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Autore: Slytherin_TeMe    05/06/2014    1 recensioni
(Dal primo capitolo)
"-Cosa perché?- probabilmente la domanda mentale che Dean si era posto gli era scivolata dalle labbra senza che se ne accorgesse.
-Perché ti preoccupi per me.- mormorò tra i denti. Castiel non rispose subito, probabilmente persino lui doveva spiegarsi il motivo di tale preoccupazione verso Dean.
-Sei prezioso.- disse infine, spezzando nuovamente il silenzio pieno di attesa. Qualcosa nel petto di Dean si scagliò, tanto forte da perdere il respiro per qualche secondo.
Prezioso.
-Per voi fottuti angeli sono prezioso eh?- commentò sarcasticamente.
-Diciamo pure che è così.- rispose infine, per poi ricadere in un altro silenzio."
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
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               CAPITOLO TERZO - CUGINE 









Il sole era caldo sulle loro pelli, alcune gocce solitarie di sudore, solcavano il viso di Dean, che al volante da ore, cercava di arrivare a San Diego.
Quella macchina era scomoda, e per metà del tempo si era lamentato di quanto fosse dura la frizione, di quanto il volante non girasse bene e che il bianco del cofano rifletteva la luce solare nei suoi occhi. Sam si era offerto più volte di guidare, guadagnandosi taciti sguardi carichi di parole, che per lo più sarebbero stati insulti ben celati. 
-Svolta a destra.- gli disse ad un certo punto Sam, guardando la cartina che teneva in mano.
Dean, dopo svariati borbotti contro l’auto, svoltò, fermandosi al primo bar-ristorante che trovarono. Entrambi erano affamati, e non vedevano l’ora di mangiare qualcosa.
-Maledetto macigno.- con uno scricchiolio Dean sbattè la porta dell’auto e poi la chiuse, infilandosi le chiavi in tasca, per poi seguire gli altri due dentro il piccolo bar.
Si misero a sedere al primo tavolo libero, e presero il menu che offriva il luogo.
-Cas, vuoi qualcosa?- domandò Dean, dopo che aveva scelto ciò che voleva.
-Gli angeli non mangiano.- gli rispose annoiato lui, guardandosi attorno.
-Lo so, me lo dici ogni volta.- ribatté scontroso il biondo.
-Perché tu me lo chiedi ogni volta.- gli occhi blu si incontrarono con quelli verdi, poi li distolse nuovamente, guardando la cameriera che, da qualche secondo era giunta al tavolo.
-Posso prendere le ordinazioni?- chiese gentilmente, prendendo dalla tasca del gilet un taccuino dalle pagine gialle ed una penna rossa.
-Io prendo un’insalata mista, e un bicchiere d’acqua.- disse Sam, poi guardò il fratello in attesa di una risposta.
-Un hamburger.- rispose velocemente, senza distogliere lo sguardo dall’angelo.
-E da bere?- domandò lei, gentilmente.
-Non ho sete.- alzò le spalle e poi guardò le sue mani, ricordando ciò che era accaduto sull’aereo. Si sentì uno strano calore sul viso, era quasi imbarazzato dal gesto che aveva compiuto, eppure sull’aereo gli era sembrata una cosa naturale.
Quando il loro pasto arrivò, mangiarono in assoluto silenzio. L’angelo continuava a guardare il cielo azzurro, come se fosse la prima volta in vita sua che lo vedeva. Osservava il leggero movimento delle poche nuvole bianche che vi erano, poi pareva seguire con lo sguardo gli invisibili raggi del sole, che andavano a posarsi sui ciuffi d’erba ribelli che vi erano nel prato fuori. Ogni cosa veniva memorizzata indelebilmente nella sua mente, ogni piccola foglia che volava trascinata dalla leggera brezza di aria calda veniva fotografata ed installata nella sua mente.
Dean rimase silenzioso tutto il tempo, a sorpresa del fratello non trovò nulla di cui lamentarsi, come di solito faceva quando si trattava di hamburger.
E così restarono in silenzio, un silenzio carico di scosse elettriche. Ogni qual volta Castiel muoveva un muscolo, Dean alzava lo sguardo dal suo piatto per verificare che l’angelo fosse ancora li. Ed ogni volta Sam coglieva questo particolare, ma non accennava parola.
-Finito di mangiare, troveremo un motel, così posso iniziare a cercare questa ragazza. Scommetto che possiede un qualche social network, potrei capire dove abita di preciso, o dove possiamo trovarla.- Sam appoggiò le posate e si pulì le labbra leggermente sporche dall’olio e l’aceto che vi erano nell’insalata.
-Si, certo.- rispose Dean, che aveva finito da qualche minuto.
Passarono solo pochi minuti prima che Dean lasciasse i soldi del conto sul tavolo, poi uscirono e, sotto i continui borbottii di Dean, ripresero la strada verso il motel.
Per fortuna ne trovarono uno a dieci minuti da li, entrarono e presero una stanza a due letti. Il ragazzo che vi era alla reception li guardò stranito, ma non fece domande, tanto non avrebbe avuto risposta. Salirono le scale ed entrarono nella stanza che avevano noleggiato.
Sam non perse altro tempo, e una volta acceso il computer iniziò le sue ricerche. Dean optò per una doccia, mentre Castiel si mise seduto su uno dei letti, le mani giunte in grembo e lo sguardo perso, fissando qualcosa di inesistente.
L’acqua frasca gli scorreva sulla schiena, lungo le gambe e sullo stomaco, facendolo rabbrividire piacevolmente. Non era abituato a tutto questo caldo, e sinceramente, non voleva nemmeno abituarsi. Alzò il viso verso il getto, lasciando scorrere immagini su immagini nella sua mente.
