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Autore: 9CRIS3    06/06/2014    4 recensioni
< Cosa sta succedendo? > chiese Abby in modo tranquillo ed efficiente.
Aveva capito che si trattava di un'emergenze e che mi serviva in veste di avvocato e non di cognata.
< Ci toccherà parlare a bassa voce e fingere qualche sorriso. Ryan ci sta guardando > la informai.
Abby annuì e poi mi chiese di sputare il rospo.
< Okay. Sto per dirti qualcosa che non ho ancora detto ai miei genitori o a Ted. Non lo sa nessuno e preferirei che continuasse a non saperlo nessuno fino a quando non diventa assolutamente indispensabile che anche gli altri siano informati. >
< Chiaro > fece lei, guardandomi con un'espressione mortalmente seria.
< Sto per assumerti come mio avvocato. > iniziai.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Merda > sibilò Ryan, uscendo rapidamente da me e alzandosi i pantaloni.
Riacquistai l'equilibrio alla svelta e mi sistemai il pigiama come meglio potevo e mi resi conto che non ci fu alcuno bisogno di  rispondere a mia cugina.
Entrò nella stanza e accese la luce e poi vidi dipingersi sul suo volto espressioni di stupimento e malizia.
Ryan era davanti a me con la sua eccitazione, seppur coperta dai pantaloni, ancora molto, molto evidente.
Entrambi avevamo il fiato corto ed ero più che sicura di aver assunto un colorito rosso peperone.
< Bene, bene, bene > disse lei entrando definitivamente ed andandosi a sedere su uno sgabello del bancone.
< Io.. emh.. vado > Ryan mi scrutò attentamente, come a chiedermi cosa? Di tacere, di nascondere la cosa? Ormai il danno era fatto: Ava se ne era accorta durante la cena, quando lui era venuto a cercare qualcosa da mangiare.
Uscì veloce come era entrato e immaginai fosse tornato in camera sua.
Mi avviai verso i fornelli, spensi le fiamme e versai l'acqua nella mia tazza. Le mani mi tremavano per l'agitazione di essere stata  beccata a sentivo l'eccitazione rimanere incollata al mio corpo.
< Colti in flagranza di reato > fece Ava maliziosa.
Di tutta risposta sbuffai.
< Sai, l'ho guardato meglio e devo ammettere che è proprio un bel ragazzo >
Già, era decisamente bello con quegli occhi neri penetranti, i capelli scruti arruffai e le labbra così sensuali. Quelle labbra che fino a pochi istanti prima stavano deliziosamente accarezzano le mie, regalandomi sensazioni così meravigliosa che..
< Poteva entrare tuo padre > Ava interruppe il corso dei miei pensieri.
Mi bloccai a quelle parole e sentii impallidirmi.
Se mio padre fosse entrato in cucina e avesse visto me e Ryan, probabilmente lo avrebbe licenziato seduta stante, ma in fondo Ava non ci aveva visto fare nulla: per quando poteva saperne lei potevamo esserci solo baciati, considerando che eravamo riusciti a vestirci appena in tempo.
Non la dai a bere a nessuno questa cazzata! mi urlò il mio cervello.
Okay, dovevo ammettere che il fatto di essere al buio in una cucina deserta nel bel mezzo della notte, con i volti trafelati, i capelli scompigliati e le guancie arrossate probabilmente sarebbe stato equivoco.
< Per tua fortuna sono  stata io a trovarvi. > continuò.
Mi andai a sedere vicino a lei e sorseggiai piano il tè per potermi riprendere, assumere un tono di voce normale e scacciare quella sensazione che stringeva il mio sesso lasciato insoddisfatto.
< Una volta mamma ha beccato me e Mike > mi confessò.
< Cosa? Quando? > mi incuriosì.
< All'inizio della nostra storia. E' rimasta scioccata di trovarci e si è chiusa la porta alle spalle. Mike è fuggito a gambe levate > ridacchiò.
