e quello di Freyja.
Loki era in piedi al centro della stanza, le catene che gli legavano i polsi erano state assicurate alle colonne che si ergevano possenti. Quasi fosse un animale dissennato pronto ad attaccare, e benché l'espressione che sfoggiava era di pura sicurezza, Sigyn sapeva quanto in verità fosse diversa la realtà.
Scostò lo sguardo dal suo per portarlo in quello di suo padre.
Cercò inutilmente di governare il suo cuore. Odino le aveva ormai riservato le parole più deplorevoli che fosse in grado di ascoltare. L'aveva colpita e umiliata, le aveva mostrato quanto forte fosse il suo sdegno con ogni mezzo, eppure Sigyn temeva ancora ogni suo gesto.
Chinò il capo con riverenza e poi lo rialzò attendendo qualsiasi sorte gli fosse riservata.
«Mjolnir ti fu destinato perché ne eri degno.» Odino le dedicò ancora gelo ma c'era una sottile malinconia nella sua voce. «Ciò non vuol dire che tu fossi l'unico.»
Non comprese ancora il suo discorso perché c'era troppa agitazione nei suoi pensieri, c'era un tumulto emotivo che impediva al raziocinio di governare la sua mente.
«Sì, padre,» disse soltanto e quasi si pentì immediatamente di quelle due brevi parole.  Il Padre degli Dèi però non mostrò intento di rimproverarla, non mostrò in vero alcun evidente emozione. La guardava dritta negli occhi, algido e regale, e Sigyn combatté l'istinto di distogliere lo sguardo.
«Se vogliamo porre fine alla minaccia di quel Vanr c'è necessità di ritrovare un altro essere meritevole della magnificenza e della protezione dell'astro reso arma.»
Fu ancora più confusa e fu quasi involontario cercare lo sguardo di Loki. Ma sapeva bene non avrebbe avuto da lui più alcun aiuto, più alcuna mano tesa. Non adesso.
Quando quella verità colpì crudele il suo cuore tornò con gli occhi al viso di Odino.
«Non capisco cosa-»
«Facciamola breve.» Fu invece Loki a interromperla con tono annoiato. «C'è bisogno di qualcuno che concretamente recuperi Mjolnir quando il rito impedirà a Styrkárr di sollevarlo.»
«Ma... per quale motivo? Padre-»
«Quanto sei cocciuta,» sospirò ancora infastidito Loki. «Non fare domande, spremi le meningi e tira fuori un nome.»
«Io non ho idea di chi altri possa governarlo!» La risposta nacque più acida del previsto, ma era stato impossibile non lasciarsi pungere dalla sua sufficienza.
«Andiamo, hai incontrato i più valorosi guerrieri dei Nove Regni e vuoi farmi credere che nessuno di essi può essere considerato degno almeno quanto Thor?!... Quanta arroganza...» Adesso c'era un sorriso irriverente sul suo viso, una scintilla di malizia nei suoi occhi.
Sigyn fu costretta a combattere l'istinto di afferrarlo per il bavero e scuoterlo.
«È l'unico modo per avere successo.» La voce di sua madre giunse ad acquietare almeno un po' la sua reazione. Sigyn osservò il suo viso e calmò il suo impeto, calmò i suoi pensieri e cercò semplicemente di riflettere.
Ripensò al discorso di Loki, al suo piano. Non capiva in verità il perché di quella necessità. Odino poteva recuperare Mjolnir senza problemi, ma se era giunto a mettere da parte la sua collera per farle quella richiesta, voleva dire che davvero era importante.
Non chiese nulla, quindi, rimase silente a far scorrere la sua mente.
Qualcuno degno, qualcuno in cui riporre la sua fiducia e quella del suo regno. Se avesse voluto essere davvero oggettiva, avrebbe dovuto ammettere che dopotutto Thor non era mai stato così degno di un'arma come Mjolnir e paradossalmente l'amore che aveva diviso con Loki era l'ultima delle ragioni. Thor era stato crudele, spietato, perfino malvagio per un lungo periodo della sua esistenza. Stupido e infantile, aveva giocato con la vita come se ne fosse il padrone, aveva giocato con la paura e con i sentimenti.
E Mjolnir gli era rimasto fedele senza cedimenti.
Poi aveva compreso, almeno aveva creduto di comprendere. Midgard lo aveva cambiato, Jane lo aveva fatto. I suoi compagni lo avevano cambiato e reso migliore.
Se quindi doveva pensare a qualcuno meritevole di possedere il potere e la difesa della sua arma, non poteva che pensare a loro. E fra di essi un nome risuonava forte sopra tutti gli altri.
«Va bene, può essere un azzardo ma...» Guardò ancora il viso di sua madre e poi quello di Loki, infine voltò lo sguardo in quello di suo padre. «Se in tutti e Nove i Regni esiste qualcuno degno di Mjolnir...» Prese ancora un respiro e poi fece quel nome: «Costui è Steve Rogers.»





