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Autore: Rouge e Minori    06/06/2014    1 recensioni
Spesso i figli si domandano com'erano i loro genitori prima di essere le persone che sono abituati a vedere. Questa è una di quelle storie, una storia di uomini e donne che prima erano ragazzi, la cui vita odora di semplicità e prima odorava di scuola, di risate, di sesso, di adolescenti... Una storia come mille altre, eppure mille altre storie non fanno questa. O meglio, tre storie che si intrecciano fino a diventare una sola.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo II


«Questa storia ha davvero dell’incredibile» disse Sadie attonita, seduta sul divano mentre guardava la madre che concludeva il suo racconto
  «Zia Shan… quel ragazzo era un vero imbecille»
«Disse il merlo al corvo…» commentò acida la ragazzina dando inizio all’ennesima lite di sguardi
   «Oh, ma allora non avete capito niente da questa storia?!» domandò esasperata Shannon con le mani nei capelli
   «Io ho capito che, per una qualche strana logica del destino, Sadie e Tristan assomigliano alla zia e al suo amico» disse candidamente Simon, facendo voltare i due ragazzini verso di lui
«Simon, non dire sciocchezze!» esclamarono i due in coro
   «Che ci sarebbe di così strano?» domandò Shannon
  «Beh… il fatto che Sadie è una frivola ragazzina» disse il ragazzino che aveva ricevuto immediatamente una poco amorevole pacca in testa dalla madre.
 «Non mi pare di averti insegnato a parlare così alle ragazze» lo rimproverò la donna
  «Scusa… Però ogni tanto anche papà te lo dice»
 «Lo dice perché sa che è vero, tu invece, essendo un ragazzino non puoi dirlo» disse la donna scompigliando i capelli del figlio
   «Zia Dora, te lo dice davvero?» chiese curioso Simon
 «Solo ogni tanto quando è in vena di dire idiozie» rispose lei con noncuranza «Cioè più spesso di quanto non sembri»
«Zia Dora, come hai conosciuto lo zio?» domandò a bruciapelo Sadie curiosa
 «Perché lo vuoi sapere? Insomma, era Shannon quella che doveva raccontare» domandò Dora perplessa
«Si ma già che ci siamo… Preparati anche tu zia Dee, non ci scappi» esclamò convinta Sadie
 «Shan, perché ho l’impressione che ci stiano prendendo gusto?» chiese all’amica che, per risposta, si era limitata ad un’alzata di spalle
  «Dai mamma, racconta!» la incitò il figlio e la donna non si fece pregare a lungo
 «Bene, anche la mia storia è cominciata con la fine dell’estate, anche se ad essere sincera non è iniziata nel più piacevole dei modi…»
“Era una comunissima giornata di inizio Settembre, di quelle pigre che precedono l’inizio della scuola e che gli studenti passano a godersi gli ultimi sprazzi di tempo libero. Tra loro figuravo anche io, Nymphadora Artist, sedici anni e totalmente, incondizionatamente dipendente dalle regole di Coco Chanel e che si dilettava nel progettare e creare vestiti usando le stoffe più disparate. E l’andare in giro per negozi per comprare le stoffe era il mio passatempo preferito, di solito andavo insieme a Caridee e Shannon, ma quella domenica erano entrambe impegnate quindi andai da sola, avevo in ballo i progetti per i costumi di Halloween di tutte e doveva quantomeno iniziare a procurarsi le stoffe. Dopo essermi preparata ero scesa in cucina a fare colazione dove mia madre stava preparando da mangiare, mio padre la salutava con un bacio, già pronto per uscire, e mio fratello si reggeva a stento seduto al tavolo.
«Buongiorno a tutti… che faccia fratellino, hai fatto un giretto nell’oltretomba?» domandai ironica posandogli le mani sulle spalle
  «Simpatica, ho solo fatto tardi… di nuovo…» disse tra uno sbadiglio e l’altro
    «Dolcezza, quel bar ti sta prosciugando le energie» disse nostra madre, affettuosa come sempre, mentre gli posava davanti i pancake che, come ogni domenica, preparava a colazione.
  «Lo so mamma, appena potrò assumerò qualcuno come aiuto… Dora potresti anche darmi una mano il pomeriggio dopo scuola» commentò il ragazzo, subito ripreso dal padre
     «Il compito di Dora adesso è studiare, il resto è un in più… Adesso vado, a stasera» disse l’uomo imboccando l’uscio e uscendo.