< O mio Dio! E poi cosa è successo? >
< Niente mi sono sorbita una lunga chiacchierata sul sesso sicuro e papà non è riuscito a guardarmi in faccia per un po'. Oh, e Mike è stato bandito da casa. Non te lo avevo mai detto ? >
Scossi la testa in senso di diniego, ma probabilmente era successo quando avevo iniziato il college e quindi quando i miei rapporti con il mondo umano erano pari a zero se non nei periodi di esame quando ero costretta ad uscire per parlare con i professori.
< Pheebs, questa storia con Ryan.. Prima c'erano le ragazze e non mi sembrava il caso.. ma Jacob.. >
Capii perfettamente a cosa si stava riferendo Ava.
< Io sto bene con lui. E' un toccasana se pensiamo a tutto quello che mi ha fatto Jake > risposi stringendomi nelle spalle.
< Posso immaginarlo ma.. ne sei sicura? > i suoi occhi mi fissavano sinceri, aspettandosi un risposta altrettanto vera.
< Sicura di Ryan? > chiesi
< Si >
Come si fa ad essere sicuri di qualcuno? E' sempre un terno a lotto quando ci si affida ad un'altra persona, e io lo avevo vissuto sulla mia pelle il male che qualcuno che ami può farti. < Io mi trovo bene con lui, mi sento protetta. >
< Che ironia, eh? Lui è stato assunto per proteggerti > mi ricordò.
< Si, è una cosa che non riesco a dimenticare > mi riferivo a papà.
< Credo che Christian Grey vi darà del filo da torcere >
< Tu dici? > feci sarcastica.
Ava ridacchiò e poi posò una mano sulla mia. < Devi chiudere definitivamente con Jacob altrimenti la vostra storia resterà in sospeso >
< Io.. no.. non voglio più vederlo. >
< Lui è venuto fin qui per vederti, Pheebs. Se non sarai tu ad andare da lui per mettere le cose in chiaro, molto probabilmente verrà lui da te > disse saggiamente.
Aveva ragione; fino ad ora il dottor Jacob Coates si era dimostrato molto insistente e tenace e se io avessi continuato ad evitarlo, probabilmente lui avrebbe fatto in modo di arrivare a me per vie indirette, mettendo in difficoltà ancora una volta il mio precario equilibrio.
Era quindi necessario affrontarlo e dirgli di uscire dalla mia vita una volta e per tutte, solo che era faticoso farlo. Si, lo era perchè significava dover affrontare un'altra lite o quanto meno una discussione in cui avrei dovuto spiegare quanto mi aveva fatta stare male e del perchè non volevo mai più rivedere la sua faccia, un tempo a me così cara.
Avrei dovuto fargli quel discorso  il momento prima di sbatterlo fuori casa, così mi sarei risparmiata l'ulteriore sofferenza in quel momento, ma quando ero arrabbiata tendevo a non controllare i miei scatti d'ira o le parole che dicevo. Agivo e basta e quello che succedeva, succedeva.
< Vorrei che lui capisse e se ne andasse > sussurrai.
< Sarebbe tutto più semplice > concordò Ava.
< Già >
< Si sistemerà tutto, Pheebs. > Ava mi strinse a sé in un abbraccio e io sentii un singhiozzo sfuggirmi dalla bocca. < Hei, non piangere. > sussurrò dolce.
Non dovevo e non volevo piangere, non un'altra volta.
< Mi dispiace così tanto, Pheebs. Quel coglione non ti merita e non merita nemmeno le tue lacrime >
Aveva ragione, di nuovo.
< Ava.. Io.. Ho combinato un casino >
< Che intenti? >
Le raccontai di Jack. Di come Jacob fosse coinvolto nella storia.
Le raccontai le stesse cose che avevo detto anche ad Abby: avevo iniettato la cura in questo piccolo bimbo molto malato senza il consenso della madre, dopo che lei si era scopata il mio ragazzo. Di come quella donna fosse andata poi da Jacob e lui da Marcus.
< COSA? > urlò Ava.