Quando chiuse l’acqua, i ricordi si erano volatilizzati, e con loro, lo stato di angoscia che aveva provato. Uscì e si asciugò, per poi rivestirsi. La pelle ancora umida faticava lo scorrere dei vestiti, l’umidità nell’aria lo fece sudare prima ancora di aver finito di asciugarsi. Non si asciugò i capelli, non ne aveva voglia, e poi, in questo modo, rimaneva ancora un po’ fresco.
Non appena uscì dalla porta del bagno,  Sam si voltò soddisfatto verso di lui.
-Trovata.- sorrise.
Dean si avvicinò al tavolo dove vi era il computer.
-L’hai trovata su..?- chiese guardando lo strano sfondo bluastro, lui non sapeva di tutte questa cianfrusaglie che usavano i giovani e gli sfigati. Internet era pieno di pezzenti che non avevano assolutamente niente di meglio da fare che dire le proprie cose a gente che nemmeno conoscevano.
-Facebook.- rispose Sam, guardando la pagina di Andra. -So dove vive, ma la cosa migliore da fare è andare domani in questo posto.. C’è una specie di festa, sarà difficile trovarla, ma è meglio che presentarsi a casa sua di punto in bianco, potremmo spaventarla e potrebbe decidere di non aiutarci più.- Dean annuì alle parole del fratello. -E poi non so come sei messo tu, ma il viaggio mi ha stancato, credo che dormirò.- mormorò alzandosi per poi rilasciarsi cadere su uno dei due letti, che sembrava davvero piccolo in proporzione al corpo del ragazzo. Doveva essere davvero sfinito, forse a causa delle lamentele di Dean, forse proprio per il viaggio, perché si addormentò quasi subito, inondando la stanza di un pensante respiro tranquillo.
Ormai era davvero tardi quando anche Dean decise che sarebbe stato meglio dormire, eppure, nonostante si fosse messo a letto da un po’ non riusciva a chiudere occhio.
Non poteva nemmeno accusare il letto, perché esso era uno dei più comodi sulla quale aveva dormito (e questo spiegava anche perché Sam si fosse addormentato immediatamente). Continuò a rigirarsi tra le coperte fino alle due di notte. D’un tratto Castiel si alzò dalla sedia sulla quale era seduto, fece qualche passo e si fermò alla destra del letto dove giaceva il corpo di Dean.
-Dovresti riposare.- gli disse duramente, non vi era traccia di gentilezza nelle sue parole.
-Non è una cosa evidente, quando sai che c’è un essere che non sai come ammazzare che ti spia nel sonno. Nemmeno fosse Pattinson.- le ultime parole le sputò contro il cuscino, con un ghigno divertito sulle labbra.
Sentì il materasso muoversi verso destra, così si voltò, guardando oltre la propria spalla e guardò Castiel, che si era seduto sul suo stesso letto, dandogli la schiena e fissando intensamente i piedi del piccolo letto.
-Dormi, ci penserò io a te.- dopo quelle parole, Dean rilassò le spalle. Qualcosa nel tono di Castiel gli fece ben capire che quelle semplici parole erano una promessa fedele. Abbandonò il viso sul cuscino e chiuse gli occhi, tirando le coperte sopra le sue spalle. Fu questione di qualche secondo, prima che come il fratello, anche lui si addormentasse.

Non fu un sonno tranquillo, nella sua mente vi erano grida. Urli di persone che aveva conosciuto, volti disperati di gente che non era riuscito a salvare, corpi a brandelli, anime a pezzi. C’era anche lui nel suo sogno, imprigionato tra catene e fuoco, giù all’inferno.
Si svegliò quando un demone infilò una lama lunga e affilata nel suo fianco destro. Lo scatto che fece quando si mise seduto, distolse Castiel dai suoi pensieri, facendogli puntare lo sguardo negli occhi verdi del cacciatore.
Castiel si mosse leggermente sul materasso, per potersi voltare verso di lui.
-Tutto bene?- gli chiese, ma non sembrava affatto preoccupato, non dal tono di voce. Ma se Dean lo avesse guardato dritto negli occhi, vi avrebbe visto il solito oceano blu, intriso di dubbi e domande sul cacciatore.
Non lo fece, si prese il viso tra le mani e le passò lentamente su di esse, come a togliersi dalla mente i pensieri più orribili.
-Tutto bene.- piegò le gambe per stare più comodo, rimanendo seduto a letto.
Si rese conto solo qualche istante dopo che di Sam non vi era traccia. Cas intuì dal suo guardarsi attorno che stesse cercando il fratello.
-è uscito per prendere la colazione. Tornerà a momenti.- gli spiegò pacato, gli occhi ancora sul viso stanco del Winchester. Lui annuì, poi si lasciò cadere con la schiena sul materasso, che sotto il suo peso scricchiolò leggermente.
Non ci aveva fatto caso subito, ma ripensandoci Dean notò che Castiel era esattamente nello stesso punto in cui lo aveva lasciato quando si era addormentato. Non si era mosso di un centimetro.
“Dormi, ci penserò io a te.”
E lo aveva fatto, aveva pensato a lui come ancora nessuno aveva fatto, era rimasto li tutta notte, a fissare il fondo del letto, aspettando la creatura che non era arrivata.
Non si era allontanato di un solo metro da Dean.
Mary, sua madre, aveva ragione. Dean aveva un angelo che vegliava su di lui.
Quell’angelo aveva due profondi occhi azzurri, un viso dai lineamenti simmetrici, ne aguzzi, ne troppo rotondi, due labbra che dovevano essere morbide come la seta e dei capelli scuri, a fare contrasto con il mare che aveva negli occhi. Aveva un gran bell’angelo a prendersi cura di lui.