ஐஐ





«Etciù
Tony sollevò distrattamente lo sguardo su Steve che stava tirando su con il naso.
«Ti sei beccato un raffreddore, Cap?» chiese divertito mentre stringeva una vite con una piccola chiave inglese.
«Non ho più preso un raffreddore dal ‘43...» ribatté Steve sospirando e poggiandosi contro il tavolo del laboratorio. Fra le mani una palla da baseball che continuava a far saltare nel palmo.
«Allora qualcuno ti ha nominato» aggiunse ancora Tony neanche troppo coinvolto nel discorso.
Guardò con attenzione la sua opera e si passò il dorso della mano sulla fronte umida.
Era alquanto soddisfatto. Un sorriso si dipinse sul suo viso quando si voltò in direzione di Steve che però aveva lo sguardo perso sulla parete e continuava a far saltare ritmicamente - e fastidiosamente - la palla.
«Ha un ritardo?» chiese Tony a bruciapelo, recuperando la sua attenzione.
Steve sbatté le sue ciglia ridicolmente lunghe per un uomo e lo guardò confuso.
«Scusa?»
Tony gettò quindi la chiave sul tavolo facendola tintinnare e si sdraiò stancamente su una sedia.
«Ti stavo chiedendo se la tua ragazza avesse un ritardo perché hai la classica espressione di qualcuno che ha appena perso tutto in un investimento sbagliato di Wall Street, o che sta per diventare padre, ed escludendo che tu sappia anche solo cosa sia un indice borsa, ho ipotizzato fosse la seconda.»
Steve strinse la palla così forte nel palmo della mano da comprometterne per sempre la forma sferica.
«Nessun ritardo.» Quasi ringhiò e Tony alzò le mani per scusarsi.
«Era solo un'ipotesi» puntualizzò.
«A parte l'idea malsana di comparare un fallimento economico a un'esperienza meravigliosa come la paternità, non capisco come sia tu a poter essere così tranquillo.» Steve si avvicinò a un cestino e gettò la palla ormai inutilizzabile. Poi tornò a guardarlo e giudicarlo con i suoi occhi. «Non pensi di essere tu quello “strano”?»
«Mai preteso di non esserlo» affermò poi Tony dondolando leggermente sulla sedia. «Stranezza è solo un sinonimo di genialità.»
«O di pazzia...» evidenziò Steve e Tony sorrise.
«È quello che ho detto io.»
E il capitano preferì non continuare quel discorso, dedicandogli una significativa occhiata e un ancor più significativo movimento oscillatorio del capo che tradotto era più o meno: “ma che parlo a fare con te?!...”
Tony ghignò ancora e si alzò dalla sedia ammirando nuovamente la sua opera.
«Allora? Che te ne pare?» gli chiese giulivo. «Non è l'invenzione più stupefacente del secolo?»
Dovette aspettare la bellezza di ben sette secondi prima che Steve si schiodasse dal muro e mettesse da parte la sua faccia da Ti spiezzo in due, e lo raggiungesse.
Guardò verso il tavolo, incrociò le braccia sul petto e poi sospirò: «È una moka.»
La sua sterilità inventiva era avvilente.
«Non è una moka, è una Starkoffee 4.1 autoalimentata, capace di utilizzare ben cinque differenti capsule di miscela per creare una combinazione straordinaria.» Tony ammirò ancora il piccolo gioiello di meccanica su cui aveva trascorso la sua mattinata. «Neanche a Roma potresti bere un caffè dall'aroma simile...»
Quando si voltò nuovamente verso Steve con la sua espressione soddisfatta si scontrò con il suo fondo schiena che si avviava alle scale.
Tony sospirò e scosse il capo.
«Ma che parlo a fare con te?!...»