< Ti prego, abbassa la voce > la supplicai. < Papà e mamma non sanno nulla. Non sa niente nessuno, Abby esclusa: l'ho assunta come avvocato >
< Che diavolo ti è saltato in mente, Grey? > mi fissò negli occhi apertamente, senza nascondere il suo stupore e rabbia. < Ti sei cacciata in un mare di guai per vendetta? E quel bambino? >
< Non l'ho fatto per vendetta > la rassicurai. < Stavo lavorando su quella cura da un bel po' di tempo e il mio primario ne era al corrente e anzi, di tanto in tanto mi aiutava. Quando sono arrivata ad una conclusione mi serviva solo la firma della madre per poterla iniettare, ma lei non c'era. Jack ebbe una crisi quella notte e dopo averlo operato per la settima volta capii che il suo corpo non avrebbe retto un altro collasso o crisi di qualunque tipo > sospirai al ricordo di quella notte.
< Decisi di lasciare al suo corpicino ventiquattro ore per cercare di ristabilire il suo precario equilibrio e poi ho iniettato l'HIV >
< Hai infettato un bambino già malato con l'AIDS? > i suoi occhi si spalancarono ancora di più.
< No, Ava, non è proprio così. Non si tratta dell' AIDS, ma dell'HIV disattivata. Lui ora è un portatore sano. >
< Ma questo significa che potrebbe infettare qualcuno > osservò
< E' una probabilità, ma almeno gli ho ridato una vita >
< E sta funzionando? >
< Si? >
< Jacob ne era al corrente? >
< No, non sapeva nulla fino a quando la madre gliene ha parlato >
< Ma voi due stavate assieme mentre tu lavoravi sulla cura ? > domandò, non capendo  gli avvenimenti dei fatti.
< Si, noi stavamo assieme, ma il rapporto era teso > spiegai.
< Per via della troia? >
< No >
< E per cosa? >
< E' complicato > sussurrai.
Essermi sfogata con lei mi aveva fatto bene, aver confessato il mio peccato a qualcuno che non fosse un avvocato, o comunque un mio collega, mi aveva fatta sentire più libera, perchè ora sapevo che c'era qualcuno che poteva indirizzarmi, consigliarmi, essermi vicino nel momento del bisogno. Sapevo che non dovevo più stare attenta a quello che dicevo o come parlavo di determinate cose, perchè Ava era mia complice. Mia cugina, la mia migliore amica, era con me in quel momento difficile, ma non riuscii lo stesso a dirle tutto, del perchè fosse complicato quella parte della storia tra me e Jacob.
< Okay, se mai vorrai parlarne, io ci sono > mi sorrise dolcemente.
< Grazie >
< Come la vuoi risolvere questa faccenda? > chiese poi, efficiente.
< Sono andata da Abby e le ho chiesto di essere il mio legale >
< Mossa saggia. Come procede? >
< Sta cercando di farmi togliere la sospensione > spiegai
< Sei stata anche sospesa? Merda! > Ava sbuffò e poi mise le braccia conserte, raddrizzando la schiena.
< Cosa hai raccontato ai tuoi? >
< Che sono in vacanza > mi strinsi nella spalle.
< Lo stronzo farà meglio a stare lontano dal resto della famiglia, a meno che tu non abbia intenzione di raccontare tutto anche agli altri >
< Vorrei poter chiudere la faccenda e dimenticarmela in fretta >
< Abby cosa dice? >
< Che si può risolvere >  
Ava fece un sospiro di sollievo. < Ted lo sa? >
< No >
< Abby non dirà nulla? >
< Non può > aveva il segreto professionale.
Lo sapevo io, lo sapeva lei e ora sapeva anche Ava ma se mio fratello ne fosse venuto a conoscenza, segreto professionale o meno, si sarebbe incazzato.
Il mio egoismo era davvero troppo, ma non volevo ingigantire ulteriormente la situazione: ero già abbastanza fortunata che la stampa ne fosse rimasta fuori.