Se qualche mese fa si sarebbe sorpreso a pensare a Castiel in quel modo, si sarebbe picchiato da solo, o lo avrebbe fatto fare  a Sam, ma ora, in quel momento, in quella situazione, quei pensieri sembravano così giusti da fargli paura.
Dean si mise seduto accanto all’angelo, che lo seguì in ogni movimento, senza mollare la presa con lo sguardo sul viso del cacciatore.
Lui intanto stava pensando, all’aereo, alla sera precedente, agli sguardi carichi d’intesa che Castiel gli lanciava, al modo in cui riuscivano a capirsi senza bisogno di parlare. Dean pensava a ciò che quell’angelo aveva fatto per lui.
Poi smise di pensare. Alla sua vita, a com’era quand’era bambino, a com’era ora, e non pensò nemmeno a come sarebbe stata. Puntò gli occhi in quelli dell’altro, e ci si perse. Tra le pagliuzze chiare che illuminavano il mare, come riflessi del sole sull’acqua cristallina. Si perse in quello sguardo carico di parole, si perse nella sua mente sgombra di pensieri.
Puntò una mano sul materasso, proprio dietro la schiena di Castiel, e non pensò ad altro che a come dovevano essere quelle labbra. Si chiese se sarebbero state morbide a contatto con le sue, o dure e fredde come il marmo.
I loro visi parevano avvicinarsi sempre di più, si rese conto che era cosi solo quando percepì l’alito caldo dell’angelo sulle sue labbra, quando sentì la punta del naso di Castiel sfiorare la sua, quando vide l’angelo chiudere gli occhi e quando fece lo stesso.
Poteva immaginare il gusto di quella pelle pallida contro le sue labbra, immaginarne la morbidezza. Solo pochi millimetri a separarli, ed ogni dubbio su quella pelle sarebbe diventato certezza.
Ma si sa, troppe volte nulla è destinato ad andare come dovrebbe.
Prima che potesse dar conferma alle sue domande, la chiave girò nella serratura, e la porta si spalancò. Dean si sottrasse velocemente, spezzando quella sensazione di benessere che si era andata a creare. Spezzando tutto, mentre i dubbi riaffioravano nella sua mente.
Sam, che pareva non aver capito, e invece stupido non era, finse di nulla, appoggiò il caffè e delle ciambelle sul tavolo e sorrise tranquillamente, nascondendo l’imbarazzo dietro una maschera sorridente.
-Bevi il caffè e mangia le ciambelle, poi andiamo, da quel che ho capito il posto è piuttosto lontano da qui.- detta la frase sparì oltre la porta, dicendo che sarebbe andato a parlare con il ragazzo alla reception. Ma ciò che c’era stato era sfumato misteriosamente con l’ingresso del fratello. Dean, più scocciato di quando si era svegliato con solo cinque ore di sonno alle spalle, si alzò da dove si trovava, ed andò a prendere il suo caffè. Castiel non lo guardava più, era tornato a fissare un punto indefinito della stanza, in assoluto silenzio, com’era solito fare.

Il viaggio che ne seguì fu più fastidioso del solito. Dean aveva smesso di lamentarsi, e questo significava solamente una cosa, ovvero che aveva altro di cui pensare, e che quel qualcos’altro lo aveva segnato profondamente, tanto da farlo tacere per ben due ore di seguito. Ma la cosa che convinse Sam che nel fratello c’era qualcosa che non andava fu un’altra. Alla radio gli Asia suonavano una delle canzoni che lui preferiva, e invece di alzare il volume come suo solito, l’aveva spenta. 
Il luogo in cui erano diretti era un prato, in mezzo ad una radura immensa, dove come c’era scritto su quel sito, si sarebbe svolta la festa, che avevano chiamato “rave”. Nemmeno Sam, che era solito sapere queste cose, aveva la più pallida idea di cosa fosse. Sarebbero andati la senza sapere a cosa andavano incontro.
Avevano visto delle foto della ragazza, ed avevano compreso chi dovevano cercare. Andra infatti era piuttosto particolare come ragazza, e trovarla sarebbe stato semplice.
-Se non fosse che ci sono troppe persone!- sbottò Dean quando scese dalla macchina.
-Corti capelli rossi fuoco, occhi azzurri, alta circa uno e ottanta, e ha scritto che avrebbe indossato una maglia a maniche corte gialla fluorescente con dei pantaloni rosa. Non può essere così difficile da trovare.- Sam alzò le spalle prima di entrare nella radura.
-Se non fosse che qui è pieno di ragazzine con delle maglie fluorescenti!- Dean allargò le braccia e le rilasciò cadere sui fianchi. -Direi che dividerci è la cosa migliore, tra mezz’ora ci ritroviamo qui.- Guardò entrambi aspettando un cenno d’assenso, e quando lo ottenne si incamminò tra la folla.
Branchi di ragazzine petulanti gli saltavano addosso, toccandolo e spingendolo ad ogni passo. Ciò che sarebbe stato facile riconoscere della ragazza era l’altezza.
Dean non fu molto fortunato, non vide Andra da nessuna parte, così, dopo mezz’ora tornò nel punto che avevano stabilito, ma c’era solo Sam, e anche lui a mani vuote. Qualche minuto dopo, dalla folla videro sbucare Castiel, che per non dare nell’occhio, gli avevano fatto togliere il trench, la giacca nera e la cravatta blu. Dietro di lui c’era una ragazza dai corti capelli rossi fuoco, e subito dopo di lei un’altra ragazza, decisamente più bassa di Andra. Gli occhiali neri sul piccolo naso, una maglia azzurra e dei Jeans corti fino al ginocchio. I capelli di quest’ultima erano biondo pallido, tanto chiaro da sembrare bianco, i suoi occhi verdi.