*



La voce di Pepper era come il vento che smuove le tende di primo mattino.
Fu questa la definizione che Linn si ritrovò a dare mentalmente quando la udì parlare la prima volta, quando quella bellissima donna, elegante come una regina, si era presentata e le aveva teso la mano con gentilezza.
Le aveva categoricamente proibito di chiamarla Lady, di chiamarla Virginia e di usare un solo gesto di cortesia obbligata.
Linn aveva accettato volentieri la sua richiesta.
Pepper stava parlando di qualcosa che riguardava un evento di Midgard, di qualcuno che non poteva conoscere che aveva sposato e poi lasciato qualcun altro.
Non aveva in verità grande importanza cosa stesse dicendo, perché tutto era preferibile al silenzio che sarebbe di certo sceso nella stanza se ci fossero state solo lei e Lady Jane.
Steve era tornato a casa quel giorno, senza ferite evidenti, ma con una profonda ferita nello spirito.
Le aveva raccontato cosa fosse successo, “chi” avesse deciso di attaccare vigliaccamente le genti di un piccolo villaggio della Terra.
Linn aveva fatto fatica a credere, aveva fatto fatica a non scivolare nella tristezza e nella paura, aveva fatto fatica a non coprirsi le orecchie e chiudere gli occhi e fingere che tutto ciò che stava accadendo fosse solo un brutto sogno.
Era passata una manciata di giorni, eppure l'inquietudine negli occhi di Steve sembrava solo essersi sfumata e trasformata in preoccupazione.
Un cattivo presagio era in arrivo. Quella quiete che ne era seguita, era solo il preludio di qualcosa di terribile.
Linn cercò di non farsi vincere da quella sensazione, ma era difficile.
Era perfino tornata da Tony, alla sua maestosa torre, perché Steve aveva detto che lì sarebbe stata più al sicuro. Aveva così conosciuto Pepper e rivisto la midgardiana amata dal suo principe, e aveva visto la rabbia e il dolore nel fondo del suo sguardo nocciola.
Perché adesso lei sapeva, e quel sapere aveva ora reso Linn una colpevole ai suoi occhi.
Linn non aveva avuto il coraggio di dirle nulla, Jane non aveva avuto coraggio di farle domande.
Era tutto un equilibrio precario, una lastra di ghiaccio così sottile che presto si sarebbe frantumata, chi avrebbe mosso il passo fatale, ancora non era possibile capirlo.





