Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Morea    07/06/2014    2 recensioni
Contando quella attualmente in corso, era a quota ottocentotrentasette sfuriate, cinquecentoventisei avvisi di licenziamento, trecentosessantuno promesse di ferite gravi e diciotto minacce di morte.
In realtà il conto non l'aveva tenuto lei, la matematica non era mai stata il suo forte e neanche la memoria aveva mai giocato a suo favore, ma Ami Mizuno non faceva che imbrattare di palettini il fido quadernino azzurro che teneva sempre a portata di mano, vicino alla testa del suo ultimo cadavere.

Tokyo, tempo imprecisato, quasi-AU, storia ispirata parzialmente ad anime e manga. [Vorrebbe essere un giallo, ma la testa della sua autrice non è ancora sicura di voler collaborare. Molto probabilmente i personaggi andranno un po' (tanto) OOC, ma si spera di riuscire ad arginare i danni.]
Usagi e il suo Ufficio Investigazione si ritrovano a indagare su una serie di misteriosi furti e omicidi, mentre Mamoru si esercita con le proposte di matrimonio e russa insieme a Motoki.
Genere: Commedia, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inner Senshi, Luna, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny, Yuichiro/Yuri | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuovo2


Si svegliò prima Mamoru, come al solito, perché a quell'ora una corsetta per settecento-ottocento isolati non gliela toglieva mai nessuno. O forse perché aveva un piede di Motoki particolarmente vicino al naso (dovevano smetterla di crollare addormentati sul divano ad angolo, soprattutto se dimenticavano ogni volta di mettersi d'accordo sulle posizioni da tenere per la notte). Erano le cinque del mattino, era appena febbraio, e quella che Mamoru amava chiamare "brezza" aveva le fattezze di una tempesta di neve, mentre il buio non aveva ancora lasciato spazio all'alba. Poco male, pensò, mentre qualche minuto più tardi varcava la soglia del bagno, senza far rumore.
Accese la luce e vide che tutto era al suo posto, come l'aveva lasciato la sera prima. Forse Motoki aveva imparato a non frugare in ogni angolo come l'impiccione che era - o forse, realizzò con una punta di delusione, non aveva avuto il tempo materiale di visitare il bagno, essendosi addormentato prima di poter percepire un qualsivoglia stimolo.
Mentre lo scroscio della sua pipì riecheggiava nella quiete del mattino, si disse che non poteva star dietro alla ficcanasaggine dell'amico, barricandosi in casa. E comunque, Motoki non avrebbe trovato niente, non c'era motivo di preoccuparsi. A chi sarebbe mai venuto in mente, di domenica mattina, di infilare una mano dentro un vaso colmo di terra? Così finì quello che stava facendo, si dette una rinfrescata rapida, si disfece dei boxer indossando un paio di slip - si era scordato una sola volta in tutta la vita di quest'operazione e aveva passato le ore successive a maledire quel dondolio fastidiosissimo e a correre più veloce che poteva, tornando comunque a casa con tutte le palle indolenzite - e uscì dal bagno in felpa e mutande. Gli bastò aggiungere all'insieme un paio di pantaloncini (sì, era febbraio, sì, erano le cinque e un quarto, sì, stava nevicando) e delle scarpe che parevano nuove di pacca, e fu pronto per uscire. Come al solito nascose le chiavi di casa nella cassetta delle lettere (non aveva mai brillato per inventiva, per questo quando aveva pensato al ficus come nascondiglio perfetto si era stupito di se stesso) e andò incontro alla tormenta.
Il tempo di svoltare l'angolo e un gatto particolarmente nottambulo o particolarmente mattiniero lo vide balzare su un tetto.