     «Oggi cosa fai Dora? Esci con le ragazze?» mi domandò mia mamma
«No, oggi esco sola. Devo fare compere»
   «Fammi indovinare, nuovi progetti?» chiese il fratello mentre si infilava in bocca un intero pancake
«Fai veramente schifo»
   «Perfè?» domandò con la bocca piena
«Datti una risposta da solo… Vado di sopra, esco dopo pranzo» salutai per poi ritirarmi nella mia stanza. Più che una stanza era uno studio, con i muri tappezzati di bozzetti, un angolo pieno di ritagli di stoffe e due manichini affiancati al muro. La mattinata era volata, l’avevo passata a rivedere e rifinire i bozzetti, creare qualcosa per le mie due amiche era sempre un’impresa, un po’ per la mia mania di perfezionismo, un po’ perché volevo trovare la combinazione perfetta per loro.
«Corto per Dee, lungo per Shan, azzurro, verde, organza, chiffon… direi che potrebbe andare…» borbottai con la matita tra i denti, ma alla fine mi ero convinta che, con le stoffe in mano sarebbe stato più semplice decidere gli ultimi dettagli. Per arrivare al mio negozio di stoffe preferito dovevo per forza passare davanti alla scuole e mi ero fermata davanti ai cancelli dell’istituto, lasciandomi andare ad un sospiro esasperato.
«Ci vediamo la prossima settimana… tu e la tua orrida divisa» dissi con tono schifato, mentre qualcuno mi toccava la spalla
  «Scusa, frequenti questa scuola?» mi domandò un ragazzo alle mie spalle
«Purtroppo si…» risposi rassegnata mentre lui sorrideva
  «Per me è un bene invece… prima che entri e mi perda, come arrivo alla segreteria?» aveva chiesto ancora, passandosi la mano tra i capelli biondi
«Entri, sali due rampe di scale e giri a sinistra, al fondo del corridoio giri a destra, la seconda porta a sinistra è la sala insegnanti, fai prima ad andare da loro che sono sicuramente li, la segreteria potrebbe essere chiusa»
  «Grazie mille…» ringraziò lui lasciando un momento in sospeso la frase
«Nymphadora» mi presentai, intuendo che voleva conoscere il mio nome
  «Grazie mille Nymphadora… Io sono Lucas»
«Non ti ho mai visto a scuola, sei nuovo?»
  «Si, io e mio fratello ci siamo trasferiti da poco e frequenteremo questa scuola» rispose lui
«Beh, allora ci rivedremo la prossima settimana» dissi avviandomi verso il negozio
  «Non mancherò… e grazie ancora» la salutò per poi entrare nella scuola. Aveva un bel paio di occhi azzurri, nulla confronto a quelli di Jordan che, nonostante Shannon lo negasse con tutta se stessa, erano i più azzurri che avessi mai visto, ma comunque abbastanza belli da farsi guardare da me che, per gli occhi azzurri, ho sempre avuto una passione sfrenata.
Arrivata in negozio ci passai minimo un’ora, sapevo perfettamente che la proprietaria festeggiava quando mi vedeva entrare perché sapeva che avrei comprato minimo tre rotoli di stoffa, e gli affari non andavano benissimo nell’ultimo periodo.
Armata di bozzetti e matita ero riuscita a sistemare tutti i progetti, uscendo dal negozio con un rotolo di organza azzurra, di satin celeste, uno di seta e uno di chiffon rossi, del broccato verde, chiffon verde smeraldo, tulle nero e cotone di vari colori… fortuna che quella donna mi faceva degli sconti visto che, ogni tanto, le regalavo dei capi come risarcimento, facendomi pagare le stoffe praticamente la metà del prezzo, altrimenti sarei rovinata. Risultato ero uscita dal negozio carica di borse che quasi non mi permettevano di vedere dove andavo, infatti non avevo visto che qualcuno, probabilmente distratto quanto me, mi stava venendo addosso. Me ne accorsi quando tutti i miei rotoli erano caduti per terra e io con loro.
   «Ehi, fa più attenzione a dove metti i piedi» sputò acido il ragazzo, senza degnarsi di darmi una mano. Alto e con le spalle larghe, qualsiasi ragazza sarebbe saggiamente rimasta in silenzio, ma io non sono mai stata particolarmente brillante in furbizia.