ஐஐ





«Tu non hai la certezza che questo umano possa farlo?»
Non era una domanda, era un affermazione e così Sigyn si ritrovò a deglutire sotto il tono aspro di Odino.
Cercò di non abbassare lo sguardo ma era un'impresa ostica.
«Steve non ha mai neanche tentato di sollevarlo e questa è la dimostrazione che può riuscirci» disse ma suo padre scosse il capo alquanto deluso dalla sua spiegazione.
Sigyn credeva in ciò che diceva, credeva in Steve ed era certa che lui avrebbe potuto governare Mjolnir come se non più degnamente di Thor stesso.
«Il rispetto che Steve ha sempre dimostrato per Mjolnir sarà la chiave attraverso cui ella gli permetterà di impugnarla. È un uomo giusto e valoroso. Il più valoroso che conosca.»
«C'è in gioco la sicurezza e l'esistenza stessa di più di un regno e io dovrei affidarmi alle tue convinzioni dettate da stolti sentimenti di amicizia?!» ringhiò Odino contrariato.
Era una follia, eppure Sigyn gli fu grata di quella dimostrazione di scetticismo: in qualche modo sembrava che Odino lo trattasse ancora come suo figlio, quel figlio ingenuo e stolto che faceva domande sciocche e non sembrava possedere mai l'acume indispensabile a un guerriero. Perché Thor era istinto e azione, Thor era sangue caldo e zero riflessioni, e Odino aveva provato con più di un mezzo a mettere un po' di buon senso nella sua testa.
Per pochi frammenti di respiro, Sigyn si risentì di nuovo Thor, e Odino era di nuovo suo padre.
«Mi hai chiesto un nome e io ho dato l'unico che conosca, e chiunque abbia avuto occasione di incontrare Steve Rogers sa che è la scelta migliore se non la sola.»
Uno sguardo volò involontariamente alla sua sinistra, verso il viso di Loki. Non vi trovò che un sorriso sbilenco e nessuna parola che l'appoggiasse.
Non la pretendeva, forse però l'aveva sperata.
«Non è la mia amicizia a parlare ma la semplice obiettività. Su Midgard il coraggio e il valore di Steve non è storia conosciuta da ogni popolo per diletto, ma perché è la semplice realtà.»
Il silenzio che scese nella sala sembrò durare un'eternità, prima che Odino lo frantumasse con un sospiro spazientito.
«Portatemi il mortale. Voglio parlare con lui e poi decidere se sia o meno una scelta stupida come il suo sostenitore.»
Non aveva il suono di una vittoria, anzi, eppure Sigyn sorrise e distese il viso in un'espressione grata. Abbassò il capo e si portò il pugno all'altezza del cuore. Un gesto antico, dovuto, ma in quel momento desiderato come non mai.
«Grazie, padre.»
Quando alzò lo sguardo, Odino non rifletteva nessuno dei suoi sentimenti.
«Torna nelle tue stanze e restaci stavolta.» Le comandò con gelo.
Non fu il suo distacco quanto le sue parole a confonderla.
Abbassò il polso e aggrottò la fronte.
«Pensavo che avrei raggiunto io la Terra per-»
«Non dire altre assurdità!» la interruppe suo padre. «Finché non sarà ristabilita pace e sicurezza, il tuo posto sarà in questo palazzo, lontano da un qualsiasi sguardo che possa cogliere la vergogna che traspare dal tuo viso.»
L'ennesima frustata, l'ennesimo schiaffo, l‘ennesima crepa nel petto.
Sua madre non giunse in suo soccorso stavolta. Restò un passo indietro, silente. Restò al fianco di Freyja, regina dagli occhi neri e da una storia che in qualche modo poteva rispecchiare la loro ma che era stata vissuta in un tempo lontano, in un luogo diverso, con una coscienza differente.
E poi c'era Loki, che l'osservava come non l'avesse mai tenuta stretta, come se non l'avesse mai voluta e desiderata, come non l'avesse mai amata: come un'estranea, con un'indifferenza che solo Odino pareva eguagliare. E Sigyn capì che aveva perduto per sempre anche l'ultimo riflesso di suo fratello.
Ma non aveva perduto se stessa, non aveva perduto la sua anima, anche se era lontana.
Non aveva perduto il suo cuore, che batteva forte nel petto, che le fece irrorare di sangue le guance e stringere con rabbia i pugni: il cuore di Thor.