Qualche ora più tardi, ad Ami parve di vedere un'ombra rapidissima passare di fronte alla finestra della cucina di Makoto. Pensò che fosse tutta suggestione, dopotutto ripassando il suo tomo preferito sulle Autopsie - che portava sempre in borsa, dato che dopo ogni pigiama party a casa Kino era comunque la prima a svegliarsi, qualche ora prima del resto delle partecipanti - non era difficile sentirsi gli occhi di tutti i serial killer del mondo puntati addosso, o se non altro una semplice Morte Naturale appropinquarsi inesorabilmente. Si controllò il polso, verificò con il dorso della mano la temperatura della sua fronte, e decise che non era nè morta, nè aveva la febbre (sì, la peggiore ipotesi era la seconda, dato che ogni volta le impediva di concentrarsi sul proprio lavoro o studiare). Allora era facile, aveva fame.
Tornò nell'altra stanza, dove Rei cominciava a rigirarsi nel letto inquieta, come chi sta per dire addio al proprio sonno, e cominciò pian piano a scuotere tutte le sue amiche, perché erano le nove. Minako disse qualcosa di irripetibile, Usagi neanche si mosse, Rei si arrese e si alzò davvero, Makoto tentò di nascondersi sotto il cuscino.
A quel punto però fu Minako a far alzare definitivamente tutte, con un urlo talmente penetrante che svegliò perfino Usagi. Rei balzò in piedi, come fosse pronta a far fuoco, Makoto assunse una delle sedicimila posizioni di arti marziali che conosceva, Ami impugnò il piatto più vicino che aveva trovato, pronta a confondere l'intruso con una torta in faccia. Al che Minako tirò un altro strillo, questa volta perché quella torta era destinata ai loro stomaci appena svegli, e perché Makoto aveva fatto la sua preferita, quella con sette miliardi e mezzo di calorie.
Usagi, che con un po' di ritardo aveva capito la situazione, si lasciò ricadere sul cuscino, portandosi le mani sulla faccia. «No, non può essere, di già... »
Minako annuì con la morte nel cuore.
«È quella domenica, Usako. »
Makoto imprecò, dato che anche quella domenica le avrebbe dovute tirar fuori dagli impicci.
«Carne o pesce? » chiese.
Usagi e Minako corsero ad abbracciarla e baciarla, prima di sequestrare la torta per intero e promettendo a Rei - che stava per cavar loro gli occhi - che nel pomeriggio sarebbe potuta passare assieme alle altre per mangiarne a volontà.
Poi si rivestirono come meglio poterono e arrotolarono i loro materassini, più o meno scaraventandoli nell'armadio. Urlarono, già mezze fuori dalla porta, che sarebbero ripassate a prendere il cibo verso le undici e mezzo, poi corsero a perdifiato nella neve, rischiando di far fare una settantina di capriole alla torta che portavano a turno.
Appena arrivate a casa la tirarono nel frigo e poi si divisero le faccende da fare, impugnando scope e spazzoloni come scettri di potere.
Quel giorno sarebbe arrivata la Generalessa Ikuko, e con lei un asciugamano nuovo. E a Ikuko non piaceva constatare che la figlia vivesse nel disordine e non sapesse cucinare neanche un uovo sodo (chi pensi che ti sposerà, cara, se non impari neanche a rifare i letti con gli angoli come ho provato a insegnarti per ventinove anni di fila?).
Mamoru su questo un'idea ce l'aveva, mentre osservava le due bionde zampettare con scarpe decisamente inappropriate su quei 10 cm di coltre bianca che coprivano le strade di Tokyo. Certo, ci sarebbero state alcune differenze da appianare. E di certo, conoscere il nome della sposa non avrebbe guastato affatto. E dire che gli sarebbe bastato talmente poco per scoprirlo... Così decise, la prossima volta si sarebbe trattenuto, giusto un po'.

«Bene, Usagi, fammi vedere i colletti delle tue camicie » sentenziò la Generalessa, mentre spalancava di soppiatto il ripostiglio. Minako si frappose in un istante fra Ikuko e il resto del ripostiglio, quello che non avevano avuto il tempo di sistemare: nel range visivo della donna rimanevano dunque solamente un'asse da stiro profumata di fresco e una mensolina tutta precisa con delle camicette perfettamente inamidate.
Quello che avrebbe potuto intravedere con la coda dell'occhio, se Usagi non si fosse arrampicata su un modesto scaleo per raggiungere la madre in altezza, l'avrebbe gettata nel panico: un quadro penzolava sinistramente, dato che l'ex-chiodo in alto a destra era stato adoperato per sistemare alla bell'e meglio la situazione dell'orologio appeso al muro sopra il tavolo da pranzo, dal ruolo molto più strategico per la pace familiare e del Giappone intero, l'armadio delle scarpe era totalmente a soqquadro, con cassetti semi-aperti e orli di magliette che facevano capolino da ogni pertugio, ma soprattutto la bellissima aspirapolvere modello Deluxe e l'asciugatrice for-mi-da-bi-le
che la famiglia Tsukino aveva donato alla causa (persa) della figlia e della coinquilina... semplicemente non c'erano. Come amava ricordare Usagi, non era colpa di nessuno se quando le aveva rese indietro al centro commerciale le avevano ceduto in cambio un buono acquisto in grado di coprire le spese per quella piastra e arricciacapelli che lei e Minako avevano adocchiato da un sacco di tempo. E per uno schermo LED di ultima generazione. E - okay - per quel videogioco appena uscito che rendeva così tanto bene su uno schermo ad alta definizione ultimo modello. E - va bene, va bene! - per due paia di scarpe che erano troppo carine per lasciarle lì. 
Comunque, anche quella domenica andò bene. Semplicemente perchè il quadro ebbe il buonsenso di staccarsi definitivamente dal muro nell'esatto momento in cui Usagi si sbattè la porta alle spalle, nell'uscire. Le guarnizioni della porta scorrevole, un po' usurate, garantirono una copertura acustica deliziosa, complici. Minako si appuntò mentalmente di non cambiarle per i successivi tre o quattro secoli.