-L’hai trovata.- disse Dean, sorridendo orgoglioso dell’angelo, per poi tornare serio sotto lo sguardo del fratello.
-Si può sapere chi cazzo siete e soprattutto, che cazzo volete?- la piccola aggredì immediatamente tutti e due, e Dean alzò le mani in segno di resa.
-Vacci piano, tigre.- la prese in giro, guardandola in tutta la sua bassezza. Circa un metro e sessanta, o poco più.
-Fottiti, stronzo.- rispose lei, incrociando le braccia al petto. -Chi siete.- disse poi, guadagnandosi un’occhiata truce da Andra.
-Abbiamo bisogno di lei.- disse Sam, indicando con un cenno del capo la ragazza rossa.
-Ma non qui.- Fece cenno di essere seguito, e si allontanò dal rumore che quella strana musica procurava, addentrandosi un po’ nel bosco.
Li la musica veniva attutita dalle piante, e parlare senza gridare era possibile.
-Io sono Sam, lui è Dean e poi c’è Castiel.- disse il minore dei Winchester, indicando uno per volta.
-Andra.- disse la rossa, per poi indicare la bionda. -E lei è mia cugina Shasta.-
La calma di Andra era ben accettata da tutti e tre, sembrava una persona con la quale si poteva parlare quietamente, o quasi.
-Dean,- cominciò Sam, -ha avuto un incontro ravvicinato con qualcosa che anche tu conosci bene.- gli occhi della ragazza divennero lucidi, il solo ricordo di quel mostro ancora le procurava terrore.
-Perché la prossima volta non prendi un coltello e glielo infili direttamente nelle costole?- Shasta allungò una mano verso quella della cugina, stringendola con dolcezza. -Va tutto bene An. È tutto apposto.- le sorrise e la cugina ricambiò incerta.
-The Rake.- mormorò qualche istante dopo, e Dean annuì, scrutando le due ragazze. Sembravano volersi bene, più di quanto avesse mai visto tra due cugine.
-Sappiamo che sei l’unica sopravvissuta dopo essere entrata in contatto con lui.- mormorò Sam, addolcendo il più possibile il tono di voce, conquistando l’attenzione della ragazza, che, cercando di trattenersi da una crisi emotiva, annuì.
-Si, e preferirei morire, piuttosto che averci ancora a che fare. Persino adesso, dopo anni, dormire da sola è un problema per me. Mi sento osservata, anche se non c’è nessuno. Shasta è rimasta con me da quel giorno, abbandonando gli studi per diventare medico. Viviamo assieme da anni. È grazie a lei che riesco a dormire la notte.- mormorò sorridendo alla cugina che lasciò la sua mano e guardò i tre, soffermandosi sull’angelo, che le studiava con fare interessato.
-Cos’ha da fissare il vostro amichetto?- domandò spezzando il silenzio che si era creato  in quei secondi.
-Lui fissa la gente.. È un tipo strano.- si scusò Dean, tirando una gomitata all’angelo che distolse momentaneamente lo sguardo azzurro dalle due.
-Ci dispiace doverti trascinare in questa storia, ma abbiamo bisogno di te.- nessuno riusciva a resistere allo sguardo implorante di Sam, nessuno tranne quelle due ragazze.
-Forse non è stata chiara.- disse severamente la ragazza dai capelli biondi. -Non vuole avere a che fare con The Rake, e men che meno con tre svitati che vanno da una ragazza indifesa a chiedere aiuto. Arrangiatevi come abbiamo fatto noi.- Shasta sembrava sul piede di guerra, non aveva alcuna intenzioni di ricominciare a non dormire per far si che Andra potesse chiudere occhio la sera, non aveva intenzione di rivederla stare male ogni notte. Avrebbe mandato a cagare quei tre, e se non l’avessero capita con le buone, ce li avrebbe mandati con le cattive.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Castiel alzò gli occhi verso la ragazza dai capelli rossi, Andra, e la guardò, studiandola.
Era il tipo di sguardo che ti fa congelare, eppure lei non abbassò mai i suoi occhi, continuava a fissare l’angelo, aspettando le sue parole.
Ma non arrivarono mai, Castiel fece qualche passo allontanandosi dagli altri, e Andra capì che doveva seguirlo, così si allontanò dal resto del gruppo di persone, seguendo l’angelo attraverso gli alberi alti, fino quando non videro più gli altri tre.
Shasta nel frattempo scrutava il viso dei fratelli, aspettando la risposta alla prima domanda che gli aveva posto. -Allora? Avete intenzione di dire chi siete? Non sarete di certo poliziotti in borghese!- esclamò, lasciando cadere le braccia sui fianchi, per poi mettere le mani all’interno delle tasche posteriori dei corti Jeans.
-Non credo ci crederesti.- Fu nuovamente Sam a parlare, sotto lo sguardo divertito della ragazza.
-Dopo ciò che è successo a mia cugina, ho imparato che al mondo ci sono tante cose strane, alla quale non credevo, ma che ora sembrano tutte così reali.- il suo tono parve addolcirsi.
-Cacciatori.- la voce profonda di Dean spezzò nuovamente il silenzio che si era creato in quegli attimi, attirando su di se i due occhi verdi di Shasta.
-Cacciatori?- chiese confusa.
-Cacciamo il soprannaturale, tutto ciò che è come The Rake. Noi gli diamo la caccia e lo uccidiamo.- confermò il maggiore, incrociando le braccia al petto. Entrambi erano più alti della ragazza, di parecchio anche, eppure lei non sembrava spaventata dalla differenza che vi era, non sembrava spaventata nemmeno dal fatto che loro fossero due uomini ormai, e lei solo una ragazzina di diciotto anni appena fatti.
Annuì, Shasta, pensando alle parole del biondo. 