*



«Non intendo restare in disparte a guardare!»
Loki la guardò incendiarsi, la guardò tremare e serrare i denti come una fiera affamata e furiosa.
Guardò Odino che l'osservava con rimprovero da pochi passi, guardò sua madre che mordeva parole e ingoiava sospiri. Guardò Freyja che piegò impercettibilmente gli angoli delle labbra.
Poi guardò ancora lei, la Sigyn che non avrebbe più potuto chiamare sua, e capì perché l'amava, perché pur volendo non avrebbe mai smesso di farlo, perché quell'amore sarebbe stato la causa della sua rovina.
«Non ti permetto di obiettare a un mio diretto comando!» tuonò Odino.
Sigyn fece un passo in avanti stringendo il pugno come se ancora impugnasse la sua arma leggendaria.
«E io non ti permetterò di lasciarmi fuori da tutto come se la cosa non mi riguardasse» affermò poi senza cedimenti, fissando e sfidando Odino e la sua regalità, la sua pazienza. «Non ti chiedo di mettere da parte il tuo giudizio, padre, ma di lasciarlo al tempo che seguirà questa guerra. Non mi sottrarrò al castigo a cui deciderai di destinarmi, lo sai bene, ma voglio lottare in nome di Asgard! Voglio riprendermi ciò che mi è stato portato via, fosse anche a costo della vita! Se sarà fato che muoia così sia, ma lo farò lottando, sul campo, e non nascondendomi in una stanza dorata solo per fare un favore al tuo orgoglio ferito.»
«Non è al mio orgoglio che faresti un favore, ma al tuo, ammesso che te ne sia rimasto anche solo una briciola.» La replica di Odino fu tagliente e pesante come un macigno eppure non la schiacciò.
Loki non le vide chinare il capo come accaduto nella Sala del Trono, non la vide piegarsi sotto lo sguardo del Padre degli Dèi. La vide alzare di più il viso, respirare con più affanno, sfidarlo con più determinazione.
La vide forte come un principe di Asgard, luminoso e accecante come il sole che era sempre stato.
E fece più male.
La maschera rischiò di incrinarsi, di mostrare i suoi veri sentimenti e a quel punto non ci sarebbe stato più appiglio dove affondare le unghie per restare in piedi.
«Ho ancora orgoglio e dignità, e morirò possedendo entrambi nella medesima entità. Così come mi è sempre stato insegnato.»
Odino sorrise, ed era una beffa, era un modo per deridere la sua convinzione, oppure un involontario gesto di un padre orgoglioso...
Loki non si porse quella domanda, non gli interessava neanche avere una risposta.
«Conserva pure le tue certezze, ciò non cambierà il mio ordine. Resterai nelle tue camere finché non avrò disposto diversamente.»
Al ribadire di quell'imposizione Sigyn scattò ancora.
«Dovrai mettermi in catene allora.»
«E cosa ti fa credere che non lo farò?» Un sorriso di sfida stavolta piegava le labbra di Odino e gli occhi di Sigyn divennero due zaffiri affilati. «Scommetto che il tuo amato fratello sarà ben felice di cederti le sue. Non ne avrà bisogno su Midgard.»
Loki si ritrovò sotto lo sguardo di Odino e di Sigyn, sotto quello di sua madre.
Qualsiasi fosse il gioco di Odino, a Loki stava piacendo sempre meno.
Assottigliò lo sguardo e fissò quell'unico occhio.
«Cosa significa?» Fu Sigyn a chiederlo, dal momento che le labbra di Loki restarono una linea rigida.
«Andrai sulla Terra per prelevare il mortale.» Odino diede a lui quella risposta. «Inoltre devi riportare qui il grimorio, la cui protezione, immagino, tu abbia assicurato con qualcuno dei tuoi stupidi trucchetti.»
Loki gli restituì un sorriso beffardo.
«Affidare la vostra unica possibilità di riuscita ad un traditore... Scelta rischiosa, Padre degli Dèi» mormorò ironico e Odino sorrise a sua volta.
«Pensi che ti lascerei andare da solo? Sarai scortato dal migliore dei guerrieri di Asgard, e sarà pronto a piantarti una lama nello stomaco se lo metterai alla prova.»
Non serviva neanche chiederne il nome.