« Sentiamo questa tempura » borbottò la Generalessa, mentre si beava degli ultimi sentori di verdure grigliate che Mako-ehm, Usagi aveva speziato al punto giusto.
Minako, che aveva appena finito di riscaldarla (un filino, come aveva intimato Makoto), la portò tutta felice in tavola, dato che era l'ultima portata prima del dolce e prima che la famiglia Tsukino abbandonasse il campo di battaglia.
Mentre Kenji sgranocchiava tutto contento qualche pesciolino dorato, dietro la porta sul retro si materializzò un uomo alto e ben proporzionato: cercò subito qualche spiraglio che gli permettesse di sbirciare all'interno della casa ma, non trovandone, appiccicò il padiglione auricolare alla serratura, inginocchiandosi per terra. Fu però l'altro padiglione auricolare, quello non sulla via del congelamento per il contatto col metallo, che fu particolarmente sollecitato nell'attimo successivo.
« Dottor Chiba! »
Fu in quell'attimo che, nell'ordine, desiderò morire, si alzò di scatto e con una capocciata urtò la maniglia della porta (che sì, non era chiusa a chiave, e quindi si spalancò). La vecchietta che l'aveva salutato con tanto entusiasmo corse immediatamente ad aiutarlo, la stessa vecchietta che si ritrovò in breve tempo distesa a terra, con una gran confusione in testa e con la faccia perplessa di Usagi a chiederle perché avesse tentato di introdursi in casa sua.  La signora Kayashi, da qualche tempo sempre più convinta di aver perso qualche rotella, decise seduta stante di fare testamento e rinchiudersi in una casa di riposo, dato che non sapeva minimamente come rispondere a quella domanda.
L'esimio chirurgo Chiba, che aveva appena tramortito la propria paziente semplicemente prendendole la testa fra le mani, giurò di farle cambiare idea non appena si fosse ripresentata da lui per il classico controllo di routine, e nel frattempo corse più veloce che potè sui tetti di Juuban. In fondo sarebbe dovuto scappare comunque, mancavano solo quindici minuti al risveglio di Motoki.

Quando Usagi ebbe rassicurato la signora Kayashi e l'ebbe riaccompagnata a casa, Minako aveva già portato tutte le sei tonnellate di dolce in tavola, sperando che fosse sufficiente a distogliere l'attenzione degli Tsukino dall'attentato terroristico ai danni della figlia. In realtà Ikuko aveva un sopracciglio pericolosamente alzato, Kenji era a un passo dallo scattare in piedi, Shingo giocherellava nervosamente con un bicchiere.
« Cosa. Diamine. È. Successo. »  proferì lentamente Ikuko, prendendo fiato fra una parola e l'altra.
Usagi sbiancò.
« Una nostra vicina di casa deve essere svenuta, ha invocato il nome di un certo Dottor Chiba, sarà il suo medico di fam... »
« Mamma, papà, Usagi, mi sposo. »
Usagi risbiancò, mentre si voltava molto lentamente verso il fratello. Shingo era in piedi, con i pugni appoggiati sul tavolo da pranzo, le nocche pallidissime e la voce rotta.
« Devo aver capito male. »
« Ha detto che si sposa. »
« Non può averlo detto veramente, Ikuko. »
« Ti dico di sì, Kenji! Ridiglielo, Shingo, su. »
« TI SPOSI PRIMA DI ME?! »
Negli istanti successivi Shingo pigolò qualcosa su una ragazza tanto carina che l'aveva folgorato in un così breve tempo...
« Grazie, Shingo-san, continuo da sola. »
Tutti si voltarono verso colei che aveva appena parlato, e che probabilmente era entrata dalla porta sul retro che non voleva proprio saperne di star chiusa (in realtà Usagi era convinta di averla chiusa a chiave dopo l'intrusione della signora Kayashi, ma...).
« Piacere » continuò la ragazzina, per niente turbata dal modo in cui gli occhi di Ikuko lampeggiavano e tentavano di fuggir fuori dalle orbite.
« Il p-piacere è mio... » azzardò Kenji, prima che la moglie gli schiaffeggiasse con veemenza la mano che aveva allungato in segno di saluto. Kenji capì che incontrare la futura nuora non doveva essere un piacere, evidentemente, e montò una sorta di grugno cattivo - anche se in realtà un angolo della bocca non riusciva a non tremolare, incerto. Usagi, in tutto questo, stava rapidamente facendo un conto degli spiccioli di vita fertile che le rimanevano, delle prospettive di zitellaggine e di incontri amorosi con altri pensionati ed ex forze dell'ordine, e dei soldi che avrebbe dovuto investire in creme al collagene o effetto lifting. Minako era scappata in cucina e si era accasciata in terra per il troppo ridere.
« Nome » chiese Ikuko senza l'ombra di un punto interrogativo.
« Hotaru » si sentì rispondere. « Hotaru Tomoe. »


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Morea