-Quindi, se trovate questo mostro, e lo uccidete, finirà tutto, vero?- gli occhi con la quale guardò Sam e Dean erano pieni di aspettative, dopo ciò che Andra aveva passato, Shasta non voleva altro che saperla in pace, senza più che la paura del ritorno di The Rake le mettesse ansia ogni notte. Inoltre, dormire con la luce accesa era qualcosa che la infastidiva terribilmente, ma questi erano particolari.
-Possiamo ucciderlo, Shasta, e possiamo fermare tutto il terrore che sta procurando alle persone. Dobbiamo ucciderlo, prima che riesca a soggiogare Dean come ha fatto con tutti gli altri.- Sam guardò il fratello, che pareva non aver udito le sue ultime parole.
Andra e Castiel tornarono dopo qualche minuto, e la ragazza guardò per un istante Dean, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, gli occhi divertiti che sembravano sapienti di qualcosa. Dean non si interrogò su cosa l’angelo le avesse detto, o almeno, provò a fingere indifferenza.
-Vi aiuterò.- sorprese persino Shasta, che si voltò verso di lei con i grandi occhi sgranati, prima di sorriderle gentilmente. -A una condizione.- continuò la rossa.
-Shasta sta con me, e io voglio sopravvivere.- guardò tutti e tre seriamente, ma ovviamente, Dean doveva puntualizzare.
-Queste sono due condizioni.- come se a lui cambiasse qualcosa, gli bastava ammazzare quel mostro e continuare a vivere come aveva sempre fatto.
-Dean..- il fratello gli lanciò un occhiataccia, che fece ghignare l’altro.-Non fare lo stronzo.- continuò.
-Credo che per uno come te, questo sia l’unico modo di fare, vero Dean?- Shasta lo guardò trucemente, non gli pareva il momento di scherzare. 
-Shasta! Andra!- il nome delle ragazze venne ripetuto svariate volte, prima che due ragazzi ed una ragazza uscirono da dietro gli alberi, e fecero un gran sorriso quando le videro.
-Shasta!- una ragazza dai capelli tinti di viola, si precipitò letteralmente addosso alla bionda, che abilmente allungò un braccio, fermandola prima che potesse toccarla. La ragazzina era ancora più piccola di lei di statura, e probabilmente anche d’età.
-Tess, smettila immediatamente.- le disse duramente, e la ragazzina placò i suoi istinti, voltandosi poi verso l’angelo e i Winchester, emettendo una risata. Quella risata dava sui nervi a tutte e due le cugine, che le rivolsero uno sguardo gelido.
-Ragazzi, loro sono Dean, Castiel e Sam.- disse Andra indicandone uno alla volta, gli altri due ragazzi, alle spalle di Tess guardarono i cacciatori e l’angelo.
-Liam e Clay.- fece poi Shasta, indicando i due.
Nessuno però fiatò, si scambiarono sguardi curiosi, studiandosi a vicenda, fino quando Liam, un ragazzo dalla carnagione lievemente più scura, che sembrava un armadio, tanto era grande, parlò, interrompendo il silenzio.
-C’è qualche problema?- chiese studiando i tre.
-Niente che vi riguardi.- tagliò corto Dean, scrutandolo in volto.
-Penso che non sia effettivamente così. Sono nostre amiche, le avete portate via senza dire niente a nessuno, il minimo che possiate fare è dirci che cosa sta succedento.- fu l’altro a parlare, decisamente più minuto del primo, con i capelli biondastri e due occhi marroni che splendevano con il sole che raggiungeva il suo viso, attraverso i rami alti degli alberi.
-Infatti!- commentò con voce stridula Tess, guadagnandosi una spinta da Shasta, che le rivolse uno sguardo truce.
-Sta zitta tu, non vorrai infilarti nei guai come sempre. È inutile che fai la testa di cazzo e poi corri da paparino a frignare. Quindi, visto che sei sotto la mia tutela, vedi di stare zitta e muta. Magari scavati una fossa e sotterratici anche, già che ci sei.- se Andra avesse potuto avrebbe riso divertita dopo le parole di Shasta.
Tess altro non era che una ragazzina che frequentava la stessa scuola di Sha, si era attaccata a lei come una cozza agli scogli, nonostante non piacesse totalmente alla bionda. Aveva fatto di tutto per liberarsene, ma non ci era riuscita, così le toccava scarrozzarla in giro. Ovunque andava Shasta, era sicuro ci sarebbe stata anche quella bamboccia. 
-Si..- mormorò la ragazza con il caschetto viola e gli occhi tanto scuri da sembrare neri. Fece un qualche passo indietro, infilandosi tra i due ragazzi che, ancora poco convinti della situazione avevano assunto una posa tesa, e come Shasta proco prima, erano sul piede di battaglia.
-Ci stanno aiutando, con quella faccenda di tanti anni fa.- commentò di punto in bianco la rossa, attirando tutti gli occhi su di se.
-The Rake?- domandò Liam, appoggiando una mano sulla spalla di Andra. Lei semplicemente annuì, perdendosi con lo sguardo nel vuoto.
-Potremmo parlare da qualche altra parte? Questo rumore mi sta dando alla testa!- Dean parlò duramente, guadagnandosi uno sguardo truce dai cinque ragazzi, quando la loro musica venne descritta come “rumore”.
-Bene, andiamo allora.- Andra toccò dentro Shasta, ed entrambe fecero qualche passo verso i Winchester e l’angelo, che accennò un lieve sorriso alla rossa, ma passò inosservato da tutti gli altri.
-E noi?- chiese Tess, guardando le ragazze.
-L’idea della fossa non ti piace?- il tono di voce di Shasta era fintamente triste, e fece sorridere Andra che le tirò una gomitata per farla tornare seria.
