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Autore: Siranne    08/06/2014    5 recensioni
Ricordava perfettamente di averlo visto steso, con il petto insanguinato e privo di sensi. Aveva cercato di scuoterlo per farlo rinvenire, ma notò che aveva una ferita alla testa da cui fuoriusciva copioso del sangue.
Shikamaru le disse che era meglio lasciare stare, che era impossibile che potesse essere vivo, ma lo ignorò e controllò il polso per percepire il battito, Sakura però non fu in grado di sentirlo. Fu staccata a forza dal corpo di Sasuke. La guerra era appena finita e i superstiti lasciarono i cadaveri sul campo per curare le ferite di chi ancora aveva la forza di restare attaccato alla vita. Quando alcuni ninja tornarono il giorno dopo per recuperare i corpi, all’appello mancava quello di Uchiha Sasuke.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Sayōnara Memory
Un mese

Il buio. Era un posto freddo e scuro, che non lasciava respirare, angosciante, spaventoso. Ma la cosa peggiore e che in quel posto era solo.
Poi, all’improvviso, un lieve tepore riscaldava la sua pelle. I suoi occhi iniziavano a vedere una luce fioca che via via diventava più splendente persino del sole e l’angoscia lasciava il posto alla serenità.
Non era più solo. Ma chi era quella luce così familiare?
Una voce calda parlava, all’inizio non riusciva a capire cosa stesse dicendo, ma poi la sua anima si impregnò di quelle parole.
“Qualunque cosa tu faccia, io ti amerò per sempre”
 
Sasuke aprì delicatamente gli occhi. Svegliarsi dopo un sogno del genere, gli faceva sperare che al mondo c’era qualcuno che lo cercava, che gli voleva bene e questo gli dava la forza per andare avanti.
Era ormai un mese che si trovava in quell’ospedale e aveva riacquistato buona parte delle sue forze fisiche.
Aveva ancora qualche difficoltà a muoversi a causa del dolore, ma a quanto gli dicevano i medici doveva ritenersi più che fortunato.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì bussare alla porta. Si affacciò Michiko.
Quella donna gli era stata sempre accanto, accompagnata qualche volta dal marito scorbutico. Aveva sinceramente a cuore il suo destino, voleva aiutarlo a ritrovare la sua identità.
«Ben svegliato» disse sorridendo «oggi verrà l’equipe che studierà il tuo caso per cercare di farti recuperare la memoria».
«Lo so. Ma come mai ci sei anche tu?»
Michiko rimase un po’ ferita dalle sue parole, forse la considerava ancora come una semplice sconosciuta.
«Sono qui per raccontare il modo in cui ti ho trovato. Questo potrebbe essere utile per capire qualcosa di te»
Sasuke conosceva già perfettamente quella storia. Lei gliel’aveva raccontata più volte.
 
Erano di ritorno a Natsugakure dal villaggio del fulmine.
Lì viveva la fidanzata del loro figlio. Sapevano che doveva partire in guerra, ma la andarono a trovare ugualmente. Facevano così ogni anno, il giorno in cui il loro figlio era morto.
Niente avrebbe spezzato quel rito, nemmeno la fine del mondo.
La ragazza gli aveva però chiesto di non muoversi da Kumo, almeno fino alla fine della guerra.
“Aspettate il mio ritorno” disse l’ultima volta che Michiko e Kouta la videro.
Non seguirono il consiglio della ragazza. Speravano di poter facilmente tornare a casa semplicemente evitando il luogo in cui si svolgeva la guerra.
Anche se sarebbe costato macinare molti chilometri in più, se gli shinobi fossero stati sconfitti almeno loro due sarebbero potuti morire sotto il loro tetto.
Quello che non immaginavano è che dopo tre giorni di marcia incontrarono il campo di battaglia, che si dimostrava essere molto più esteso di quello che pensavano.
I corpi erano ovunque, i visi stravolti dalla morte, il sangue che via via si seccava.
L’occhio di Michiko cadde sul corpo di un ragazzo dalla pelle diafana e i capelli corvini, che sembrava dormire tranquillo, se non fosse per le numerose ferite presenti.
Decise di avvicinarsi e di toccargli il collo per sentire il battito. Rimase qualche secondo china, quando ormai perse la speranza sentì un rumore, flebile e impercettibile. Il suo cuore non aveva ceduto.
«Kouta! Vieni qui!»
L’uomo si avvicinò lentamente.
«E’ vivo, dobbiamo portarlo in un ospedale»
Kouta rimase un attimo a meditare.
«Dovrei caricarmelo sulle spalle? Con quelle ferite» disse indicando lo squarcio al petto, e la pozza di sangue sotto la nuca «muovere il suo corpo sarebbe dannoso. Forse dovremmo chiamare i medici, invece che portare lui»
«E ti sembra che ci sia tempo sufficiente per portare i medici qui? Muoviti ti darò una mano a trasportarlo»
Kouta non si oppose. Con l’aiuto di Michiko prese il giovane sulle spalle. Cercò di metterselo nella posizione più stabile possibile e ricominciarono il loro cammino.
Esausti giunsero all’ospedale del loro villaggio. I medici sconvolti per le ferite, ma soprattutto per la tenacia del ragazzo che ancora restava in vita, si impegnarono in operazioni lunghe ore per ridurre le emorragie.
 