< Dio mio che situazione, Phoebe >
< Lo so >
< E volevi affrontarla da sola! > sbottò lei, stringendomi in abbraccio rassicurante.
 
Qualche ora più tardi, dopo aver visto l'ultimo film assieme ci andammo a sdraiare tutte e quattro nel mio letto. Fortunatamente era uno di quelli grandi, enormi, quasi gigantesco e quindi riuscimmo a starci tutte senza nessun problema.
Stavo sdraiata a pancia in su, fissando il soffitto, senza riuscire a prendere sonno, senza riuscire a distogliere il mio pensiero da Ryan, che si trovava solo a qualche metro di distanza, steso in un piccolo lettino e probabilmente addormentato.
Ero ancora insoddisfatta di come fosse stato interrotto il nostro incontro notturno anche se ringraziavo la divina provvidenza che fosse stata Ava e non mia madre o, peggio, mio padre ad entrare in cucina.
Sapevo che mia cugina mi avrebbe coperta nel caso fosse venuta a galla la storia mia e di Ryan prima che io o lui potessimo avere il tempo di ragionarci o di decidere di raccontare i fatti.
Ava ci sarebbe sempre stata per me e io ci sarei sempre stata per lei. Questo era un dato di fatto, qualcosa di certo su cui non avevo mai dubitato ma che mi aveva quasi spiazzata quando me ne ero resa conto.
Io e lei avevamo solo pochi mesi di differenza e la cosa serviva solo a rafforzare ancora di più il nostro legame così forte.
Immaginai però che saremmo riuscite a creare un rapporto così bello anche se tra noi ci fossero stati molti più anni di differenza: papà e zio Elliot andavano d'accordo proprio come due fratelli veri: si prendevano in giro scherzosamente, lavorano assieme di tanto in tanto, andavano a pesca insieme e poi condividevano l'amore per i nonni, i loro genitori, e zia Mia. Aggiungiamoci poi il fatto che mamma e zia Kate erano e sono migliori amiche, oltre che cognate, dai tempi del collage e il dado è tratto.
Ava e io crescemmo praticamente in simbiosi: se stava male una, poco dopo l'altra presentava gli stessi sintomi, io iniziavo una frase e lei la finiva, condividevamo gli stessi gusti in musica, film, attori, cibo. Eravamo praticamente sorelle e non solo due cugine con cui il destino era stato particolarmente buono, considerando che i nostri padri erano stati adottati: se fossero stati affidati  famiglie diverse, io non avrei mai conosciuto quella che ritenevo essere una delle persone più importanti della mia vita.
Quella pazza scalmanata per me una volta si era rotta un braccio, e  per non farla piangere avevo fatto in modo di rompermelo anche io, buttandomi dallo stesso albero da cui era caduta lei per andare a prendere l'aquilone che era rimasto incastrato.
Era stata Ava a spiegarmi cosa fare durante i baci, era stata lei a porgermi il primo assorbente interno e sempre lei a strapparmi le sopracciglia per il mio primo appuntamento.
Lei c'era per le cose allegre e  leggere, ed ora ci sarebbe stata per quelle pesanti come la sospensione o il casino che avevo combinato con Jack Braden.
La guardai dormire, con gli occhi chiusi e le labbra semi aperte mentre il suo petto si alzava si abbassava dolcemente in un sonno tranquillo.
Avevo una famiglia fantastica e la stavo trascurando troppo per pensare solo ai miei guai.
Mi alzai dal letto e a piedi nudi uscii dalla mia camera, per raggiungere Ryan e distrarmi dai pensieri cupi che sarebbero arrivati se avessi continuato a rimuginare.
Volevo abbracciare il piccolo Taylor stretto e stare un po' con lui: sentivo la sua mancanza.
Camminai cercando di non fare rumore e guardandomi furtivamente attorno: la fortuna era stata clemente con me una volta e non credevo che mi avrebbe fatto lo stesso favore per due volte consecutive.
Entrai svelta nella camera di Ryan e richiusi la porta dietro di me cercando di fare il meno rumore possibile.