-Tornate alla festa, noi andiamo con loro, vi faremo sapere.- il discorso finì li, tante volte ciò che diceva la ragazza passava per legge, e nessuno aveva mai osato dire qualcosa in contrario. Andra era ragazza che sapeva farsi rispettare dagli altri, e chi la conosceva, non osava contraddirla.

Una volta in macchina Andra e Shasta non aprirono bocca, e così neanche gli altri. Dean aveva smesso di lamentarsi, borbottava qualcosa quando la frizione faceva i capricci, ma nient’altro. Alla radio aveva iniziato a cantare Elvis, gli occhi di Shasta si illuminarono, e le sue labbra canticchiarono silenziosamente la canzone, attirando su di se lo sguardo di tutti i passeggeri, meno che Andra, che ormai la conosceva troppo bene per far caso a ciò che faceva. Per lei era normale.
Si fermarono solo giunti al motel, dove le fecero accomodare nella stanza. Esse si guardarono attorno, spaesate. Si poteva vedere chiaramente che la stanza apparteneva a dei ragazzi, il disordine regnava sovrano.
Ma Andra osservava tutt’altro. Lei stava guardando il comportamento strano di Dean e Castiel.
Se uno dei due si muoveva, l’altro cambiava posizione, i loro occhi cercavano di non incontrarsi, e quando succedeva, spostavano lo sguardo, come se si fossero scottati. Non si distanziavano mai, l’uno dall’altro più di una manciata di metri, e i loro respiri sembravano sincronizzati. Come se l’uno respirasse anche per l’altro. Il sorrisetto che spuntò sulle sue labbra fece intendere tutto anche alla cugina, che seguendo il suo sguardo, capì a cosa si stava riferendo.
-Come lo sopporti?- non si fece troppi problemi, Shasta, quando parlò a Sam. Lui alzò lo sguardo verso la ragazzina, fece un mezzo sorriso, ormai aveva capito a cosa si riferisse, poi tornò a guardare un foglio che aveva in mano.
-Abitudine.- alzò le spalle e si avvicinò alla ragazza, voltando il foglio per farle vedere l’immagine raffigurata.
Andra non potè fare a meno di ripensare a ciò che Castiel le aveva detto qualche tempo prima.

L’aveva seguito, senza che lui glielo avesse detto, lei lo aveva seguito, passando tra gli alberi della radura, fino ad un piccolo spiazzo, dove Cas si era fermato e si era voltato, guardando la ragazza che lo aveva seguito.
La leggera brezza gli scompigliava i capelli neri, portando dei ciuffi ribelli a sfiorargli il volto, e nonostante fosse visibilmente più grande di lei, Andra non potè fare a meno di pensare che era davvero un bell’uomo, particolare nella sua bellezza.
-Dovevi dirmi qualcosa?- domandò all’uomo, tesa.
Castiel annuì, ma non rispose immediatamente. Nella sua mente stava scegliendo le parole più adatte, e con calma le espose alla ragazza.
-Ti siamo venuti a cercare, partendo dal Kansas.- iniziò a parlare l’angelo, e la sua voce attanagliò la mente di Andra, non poteva che ascoltare.
-Dean ha avuto la sfortuna di avere a che fare con The Rake, dovevamo trovare un modo per salvarlo.- la voce con la quale espresse l’ultima frase, fece intuire alla ragazza che non si stava veramente riferendo a più persone. Si era preso la responsabilità di provvedere alla salute del ragazzo, ed era convinta che c’è la stava mettendo tutta.
-E io cosa c’entro?- domandò a quel punto lei, confusa.
-Dean sta passando un momento in cui la sua anima è fragile, ogni cambiamento può portarlo alla disperazione, e so che questo essere costituisce un grave pericolo psicologico. Dean non ha bisogno di questo.- La domanda che gli aveva posto non ricevette risposta, ma sapeva che prima o dopo, l’uomo avrebbe provveduto.
-Sappiamo che sei l’unica sopravvissuta all’essere. So che puoi aiutarmi a salvarlo.- il suo tono si era fatto glaciale, e l’aria attorno a loro pareva più fredda di quanto ricordasse. Nemmeno i raggi che li colpivano sembravano essere caldi come dovevano.
-Come.- la disperazione sul viso di Andra fece capolinea con la voce tremante. La mani vennero messe in tasca, evitando così di mordersi le unghie, pitturate con uno smalto rosa fluorescente.
-Aiutaci a trovarlo, a capire perché a scelto Dean. A capire se c’è qualcosa che vi accomuna. Aiutami.- fu la richiesta d’aiuto più strana che ricevette. Gli occhi dell’angelo non chiedevano che un “si” come risposta. 
Come poteva negare questo favore a una persona tale? Parlava con quei pozzi azzurri, la supplicava silenziosamente, e segretamente dagli altri.
Andra si chiese cosa c’era di cosi speciale in quel Dean, da far si che una persona si affezionasse a tal punto a lui.
Doveva avere i suoi pregi se quest’angelo aveva preso la decisione di proteggerlo. 
L’unica cosa che fece, fu annuire. Ma fu ciò che disse Castiel a sorprenderla maggiormente. Una semplice parola, così usata che talvolta perdeva di significato, ma che se sistemata nella frase opportuna, ne valeva mille.
-Grazie.- 



-Potresti iniziare a raccontarci qualcosa di te.- Sam aveva preso posto su una sedia nel frattempo, e con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte tra di loro, la osservava con sguardo gentile e paziente. Andra prese posto, sedendosi sul fondo del letto, mentre Dean, a quel gesto, rabbrividì notevolmente, attirando su di se lo sguardo di Castiel, che distolse quasi subito.
-Un anno prima dell’incontro con l’essere, a causa di un incendio nella casa dei vicini, mio padre perse la vita.- il suo tono era lento e sbiascicato. Shasta al suo fianco, la guardava, le braccia incrociate al petto e le gambe che non stavano ferme un attimo, muovendosi leggermente ad ogni parola della cugina.
