CAPITOLO 5
TRIS
Cammino con Tobias sotto
mantello che strascica per terra: è un piano stupido, ma sembra stia
funzionando.
Forse ce la possiamo fare: l'importante è che nessuno si
domandi come mai il don sia tanto ingrassato.
Sento il cuore gonfiarsi di speranza: staremo di nuovo
insieme, felici, ce ne andremo da qui.
Avrei voluto far uscire anche Travis,
ma Tobias mi ha fatto notare che non avremmo saputo
come fare; eppure mi sento tanto in colpa nei suoi confronti...
Ecco il portone per uscire: ce l'abbiamo quasi fatta.
“Don Mario! Eccola qua! Come mai tutta questa fretta?
Entri pure, dovrei parlarle in privato.” è la voce di Mark.
Panico.
L'uscita è troppo lontana per scappare: ci prenderebbero;
siamo costretti a entrare nella stanza con lui.
Mark ci chiude la porta alle spalle.
Sento i muscoli di Tobias
tendersi: siamo due topi in trappola.
TOBIAS
Mark sistema qualche carta sul tavolo dopodiché si gira e
finalmente mi guarda.
Sto sudando freddo.
Mi osserva un attimo alzando un sopracciglio come a
chiedersi cosa ci fosse in me di diverso dal solito.
Mi accorgo dopo pochi secondi che le cose non sarebbero
andate per il verso giusto.
Mark si mette a ridere: “Assolutamente sfrontato e ben
visibile. Forse proprio per questo il vostro giochetto sarebbe potuto
riuscire.” non smette di ridere.
Mi brucia la mano dal desiderio di tirargli un pugno nei
denti, ma dobbiamo temporeggiare: se avesse urlato o chiamato aiuto per noi è
finita.
“Allora...qual è il vostro nome?” Mark sorride: sa di aver
la situazione in pugno.
Non ci muoviamo: forse invece che tramortirlo potremmo
convincerlo ad aiutarci...
Tris salta fuori dal saio e si piazza decisa davanti a
Mark.
Provo una fitta di dolore alla bocca dello stomaco: ho di
nuovo quella soffocante sensazione che mi dice che tutto andrà male.
“Mark, ti prego...devi aiutarci.” lo implora “Ti è mai
capitato, Mark, di avere tutto il mondo contro di te? Affrontare guerre, piani,
dover fare la cosa giusta per non perdere chi ami, perché basterebbe un solo tuo
passo falso e puoi dirgli addio? Hai mai dovuto sacrificarti per qualcuno e
lasciarti tutto alle spalle? Hai mai avuto paura dell'oblio?”
Mark la guarda sorpreso, oserei dire quasi scosso.
Tris trema mentre parla e vedo quanta fatica fa per
trattenere le lacrime: vorrei solo correre da lei e abbracciarla, sparire per
sempre.
Eppure rimango fermo a fissarla, mentre ogni parte del
corpo mi fa male per la mia impotenza.
“Mark...hai mai pensato che non avresti avuto abbastanza
lacrime per piangere? Be, questa è stata la nostra vita nell'ultimo anno, Mark,
e ora possiamo cambiarla...aiutaci ti prego...”
Lui la guarda negli occhi, ma sposta subito lo sguardo
come se non potesse sopportare a lungo quello di Tris.
Allora guarda me.
Devo dire che guardare me non gli fa né caldo, né freddo,
un po' come se fossi trasparente.
Guardandomi dice piano: “Mi ricordate qualcuno, ma sì, me
li ricordate proprio quei due.” ghigna tra i suoi pensieri “credevano nella
vita loro, credevano in loro stessi, nel loro amore. La vita ha pensato bene di
insegnarli che non è così semplice.”
Tris lo guarda interrogativa, quasi speranzosa; mentre io
vengo pervaso dal panico e vorrei solo uscire e affrontare un drappello di
dieci guardie, piuttosto che ascoltare quest'uomo.
“Non le sembra allora giusto cercare di aiutare noi? In
memoria di quei due ragazzi...” tenta di dire Tris.
Lui la guarda con rabbia: “Eravamo io e Giulia quei due
ragazzi...” ride “ho imparato una lezione importante, Tris. Pensavo che questa
cosa l'avessi già imparata, mia cara. Il fatto è che la vita non è giusta. E se
non lo è stata per noi, per quale motivo lo deve essere per voi?” ride, leggo
nei suoi occhi che il suo unico desiderio è farci del male “la vita non è
giusta, ma almeno questa ingiustizia potrebbe essere distribuita equamente per
tutti, o no?”
Era la sua vendetta: noi saremmo stati il suo strumento
di vendetta verso la vita.
La speranza se n'è andata dal volto di Tris che ora è
terrea.
Non abbiamo un secondo da perdere.
Mi lancio contro Mark e cerco di tirargli una botta
dietro la nuca abbastanza forte da tramortirlo.
Ma lui è bravo, molto bravo.
Sto per avere la meglio, ma sento un grido strozzato
provenire da Tris.
E' entrata una guardia che ora la tiene ferma con un
coltello alla gola.
Sono efficienti qui le guardie.
Mi blocco, siamo finiti. Non c'è più nulla da fare.
Mark sorride compiaciuto alzandosi da terra.
Allora io ho un'idea: mentre è distratto lo afferro da
dietro, gli piazzo il suo stesso coltello contro la gola, e lo tramortisco brevemente
con un pugno.