ஐஐ





Steve salì l'ultimo gradino e imboccò il corridoio che conduceva nel soggiorno di Tony. Si fermò ad un passo dallo svoltare l'angolo e guardò la stanza: Pepper stava parlando animatamente, poggiata contro il bancone dell'angolo bar facendo ondeggiare la coda bionda alle sue spalle, Jane l'ascoltava seduta stancamente su una sedia, con i gomiti poggiati sul tavolo di vetro, era chiaro che non stava davvero prestando attenzione alle parole di Pepper. E in fondo al tavolo, con le mani congiunte sul ventre, la sua Linn era intenta ad ascoltare con la massima attenzione qualsiasi discorso la Potts stesse facendo. Apparentemente sembrava una scena come un'altra, un discorso come un altro, ma in verità Steve percepiva la reale atmosfera. Percepiva la preoccupazione e le riflessioni, il fingere e soffocare delle vere emozioni di ognuna di loro.
E Pepper era così simile a Tony in alcuni momenti da fare paura.
Fece qualche passo silenzioso che però fu subito intercettato.
«Sta ancora giocando con la moka?» gli chiese Virginia interrompendo il suo discorso.
Steve annuì.
«Starkoffee 4.1» sospirò e vide Pepper roteare gli occhi.
«Prima di cena avrà costruito anche la versione beta della 7.3» mormorò la donna facendolo sorridere. Era il suo modo di distrarsi, Steve lo sapeva bene, perché Tony era fatto così: doveva tenere impegnato sempre il cervello. I geni avevano questo grave difetto...
«Vado a controllare che non costruisca un tostapane a pannelli solari. Con permesso.» Pepper si congedò con un sorriso e Steve la salutò con un piccolo cenno del capo.
Subito l'assenza della donna mostrò la precarietà di quella situazione.
«Per quanto tempo Fury vuole tenermi segregata?» Il tono di Jane era duro e nervoso. Allentava e stringeva le dita delle mani sul tavolo, muovendosi sulla sedia come se scottasse la sua pelle. Linn lo guardò ma non disse nulla.
«Nick sta solo cercando di tenere sotto controllo la situazione» rispose ma la dottoressa Foster non sembrò soddisfatta di quella spiegazione.
«Non capisco come il mio essere costretta a restare a NY possa essere d'aiuto al controllo della situazione» affermò rigida. «Devo tornare a Houston, ho decine di progetti all'Osservatorio, e poi ci sono tutti i miei studenti.» La frase sfumò nel silenzio così come i suoi occhi scivolarono via da quelli di Steve per posarsi sul vetro del tavolo. «Non voglio restare più qui. Lo capisci, vero?»
Certo che lo capiva. Steve capiva perfettamente cosa volesse dire sentirsi traditi non una ma due volte, sentirsi così stupidi per non aver visto né sentito. Amicizia e amore avevano in verità la stessa matrice, e benché sapeva bene di non poter porre sul medesimo piano i suoi sentimenti verso Thor con quelli di Jane, poteva condividerne comunque la ferita.
Jane aveva bisogno dei suoi studi, di miglia di distanza, di molti numeri e un solo cielo per cucire almeno in superficie quel taglio. Come Tony aveva bisogno di costruire qualcosa di stupido e inutile per rattoppare quelli che perfino il suo cuore luminoso aveva riportato. Pepper parlava, più del solito,  Bruce studiava, più del solito e poi c'era Clint e con Natasha, e loro avevano un modo speciale per essere amici e agenti, e sembrava aver sempre funzionato; sembrava funzionare anche adesso.
E Steve... Steve aveva una divisa e ora aveva Linn, ed entrambe coprivano con cura ogni ferita sulla sua pelle.

«Jane, se vuoi davvero tornare a Houston, Fury non può impedirtelo, ma per la tua sicurezza sarebbe meglio che-»
I piedi della sedia stridettero sul parquet quando Jane si alzò in piedi.
«Me la sono sempre cavata da sola, Steve.» In quegli occhi castani vide tanto coraggio e fragilità, ed era per questo che Thor doveva averla amata tanto... E ancora l'amava, ne era certo. In un qualche modo illogico e assurdo, Steve sapeva quanto forte e sincero fosse il sentimento che li aveva legati, così folle da superare la realtà stessa.
Non provò a fermarla, non sapeva cosa dirle per farlo, cosa fare o cosa non fare. Restò immobile con le braccia lasciate cadere lungo i fianchi quando Jane lo superò per dirigersi nella zona notte, probabilmente per recuperare la sua valigia e il resto delle sue cose. Steve restò immobile a guardare il viso di Linn.
«È giusto che vada, Steve» disse lei con la sua voce delicata. «È giusto.»
Steve però scosse il capo.
«Ma non è giusto nulla di quello che sta passando...» Si passò una mano sul viso e sospirò. «Non merita tutto questo, Linn.»