-Com’è successo?- fu Dean a parlare, appoggiato contro il comò che offriva il Motel, un piede appoggiato all’altro e le spalle rilassate.
-I nostri vicini erano dei tipi strani, mio padre aveva sempre detto di fare attenzione a loro. Usavano le candele per fare dei cerchi, e ci si sedevano nel mezzo. Tutti nel nostra quartiere credevano fossero figli di Satana. Credo che una di quelle candele abbia incendiato una tenda, o almeno, questo è ciò che si vocifera.- le sue mani presero a torturarsi, mentre i suoi occhi si perdevano sul pavimento della stanza. -Avevano una bambina di quasi due anni. Quando l’incendio scoppiò, io ero ancora sveglia. Ero tornata da poco dopo una festa, Shasta e i suoi amici mi avevano lasciata a casa da quasi mezz’ora. Sentivo il fischio della musica nelle orecchie, per quello non riuscì a prendere sonno. Dalla finestra della mia stanza vidi della luce arancione, così guardai fuori e vidi la casa andare a fuoco. Corsi dai miei genitori, in preda al panico e mio padre si fiondò da loro. Entrò in casa, senza aspettare i vigili del fuoco, e ne corse fuori trascinandosi dietro i due genitori.- la sua voce era poco più che un sussurro, il minimo rumore l’avrebbe coperta, per questo tutti rimasero in silenzio.
-Questi iniziarono a gridare, cercando di correre in casa, ma erano feriti, se fossero rientrati ne sarebbero morti. “La nostra bambina!” gridavano. Cercai di fermare mio padre, la casa era instabile a causa delle fiamme, pericolante. Entrò lo stesso. Non ne uscì. Lo vidi arrivare alla porta, ma cadde una trave, colpendolo in testa. La madre della bambina corse ad afferrare la figlia, poi scappò, lasciando mio padre in balia della morte. È ridicolo come una fottuta trave abbia deciso sul suo destino. Sapevo che era ancora vivo, ma nessuno mi permise di aiutarlo.- il suo tono tremava, Shasta le appoggiò una mano sulla spalla e lei la guardò, poi le sorrise.
-Da quel giorno uscire di casa era un inferno. Passavo per tutte le stanze e staccavo ogni presa elettrica, mi assicuravo che le sigarette di mia madre fossero ben spente nel posacenere, talvolta bagnavo le cicche, per non correre alcun rischio. Nessuna candela, nessun fiammifero, accendere la stufa fu un impresa la prima volta. Il fuoco mi terrorizzava.- mormorò poi si passò una mano tra i capelli.
-Mi trasferì quando mia madre conobbe un altro uomo, non avevo alcuna intenzione di avere a che fare con qualcuno che non fosse mio padre, e andai a New York, per studiare economia. Ero sempre triste, i ricordi peggiori riaffioravano nella mia mente, era impossibile per me essere felice per un intera giornata. E credo che sia proprio questo che abbia portato The Rake da me. La mia tristezza. Sapevo che avrei potuto salvarlo, sapevo che avrei potuto lasciare bruciare la casa fregandomene. O avrei potuto chiamare subito i pompieri. Era colpa mia. Tutta colpa mia.- le lacrime solcarono velocemente le sue guance prima che se le asciugasse velocemente.
Dean aggrottò le sopracciglia, guardandosi attorno qualche istante, nervosamente, prima di percorrere a lunghe falcate la stanza ed uscire, sbattendosi la porta alle spalle.
-Che ha?- Shasta guardò la scena, inarcando il sopracciglio destro.
-Lui reagisce così a volte.- Sam era tranquillo, conosceva bene Dean, sapeva che necessitava i suoi spazi, soprattutto quando doveva riflettere.
Dean camminava avanti e indietro per il piccolo prato, con una mano sotto il mento e l’altra lungo un fianco, pensando e ripensando alla storia di Andra.
Era quello il motivo per la quale The Rake era andato da lui? Il senso di colpa? Avrebbe dovuto uccidere metà delle persone sulla faccia della terra se fosse stato questo il problema.
Senza chiedere ne dire niente a nessuno, Shasta uscì dalla camera del motel.
-Dean.- lo chiamò a gran voce, attirando su di se l’attenzione. Il ragazzo sembrava turbato, nervoso, ansioso e terribilmente spaventato. Ed era la stessa espressione che aveva Andra quando era arrivata da lei.
-Che cosa vuoi.- ma il tono, quello era diverso. Dean era freddo, gelido. La paura non pareva volersi rivelare dentro di lui, e questo era un punto a suo vantaggio.
-Quando Andra mi chiamò, per farmi andare a casa sua a New York, io mi ci precipitai. Pensavo fosse ricaduta in una crisi, ma mi sbagliavo.- gli spiegò lei, avvicinandosi di qualche passo.
-Andra, dopo l’incendio, non fece altro che incolparsi della morte del padre. Lei dice di essersene andata per il nuovo compagno di sua mamma, ma non è cosi. Non sopportava di vedere i suoi vicini vivi, sapendo che suo padre era morto per loro. Rabbia. Non riusciva a non piangere, entrando in casa. Tristezza. E sapeva, che se quella sera non fosse rientrata com’era prestabilito, non avrebbe mai visto l’incendio, di conseguenza non avrebbe mai avvertito i suoi genitori e suo padre non si sarebbe fiondato all’interno della casa. Senso di colpa.- le sue parole si ricollegarono mentalmente dentro Dean, ed ogni sentimento fu inciso in un ricordo.