Guardo la guardia con aria di sfida: “Lo uccido se non la
lasci subito.”
Quello non si scompone: “Io uccido lei, se tu non lasci
subito lui.”
“Ma se verranno a sapere che hai lasciato uccidere il tuo
capo non so come te la passerai, amico.”
Ora sembra titubante.
“Lasciala.” ripeto.
Lui molla la presa e Tris per un attimo barcolla
tossendo.
Ci avviciniamo all'uscita tenendo in ostaggio Mark e
all'ultimo secondo lo lasciamo dentro alla stanza chiudendola a chiave con
ancora dentro la guardia.
Ma altre guardie vicino alla porta di ingresso ci hanno
visto o sono accorse sentendo quegli strani rumori.
Corriamo verso il piano superiore, ovvero le uniche scale
senza guardie pronte e ucciderci.
E poi ancora più in alto e più in alto ancora.
Siamo arrivati alla torretta, un'angusta stanzetta
circolare con le pareti scrostate e delle ragnatele che pendono dal soffitto.
Sprango la porta per avere un attimo di tempo per pensare
prima che ci trovino ed irrompano dentro.
TRIS
Tobias mi stringe a sé che quasi mi soffoca,
ma ormai non distinguo più un dolore dall'altro.
Inspiro il suo odore e lo bacio, perché ho paura che sarà
l'ultima volta che lo bacerò.
Fronte contro fronte, il mio respiro nel suo e i nostri
nasi che si sfiorano.
Rimaniamo così per un po', mentre nessuno di noi riesce a
farsi venire in mente una via d'uscita.
Il mio sguardo si sposta al finestrone spropositato della
torretta: fuori la notte è scura e accogliente e soffia un vento caldo che
porta con sé gli odori del bosco poco più in là.
Un fremito mi percorre tutto il corpo: una soluzione c'è,
ma forse sarebbe stato meglio non vederla.
Tobias si avvicina alla finestra senza
lasciarmi la mano, quindi sono costretta ad alzarmi anch'io e a seguirlo.
“Tris...” sussurra con voce spezzata.
No, non ce la posso fare, non di nuovo.
“Ce ne andremmo in un altro universo parallelo...qui
saremmo costretti a rimanere in prigione per tutta la vita.”
Mi vacillano le ginocchia e mi torna in mente la frase di
Mark: la vita non è giusta.
Ho paura, ho paura e non riesco a muovere un passo.
Lui mi abbraccia di nuovo, mi bacia e fa scorrere le sue
mani lungo la mia schiena: “Ti amo.” dice.
Mi viene in mente che forse l'amore non esiste e che due
persone che si amano non sono altro che due anime egoisticamente pazze l'una
verso l'altra.
“Ti amo anch'io.” gli sussurro comunque.
Sussultiamo sentendo che le guardie sono arrivate e che
stanno cercando di forzare la serratura e buttare giù la porta.
Che stupida sono stata: non ho pensato che anche Tobias deve stare morendo di paura, inoltre lui ha paura
dell'altezza.
“Okay.” dico.
E stavolta sono decisa.
Lui annuisce e saliamo con i piedi sul davanzale della
finestra.
“Non lasciarmi.” sussurra Tobias
con la voce che trema.
“Mai.” rispondo stringendogli più forte la mano.
Per un attimo mi torna in mente Margaret e la fatica che
ha fatto per aiutarci, Amelia che mi ha accolto così gentilmente in casa
sua...quello che stiamo facendo è veramente cattivo verso di loro.
Ma è troppo tardi per tornare indietro, non abbiamo altra
scelta.
“Insieme.” sussurro.
“Insieme.” ripete lui.
La notte è tanto serena e calma che forse saltando ne
verremo risucchiati e non proveremo alcun dolore.
Mentre la porta fa un tonfo e le guardie entrano, i
nostri piedi si staccano da terra.
Aria.
GOVERNATORE DELLA CITTA'
Lo scandalo increscioso provocato dai due giovani è stato
sistemato in pochi giorni, spero non vi saranno conseguenze.
Io e Mark stiamo decidendo le ultime cose: come il giorno
dei funerali dei due, gli orari, e quanto il comune sia disposto a spendere.
“Vedi Mark, hai fatto un ottimo lavoro.” gli dico “in un
modo o nell'altro ci siamo liberati di loro e tutto si è risolto per il
meglio.”
“Sì, signore.”
Guardo Mark corrugando: ha una voce stanca, delle
occhiaie profonde e vedo che ogni tanto gli tremano le mani.
Sembra invecchiato di colpo.
“Portami un bicchiere di whisky, Mark. Brinderemo insieme
per questo buon esito!”
Mi guarda quasi spaventato, poi il suo sguardo diventa
velato e dice piano: “Sono diventato astemio, mi dispiace, signore.”
“Non fa niente Mark.” dico sempre più stupito.
Se ne va a passo strascicato.
E' triste, sì ora capisco che deve essere triste per
qualcosa.
Ma è una tristezza così strana...
Ridacchio tra me e me: è una tristezza che proprio non
riesco a capire.
Ciao a tutti!!
Vi volevo ringraziare per essere arrivati a leggere fin qui e dirvi che ci tengo molto a sapere cosa ne pensate e se vi è piaciuta.
Baci,
Emily