Mi sorpresi, quando lo trovai semi disteso, con la schiena appoggiata alla testiera del letto sveglio e con un libro in mano.
Era a petto nudo, con indosso colo i pantaloni del pigiama da cui spuntava fuori l'elastico dei boxer neri, le coperte era raggruppate ai suoi piedi, spostate di lato. I suoi capelli erano umidi - segno che dimostrava si fosse fatto una doccia - e mi sorpresi quando scendendo con lo sguardo, per incontrare i suoi occhi, appoggiati al naso vidi un paio di occhiali neri, rettangolari.
Quella montatura, quella posizione, il suo petto nudo, il libro in mano che gli conferiva un'aria intellettuale, lo resero ancora più sexy di quanto già fosse.
< Buonasera, dottoressa > mormorò con la sua voce profonda. 
Bastò sentirlo parlare e il mio corpo si agitò tutto.
< Piccolo Taylor > gli sorrisi, rispondendo al suo saluto.
Ryan posò il libro sul comodino e poi mi fece segno di avvicinarmi a lui. Accettai di buon grado l'invito e mi andai a sdraiare accanto a quella meraviglia. Appoggiai la mia testa sul suo petto e vi lasciai un piccolo bacio prima di alzare lo sguardo verso il suo.
< Non sapevo tu portassi gli occhiali >
< Ora lo sai > mi posò un bacio sulla testa, mentre le sue mani mi accarezzavano lente il ventre.
< Mi dispiace per prima > sussurrai.
< Anche a me > ridacchiò. < Cosa le hai detto? > chiese poi, curioso.
< Non ho dovuto dirle niente: se ne era accorta già durante la cena. Tutte se ne sono accorte > gli spiegai.
< Siamo così evidenti? >
< Tu si > lo presi in giro.
< Ah, davvero? > fece in tono fintamente arrabbiato. < Tu invece sei completamente immune al mio tocco o alla mia presenza, dottoressa? >  le sue mani scesero più giù, fino ad arrivare al bordo delle mie mutandine.
Sospirai, sperando che non si fermasse e che riprendessimo da dove ci eravamo interrotti.
Piano portò la mano dentro la mia biancheria, sfiorandomi solo con i polpastrelli. Trattenni il fiato, e mi sentii terribilmente eccitata, seppure non aveva fatto altro solo che sfiorare la parte alta del mio sesso.
< Bene, almeno so che non sei tanto immune quanto vuoi far vedere > fece, soddisfatto.
< Non sono per niente immune a te > gli confessai.
< E io non lo sono a te >
Improvvisamente le sue mani si spostarono sui miei fianchi e mi posano a cavalcioni su di lui. Mi appoggiai ai suoi bicipiti per non perdere l'equilibrio e mi meravigliai quando sentii i suoi muscoli guizzare: aveva davvero un corpo perfetto.
Mi chinai e gli posai un bacio sullo sterno, tra i suoi perfetti addominali.
Ryan rabbrividì e io ne approfittai per lasciarsi una scia di baci fino a salire verso la sua bocca. Mi spostai sul suo inguine, per potermi avvicinare alla meta e sotto di me sentii la sua erezione cominciare ad ingrossarsi.
Sorrisi soddisfatta prima di posare le mie labbra su di lui.
Le sue mani si posarono immediatamente sul mio sedere e lo strinsero forte tra le mani, fino a farmi gemere. Mi scostai da lui e lo fissai negli occhi, stupendomi di come un paio di occhiali potessero farlo diventare ancora più bello.
< Ti voglio > mormorò lui, spostandosi da quella direzione e rovesciando la situazione: ora ero io a stare sotto di lui.
Tirò giù i miei pantaloni e con loro anche le mutandine, sistemandosi meglio tra le mie gambe, da lui spalancate. Sollevò appena la maglia del pigiama ed iniziò e scendere con la sua lingua, partendo dall'ombelico fino ad arrivare all'ingresso della mia vagina.