-Rabbia, tristezza e senso di colpa, hanno attratto a lei The Rake, si è nutrito di questo, fino a renderla pazza, depressa. Fino a farle tentare il suicidio. E se The Rake è venuto da te, allora i motivi non possono essere troppo diversi.- il cellulare nella tasca di Shasta suonò, interrompendola.
-Forse dovresti essere in chiaro con te stesso, prima di cercare di trovare un collegamento tra te e lei.- dopo quella frase, dopo che i pensieri di Dean presero a scorrere rapidi nella sua mente, Shasta rispose al cellulare, allontanandosi da li a grandi passi.
Nella mente dell’uomo nel frattempo, si era scatenato il caos.
Si sentiva in colpa per la vita che stava dando a Sam, non si meritava questo, lui meritava di studiare giurisprudenza come aveva sempre voluto fare, meritava una ragazza che gli donasse una famiglia. Meritava una vita tranquilla.
Si sentiva in colpa per avere illuso Ben, gli aveva fatto credere che ora potesse contare su una figura paterna, e poi se n’era andato, scappato da responsabilità troppo grandi per lui.
Si sentiva in colpa per Lisa, perché come il figlio, era stata illusa da lui.
Era arrabbiato, con se stesso, perché ne era uscito, uscito da questo schifo di vita, ed ora ci era ripiombato dentro, come un sasso nell’oceano, non poteva far altro che raggiungere il fondo. Arrabbiato con se che non sapeva badare a nessuno e nemmeno a se stesso.
Aveva paura, oh si ne aveva, paura di morire. Ogni giorno lottava contro la morte. Non la morte di per se, ma sapeva perfettamente dove sarebbe finito una volta che la sua vita fosse terminata. All’inferno. Dove avrebbero ripreso a torturarlo.
Era triste. Ma di questo non ne capiva il motivo.
Il peso che sentiva gravare sulle sue spalle ebbe la meglio sul suo fisco, nonostante nulla gli pesava davvero addosso, le sue ginocchia cedettero, e lo scontro con il prato fu lieve. L’erba aveva attutito il colpo, ma nella sua mente vi era dolore. Stava ripercorrendo ogni istante del suo viaggio all’inferno. Sentiva ogni lama sulla sua pelle, ogni grido nelle sue orecchie, poteva sentire le risate divertite dei torturatori, i pianti e le preghiere dei torturati. E poi sentiva se stesso invocare invano il nome del fratello. 
Come poteva continuare con tutto questo addosso? Si sentiva così terribilmente stanco da non accorgersi della mano calda che si era appoggiata sulla sua spalla.
Castiel, che aveva sentito che c’era qualcosa che non andava, si era volatilizzato, ritrovandosi al fianco dell’uomo. Andra che era all’interno della stanza, dapprima si spaventò, ma grazie alle parole di Sam, riuscì a ritrovare la ragione, e non scappò.
Dean non reagì, lasciò che quel calore placasse la sua mente, alleviasse il suo dolore e lo rassicurasse solo come quel pennuto sapeva fare. Chiuse gli occhi, svuotando la mente, e i suoi sensi presero il sopravvento su di lui, appoggiò così la schiena contro le gambe di Castiel, e per minuti interminabili, rimase immobile.

La sera fu quieta. I Winchester presero una stanza per le ragazze, e al calar del sole, Sam si infilò sotto le coperte, dopo essersi assicurato che il fratello stesse bene. Dopo vari insulti e frecciatine, Dean fece capire al minore che era tutto okay, e con un mezzo sorriso, Sam appoggiò la testa sul cuscino. Si addormentò solo mezz’ora dopo, inondando, come la sera precedente, la stanza del suo respiro calmo.
Nemmeno quella notte fu facile per Dean, che pareva non avere alcuna intenzione di sdraiarsi. Si sentiva teso come una corda di violino, e all’alba delle tre, stava ancora lottando contro il sonno. Le palpebre erano pesanti, la testa ciondolava appoggiata allo schienale del muro, e le voci al televisore erano lontane.
Castiel era seduto esattamente come la volta scorsa, accanto a Dean, aspettando che si addormentasse.
Si arrese al sonno solo alle tre e mezza, crollando sfinito sul cuscino, più sicuro visto che si era accorto della presenza dell’angelo accanto a se.
Ma la notte fu peggiore, i sogni sembravano non dargli pace. Fiamme e grida, i peggiori ricordi di tutta la sua vita, racchiusi in brevi istanti, prima di svegliarsi con il viso sudato e il fiato corto.
-Cas.- mormorò voltandosi verso l’angelo. Ma ciò che vide fu diverso. Ai piedi del letto vi era The Rake, che lo osservava con quei suoi occhi profondi e neri. Perse un battito, non avrebbe avuto così tanta paura di un mostro, se questo non avesse giocato con la sua sfera emotiva, come un bambino gioca con una molla gigante. Il mostro fece un balzò, arrivando dritto addosso a Dean.
E lui aprì gli occhi. Davanti a se il viso dagli occhi chiari dell’angelo lo scrutavano ansiosi. Il calore della sua mano sulla guancia destra, umida dal sudore.
Portò la mano contro quella dell’angelo, in modo nervoso e rapido, accertandosi che si trattasse proprio di lui. Gli occhi sgranati e le labbra schiuse.
-Cas.- mormorò in un lieve sussurro.
-Si.- confermò l’angelo, spostando la mano dalla sua guancia solo quando vide i lineamenti del viso di Dean rilassarsi.
-Grazie a Dio.- sputò fuori questo, per poi cadere sul letto con la schiena, mentre il suo capo affondava nel morbido cuscino. -Grazie a Dio sei tu, Cas.- sbiascicò prima di crollare nuovamente in un quieto sonno, privo di ogni sogno.





Spero sia piaciuto, a presto,
Slytherin_TeMe



 
  
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