«Io dovrei fare attenzione? IO?! Sono io quella che è caduta insieme alle sue borse!» m’infuriai subito, sbrigandomi a raccogliere i rotoli, sperando che non avessero subito danni
   «Sono solo stoffe…» disse lui con noncuranza scostandosi i capelli, decorati con punte blu elettrico, dagli occhi, facendo aumentare la mia ira
«Stoffe che costano care dolcezza, non credo che tu abbia il diritto  di lamentarti dopo che le hai anche fatte cadere!»
   «Se costano così tanto allora perché le compri?»
«Ma sei scemo o cosa?! Perché mi servono magari?» sputai acida stringendo con forza le buste
   «Ehi, non ti permettere! Non mi conosci e mi insulti?! Sei solo una frivola ragazzina»
«Cosa hai detto?!»
   «Che sei frivola, te lo si legge in faccia!» ripeté lui che, per tutta risposta gli pestai il piede con il tacco e gli voltai le spalle andandomene, mentre lo sentivo imprecare.
-Fa male un tacco dieci nel piede vero?- pensai acida camminando furente verso casa, quel ragazzo le aveva rovinato il pomeriggio, era una persona veramente maleducata e scortese. Avevo continuato ad imprecare contro di lui per una buona mezz’ora, fino a quando mi ero accorta che non mi trovavo dove dovevo essere, cioè a casa, ma da un’altra parte, in una via che aveva percorso poche volte perché non mi piaceva per niente. Decisi di tornare indietro, ma qualcuno non era del mio stesso parere, difatti una mano mi bloccò il polso.
  «Ehi, ciao, come ti chiami?» chiese una voce ben poco rassicurante, al che nemmeno mi voltai
«Non ti riguarda, lasciami» cercai di sembrare più fredda possibile, ma in realtà i brividi che mi salivano lungo la schiena mi avvertivano che qualcosa non andava
  «Oh, andiamo.. perché non vieni a farti un giretto con me?»
«Lasciami!» esclamai ad alta voce divincolando il braccio, ma la presa era più salda di quanto non sembrasse e, in men che non si dica, mi ero ritrovata addossata ad un muro in un vicoletto adiacente. La paura continuava a salire, l’adrenalina mi scorreva nelle vene e sentivo il sangue fluire lentamente via dal mio viso, il cuore batteva all’impazzata mentre sentivo quelle mani callose percorrermi le gambe.
  «Visto? Se mi avessi dato retta sarei stato più delicato» sussurrò viscido l’uomo, il ragazzo, tutt’ora non ho idea di chi fosse quel tizio, non riuscivo ad alzare il viso mentre cercavo in ogni modo di togliermelo di dosso.
«Lasciami andare! Mi fai schifo, levati!» gridavo cercando di allontanarlo, ma la paura mi aveva privato delle forze, ero quasi paralizzata mentre sentivo le labbra di quell’individuo si posavano sul mio collo, umide e viscide, mentre la sua mano saliva pericolosamente per la mia gamba
  «Shhh, non parlare, mi distrai» puzzava di erba in una maniera indegna, non dimenticherò mai quel momento, con gli occhi strizzati per la paura e le lacrime che mi pungevano gli occhi e quella sensazione di disgusto nel sentire quella mano sempre più vicina e il rumore della cintura che si slacciava mentre la pietra fredda del muro mi graffiava le braccia. Poi tutto era cessato di colpo e avevo sentito solo il rumore di un peso che cade a terra e qualcosa che mi passava davanti agli occhi, coprendomi la visuale. Una felpa nera. Davanti a me sentivo rumore di colpi violenti.
   «Vediamo se così ti passa la voglia di aggredire le ragazzine nei vicoli… che schifo» disse una voce familiare. Scostai la felpa e vidi il ragazzo di poco prima in piedi sopra l’uomo che, steso privo di sensi, aveva il naso rotto e sanguinante, il labbro spaccato in più punti, un ematoma sullo zigomo e un occhio nero.
«Io…»
   «Zitta, vieni con me» disse perentorio, me non riuscivo a muovermi, ero come piantata in quel punto «Queste dovrebbero essere tue…» parlò ancora il ragazzo, questa volta con tono più morbido, mostrandomi le mie buste. Non mi ricordavo nemmeno quando mi erano cadute a terra, ma dentro c’era tutto.