Iniziò a dedicare attenzioni speciali al clitoride, muovendo in circolo la lingua dapprima molto lentamente, torturandomi deliziosamente, e poi aumentando il ritmo fino a portarmi al culmine, che raggiunsi non appena infilò un dito dentro di me.
< Tocca a me > dissi, quando mi fui ripresa dall'orgasmo.
Scesi dal letto e mi liberai anche della casacca del pigiama, rimanendo solo con il reggiseno. Feci sedere Ryan sul bordo del letto e gli sfilai gli indumenti ormai inutili.
La sua erezione era già pronta quando la mia bocca la accolse.
 
Restammo abbracciati, con i corpi nudi avvinghiati a sorriderci ed accarezzarci. La sensazione che mi dava stare tra le sue braccia era così meravigliosa che non sapevo descriverla a parole. Mi sentivo protetta, amata, al sicuro.
< Come sta Alex? > gli chiesi, onestamente curiosa.
< Sta bene > disse lui facendo un grande sorriso. < Ha preso una A al test di matematica, oggi >
< Bravissimo >
< Dice che da grande vuole costruire aerei > mi disse orgoglioso.
< Allora gli servirà sicuramente la matematica >
Ryan ridacchiò e mi strinse più vicina a sé.
< Phoebe? >
< Mmmh? >
< Rimani qui con me a dormire? >
Mi si strinse il cuore a sentire quella richiesta. Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi rivolgermi un sorriso timido, speranzoso. Fu come vedere il sole per la prima volta.
< Si > sussurrai.
Al diavolo il fatto che qualcuno poteva entrare, al diavolo il fatto che la fortuna poteva non aiutarmi una seconda volta, al diavolo tutti. Volevo stare là con lui, tra le sue braccia, a coccolarci tutta la notte.
Ryan mi strinse ancora più forte e poggiò il mento sulla mia testa.
< Cos'hai da fare domani? > domandò.
< Ho la riunione della sicurezza alla GEH alla mattina e poi nulla >
< Ci sarò anche io, tuo padre si è già raccomandato che io ti accompagni > mi avvisò.  < Sai è strano vederti all'opera. >
< Cosa intendi? >
< Quando sei con me sei sempre così docile e tranquilla, o almeno per la maggior parte delle volte. Invece quando ti vedo al lavoro ti trasformi: diventi una sorta di dittatrice >
< Sul serio? > chiesi sorpresa
< Si. Soprattutto quando sei all'ospedale >
Tornai con i ricordi alla sera quando effettuai la tracheotomia a Betty. < Non capisco se è un complimento o una critica > dissi sincera.
< E' un complimento. Diventi sexy quando fai l'autoritaria >
Oh. Mi sentii arrossire e nascosi il volto sul suo petto.
< Sei sexy anche quando fai le fusa > mi accarezzò dolcemente la schiena.
< A me piacciono i tuoi occhiali invece > gli dissi.  < Ti danno un'aria intelligente >
< Stai dicendo che solitamente sono scemo? > mi costrinse al alzare la faccia fino ad incontrare il suo volto. Mi stava fissando con un sopracciglio alzato e le labbra arricciate, cercando di trattenere un sorriso.
< Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, piccolo Taylor > scherzai.  Alzai ancora di più il viso fino a sfiorare le mie labbra con le sue.
Lo baciai teneramente, stringendo la sua faccia tra le mie mani sentendo un accenno di barba accarezzarmi i palmi.
< Domani sera vieni con me a vedere una partita di basket? >
< Okay > un altro appuntamento.
< Così potrò vederti mangiare in modo sgraziato i pop corn e comportarti da maschiaccio > mi sorrise, ricordando quello che gli avevo detto la volta che eravamo andati a pattinare.
< Posso venire in tuta, quindi? >
< Puoi mettere tutto quello che vuoi, dottoressa, e saresti comunque bellissima >
Mi sciolsi a quelle parole e riportai le mie labbra a contatto con le sue per baciarlo appassionato
  
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