«No, non lo merita. Nessuno merita di soffrire per le scelte di qualcun altro, ma fino a che punto sono scelte? Come possono i sentimenti essere soggetti a qualcosa di razionale come lo scegliere? Non pensi sia il contrario?»
Comprendeva il suo pensiero, eppure per quanto gli occhi di Linn fossero luminosi e belli mentre parlavano di amore, Steve sentiva comunque tristezza, perché quelli di Jane non avrebbero più brillato così.
Linn si alzò dal tavolo e lo raggiunse accarezzandogli con delicatezza una guancia.
«Su Asgard si suol dire che ogni dolore non è che un seme piantato nel cuore di un uomo.» La sua mano gli sfiorò il collo e poi il petto, e Steve lasciò che il suo cuore battesse contro le dita sottili di Linn. «Più esso è grande, più a fondo pianta le sue radici, e sembra che nulla potrà mai estirparlo ma poi...» Un piccolo sorriso piegò le sue labbra. «Poi da quel dolore nasce sempre qualcosa, qualcosa di buono, e talvolta di bello, di una bellezza che non pare reale. E a quel punto è chiaro...»
Linn non continuò e Steve si sentì cadere nel suo sguardo.
«Cosa è chiaro?» chiese con un filo di voce.
«Il disegno del fato, la linea della vita scritta prima della nascita di ogni uomo, perché quel seme, quel dolore, era necessario per poter far germogliare un bocciolo meraviglioso. Ma riesci a capirlo solo quando puoi sfiorare ogni petalo della corolla con le tue dita.»
Le accarezzò il viso e sorrise di quella riflessione.
«Credi davvero che tutto ciò che sta accadendo porterà a qualcosa di buono?»
Linn annuì.
«Ho vissuto una lunga vita, Steve, e ho avuto tanti semi di dolore piantati nel mio cuore, e tante lacrime ad annaffiarli... E credo che sì, ci sarà un bocciolo anche stavolta, anche per Jane. Può sembrare una blasfemia, ma l'amore che il principe Thor nutre per lei è puro e sincero.»
Steve sospirò e allargò le braccia fino a stringerla contro il suo petto. Ispirò il profumo dei suoi capelli e le posò un bacio sulla fronte.
«Sono un uomo di guerra, Linn, e forse dei sentimenti ne capisco poco, delle donne ancora meno... per cui, mi fido di te.»
La vide ridere e poi sollevarsi sulle punte dei piedi per trovare le sue labbra con le proprie.
«Tu sei il mio bocciolo, capitano... Lo sai?»
E tu sei il mio, Linn.
Non lo disse, lasciò che fosse un dolce bacio a sussurrarglielo.











***






Note:
[1] I Sapienti di Vanaheim, così come la Decima Divisione di Asgard, sono ovviamente reparti militari del mio universo fanfictioniano. Essendo Vanaheim la culla dei seiðr, ho pensato che potesse esserci una fazione di “maghi” particolarmente abili che venissero impiegati in specifiche circostanze, così come la Decima Divisione è la punta di diamante dell'esercito asgardiano.

[2] Sálþjófr è l'antico nome della Ladra di Anime, composto per l'appunto dalle parole norrene sál (anima) e þjófr (ladro). Mi sembrava plausibile che Freyja lo conoscesse.



NdA.
Dopo un full immersion asgardiano, si torna anche sulla Terra con tutte le conseguenze del caso.
Tony sta per fare concorrenza a Mondial Casa, Jane prenoterà presto un posto sul primo Shuttle per Marte (forse Plutone), e Steve e Linn apriranno un negozio di fiori...
Scemenze a parte, siamo ormai giunti al termine di questa storia. No, il prossimo non sarà l'ultimo; purtroppo per voi c'è ancora un po' (taaanto) da leggere, però diciamo che il tutto sta per concludersi.
Spero che la storia non vi abbia stancato o annoiato, ma se così fosse non vi biasimerei. È stata più lunga del previsto, ma dovevo assecondare l'ispirazione e la mia idea iniziale, quindi scusatemi se vi sto rubando più tempo del dovuto ^^ (e per la cronaca, ci sarà anche una terza parte ma mooolto piccola e mooolto fluff. Promesso!)
Un grazie a tutti coloro che, irriducibili, continuano a seguirla e a farmi compagnia, a chi si è unito nel corso dell'avventura e anche a chi mi ha saggiamente abbandonato - che ovviamente non leggerà questo ringraziamento ma ok, fa lo stesso XD.
Non so il motivo, ma sentivo di fare questi ringraziamenti adesso, al 27simo capitolo. Colpa di Steve e Linn, probabilmente, che sono così dolcerrimi da contagiare anche un cuore sadico come il mio <3
MaBBasta sentimentalismi, adesso!
Il Capitano sta per essere chiamato a rapporto.
Sarà la mossa giusta?
Stay tuned e lo scoprirete ^-^

Un bacio a tutti, vi voglio bene <3
Kiss kiss Chiara

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: kiara_star