«Ti ringrazio…» dissi piano prendendo le buste e riuscendo a spostarmi
   «Vieni, sei sotto shock, non mi fido a lasciarti per strada in questo stato»
«Ma…»
   «Non provarci nemmeno a dire che stai bene, sei pallida come un lenzuolo… vieni con me» disse lui, facendomi strada fino ad un bar che, ad occhio e croce, non era molto lontano da casa mia. Mi lasciò un momento seduta da sola, e io pensai che quella era stata davvero una giornata terribile ma che, dopotutto, incontrare quel ragazzo non era stata la disgrazia peggiore, anzi, senza il suo intervento
   «Bevi questa» disse posandole davanti una tazza di cioccolata «Anche se fa caldo penso che possa calmarti un po’» spiegò mentre si sedeva davanti a lei
«Grazie mille… penso di doverti delle scuse per prima, è il minimo»
   «Scuse accettate… ma anche io avrei dovuto fare attenzione» concluse lui con un mezzo sorriso, mentre spingeva avanti la mia tazza, incitandomi a berla, ma mi sentivo lo stomaco chiuso in una morsa, ma mi sforzai e mandai giù un sorso
   «Spero che cose del genere non succedano spesso»
«Fortunatamente no… io non capisco perché individui come quello si arroghino il diritto di pensare di poter fare azioni del genere. E non dire per il modo in cui mi vesto, il fatto che mi piaccia vestirmi in questo modo non significa che sia una sgualdrina o un’oca» dissi piano, mentre bevevo un altro sorso della bevanda calda sentendo il cuore tornare ad un ritmo normale.
   «Forse semplicemente perché non gli arriva ossigeno al cervello»
«A quello no di sicuro visto come lo hai conciato… avremmo dovuto chiamare un’ambulanza?»
   «Fammi capire, quello stava per violentarti e tu avresti anche il coraggio di aiutarlo?» domandò scettico, io mi limitai ad alzare le spalle
«Sono fatta così… Oh, è finita» non mi ero accorta che, in pochi sorsi, avevo svuotato la tazza
   «Proprio vero, donne e cioccolata vanno a braccetto» scherzò lui e io mi soffermai, per la prima volta, sul suo viso. Labbra sottili, naso dritto, dentatura perfetta, occhi di un azzurro quasi blu
   «Se non la smetti di guardarmi così finirai per consumarmi» ironizzò lui «Comunque io mi chiamo Connor» si presentò porgendomi la mano
«Io sono Nymphadora» dissi ricambiando la stretta «E cosa dovrei guardare di grazia?»
   «Me, sono bello come il sole»
«Peccato che il carattere lasci parecchio a desiderare» commentai ironica
   «Potrei dire lo stesso di te, dolcezza»
«Come no, tutta invidia la tua»
   «Se posso darti un consiglio però troverei un modo per difenderti» disse lui tranquillo «Ce ne sono tanti, un coltello in borsa per esempio, o uno spray al peperoncino, oppure qualche lezione di autodifesa»
«Quasi quasi eviterei il coltello… Mi inventerò qualcosa. Ora devo andare, si sta facendo tardi» dissi lasciando i soldi sul tavolo
   «Aspetta te la senti di andare da sola?» chiese imitando il mio gesto
«Si, tranquillo, abito qui vicino» lo rassicurai mentre uscivo. Non mi ero sbagliata ero davvero vicino a casa, non ci avrei messo molto «Grazie Connor… ricambierò il favore un giorno, se ci rivedremo» lo salutai voltandomi sulla strada per casa mia
   «Ci conto, dolcezza» lo sentii dire alle mie spalle per poi voltare l’angolo. La sera a casa avevo ripensato ai due incontri di quel giorno e pensai che era stata una giornata ben più piena di quanto non avevo pensato quella mattina appena sveglia, ma mai avrei pensato che avrei avuto a che fare con loro in modo così ravvicinato.


Rouge e Minori: Bene bene, eccoci qua con il secondo capitolo, speriamo che vi sia piaciuto e che ce lo farete sapere, grazie alle recensioni sappiamo cosa non va bene o cosa deve essere cambiato, quindi speriamo di ricevere vostre notizie!Qui sotto vi lasciamo un'immagine di Nymphadora per lasciarvi un'idea di com'è fatta, vi presenteremo tutti i ragazzi, capitolo per capitolo. Ora ce ne andiamo, vi salutiamo e vi aspettiamo al capitolo 3!

 
  
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