«Salve! Tu devi essere il nostro ragazzo» disse con voce squillante un uomo grassottello seguito da un giovane, che aveva tutta l’aria di essere un tirocinante e da una donna sulla quarantina. L'equipe era appena arrivata.
Vedendo che Sasuke non accennava a parlare, Michiko si mise in mezzo: «Sì, è lui»
«E lei dovrebbe essere la donna che l’ha trovato» disse il giovane, sfogliando un block-notes.
«Vediamo un po’» disse il grassottello «come lo ha ritrovato?»
Michiko raccontò tutto. Il giovane prese appunti, mentre la donna si limitava ad ascoltare.
«Quello era il campo di battaglia, quindi ne deduco» disse la donna sulla quarantina, con lo stesso atteggiamento di un’ispettrice di polizia  «che il ragazzo combattesse quella guerra. Per ritrovare la sua identità dovremmo controllare se ci sono denunce di scomparsa nei vari villaggi che hanno preso parte al conflitto»
«Sì, potrebbe essere una buona idea, vero?» fece Michiko rivolta a Sasuke.
«Che cosa vestivo quel giorno?» finalmente la voce di Sasuke si fece sentire.
«Perché vuoi saperlo?» tutti rimase perplessi alla sua strana domanda.
«I ninja solitamente indossano dei particolari indumenti diversi da villaggio a villaggio. Se ricordi come erano i miei vestiti saprò a quale villaggio appartengo»
La donna-detective rimase stupita dall’intelligenza del ragazzo. Nemmeno lei che svolgeva quel lavoro da anni  ci avrebbe mai pensato.
«Sì, Michiko-san, per favore, cerchi di ricordare»
Michiko rimase qualche secondo in silenzio, facendo mente locale.
«Aveva il busto scoperto, sinceramente. Vestiva solo dei pantaloni viola scuro. Ma non c’era alcun riferimento a qualche villaggio»
«Oh» disse la donna « questo rende le cose più difficili»
*** 
Sakura si rigirò nel letto. La madre stava praticamente prendendo a calci la porta per farla svegliare.
«Che vuoi?» bofonchiò con la voce assonnata.
«E’ quasi mezzogiorno e ancora dormi?» urlò la madre da dietro la porta.
Nell’ultimo mese la vita di Sakura si era ridotta a mangiare, bere, lavarsi, dormire. Usciva raramente, più che altro negli orari in cui non c’era molta gente per strada.
Ormai si poteva definire un hikikomori* in piena regola.
«Sì, sì ora mi alzo»
«Vedi di darti una mossa, la tua amica Ino ti sta aspettando di sotto!»
Ino. Che diamine voleva?
Con molta calma, si infilò in bagno, si diede una sciacquata e si infilò i primi indumenti che trovò.
Poi scese.

Note dell'autrice:
Salve a tutti! Questo capitolo è stato un po' complesso da scrivere e, sinceramente, non sono molto soddisfatta XD
Spero vi possa piacere e ringrazio chi ha letto/recensito/preferito/seguito questa fanfiction^^
Mi raccomando, ricordate di lasciare una rensioncina :3
* hakikomori: individuo che si isola dalla vita sociale se volete saperne di più ecco il link di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Hikikomori

 
   
 
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